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tipologia: Analitici; Id: 1549955


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Tipologia Periodico
Titolo Dina Rinaldi, Breve anagrafe della stampa “maoista” in Italia [sopratitolo: L'eterogenea e confusa pubblicistica che fa capo ai gruppi della Linea Rossa, della Linea Nera, dell'Unione marxista-leninista, ecc.]
Riferimento diretto ad opera
Genealogia secondo Dina Rinaldi in «Rinascita» 1969/49 - Le «Edizioni Oriente» {Genealogia secondo Dina Rinaldi in «Rinascita» 1969/49 - Le «Edizioni Oriente»}+++   genealogia di+++   
Genealogia secondo Dina Rinaldi in «Rinascita» 1969/49 - «Nuova Unità» e «Il Partito» {Genealogia secondo Dina Rinaldi in «Rinascita» 1969/49 - «Nuova Unità» e «Il Partito»}+++   genealogia di+++   
Genealogia secondo Dina Rinaldi in «Rinascita» 1969/49 - «La voce rivoluzionaria» {Genealogia secondo Dina Rinaldi in «Rinascita» 1969/49 - «La voce rivoluzionaria»}+++   genealogia di+++   
Genealogia secondo Dina Rinaldi in «Rinascita» 1969/49 - «Rivoluzione proletaria» {Genealogia secondo Dina Rinaldi in «Rinascita» 1969/49 - «Rivoluzione proletaria»}+++   genealogia di+++   
Genealogia secondo Dina Rinaldi in «Rinascita» 1969/49 - «Servire il popolo» {Genealogia secondo Dina Rinaldi in «Rinascita» 1969/49 - «Servire il popolo»}+++   genealogia di+++   
Genealogia secondo Dina Rinaldi in «Rinascita» 1969/49 - «Stella rossa» {Genealogia secondo Dina Rinaldi in «Rinascita» 1969/49 - «Stella rossa»}+++   genealogia di+++   
Genealogia secondo Dina Rinaldi in «Rinascita» 1969/49 - «L’Avanguardia proletaria» {Genealogia secondo Dina Rinaldi in «Rinascita» 1969/49 - «L’Avanguardia proletaria»}+++   genealogia di+++   
Genealogia secondo Dina Rinaldi in «Rinascita» 1969/49 - «Il compagno» {Genealogia secondo Dina Rinaldi in «Rinascita» 1969/49 - «Il compagno»}+++   genealogia di+++   
{Genealogia secondo Dina Rinaldi in «Rinascita» 1969/49 - premessa generale sull'eterogeneo panorama del "maoismo" in Italia al dicembre 1969}+++   genealogia di+++   
Responsabilità
Dina Rinaldi+++
  • Rinaldi, Dina ; ente ; ente
  autore+++    
Rubrica od altra struttura ricorsiva
Politica italiana [Rinascita]+++  
Area della trascrizione e della traduzione metatestuale
Trascrizioni
Trascrizione Non markup - manuale o riveduta:
[didascalia p. 19: «Richard, sei già al nono mese delle tue promesse di pace. Vuoi deciderti a partorirla? » (da Le canard enchainé di Parigi)]
[didascalia p. 20: L'ispiratore di Song My (da Le canard enchainé di Parigi)]
Chi segue la stampa politica e sindacale italiana ha potuto osservare in tempi recenti il formarsi di un settore nuovo e del tutto particolare: fogli, periodici, giornali e riviste che, pur dichiarando guerra totale al sistema capitalistico e all’imperialismo, aprono tuttavia in primo luogo il fuoco contro i partiti comunisti e contro l’URSS. Finora questo settore era tenuto da un’esigua pattuglia di giornali trotzkisti e anarchici e appariva ai margini della lotta politica. Oggi esso si è ingrossato per l’apporto eterogeneo d’una schiera di pubblicazioni che in gran parte si caratterizzano per la violenza del linguaggio, lo estremismo e lo schematismo delle posizioni.
Quanti sono questi giornali e di quali schieramenti sono l’espressione?
Quali tesi, obiettivi, forme di lotta politica propongono e quali scopi si prefiggono? Quale reale incidenza hanno nel dibattito politico in Italia? Di quali contenuti e di quali ideali si fanno portatori?
Se vogliamo dare una risposta a queste domande dobbiamo innanzitutto dipanare un’intricata matassa, a prima vista informe e indistinta, cosa che spesso induce a vedere questa stampa, che vuol collocarsi « alla sinistra» del movimento operaio e del sindacato tradizionale, come un tutto unico. C’è chi la definisce indistintamente « cinese », « maoista », « anarco-sindacalista », ecc. Invece, all’interno di essa le linee di demarcazione oltre che nette sono numerose e plurime. In una prima classificazione, grosso modo si possono distinguere due schieramenti clamorosamente opposti fra loro: quello di orientamento maoista e l’altro, al quale ci si può genericamente riferire come pansindacalista. Il primo è portavoce di nuclei e movimenti più o meno organizzati; il secondo è invece espressione di gruppi sostanzialmente spontanisti (comitati di base e di fabbrica, comitati operai-studenti, ecc.).
Una prima distinzione fra questi due schieramenti appare necessaria, in quanto essi divergono per il modo di porsi di fronte alle questioni generali del socialismo e della sua strategia e tattica, e di fronte alle lotte operaie; nonché per le forme d’azione che propongono e perseguono. In questo articolo ci si occuperà del primo dei suddetti schieramenti di stampa.
La comparsa in Italia delle prime pubblicazioni d’orientamento maoista coincide con l’insorgere del contrasto cinosovietico e delle divergenze fra il PC cinese e larghi settori del movimento comunista internazionale.
Nel 1962, le organizzazioni di base socialiste e comuniste cominciano a ricevere materiale di stampa a cura del Partito del lavoro d’Albania, che illustra le tesi del PCC, la sua polemica con il compagno Togliatti, i Venticinque punti del PCC, ecc. Nello stesso anno escono, a cura di dissidenti del PCI, tre numeri unici con la te­ stata Viva il leninismo.
Cominciano così, da parte di pubblicazioni d’ispirazione maoista, l’appropriazione e lo sfruttamento del termine « marxismo-leninismo » in opposizione e polemica con ciò che essi definiscono « revisionismo »: ovvero il PCI in Italia, il movimento comunista mondiale, i paesi socialisti dalla URSS alla Jugoslavia, eccezion fatta per la Cina e l’Albania e alcuni altri paesi e partiti comunisti.
Le « Edizioni Oriente »
Nel 1963 nascono a Milano le Edizioni Oriente: il primo veicolo diretto e dichiarato delle posizioni in Italia del PC cinese. Pubblicando documenti sulla politica del PCC e della Repubblica popolare cinese, articoli di giornali e riviste teoriche cinesi; corredandoli di commenti, note, informazioni aggiuntive, le Edizioni Oriente venivano incontro al diffondersi dello interesse per la Cina, al formarsi dei primi nuclei filomaoisti, e davano inizio a una produzione costante, relativamente copiosa e diffusa. Con i Quaderni mensili dal 1963 e la rivista trimestrale Vento dell’Est del 1965, oltre che con volumi e opuscoli, esse si caratterizzavano preminentemente come supporto ideologico alla propaganda cinese, non impegnandosi direttamente nel dibattito politico italiano se non in modo saltuario.
« Nuova Unità »
Questa funzione venne invece immediatamente assunta al suo nascere, su una linea di non equivoca ispirazione maoista, dal mensile Nuova Unità, che usciva dal marzo 1964 al gennaio 1965 con il dichiarato proposito di gettare le basi di una «piattaforma dei marxisti-leninisti d’Italia». Da questo momento la cronistoria di questa stampa s’intreccia strettamente con le vicende di gruppi che perseguivano il tentativo di costruire «un’organizzazione politica rivoluzionaria» in alternativa al «revisionismo» del PCI.
In seguito ai contrasti fra i suoi promotori, Nuova Unità sospese le pubblicazioni dal gennaio all’aprile 1965, mese in cui le riprese con la sua seconda serie, il cui punto terminale può considerarsi il momento della fondazione del Partito comunista d’Italia (m.l.) avvenuta nell’ottobre 1966 a Livorno all’insegna d’un «ritorno al ’21», di cui Nuova Unità diventava l’organo centrale (1).
Subendo apporti eterogenei, non sempre disposti ad accettare la dirigenza originaria e le limitazioni che a quest’ultima derivavano dall’ossequio non solo teorico verso il PCC, si ebbero nuove dissidenze finché, per ragioni più interne e di varia natura, il PCd’I si sdoppiò in due partiti di eguale denominazione. Il nucleo uscente si autodefinì PCd’I (m.l.) Linea Rossa e nel febbraio del ’69 diede vita a Firenze al suo organo II Partito, mentre battezzava Linea Nera, il già esistente PCd’I.
Stampata a Livorno, Nuova Unità esce attualmente come settimanale in sei pagine formato quotidiano e ha una tiratura dichiarata che in media si aggira sulle 23 mila copie. La diffusione reale è tuttavia assai inferiore, poiché le rese raggiungono quasi un terzo delle copie stampate, che in gran parte vengono distribuite gratuitamente, inviate a sezioni del PCI, affisse ai muri e soltanto in quantità minima vendute in edicola (2). Più che un giornale politico, infatti, Nuova Unità è un foglio di propaganda filomaoista e filostaliniana, istericamente anti-PCI e anti-URSS. Come la sua propaganda «maoista» non è altro che una meccanica ripetizione di testi e slogans cinesi, così la sua polemica con il PCI non è mai sorretta da argomentazioni politiche, nè tanto meno teoriche, ma si riduce a un'inflazione di termini come «revisionisti», «traditori», ecc.
Salvo poche eccezioni, ritroveremo questi limiti di cultura e di argomentazione politica nella grande maggioranza dei fogli di questa tendenza.
Nell’ultimo numero di Nuova Unità, per esempio, si può leggere che «i revisionisti (cioè il PCI) hanno lottato contro di noi per distruggerci» e che le manovre e gli attacchi al partito si sono manifestati «attraverso l’azione repressiva dall’esterno, accompagnata da una campagna di silenzio sulla stampa borghese-revisionista».
Il PCd’I-Linea Rossa viene da costoro definito «gruppo antipartito... strumento parallelo alla borghesia e al revisionismo». Per Nuova Unità «l’imperialismo (USA) e il socialimperialismo (URSS) vanno verso la disfatta totale, si trovano in un vicolo cieco».
Il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, è il principio sul quale deve fondarsi ogni azione del partito, il cui compito è quello di «applicare detto principio alla realtà del nostro paese». Ma come, attraverso quali strumenti, perseguendo quali obiettivi? Inutilmente si cercherà una risposta a questi interrogativi. Ben si comprende come Nuova Unità e il partito di cui è organo non abbiano potuto realizzare che un’incidenza e una presenza politica del tutto insignificanti, anche se commisurate ad altri centri d’irradiazione maoista.
«Il Partito»
A un livello comunque più dignitoso si situa II Partito, l’organo gemello e nemico, che si è autofregiato dello stemma di Linea Rossa. La sua tiratura settimanale dichiarata, che si aggira sulle 20 mila copie, non è meno labile di quella del giornale rivale e si concreta con gli stessi metodi. Il Partito si differenzia però da Nuova Unità almeno per lo sforzo di controllare il linguaggio nella polemica contro i «revisionisti» se non per la sostanza politica. Esso affronta anche temi sindacali ed economici, sottraendosi così in parte alla piattezza e alla genericità d’una propaganda smaccata; tenta un collegamento con i Comitati unitari di base (CUB), dei quali propone la trasformazione in comitati permanenti di lotta rivoluzionaria. Parallelamente a questo suo organo, il partito cura le Nuove Edizioni Oriente (3), che pubblicano fra l’altro il mensile I Quaderni. Si tratta di fascicoli di circa 50 pagine, che si stampano a Milano in duemila esemplari e contengono prevalentemente traduzioni di saggi e articoli della pubblicistica cinese su temi politici interni e internazionali, nonché documenti di quei Partiti comunisti che si ricollegano alla linea del PCC. (4)
«La voce rivoluzionaria»
Della tormentosa storia dei PCd’I va infine ricordata l’ultima scissione, che ha avuto a protagonista la « frazione bolscevica» costituitasi all’interno del PCd’I-Linea Rossa. E’ nel giugno scorso che la frazione, interamente composta da giovani, studenti e qualche operaio, si stacca senza chiasso dal partito e dà vita alla Organizzazione comunista italiana marxista-leninista (OCI), nonché al suo organo di stampa La voce rivoluzionaria, del quale sono apparsi sino a ora quattro numeri di otto pagine. Nello editoriale del giugno scorso vengono tracciate le linee politiche che sottintendono la scissione: condurre una lotta aperta contro le diverse organizzazioni spontaneistiche rivelatesi «ottimi strumenti di copertura del revisionismo»; organizzare politicamente la classe operaia rivalutando il giusto rapporto fra teoria e pratica; rifiuto della concezione staliniana del partito e, contemporaneamente impegno a dare divulgazione teorica del pensiero di Mao come continuatore del pensiero di Lenin.
Questo organo, di impostazione accentuatamente maoista, anti-PCI, anti-sindacato, con tendenza operaista, si pone fra l’altro l’ambizioso compito di «educare i quadri operai che devono condurre da un punto di vista marxista-leninista la multiforme lotta rivoluzionaria» e di preparare le avanguardie operaie alla creazione di un nuovo sindacato di classe. La sua diffusione non raggiunge le duemila copie; esso è seguito soprattutto da alcuni gruppi studenteschi milanesi i quali, sotto la sigla dell’OCI, stampano di quando in quando dei ciclostilati che diffondono davanti alle fabbriche e alle scuole.
« Rivoluzione proletaria »
Un atteggiamento diverso dagli organi del PCd’I è quello di Rivoluzione proletaria, il mensile del Partito rivoluzionario marxista-leninista d’Italia (5), apparso nell’agosto del ’68. Nelle sue otto pagine in formato quotidiano si trova un linguaggio più contenuto e meno enunciativo, con qualche sforzo di motivazione della sua campagna anti-PCI e filomaoista. Diverso è anche l’atteggiamento nei confronti dello stalinismo. Per il giornale, infatti, è fondamentale «il superamento della concezione staliniana del partito e della lotta di classe allo scopo di far prevalere la strategia rivoluzionaria del pensiero di Mao».
Fortemente polemico nei confronti di ogni forma di spontaneismo e di velleitarismo, considera tuttavia le azioni anche isolate della classe operaia e del movimento studentesco come momenti «unificanti» di tutta la sinistra marxista contro «la conciliazione delle classi voluta dal PCI». Il giornale apre il fuoco anche contro i gruppi di tendenza operaista: « Chi parla di obiettivi rivoluzionari del sindacato, di aumenti salariali che farebbero saltare il sistema, si sbaglia e si pone al di fuori del marxismo-leninismo»; poiché «niente metterà in crisi il capitalismo se non la guerra civile, la lotta armata» fondata sullo insegnamento di Mao che «illumina tutto il nostro lavoro di massa».
In aperto contrasto con i PCd’I, Rivoluzione proletaria attacca e irride inoltre all’Unione dei comunisti, «la quale dice di ”servire il popolo” ma in realtà serve solo i propri gusti e non è disposta a sottoporre se stessa al confronto della realtà». Esso propugna la sottomissione consapevole della disciplina rivoluzionaria e la creazione di un unico partito marxista-leninista capace di darsi un preciso indirizzo politico e teorico per vincere la battaglia contro «tutti i revisionismi».
« Servire il popolo »
A partire dal novembre 1968, un nuovo organo «marxista-leninista» (il lettore è oramai informato di quale sia il contenuto caratterizzante che i gruppi della sinistra maoista attribuiscono a questa formula) iniziava le pubblicazioni. Si trattava di Servire il popolo, apparso come organo d’una nuova organizzazione: l’Unione dei comunisti italiani (marxisti-leninisti).
Quest’ultima era nata nell’estate dello stesso anno per iniziativa di alcuni appartenenti al gruppo milanese Falce-martello e di un nucleo studentesco di Roma, e aveva raggiunto una posizione preponderante nell’arco delle formazioni di tipo maoista e, a loro differenza, e nel darsi pur limitate caratteristiche di movimento di massa.
Non è oggetto di questo articolo l’esame specifico dei raggruppamenti politici, ma è comunque necessario rilevare, ai fini d’una più motivata informazione sulla loro stampa, questa circostanza, come pure le altre seguenti che la prima concorrono a illuminare: e cioè che l’Unione attinge gran parte delle proprie forze tra i giovani e gli studenti; che molti dei suoi dirigenti e dei suoi ispiratori provengono dalla milizia politica; che, infine e fondamentalmente, l’Unione, a unanime riconoscimento di chi ne segue l’attività, può disporre di ingenti mezzi finanziari di incerta e varia provenienza. (6) Inizialmente mensile, Servire il popolo si trasformava in quindicinale nell’aprile scorso per divenire poi settimanale dalla fine del mese di luglio, in formato quotidiano, a quattro pagine e a due colori. Non più semplicemente «organo dell’Unione» bensì «organo della direzione dell’Unione», in un certo senso in questa sua «ufficialità» esso rispecchia i mutamenti avvenuti nel corso di meno di un anno nelle sue posizioni e, in primo luogo nell’organizzazione che esprime. Agli inizi quest’ultima, e conseguentemente anche il suo organo, si faceva in certa misura portavoce di determinate rivendicazioni scaturite dal movimento studentesco, come il rifiuto della delega, la subordinazione degli organismi del partito alla spontaneità creativa delle masse che si organizzano dal basso, ecc. Oggi, al contrario, hanno prevalso una struttura interna rigidamente gerarchizzata, il verticismo, la direzione fortemente centralizzata e, in alto soprattutto, «l’amore per il presidente Mao».
Ciò appare evidente dagli ultimi numeri di Servire il popolo, che viene definito «organo di guida», il quale «parla a tutti i membri dell’Unione... a tutti i sinceri rivoluzionari che sono simpatizzanti del nostro partito e stanno studiando la sua linea politica».
Stampato a Roma, il giornale si appoggia soprattutto agli iscritti della Unione, i quali sono tenuti ad abbonarsi, e viene inoltre diffuso in quartieri e in centri agricoli, davanti alle fabbriche e alle scuole, spesso in forma gratuita, raggiungendo così una tiratura dichiarata di circa 25 mila copie settimanali. Non si capisce tuttavia che cosa i militanti e i simpatizzanti dovrebbero «studiare» sulle sue pagine, che offrono unicamente articoli-appello per la costruzione dell’Unione, direttive generiche e brevi cronache di fatti locali in cui sono coinvolti i suoi militanti; oltre a sbrigativi e assai sommari articoli di politica interna ed estera. In nessuna pagina di Servire il popolo si troverà un qualsiasi articolato discorso di impegno teorico e ideologico. Tutte le pagine ridondano invece di espressioni declamatorie, trionfalistiche e millantatorie, che a mala pena nascondono la sostanziale estraneità dell’Unione al movimento operaio; e la «linea d’azione» che esse tracciano non ha alcuna corrispondenza reale con la natura e col carattere delle lotte effettivamente in corso in Italia (7). Vale la pena in proposito di citare una considerazione apparsa in Quaderni piacentini (Lotta di classe a Milano, a firma di « alcuni compagni del movimento studentesco milanese», n. 38, luglio ’69): «Ciò che sorprende è proprio il fatto che l’Unione faccia del richiamo al pensiero di Mao il punto fondamentale della propria azione di propaganda e che allo stesso tempo manifesti un così sostanziale disprezzo per le masse....»
Si deve infine osservare che anche quel tanto di attività politica e organizzativa reale che l’Unione è riuscita a concretare e continua a svolgere trova nel suo stesso organo uno specchio caricaturale, che in sostanza la vanifica, sommergendola sotto un vaniloquio enfatico e reboante, tutto fatto d’incensamenti, di puerile denigrazione dei nemici «borghesi» e « revisionisti», in cui l’impiego meccanico della fraseologia politica cinese introduce momenti di autentica comicità (8).
«Stella rossa»
Al coro filomaoista si aggregano anche altri fogli minori di gruppi isolati. Benché essi abbiano scarsissima incidenza e ben poca storia dietro di sé, è comunque giusto citarli per offrire maggiori elementi di giudizio su questo tipo di stampa.
Stella Rossa, che si denomina «settimanale marxista-leninista» è apparso nel novembre del ’68 in quattro pagine di piccolo formato, e ha una tiratura di circa duemila copie. Esso rivolge la sua preponderante attenzione alle «teorie togliattiane della via pacifica al socialismo», alle quali si deve se l’attuale PCI è revisionista, parlamentarista, laburista, ecc. A questa tematica si accompagna quella di natura antisindacale con l’aggiunta, rispetto ai fogli consimili, di un discorso rivolto in modo più o meno diretto ai soldati. Poiché il giornale dà per scontato che la Costituzione non entrerà mai nelle fabbriche e che tanto meno essa potrà entrare nelle caserme, si fa appello ai soldati affinché essi si uniscano in «Comitati di agitazione rivoluzionaria» (CAR) per fare «insieme agli operai, ai contadini poveri, agli studenti rivoluzionari la Rivoluzione Socialista» (n. 14, 18 luglio ’69). Di pari passo Stella Rossa conduce anche un discorso operaista propugnando, in polemica con i CUB, in quanto rivelatisi « inefficienti», la costituzione di nuclei sindacali unitari di classe per giungere alla creazione di un «vero Sindacato Unitario di classe».
«L’Avanguardia proletaria»
Fa invece spicco per la sua presunzione dottrinaria L'Avanguardia proletaria, organo dell’Avanguardia proletaria maoista (APM), che si dichiara «organizzazione di quadri» e per ciò stesso «ridotta e selezionata». Dirige il giornale, apparso dal novembre ’68, in numeri unici, a quattro pagine in formato semiquotidiano, un gruppo di recente formazione, che in parte proviene da altri movimenti estremisti. Questo gruppo, costituito in gran parte da intellettuali, intende salvaguardare la purezza del pensiero di Mao e fare di esso l’arma fondamentale con cui abbattere il revisionismo, il «sindacato giallo», e «preparare le masse alla presa del potere in Italia». Nel suo organo si ritrova una trattazione carica di polemica «ideologica» contro gli altri gruppi estremisti e in particolare contro l’Unione che definisce «strumento della borghesia», del capitale, della destra revisionista (9).
Il giornale ha oggi una modesta incidenza, poggia la sua diffusione di circa 4 mila copie su esigui gruppi affiliati all’APM dislocati in quattro-cinque città. Recentemente, l’APM ha pubblicato le proprie tesi politiche e un volumetto dal titolo Verso la dittatura del proletariato in Italia, in cui si presentano e si commentano, in base al principio dell’«applicazione del pensiero di Mao», i temi già pre­ senti nel giornale.
« Il compagno »
Infine ricordiamo che il 4 ottobre scorso, proclamando solennemente la nascita di un nuovo partito, il Partito comunista (marxista-leninista-maoista) italiano, ha cominciato a uscire, senza annunciare la propria periodicità, un modesto foglio denominato II com­ pagno (10).
Scopo di questo giornale e del nuovo partito è sempre la lotta contro il revisionismo internazionale, di cui «fa parte il PCI che si affianca allo imperialismo americano e sovietico» per liquidare la rivoluzione. In un messaggio inviato al PC d’Albania si dichiara che il nuovo partito intende portare a «determinazione i compiti e il tipo di partito dell’epoca del pensiero di Mao in Italia». Naturalmente, il foglio non manca di definire il partito di cui è voce come il solo che abbia «un preciso programma rivoluzionario» (invano però si cercherà traccia di tale programma), nè manca di attaccare duramente gli altri gruppi estremisti «alleati del revisionismo di destra del PCI... che acclamano l’originalità della propria posizione assumendo ecletticamente e mistificando a nuovo livello il pensiero di Mao».
A conclusione di questo articolo (11) ci sembra si possa dire che il diffondersi in tempi recenti delle idealità e delle speranze rivoluzionarie in strati sempre più vasti e, d’altro canto, il determinarsi di contraddizioni profonde in seno al movimento comunista e operaio, se pongono gravi problemi di strategia e tattica a questo ultimo, hanno evidentemente anche lasciato scoperto uno spazio di manovra per esperimenti e avventure politiche come quella dell’Unione e di altri consimili iniziative «marxiste-leniniste». E cioè il costituirsi di movimenti che attingono a due possibili serbatoi: da una parte, gli scontenti che esprimono problemi individuali e di gruppo e si volgono verso un ideale di rivoluzione senza averne ancora maturato la dura e complessa problematica storica, ossia nuclei nuovi, non ancora organizzati; e, dall’altra parte, gli insofferenti dei «tempi lunghi» e di un impegno quotidiano di costruzione e di lotta, per i quali riescono esaltanti e consolatori l’estremismo della fraseologia rivoluzionaria, il suo tono apocalittico e velleitario.
Quanto alle linee e ai contenuti politici, per quanto essi si possono estrarre da tale congerie, si osserverà il connubio delle tesi generali del PCC e dell’esaltazione del pensiero di Mao con la figura e i princìpi di Stalin; della linea e delle scelte politiche del PCI con la sommaria denigrazione di tutti i partiti comunisti e operai non necessariamente filomaoisti o filocinesi.
L’affastellamento irragionevole e antistorico che questa stampa fa del pensiero di Marx e di Lenin insieme con lo stalinismo (come dottrina del partito e del socialismo) e con il maoismo induce a due riflessioni. La prima è che questa stampa, caratterizzata da una profonda confusione politica e teorica, divulga fra i lettori e gli organizzati una visione del tutto deformata e caotica del marxismo, delle esperienze e delle ragioni del socialismo contemporaneo. La seconda, che essa danneggia palesemente, anziché favorire, una chiara conoscenza della rivoluzione cinese, anche al di là delle posizioni ideologiche e politiche del gruppo dirigente del PCC.
La realtà della Cina, gli enormi problemi che essa si trova ad affrontare nel corso della lotta per la costruzione del socialismo, risultano del tutto separati dal contesto nazionale e internazionale della politica del PCC ed escono distorti da un’impostazione propagandistica volgare, pedissequamente ricalcata sui modelli pechinesi.
Ne sono esempio «l’uso cortilesco» del pensiero di Mao (12), la sua divulgazione populistica condotta in forme di precettistica mistico-religiosa, come una serie di comandamenti adattabili a tutte le situazioni, a qualsiasi paese, in qualsiasi momento di lotta. E la esaltazione da bando di concorso che si fa della stessa rivoluzione culturale, la snatura al punto da non poter neppure riconoscerne la reale portata e natura. Ma la rozzezza e l’apparente ingenuità politica di un giornalismo del genere costituiscono uno strumento diretto a far presa su alcuni strati della società contemporanea, in cui sono in continua formazione leve giovani e di recente inurbamento, in cui la presa di coscienza dei propri diritti civili e umani per molteplici ragioni si sviluppa rapidamente e tende a configurarsi talora in forme di contestazione totale e spontaneistica (il che non significa evidentemente che il fenomeno non si presenti con una sua natura politica) in settori larghi e non necessariamente proletarizzati della compagine sociale. La storia moderna abbonda di esempi del genere, alcuni dei quali clamorosi per entità e conseguenze; intieri movimenti di massa hanno potuto essere incrementati e manovrati da un uso appropriato di certa stampa, e la tecnica dì certa propaganda ha sempre servito meglio il mito e la demagogia che non la ricerca e la verità.
(1) Nel frattempo, dal maggio ’65 e per meno di due anni, era apparso II comunista, organo mensile della Lega dei Comunisti (m.l.) d’Italia, che ebbe vita stentata e che reagì violentemente contro la nascita del PCd’I, perché «dannosa alla lotta che si conduce in Italia contro il revisionismo».
(2) Contribuisce alla diffusione del giornale anche l’Associazione Italia-Cina, presente in 3-4 città, con sede a Milano, che distribuisce anche il fascicolo illustrato La Cina, di cui è editrice, e alcuni volumi riproducenti testi cinesi, che stampa in collaborazione con il PCd’I - Linea Nera.
(3) La quasi omonimia con le Edizioni oriente tuttora attive e di cui si parla più sopra, non è causale: è sistema invalso fra queste pubblicazioni la vicendevole rapina di testate e ragioni sociali, cosa non per ultimo dovuta alla ristretta area di diffusione e perciò a forti necessità concorrenziali.
(4) Al nuovo PCd’I si collegò un gruppo di redattori e attivisti della rivista Lavoro politico, sorta nel 1967 a Verona per iniziativa di studenti e docenti, e cessata nella primavera del ’69. La rivista ha svolto soprattutto una funzione di orientamento dei gruppi aderenti e no al PCd’I, e di propaganda dei documenti del PCC.
(5) Questo partito è stato fondato nel luglio del ’68, in occasione del II Congresso della Federazione dei comunisti-leninisti di Italia (fondata nel luglio del ’66), che abbandona la denominazione e la caratteristica di «federazione» per trasformarsi in partito. Organo della Federazione era Azione comunista.
Il giornale Rivoluzione proletaria viene tirato in circa 10 mila esemplari, per abbonamento, per diffusione interna, da alcuni nuclei studenteschi. La sua zona d’influenza è limitata ad alcuni quartieri di Milano (dove si stampa) e ad altri centri operai della Lombardia. (6) L’Unione ha proprie sedi in 15 città e altre in alcuni centri minori; ha costituito 11 comitati regionali e 3 interregionali. Nella sua stampa vengono esaltate tre «organizzazioni di massa»: pionieri, guardie rosse, gruppi Stalin. Per sollecitare la creazione di questi ultimi sono state coniate perentorie parole d’ordine rivolte a partigiani e a vecchi militanti, fra le quali «Uscite dal partito revisionista! Organizzatevi nel nome del compagno Stalin sotto la direzione dell’Unione !». L’Unione viene indicata come «il solo organizzatore collettivo delle masse». Il suo motto è: «Marx-Lenin-Stalin-Mao». La fisionomia esterna dei suoi organismi centrali (disposizione dei nomi dei dirigenti, gerarchia, e in parte composizione numerica) è ricalcata sulla fisionomia esterna degli organismi dirigenti del PCC, così come sono stati fissati al IX Congresso.
(7) Lo stesso si può dire di La bandiera rossa di cui è apparso recentemente un unico numero e che si vorrebbe destinare alla «propaganda fra le masse»; e sul modesto foglio pubblicato in due-tre numeri lo scorso anno dal titolo Le guardie rosse e del quale viene annunciata la ripresa delle pubblicazioni. Di fattura e contenuti ancor più modesti sono i ciclostilati distribuiti da gruppi unionisti nel corso di scioperi e manifestazioni. L’Unione stampa inoltre opuscoli di divulgazione di documenti del PCC, di scritti di Mao e di Stalin.
(8) «E’ evidente che la paura della borghesia nei confronti del nostro partito cresce in modo frenetico»; «... l'animale ferito a morte dà gli ultimi sussulti... cosi agiscono i capitalisti, i reazionari, i militari, i ministri, i revisionisti» (n. 9, 26 luglio ’69). «Il compagno segretario nazionale ha raccolto i mille semi di questa grande assemblea e li ha restituiti al popolo attraverso il magnifico discorso finale nel quale sono contenute tutte le grandi acquisizioni politiche e ideologiche, tutte le grandi emozioni di questa storica Conferenza nazionale» (n. 15, 27 sett. ’69). In questa Conferenza, tenutasi ai primi del settembre scorso, è stata annunciata la preparazione del Congresso di fondazione del Partito comunista italiano (marxista-leninista).
(9) Nel suo numero dell’agosto scorso, il giornale pubblica i 47 punti dello statuto dell’APM che ricalca gli statuti tradizionali dei partati comunisti, con l’eccezione che per essere ammessi all’ APM si deve dimostrare «di applicare in modo vivo il marxismo-lenmismo-pensdero di Mao» e che si deve avere chiaro che l’APM è «l’unico strumento del proletariato» sotto la cui direzione è possibile rovesciare la borghesia, abbattere il revisionismo, istaurare la dittatura proletaria.
(10) Incuriosirà il lettore sapere che il Comitato centrale di questo partito, costituitosi il 3 settembre scorso, ha sede in Palermo, ma che la sua amministrazione nazionale è a Venezia; che la redazione del foglio si trova a Bari, ma che la sua direzione tecnica è a Roma. Si dice che la tiratura del «giornale» non superi le 400 copie e che il partito non raggruppi più di 150 aderenti.
(11) L’indagine qui condotta non può essere considerata definitiva in ogni sua parte. Va infatti tenuto conto che la pur breve storia di questi movimenti e dei suoi organi di stampa è un tale intreccio di scissioni, di confluenze, di nascite e morti subitanee di gruppi e di giornali, di nuclei che si separano da una matrice per collocarsi all’interno o all’esterno di altri raggruppamenti, che possono essere sfuggiti particolari, date, situazioni specifiche — e di non secondaria importanza.
(12) Secondo una pungente definizione critica della rivista Che fare (n. 5, estate ’69) che, pur guardando con simpatia al maoismo, reputa infantile il portare «le citazioni di Mao» a suon di tamburo nei cortili dei caseggiati operai in Italia.
 


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Testata/Serie/Edizione Rinascita | settimanale ('62/'88) | ed. unica
Riferimento ISBD Rinascita : rassegna di politica e cultura italiana [rivista, 1944-1991]+++
Data pubblicazione Anno: 1969 Mese: 12 Giorno: 12
Numero 49
Titolo KBD-Periodici: Rinascita 1969 - 12 - 12 - numero 49


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