Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - manuale o riveduta: [informativa sulla serie di articoli Produzione, occupazione e salari nei settori impegnati nella lotta: Questo supplemento è illustrato con sei vignette di Gal tratte da altrettanti manifesti della Sezione di stampa e propaganda del PCI.] Nel primo semestre del 1969 così come già nel 1967 e nel 1968 l’industria alimentare partecipa in misura maggiore all’espansione generale della produzione industriale. Il tasso medio di espansione produttiva per le industrie alimentari e affini nelle previsioni confindustriali per il triennio 1967-69 doveva risultare pari al 2,6% annuo; è risultato invece del 5,1% nel 1967, del 4,2% nel 1968 e del 6,6% nei primo semestre del 1969. Tuttavia l’andamento settoriale della produzione è diverso sui vari settori; in alcuni rami la produzione stagna, in altri diminuisce. Le cause della stagnazione o del regresso della produzione, là dove si verificano, sono varie. Ci limiteremo ad alcuni esempi significativi. Una profonda crisi di ridimensionamento e di riassetto coinvolge tutto il settore molitorio e della pastificazione — uno dei ceppi tradizionali dell’attività industriale in particolare nel Mezzogiorno. La maggioranza delle piccole e parte delle medie aziende versano in condizioni alquanto precarie; centinaia di milioni e di pastifici, specie nell’Italia meridionale e in Sicilia hanno cessato l’attività in corrispondenza con il sorgere di grandi e moderni complessi produttivi nell'Itaìia centrale e del Nord (Barilla e Buitoni). Radicali mutamenti nei processi tecnologici di fabbricazione rendono economicamente inutilizzabili i vecchi stabilimenti in presenza di aziende che utilizzano impianti automatizzati capaci di produrre quantitativi largamente superiori a costi molto ridotti; i’impossibiiità della piccola industria a provvedere necessari investimenti, l’incapacità dei governi di programmare una politica di sostegno e un intervento attivo da parte deile partecipazioni statali, teso a sostenere e ad allargare ie attività industriali che potevano incrementare la produzione e l’occupazione nel Mezzogiorno, hanno conseguenze disastrose. Per quanto concerne il settore saccarifero, la politica del monopolio e quella governativa sono state poste sotto accusa dall’aspra lotta dei lavoratori dell’Eridania contro la chiusura di 7 stabilimenti della Valle Padana. Con la lotta, appoggiata dai contadini, dalle amministrazioni comunali, dai partiti, dalle popolazioni tutte, si chiedeva non solo la revoca dei licenziamenti ma soprattutto si poneva davanti alla opinione pubblica il problema della ristrutturazione del settore come stimolo al miglioramento della produzione bieticola, all’aumento della produzione saccarifera, tale da non costringere l’Italia a importare zucchero per il fabbisogno nazionale. La produzione di zucchero nel 1968 è stata di 11.868.000 quintali e il consumo di 13.570.000 quintali; e ciò malgrado che dal 1963 vi sia una sostanziale stabilità dei consumi pro-capite, intorno a 25 kg. l’anno. Nel settore si verifica una contrazione della occupazione fissa e stagionale, la chiusura di zuccherifici, alcuni dei quali moderni ed efficienti, poiché gli accordi comunitari assegnano all’Italia una quota inferiore alla sua capacità di produzione. Il governo e il monopolio giustificano l’accettazione della quota comunitaria (mentre sono favoriti la Francia, la Germania, il Belgio) con i più elevati costi di produzione della bietola da zucchero, condannando cosi alla decadenza parte dell’agricoltura padana e aree importanti del centro sud anziché adoperarsi per creare le condizioni per il miglioramento e la massima espansione della coltivazione (fra l’altro con adeguati investimenti in agricoltura, per l’irrigazione e la meccanizzazione). Il problema del con trollo della politica del monopolio è problema di scottante attualità! Inoltre, come rilevano diversi osservatori economici, una riduzione di prezzo dello zucchero darebbe luogo sia ad un aumento del consumo diretto, sia ad un aumento del consumo dei prodotti dolciari. Risulta chiaramente che la produzione e l’occupazione in numerosi rami dell’industria alimentare sono oggi condizionate dalla politica agricola e da quella comunitaria anche se si verifica la tendenza preoccupante allo sganciamento di diversi settori dell’industria alimentare dall’agricoltura italiana, mentre il deficit della bilancia agricoloalimentare è in grave peggioramento: infatti l’industria saccarifera pattuisce accordi di cartello a livello europeo e disattende i problemi della bieticoltura in Italia; l’industria delle carni e quella latliero - casearia attingono la materia prima sui mercati esteri mentre la crisi della zootecnia colpisce l’azienda e la proprietà contadina piccola e media. In tutti i rami dell’industria alimentare si attua una contrazione dell’occupazione dei lavoratori fissi e stagionali. Fanno solo eccezione la industria dolciaria e quella delle bevande, settori nei quali si verifica peraltro un notevole aumento della produzione rispetto a una stabilità o un lieve aumento dell’occupazione. Anche le previsioni confindustriali sono chiare in proposito: il calo previsto dell’occupazione. in quasi tutti i settori, viene giustificato adducendo che l’industria alimentare sta attuando i suoi programmi di ammodernamento degli impianti per soddisfare le nuove esigenze connesse alle caratteristiche qualitative dei prodotti. Il che comporta necessariamente una diminuzione degli addetti. Tale diminuzione sarebbe controbilanciata dall’incremento di occupazione dovuta ai nuovi impianti da installare. Ma in realtà nell’industria alimentare, in questi anni, gli investimenti di ricostituzione sono stati assai più elevati che nell’insieme dell’industria manifatturiera e sono stati destinati all’ammodernamento degli impianti. Pochissime sono infatti le nuove aziende importanti che hanno aperto i battenti. L’aumento globale della produzione nell’industria alimentare è quindi chiaramente il risultato di una maggiore produttività del lavoro, in parte dovuta alla modernizzazione degli impianti ma soprattutto alla razionalizzazione dei processi lavorativi e a una nuova intensificazione dello sfruttamento della mano d’opera. Ad esempio, nell’ultimo decennio la produzione di conserve ed ortaggi in scatola ha più che raddoppiato il suo volume registrando un aumento del 114,2%; mentre se dai dati statistici risulta che l’occupazione rimane stazionaria, in realtà è in grave diminuzione se si considera il calo quasi generale del numero degli stagionali ma soprattutto la riduzione della durata delle diverse campagne di lavorazione. Le rivendicazioni per il rinnovo dei contratti di lavoro e per la contrattazione aziendale fanno obbligatoriamene perno sull’aumento considerevole dei salari, sulla riduzione dell’orario di lavoro (settimanale e giornaliero) e sulla contrattazione dei ritmi, delle qualifiche, degli organici, sulla difesa della salute dei lavoratori. Nel primo semestre del 1969, con il rinnovo dei principali contratti di settore che interessano complessivamente 270 mila lavoratori, notevoli risultati sono stati conseguiti con l’aumento dei minimi salariali (che risultano essere, oggi, fra i più elevati dell’industria manifatturiera) con la riduzione dell’orario di lavoro, a parità di salario (da un massimo di 43 a un minimo di 40 ore settimanali), con il diritto d’intervento del sindacato sui problemi delle qualifiche, dei cottimi, dell’ambiente di lavoro, della nocività. Le conquiste sono considerevoli e apportano un sostanziale miglioramento alla condizione operaia — in certi settori ottimi risultati sono stati ottenuti per la mano d’opera femminile — sul piano salariale e sul piano del diritto dei lavoratori e delle loro organizzazioni sindacali ad intervenire per la contrattazione dei vari aspetti del rapporto di lavoro. Proprio su questo terreno avviene lo scontro più aspro con il padronato il quale tende a rivalersi sulle conquiste dei lavoratori con l’intensificazione dei ritmi e l’ulteriore contrazione degli organici. E’ evidente che la piena applicazione dei contratti in tutte le aziende passa attraverso l’esercizio dei diritti del sindacato a intervenire per la determinazione dei ritmi, delle pause, dei rimpiazzi, degli organici di linea, delle qualifiche, della distribuzione dell’orario settimanale di lavoro, del numero degli stagionali da assumere e della durata della occupazione stagionale. Senza un’azione accorta ed energica in tutte le fabbriche, azione che riproponga a livello unitario, come è avvenuto nel corso delle lotte contrattuali, il grande problema di elevare i salari di fatto nell’industria alimentare, di tutelare l’occupazione e la salute dei lavoratori con il più ampio esercizio della contrattazione aziendale, i padroni potrebbero anche al di là delle manovre sui prezzi, assorbire buona parte delle conquiste nazionali. [tabella p.22: Indici della produzione dell’industria alimentare 1967-68 base 1966 = 100 (Fonte ISTAT) ] Occupazione operaia nei vari settori dell’industria alimen tare. Confronti fra il 4° trime stre 1967 e il 4° trim. 1968 (da ti del ministero del Lavoro) N° stabil. censiti , Media mensile operai in forza 1967 1968 A1p9r6i9le Industria alimentare e affini 1967 1968 3226 + 3242 167.143 (di cui 34,8% donne) —163.325 105,1 + 109,6 119,4 Ind. molitoria e della pastificazione 1967 1968 787 768 25.759 (di cui 24,1% donne) 25.341 moli tura di ce reali 105,6 pasti- ficaz. 102,9 102,3 107,9 97,4 107,4 Carni lavorate e conservate 1967 1968 358 + 390 17.396 + 19.370 105,3 + 111,2 111,8 Conservazione e trasf. frutta e ortaggi 1967 1968 248 — 242 19.805 (di cui 66,5% donne) = 19.951 104,8 + 109,3 172,3 Industria casearia 1967 1968 314 322 14.621 (di cui 21,5% donne) 14.238 100 96,6 109,5 Produz. estratti alim. e alimenti dietetici 1967 + 1968 201 208 17.670 (di cui 6,2% donne) —13.093 110,8 + 120,5 118,4 Industria bevande alcooliche 1967 1968 518 508 20.886 (di cui 26,5% donne) —19.524 Industria delle bevande in generale Industrie bevande analcooliche 1967 1968 155 155 5.335 (dì cui 11,5% donne) — 5.098 Industrie dolciarie 1967 1968 380 380 32.733 (di cui 57,3% donne) + 34.201 Produzione biscotti e pasticceria (a) 108,7 + 123,2 114,9 Produzione cioccolato, caramelle, confetture 103,4 + 116,8 114,8 (a) A dicembre 1968 l’indice ha ; raggiunto 186,6. | |
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