Area del titolo e responsabilitàTitolo | Silvino Gigante, Un Belfagor ungherese [««Ci giunge da Fiume questo articolo su Belfagor, che volentieri pubblichiamo. La storia di Belfagor ha molte e diverse redazioni, note agli studiosi; a noi è piaciuto assumerne il nome per questa rivista, e il titolo è generalmente applaudito. Ma un nostro amico molto difficile mi ha detto: - Hai preso per il titolo il nome di un diavolo molto stupido! - Stupido perché? Se mai si tratta di un buon diavolo, come son sempre i diavoli e come vuol essere il direttore di questa rivista. - Ma se non ha potuto sopportare la fiera moglie, e si è rifugiato un'altra volta nell'inferno? - Bene, io risposi, Benedetto Croce mi ha insegnato che i miti si svolgono, e noi faremo del nostro meglio perché il nostro Belfagor non scappi e non dia nello stupido. I dirò, del resto, che nel Machiavelli 'Belfagor' non è uno stupido; c'è solo diffusa un'ironia dolente in tutto il suo racconto, in cui l'autore con sottile malizia vuol dire che i veri diavoli sono su questa terra. Perché calunniare la malizia degli abitatori de l'obre eterne? Orbene, quando nel 1939, pensai per la prima volta a questo titolo per una rivista che dovevo fare con Einaudi, imperando un regime che non perdonava alle riviste libere, mi incuoravo ad adottarne il nome, perché mi ero rassegnato alla sua interruzione, come era avvenuto di altre mie imprese: a rientrare cioè, contrito, nelle spaziose altre caverne degli Inferi, ma con la fiducia di riuscirne in tempi più propizi. Come vedi, la genesi del mio mito è una genesi dolorosa. - Ma ora i tempi son mutati, ribatté il critico amico; la libertà celebra i suoi fasti dappertutto e non devi avere queste paure! - No: io ho sempre paura e non credo a questi fasti (hai letto del congresso dei «qualunquazzi» nell'Aula Magna dell'Università di Roma? e di quel Lo Vecchio Musti, insigne traduttore di Lawrence, di cui si discorse col dovuto rispetto per le tradizioni della cultura e dell'onestà italiana nel primo fascicolo della rivista, che ha fatto una relazione a quel congresso sui «problemi dell'istruzione»? Mammamia! Chi ci salverà questa volta!), e se non altro ho paura di non trovare collaboratori, perché tutti vogliono fare i politici e resta poco tempo per studiare. Però è stato sempre prudente adottare il simbolo belfagoriano. - Ma se oggi ti arrivano manoscritti da tutte le parti!? - E' vero, e questo mi ha fatto e mi ha molto piacere perché smentisce il mio pessimismo. Ma io continuo ad essere diversamente pessimista per altri motici che qui non dico, perché, caro amico, io che do sempre l'impressione dell'uomo gaio e sicuro, non sono né gaio né sicuro.... Hai visto come attraverso pavido le strade? Poi prendo la rincorsa e già senza esitazione: urtoni a chi mi attraversa l cammino e mi faccio largo attorno quanto una piazza d'armi. Io soffro anche di una specie di agorofobia metafisica, e nella maggiore sicurezza e nella maggiore decisione, dentro sono sempre un po' cauto e perplesso. Sembro un uomo furiosissimo e sono un moderato: moderato nella mente, cresciuto alla scuola del Manzoni, del De Sanctis e del Croce. Ma ora mi preme dirti che trovo calunniosa e fondamentalmente spropositata l'intepretazione che tu dai del Belfagor machiavellico, come di un diavolo stupido. Ti prego di leggere le pagine che io ho dedicato alla novella nel mio volume su 'Machiavelli', dove mi allontano risolutamente dall'interpretazione tradizionale del diavolo che scappa per non aver moglie. E io a quel Belfagor sono affezionato; del resto come ti ho detto, io sono fedele ai canoni del mio radicato crocianesimo: i miti si svolgono, ed è probabile che l nostro Belfagor non somiglierà nemmeno all'antico Belfagor del Cinquecento. - Qui si interruppe il dialogo col dispettoso amico, quando mi giunse lo scritto di Silvino Gigante: anche dalla lontanissima Fiume (oggi lontana più che mai), ci veniva un qualche soccorso alla nostra tesi di «storicisti»! L. R.»] |
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