Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - manuale o riveduta: [didascalia p. 17: li presidente Pompidou, il capo del governo Chaban-Delmas e il ministro delle Finanze Giscard D’Estaing tentano di scoprire i misteri del franco (svalutato) (da L'Express di Parigi).] All’inizio della ripresa autunnale, l’intiera industria metallurgica e meccanica appare in forte espansione, quale non si registrava, in tali termini, da non poco tempo. Anche determinati settori che tradizionalmente hanno segnato il passo da anni (quali ad esempio certe produzioni di meccanica pesante e strumentale) sembrano interessati da un nuovo ciclo di sviluppo. Alcuni dati per indicare le caratteristiche di questa situazione. La produzione siderurgica continua a incrementarsi regolarmente: nei primi sei mesi dell’anno sono stati prodotti 9 milion di tonn. di acciaio grezzo (contro 8,5 nel primo semestre dell’altro anno). Per l’intiera annata si prevede di raggiungere il livello di 19 milioni di tonn. Ciò nonostante, la produzione nazionale è insufficiente rispetto alla crescente domanda, il che sta determinando contemporaneamente un rialzo dei prezzi e un aumento delle importazioni. Ma sul piano generale, il settore va incontro a una nuova fase di rafforzamento strutturale: il rapporto ghisa / acciaio oramai sfiora lo 0,50 (era solo un terzo non molti anni fa): sono previsti nuovi giganteschi allargamenti della capacità produttiva con il V Centro Finsider già allo studio. Nel complesso la siderurgia italiana ha conseguito in questi anni notevoli balzi di produttività, che la collocano forse al primo posto fra quelle CECA. Da alcuni dati pubblicati recentemente dalla CEE risulterebbe infatti che il rapporto tra ore lavorate e tonnellate di acciaio è in Italia il più basso: circa 6,6 contro ad esempio 8,1 in Germania e 10,8 in Francia. Anche l’industria navalmeccanica sta attraversando, sul piano congiunturale, una fase meno critica di quella che le è oramai tradizionale, nonostante rimangono aperti tutti i problemi di fondo: il carico d’ordini ha subito un certo incremento nell’ultimo anno e offre al momento (sia pure con tutte le cautele che in questo caso vanno prese) una prospettiva di lavoro minimamente consolidata per il futuro. Tutto il settore dei mezzi di trasporto, d’altra parte, e a ritmi ben più sostenuti, si sta sviluppando nei suoi vari comparti, anche quelli dei mezzi di trasporto industriale (ad eccezione del materiale ferroviario). Nel settore delle macchine utensili, che ha una posizione chiave nel processo di accumulazione, la ripresa iniziata appena poco più di un anno fa (dopo anni di crisi profonda) si va consolidando con aumenti della produzione, nei primi mesi di quest’anno, del 15-20%. E’ soprattutto cresciuto l’assorbimento del mercato interno (nei primi tre mesi di questo anno di ben il 65%). Attualmente il carico di ordinazioni, per la prima volta dopo anni, appare assai consistente. Pure molte produzioni di meccanica pesante (grossi macchinari, impianti di solle vamento, motoristica pesante eccetera) sono oggi in fase di sviluppo produttivo, sia pure a ritmi contenuti. Dove i ritmi di espansione continuano ad essere altissimi è nel settore dei beni di consumo durevole. Le autovetture registrano un incremento del 16%; negli elettrodomestici il valore della produzione (che è stato di circa 350 miliardi nel ’68) toccherà nuove vette nel corso di quest’anno, a un ritmo non distante da quello degli ultimi anni (in media un incremento del 15% annuo). In complesso, dunque, la situazione attuale e le prospettive dei prossimi mesi (quali si desumono sia dalle previsioni del mondo degli affari sia dal carico di ordini), appaiono abbastanza favorevoli. L’industria meccanica, dopo il modesto incremento dell’anno scorso, avrà quest’anno un considerevole sviluppo. Due sono, grosso modo, i fattori di questa ripresa: da un lato la ripresa degli investimenti industriali, che è stata un aspetto caratterizzante di questo scorcio d’anno, dall’altro lato la ininterrotta espansione delle esportazioni che, specie per certi settori, costituiscono il pilastro fondamentale della produzione. Nei soli primi quattro mesi di quest’anno, infatti, l’industria meccanica nazionale ha esportato per ben 1000 miliardi di lire (con un aumento del 23% rispetto al ’68, che a sua volta aveva registrato un alto tasso di incremento). Alcuni settori esportano più della metà della produzione: lo stesso settore dell’auto si sta avvicinando a questa quota (nei primi mesi di quest’anno si è già superata la percentuale del 40%). Gli interrogativi che avvolgono la consistenza a lungo termine di questi fattori di sostegno dell’industria metalmeccanica (specie di quella « pesante ») portano d’altra parte a dover valutare, in termini meno « immediati », le caratteristiche generali di questo sviluppo. Appaiono allora tutti i risvolti della medaglia, così brillante dal punto di vista produttivo e degli affari. Innanzitutto, per quanto riguarda la occupazione. Indubbiamente essa è in aumento, in certe zone anzi si sono registrate forti tensioni specie per la carenza di determinate qualifiche. Ma nel complesso continua a mancare, in una economia come quella italiana, e dato il peso ancora insufficiente che in essa ha l’industria meccanica, quella funzióne di forte attrazione occupazionale che sarebbe assolutamente indispensabile realizzare in questa industria. Oggi i livelli di occupazione sono di poco superiori a quelli del ’63, ma anche per il futuro non si andrà oltre modesti aumenti. Dalle recenti previsioni confindustriali si desume infatti che nel corrente anno ci sarà nell’industria meccanica un incremento di occupazione di non più di 20 mila unità, e altrettanto nel ’70. In secondo luogo è lo stesso tipo di sviluppo in atto che viene messo in questione. E’ vero che la meccanica pesante, i beni strumentali in genere, attraversano oggi una fase di ripresa. Ma, a parte consistenti eccezioni (continua ad esempio la vita stentata di comparti importanti, come quello dell’elettromeccanica pesante e della navalmeccanica), continua a persistere la fondamentale biforcazione che ipoteca non solo l’avvenire dell’industria meccanica ma quello di tutta l’economia del paese, e cioè quella fra lo sviluppo impetuoso di alcuni settori « terminali » e il ristagno delle produzioni di base, sia di quelle tradizionali che di quelle dei settori « nuovi », capaci di garantire un effettivo allargamento della base industriale del paese. Così si apprende, ad esempio, che gli investimenti nell’industria meccanica saliranno da 400 miliardi nel ’68 a 500 nel ’69, a quasi 600 nel ’70, ma la loro composizione fondamentale rimarrà sostanzialmente quella che non ha permesso né un vigoroso sviluppo « estensivo » né l’acquisizione di minimi traguardi nei nuovi campi dell’industria e della ricerca: il 40% di questa massa totale sarà infatti assorbito dall’industria automobilistica. E questo quando, all’altro lato della scala, tanto per fare un esempio, si apprende che nel settore elettronico la spesa per la ricerca è in Italia un decimo che in Francia, un quindicesimo che in Germania, un ventesimo che nel Regno Unito. | |
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