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tipologia: Analitici; Id: 1549928


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Tipologia Periodico
Titolo L'autunno operaio è cominciato, Produzione, occupazione e salari nei settori impegnati nella lotta, 1 - Fausto Fiorini, Automobile: l'88% esce dalle catene della Fiat
Responsabilità
Fausto Fiorini+++
  • Fiorini, Fausto
  autore+++    
Rubrica od altra struttura ricorsiva
Lotte sindacali [Rinascita] {Lotte sindacali [Rinascita]}+++  
Osservatorio economico [Rinascita] {Osservatorio economico [Rinascita]}+++  
Economia italiana [Rinascita] {Economia italiana [Rinascita]}+++  
Area della trascrizione e della traduzione metatestuale
Trascrizioni
Trascrizione Non markup - manuale o riveduta:
[didascalia p. 16: (disegno di Blazic)]
[vignetta p. 16: Capitali all'estero / miseria nel sud / alt!]
Nella società capitalista di questi ultimi decenni l’industria automobilistica si è rivelata — come un tempo le ferrovie — industria motrice per eccellenza e, dando un'occhiata anche sommaria alle statistiche, risulta evidente il ruolo determinante che essa ha svolto e continua a svolgere nello sviluppo della nostra economia.
Il peso di questo settore produttivo nell'economia nazionale non può però essere calcolato correttamente con un semplice raffronto fra i dati del settore e quelli nazionali: per avere un’idea più esatta della sua funzione motrice occorre calcolare anche gli effetti indotti.
Nel 1967, il settore dell’auto ha dato occupazione al 23% degli addetti dell’intera industria meccanica e al 5,7 dell’industria manifatturiera. Nel 1968 il settore dell’auto contava 160.000 addetti ma secondo una valutazione della Fiat si può calcolare una occupazione indotta di circa 500.000 unità distribuita in oltre 10.000 imprese. Se a questo calcolo si aggiunge il numero di coloro che sono occupati in imprese la cui attività dipende essenzialmente dall’ esistenza dell’ industria automobilistica — officine di riparazione, produttori di accessori, istituti finanziari collegati alle vendite, distributori di benzina, ecc. — si può valutare a 2.300.000 il numero dei lavoratori (circa il 12% di tutti i lavoratori italiani) le cui possibilità di lavoro dipendono, più o meno direttamente, dalle vicende economiche del settore automobilistico. Il nostro paese oltre ad essere quello in cui il peso relativo di questa industria è maggiore, è anche quello in cui si verifica la maggiore concentrazione; infatti il solo gruppo Fiat ha prodotto nel 1968 1’88% di tutti gli autoveicoli costruiti all’interno del nostro paese.
Fra le altre industrie, soltanto l’Alfa Romeo, per la sua posizione attuale o per le possibilità future, può sperare di attingere quel livello produttivo al di sotto del quale — secondo gli esperti — un’impresa non ha diritto di cittadinanza in campo internazionale, ed è prima o poi, destinata a sparire o a farsi assorbire da altre. Lo sviluppo della Fiat è stato facilitato in questo dopoguerra, dal fatto di essere stata per tanti anni la sola produttrice di automobili di grande serie, in un mercato chiuso, e a cui la bassa densità automobilistica iniziale (158 abitanti per autoveicolo nel ’46) ha garantito un altissimo tasso di espansione della domanda.
Ora il nostro paese ha raggiunto una densità automobilistica (6 abitanti per autoveicolo) paragonabile a quella dei paesi capitalisti europei più avanzati (4-5 abitanti per autoveicolo) e la struttura del mercato si va rapidamente trasformando. Se negli anni 1959-1962 il mercato di sostituzione si poteva valutare a circa 70 mila vetture annue, nel 1968, le vetture vendute in sostituzione di quelle usate superano notevolmente le 300 mila.
Questo mutamento ha posto in termini nuovi il problema del mercato che, dopo il boom automobilistico terminato nel 1963, si è lentamente ripreso su livelli più bassi, di quelli dell’anno terminale, ma dimostra di essere assai lontano dalla dinamicità degli anni precedenti l’ultima recessione.
Secondo calcoli della Fiat, nel 1978 scontando una diminuzione di domanda interna di autovetture nuove da 1.050.000 del 1969 a 650.000 nel 1978 e una domanda di sostituzione, per quell’anno di 1.070.000 unità, la domanda interna dovrebbe ammontare a 1.720.000 autovetture.
Ora, anche senza effettuare nuovi investimenti, limitandoci cioè a quelli sostitutivi e ipotizzando un incremento di produttività del 5% annuo previsto dal piano nazionale, la Fiat raggiungerà nel 1978 una capacità produttiva superiore a 2.400.000 vetture.
Calcolando la componente estera sul mercato nazionale nella misura del 18% e del 15% la quota per le altre marche italiane, la Fiat dovrebbe, per non scendere al di sotto del limite critico di utilizzazione degli impianti, valutabile al 75% della capacità produttiva (contro 1’85% attuale), accrescere notevolmente la propria partecipazione al mercato mondiale (1). E’ questa la prospettiva verso la quale sta lavorando la Fiat, diventata ormai impresa a strategia internazionale e soggetta quindi alla logica espansiva propria dei monopoli internazionali; prospettiva che ci fa pensare che i programmi della Fiat siano in realtà assai più ambiziosi di quanto appaia dalle dichiarazioni dei suoi dirigenti.
Tutto ciò pone una serie di gravi problemi di fronte al paese e al movimento operaio. Innanzitutto ci si può chiedere quale sarà la sorte degli occupati presso le altre imprese nazionali se si dovrà operare nei loro confronti la drastica selezione prevista e patrocinata da Agnelli. Per queste imprese la Fiat ipotizza una vendita totale di 350.000 autovetture fra mercato nazionale ed estero per il 1978 quando è noto che la capacità produttiva della sola Alfa Romeo, sarà nel 1980 di circa 400 mila vetture.
Anche dal punto di vista dell’utilizzazione delle risorse non mancano le incognite. La Fiat ha effettuato in questi ultimi anni investimenti esteri per circa 40 miliardi annui; si tratta ora di sapere quanti miliardi dovrà investire negli anni futuri per far fronte alle enormi esigenze che l’ampliamento dell’apparato distributivo ed assistenziale richiede, oltre agli eventuali acquisti di aziende estere, come pare essere nelle intenzioni della Fiat stessa.
Un altro grosso problema riguarda il grado di esposizione alle vicende congiunturali internazionali del nostro sistema economico tanto più alto quanto più accentuata è la specializzazione della nostra produzione.
Un ultimo problema, estremamente importante, nell’ambito della strategia internazionale della Fiat è quello relativo al regime produttivo e alle condizioni di lavoro.
Disponibile, a volte — e ancora recentemente — sulle questioni salariali, la Fiat, ha sempre energicamente rifiutato di trattare sulle questioni relative alle condizioni produttive interne. Sono occorse le lotte dell’estate 1969 per strapparle i primi riconoscimenti di un potere contrattuale operaio sulle condizioni di lavoro, ma già la Fiat è ripartita all’attacco per capovolgere il significato di ciò che è stata costretta a concedere.
Molto francamente Agnelli, rispondendo ad una domanda dell’on. Sulotto, ebbe a dire: « Fra una migliore condizione operaia ed economicità (e quindi competitività) non esiterei a scegliere la seconda». La scelta è abbastanza chiara agli operai della Fiat, soprattutto a quelli delle linee, che « per resistere » sono costretti a numerosissime assenze dal lavoro.
La produttività aziendale è la base della capacità competitiva internazionale: ogni cosa deve essere ad essa subordinata; in queste questioni il monopolio non è disposto a transigere soprattutto quando, come sta avvenendo per merito della classe operaia italiana, ciò comporti rilevanti implicazioni politiche.
Questa logica ha permesso alla Fiat di aumentare notevolmente la propria produttività; il fatturato per operaio dal 1962 ad oggi è aumentato ad un tasso di oltre il 6 per cento all’anno: 6.147.000 lire nel 1962, 8.426.000 lire nel 1968.
Lo scontro, ormai iniziato, ci dirà dell’esito di una lotta che esula ormai dalla pura e semplice tradizionale vertenza sindacale. (1) L’esportazione Fiat costituisce attualmente circa il lO° dell’esportazione automobilistica mondiale, ed è al 2° posto per importanza dopo la Volkswagen.
I dati, sulla base dei quali le considerazioni che precedono sono state svolte, sono stati ricavati dall’esposizione di G. Agnelli alla Commissione Industria e Commercio della Camera dei deputati.
[tabella p. 16]
Ripartizioni per marche nel 1968 Autovetture Autocarri Autobus Totale Alfa Romeo 97.220 2.499 __ 99.719 Ferrari 730 __ 730 Gruppo FIAT Fiat 1.301.751 86.932 2.538 1.391.221 Az. Autobianchi 56.782 2.805 — 59.587 Azienda OM — 20.930 561 21.491 Innocenti 50.540 __ __. 50.540 ISO
147 — —. 147
Lamborghini 361 —— — 361 Lancia 36.668 2.253 140 39.061 Macchi — 1 57 58 Maserati 733 — — 733 Totale 1.544.932 115.420 3.296 1.663.648
[tabella p. 16]
Italia
Anni Produz !
Totale autoveicoli. solo autovett.
Circolaz. autoveicoli Totale solo autovett.
Densità N. abit. per aut.
Nuove i Totale mmatricol. solo autovetl N. occupati t.
1960 644.633 595.923 2.431.171 1.976.188 21,0 427.751 381.385 97.204
1961 759.140 693.695 2.952.835 2.449.123 17,1 553.844 491.755 108.599
1962 946.793 877.860 3.580.222 3.030.056 14,3 704.474 634.706 121.190
1963 1.180.536 1.105.291 4.521.566 3.912.597 11,5 1.038.435 951.704 132.132
1964 1.090.078 1.028.930 5.319.294 4.674.644 9,9 894.029 830.175 125.315
1965 1.175.548 1.103.932 6.137.012 5.472.591 8,6 939.580 886.297 124.073
1966 1.365.898 1.282.418 7.057.113 6.356.578 7,6 1.074.690 1.014.975 135.450
1967 1.542.669 1.439.211 8.043.184 7.294.578 6,7 1.240.703 1.162.246 147.480
1698 1.663.648 1.544.932 ' 8.976.558 8.178.505 6,0 1.253.964 1.167.614 160.000
Fonti: Automobile in cifre 1969 - ANFFIA R. Biscaretti di Ruffia: The Italian Motor Industry in Rewiew of thè Economie Condition in Italy - n. 5, 1969, Banco di Roma i
 


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in: Catalogo KBD Periodici; Id: 32749+++
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Area unica
Testata/Serie/Edizione Rinascita | settimanale ('62/'88) | ed. unica
Riferimento ISBD Rinascita : rassegna di politica e cultura italiana [rivista, 1944-1991]+++
Data pubblicazione Anno: 1969 Mese: 9 Giorno: 12
Numero 36
Titolo KBD-Periodici: Rinascita 1969 - 9 - 12 - numero 36


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