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tipologia: Analitici; Id: 1549925


Area del titolo e responsabilità
Tipologia Periodico
Titolo L'autunno operaio è cominciato, Diego Novelli, Gli operai dell'Officina 32 [sopratitolo: Retroscena e cause dello sciopero che la FIAT ha trasformato in «casus belli»] [sottotitolo: Una accurata ricostruzione del clima esistente nei reparti consente di capire come è maturato il malcontento dei lavoratori]
Responsabilità
Diego Novelli+++
  • Novelli, Diego ; ente ; ente
  autore+++    
Rubrica od altra struttura ricorsiva
Lotte sindacali [Rinascita] {Lotte sindacali [Rinascita]}+++  
Osservatorio economico [Rinascita] {Osservatorio economico [Rinascita]}+++  
Economia italiana [Rinascita] {Economia italiana [Rinascita]}+++  
Area della trascrizione e della traduzione metatestuale
Trascrizioni
Trascrizione Non markup - manuale o riveduta:
[didascalia p. 13: PIANTA DI UNA PARTE DELL’OFFICINA 32 (FIAT MIRAFIORI)
1° reparto
SQUADRA SALDATRICI co2
SQUADRA FRIZIONI
SQUADRA VALVOLE
2° reparto
SQUADRA LAPIOELLI CLASSICI
SQUADRA DISCHI FRIZIONE
Squadra tubi olio
3° reparto
SQUADRA FORNI DI BRASATURA
SQUADRE ALBERO A CAMME
SQUADRA ALBERO A CAMME
]
[didascalia p. 14: BLOCCO DEI FITTI
CASA PER TUTTI]
Torino, settembre — E' indispensabile partire dai fatti, da ciò che è accaduto alla FIAT Mirafiori e in particolare alla ormai famosa Officina 32 per poter comprendere il significato e la portata della lotta aperta dagli operai del più grande, complesso industriale europeo, e per spiegarci le ragioni della rabbiosa reazione dei padroni del monopolio i quali hanno, con i noti provvedimenti di sospensione, cercato di colpire tutta la categoria alla vigilia della apertura della vertenza per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici. L’informazione, sta alla base dell’azione di orientamento che il sindacato di classe e i partiti della sinistra operaia devono svolgere in una situazione estremamente complessa e difficile come quella torinese.
Con un gruppo dì operai dell’Officina 32 della Mirafiori, e precisamente della squadra tubi-olio dove è scoccata la scintilla, abbiamo cercato di ricostruire le varie fasi che portarono allo sciopero di lunedì 1° settembre, preso a pretesto dalla direzione della FIAT per sospendere dal lavoro nell’arco di tre giorni circa 30 mila dipendenti. La nostra ricognizione parte dalle lotte della primavera - estate scorse, quelle concluse alla vigilia delle ferie con la stipulazione di un accordo riguardante un centinaio di vertenze aperte alla FIAT dalle organizzazioni sindacali.
All’Officina 32, dove vengono lavorati particolari dei motori delle automobili (tubo olio, acceleratore, frizione, valvole, ecc.) non si erano registrati scioperi prima delle vacanze. Si era discusso molto, soprattutto sull’azione che in altre officine (carrozzeria in particolare) i lavoratori avevano intrapreso.
Anche se gli stabilimenti FIAT Mirafiori sono una gigantesca città, con oltre 50 mila « abitanti », le notizie degli scioperi verificatisi in maggio alla Carrozzeria e all’Officina 24, erano rapidamente giunte nei reparti della 32; le voci di fermate venivano d’altra parte confermate dal rigonfiamento del serpente dei motori prodotti in questa officina e che si accumulavano nei corridoi e in ogni angolo dei reparti poiché le fasi successive del processo produttivo erano state interrotte dagli scioperi.
Tra i più combattivi della Officina 32 vi sono i saldatori, suddivisi in due gruppi: quelli che operano con l’ossigeno e quelli invece che usano l’elettricità. Tra questi operai si discute dell’azione promossa alla sala prove per i passaggi di categoria e dai saldatori della Officina 24.
Senza giungere allo sciopero si svolgono alcune riunioni nel reparto e verso la fine di maggio vi è un incontro con i rappresentanti della Commissione interna per avanzare le richieste per i passaggi di categoria, tra l’altro, previsti dal contratto nazionale per questo tipo di mansioni. La richiesta viene accolta dalla direzione ma il 15 giugno, quando arriva la busta paga non c’è dentro il foglietto relativo all’aumento e non è sancito il passaggio dalla 3. alla 2. categoria. Un gruppo di operai va a colloquio dall’ingegnere Riccadonna della Meccanica 2, il quale spiega che si tratta di un ritardo. « Però per me — e mostra loro i cartellini depositati presso l’ufficio mano d’opera — sono già tutti di 2. categoria ».
Il malcontento si placa tra i saldatori ma si allarga invece tra gli operai addetti alle altre lavorazioni.
La spinta rivendicativa salariale è forte. Tra questi lavoratori è altissima la percentuale degli immigrati dal sud, che si trovano a Torino in condizioni di estremo disagio: molti provengono dalla Svizzera, dalla Germania, e il loro inserimento nella città della FIAT è particolarmente pesante.
I calibristi dei tubi olio della squadra dove lavorano i saldatori, anziché rivolgersi alla Commissione interna per il passaggio di categoria, vanno direttamente dai capi-squadra che promettono il loro interessamento. Dopo un paio di settimane ricevono una comunicazione con la quale viene annunciato un aumento di 10 lire all’ora, ma non il passaggio di categoria. L’aumento viene respinto «perchè — scrivono gli operai sulla comunicazione della direzione — non vogliamo l’elemosina ».
Gli operai con più anzianità (15-20 anni) addetti alle saldatrici ad ossigeno chiedono aumenti di paga che i capi squadra, in linea di massima, dicono di appoggiare.
Nell’Officina 32 il fermento è molto esteso ma nessuno sciopera. Quelli che il Corriere della Sera, e buona parte della stampa padronale italiana, hanno descritto come terribili «maoisti» sono invece coloro che dimostrano maggiore pazienza, in questa officina dove lavorano oltre 800 operai per turno.
La « 2 categoria » viene rivendicata anche dagli addetti alle piegatrici Bannic dove piegano il tubo olio del motore: l’operaio non compie « operazioni meccaniche ripetitive » come sostiene la direzione per negargli la «seconda ». Infatti la piccola piegatrice viene regolata direttamente da chi esegue le due o tre pieghe e la gestione della macchina è controllata non da un « operatore » ma dall’operaio stesso. Finita questa operazione il pezzo passa alle piccole presse dove viene frangiato il tubo dell’olio. La direzione non vuole riconoscere la 2. categoria a nessuno degli operai di queste lavorazioni. Si tenga conto che in altre officine, con uguale lavorazione, i passaggi di categoria sono subito riconosciuti.
In questa situazione la tensione all’Officina 32 aumenta. Verso la fine di giugno ha luogo una prima assemblea nel refettorio, il cui esito è piuttosto preoccupante: regna tra gli operai una grande confusione. Alcuni si sono rivolti alla Commissione interna per i passaggi di categoria, altri si sono mossi da soli attraverso la gerarchia aziendale; la presenza organizzata del sindacato è scarsa e un certo spazio lo trovano alcuni portavoce dei « gruppi » che operano all’esterno dei cancelli della fabbrica.
I cosidetti « gruppozzi » (neologismo ormai largamente in uso a Torino per definire i giovani di « Potere operaio » e delle varie fazioni in cui si è sbrindellata la dirigenza del Movimento studentesco torinese) cercano di screditare l’azione del sindacato tendente a strappare miglioramenti salariali ma nel contempo posizioni di effettivo potere nella fabbrica, per controllare la produzione, i ritmi, l’ambiente di lavoro, per impedire al padrone di riprendersi dopo poche settimane ciò che è stato costretto a concedere sul piano salariale. Ma, come abbiamo detto, la particolare situazione sociale in cui si trovano a Torino migliaia di lavoratori rende più difficile la comprensione della linea portata avanti dal sindacato dì classe, unitariamente con le altre organizzazioni: è più facile strappare il consenso con demagogiche. rivendicazioni salariali anziché fare maturare nella coscienza degli operai la necessità di contrapporre all'autoritaria organizzazione della produzione decisa dal padrone, strumenti di intervento che salvaguardino non solfano la personalità dello operaio ma anche i suoi interessi materiali (salute, orari, ritmi, quattrini, ecc.). Ciò non toglie che si debba avere sempre presente questa spinta salariale (non a caso al primo punto della piattaforma contrattuale si parla di aumenti di 75 lire orarie per tutti) altrimenti si correrebbe il rischio di agire staccati dalla realtà.
Prima delle ferie hanno luogo due assemblee dei lavoratori della Officina 32 con i rappresentanti delle Commissioni interne: l’andamento di queste riunioni, cui partecipano 400 operai, è piuttosto vivace e contrastato: le proposte formulate per l’accordo sulle numerose vertenze aperte dai sindacati vengono, in questo clima di tensione e di confusione, respinte dalla maggioranza dell’assemblea.
Alla ripresa del lavoro dopo le vacanze i saldatori ad ossigeno che attendevano una risposta alla loro richiesta di aumento, si sentono raccontare dal capo-officina Del Giudice che « la FIAT in questo momento non può concedere niente ». I saldatori elettrìci, che avevano ottenuto il passaggio alla 2.a categoria, si attendevano che durante la pausa feriale la direzione si fosse decisa a collegare le cabine dove lavorano con l’esterno dell’officina per evitare che l’aspiratore, posto sul tetto delle cabine alte due metri e mezzo, continuasse a immettere nel reparto gli odori e soprattutto il fumo provocato dalle saldatrici. Visto il nulla di fatto si muovono subito e chiedono, in attesa della sistemazione degli aspiratori, poiché non vogliono comunque vendere la loro salute, 24 lire di aumento della paga di posto.
Nella settimana tra il 25 e il 30 agosto le discussioni tra gli operai si fanno più vivaci mentre la direzione, attraverso i suoi capi-squadra e capi reparto fa capire che non sarà concesso nulla. Anche all’Officina 32 per la prima volta si parla di sciopero per risolvere problemi relativi alle singole squadre. La parola d’ordine parte dalla squadra tubi-olio: lunedì 1 settembre, alle ore 8,30, sciopero. Puntualissimi, questi operai alla ora fissata si fermano in que­ sta successione: staccano le saldatrici elettriche, poi si fermano le presse, le tagliatrici, le piegatrici, e così via. In pochi minuti tutta la squadra ha le braccia incrociate. Ac­ canto a questa squadra ci sono quelli delle valvole; anche loro si bloccano. Tutto il resto dell’officina continua a lavorare. Alle 9,30 sospendono il lavoro altre due squadre: quella dei dischi frizione e quella delle frizioni. Alle dieci anche nella squadra dei forni di brasatura non si lavora più. A mezzogiorno tutta l’officina è bloccata. Dopo alcune riunioni volanti svoltesi nel corridoio che divide la squadra tubi-olio da quella delle valvole si decide di andare nel refettorio
per una assemblea con la Comissìone interna. L’atmosfera è incandescente. Viene avanti la richiesta da parte di alcuni operai del passaggio di categoria per tutti con un aumento di 100 lire all’ora: la discussione è difficile, contrastata, volano fischi e insulti tra gli stessi operai, esplode l’esasperazione dopo molti mesi di attesa. Da parte degli attivisti sindacali si cerca di chiarire sopratutto il valore dell’accordo conquistato nel luglio scorso e la necessità di battersi per la sua applicazione. E’ indispensabile procedere con ordine nelle richieste per i passaggi di categoria. Ciò che ha contribuito ulteriormente ad esacerbare gli animi di questi operai è il fatto che la direzione ha concesso, con carattere chiaramente discriminatorio e clientelare, alcuni «passaggi » in modo smaccatamente provocatorio: operai con meno anzianità e meno esperienza si sono visti concessa la 2.a categoria negata a loro compagni di lavoro con maggiori titoli. Il disegno della FIAT è chiaro e si delineerà nel giro di poche ore.
Martedì 2 settembre alle 11,30 la Commissione interna con un gruppo di operai dell’officina si incontra con la direzione nella sede di via Settembrini per discutere tutte le richieste avanzate. Per « ragioni di competenza e di responsabilità » la delegazione viene indirizzata alla direzione centrale di corso Agnelli « per un più approfondito esame delle richieste ».
La direzione centrale non inizia neppure a discutere; si limita a comunicare la decisione già assunta, cioè la sospensione di tutti gli operai la cui lavorazione è collegata a quella della Officina 32. Alle 12,30 viene affisso sugli orologi, dove gii operai bollano la cartolina, e nelle bacheche dei refettori e dei reparti il comunicato ufficiale delle sospensioni.
La FIAT è partita al contrattacco. Il suo progetto è ambizioso: dividere i lavoratori, colpire la loro combattività anche attraverso gesti provocatorii, per giungere alle lotte contrattuali in una situazione di estrema confusione. La FIAT sa benissimo che nelle tasche degli operai, dopo le ferie, sono rimasti pochi quattrini; attaccare subito significa metterli alle corde, non lasciarli prendere fiato. Soprattutto si deve stroncare la lotta articolata: ecco perchè viene fuori la storia della mancanza dei rifornimenti dei pezzi alle altre officine.
La organizzazione produttiva della FIAT Mirafiori è di tipo lineare. Ogni operazione è collegata a quella precedente e a quella successiva, ma non si è però ancora giunti a quel grado di rigidità che invece la FIAT vorrebbe imporre e che le lotte articolate per il controllo della produzione, la distribuzione e la assegnazione del lavoro, minacciano. La FIAT, e non lo nasconde, ha di fronte a sè esigenze produttive (leggasi profitti) che impongono questo tipo di autoritarismo produttivo sino all’esasperazione; cioè, sino al totale assoggettamento dell'uomo (gli operai) alle possibilità delle macchine. Per queste ragioni non sono malviste dalla direzione le richieste di tipo salariale, purché ci si limiti agli aumenti di paga e non si ficchi il naso nel controllo della produzione, nell'assegnazione dei macchinari, nelle velocità delle catene ecc. I delegati di linea, di reparto non sono soltanto uno sviluppo della democrazia all'interno della organizzazione operaia, sono soprattutto una spina nel cuore del padrone, poiché i delegati controllano la produzione e decidono, con gli operai della linea, la fermata per fare rispettare gli accordi.
La FIAT, ben cosciente di tutto ciò, ha giocato d'anticipo. Lo sciopero sacrosanto e legittimo dell'Officina 32 le ha offerto il pretesto per colpire la lotta articolata, per cercare di mettere contro i duemila «cinesi», «anarchici», «maoisti », « trotzkisti » (e chi più ne ha più ne metta), della «32», gli altri lavoratori. Il gioco stava per riuscirle.
Mercoledì 3 settembre alcuni operai collegati ai « gruppi esterni » organizzano un corteo con un centinaio di lavoratori. Si svolge una assemblea senza i rappresentanti delle Commissioni interne e si nomina una delegazione per andare a discutere con la direzione col chiaro tentativo di scavalcare i rappresentanti sindacali. Tra gli operai che partecipano a questa assemblea ( non numerosa per la verità) viene avanti la richiesta della applicazione dell’accordo firmato dai sindacati in luglio. La delegazione « spontanea » si incontra con il direttore della meccanica 1-2, ing Bertone, che elude tutte le richieste.
Lo sciopero intanto continua mentre i sospesi dal lavoro delle altre officine passano da 7 mila a 20 mila.
Il giorno dopo, giovedì, la Commissione interna indice una riunione di tutti i delegati di squadra nel refettorio dell'officina: viene chiarita la necessità di puntare tutto sulla applicazione dell’accordo, nel quale tra l'altro rientrano quasi tutte le rivendicazioni di fondo poste da questi lavoratori: passaggi di categoria, paga di posto, aumenti salariali in base alla anzianità. Molti degli operai che nell'assemblea di luglio avevano votato contro l’accordo-bidone (come lo hanno definito i volantini dei « gruppozzi» si rendono conto della sua validità. Viene organizzata dagli attivisti sindacali, squadra per squadra, la compilazione degli elenchi da trasmettere, tramite la Commissione interna, alla direzione per i passaggi di categoria.
Ogni squadra (40-50 operai) discute le richieste da formulare.
Venerdì mattina, alle ore 9, la compilazione delle liste è già ultimata. I membri dì Commissione interna, raccolti tutti i nominativi interessati alla 2.a categoria e le varie rivendicazioni riguardanti le singole squadre, si allontanano dall'officina. Si è ristabilito un rapporto di fiducia tra gli operai e i loro rappresentanti. Soprattutto ci si è resi conto che con la confusione, il qualunquismo e il cosidetto spontaneismo si dà spazio al padrone che ne approfitta. Dopo cinque giorni di incandescente lotta la situazione si normalizza in tutta l'officina. Sabato mattina la FIAT emette il comunicato con il quale annuncia il ritiro delle sospensioni.
Per la prima volta sul piano politico il grande monopolio è rimasto isolato: persino la DC torinese, controllata da dorotei di stretta osservanza, ha dovuto prendere le distanze dalle decisioni della FIAT.
Ma quello che più conta è il nuovo rapporto che in questi mesi si è stabilito tra i lavoratori e le organizzazioni sindacali: il più alto senza dubbio dal dopo-guerra ad oggi, nello stesso tempo il più difficile.
L'aumento delle deleghe al sindacato nell’ordine di parecchie migliaia lo conferma. Alla FIAT Mirafiori con 50 mila operai i rappresentanti di Commissione interna sono neppure 20 che devono seguire tutto ciò che accade nelle decine di officine, nelle centinaia di reparti, nelle migliaia di squadre. Il valore dei delegati di reparto, di squadra, di linea assume una funzione determinante anche ai fini dell’orientamento e dell'organizzazine della lotta. Le spinte anarcoidi e corporative si battono estendendo la democrazia, la partecipazione di tutti gli operai dal momento della elaborazione della strategia alla fase della lotta.
 


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in: Catalogo KBD Periodici; Id: 32749+++
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Area unica
Testata/Serie/Edizione Rinascita | settimanale ('62/'88) | ed. unica
Riferimento ISBD Rinascita : rassegna di politica e cultura italiana [rivista, 1944-1991]+++
Data pubblicazione Anno: 1969 Mese: 9 Giorno: 12
Numero 36
Titolo KBD-Periodici: Rinascita 1969 - 9 - 12 - numero 36


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