Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - manuale o riveduta: I motivi che hanno convinto ad avviare una iniziativa con gli studenti del Politecnico si possono riassumere nel modo seguente: A) La convinzione che il movimento studentesco possa ritrovare un proprio significato solo attraverso un aggancio con la realtà espressa dalla classe operaia. Lo scorso anno esso ha infatti avuto una caratterizzazione ideologica puramente astratta, ancora incapace di un rapporto con la classe operaia, di riconoscere in essa non solo una forza « rivoluzionaria » ammantata di un colore romantico, ma la depositaria di una nuova visione sociale e una forza concreta e creatrice che può dirigere la società. Alla base della nostra scelta c’è invece la convinzione che il movimento studentesco può trovare una propria funzione permanente e organica soltanto se: a) svolgerà una propria azione insieme alla classe operaia nell’analisi specifica della realtà e nell’elaborazione di contenuti alternativi; b) rappresenterà un momento unificatore fra la classe operaia e i tecnici inseriti nella fabbrica e nelle istituzioni esterne; c) ricostruirà il proprio discorso politico, unificando e coordinando i vari momenti di lavoro politico a livello più generale in collegamento con la classe operaia. In questo senso si è teso a stabilire un rapporto con la nostra organizzazione di fabbrica, avviando il lavoro politico su aspetti specifici della condizione operaia B) La convinzione che un fatto di potere di grande portata per la classe operaia è la capacità di costruire una elaborazione alternativa, di dare nuovi contenuti (non solo in senso generale di principi) ma alla tecnica stessa. Respingiamo una concezione dei rapporti di classe che intende la classe operaia solo come « forza d’urto », per affermarne invece una che riconosce l’esigenza di una elaborazione operaia, di una cultura e di una tecnica di classe, sulla cui base può rendersi concreto il rapporto con l’intellettuale, il tecnico, lo studente, l’inserimento organico di essi nel movimento operaio cui spetta la direzione di classe. I primi incontri sono avvenuti con un gruppo di studenti con cui si era già avviata parzialmente una discussione lo scorso anno. Si è partiti da una descrizione della condizione di fabbrica, dell’ambiente di lavoro, della struttura dell’azienda. I temi di interesse particolare e di discussione sono stati principalmente: a) il rapporto tra tecnologia e condizione di sfruttamento psicofisico dell’operaio; b) il rapporto tra la qualificazione e la capacità professionale dell’operaio e quella del tecnico nel processo produttivo; c) la collocazione e la funzione del tecnico nell’azienda. Sul primo punto, la discussione ha permesso di acquisire il fatto che tutto lo sforzo di trasformazione tecnologica ha come unico obiettivo la maggiore produttività. Dove, come alle Ferriere, per varie ragioni la modernizzazione degli impianti è più lenta, sì tende a utilizzare al massimo, in sostituzione, il lavoro dell’operaio e se ne intensifica il rendimento, riducendo ad esempio i riposi necessari a causa dell’ambiente e aumentando la saturazione del tempo. Dove invece, come in alcuni impianti o nelle officine FIAT Mirafiori, il processo di automazione avanza rapidamente, non se ne ha come conseguenza un vantaggio per la condizione operaia, ma si mantiene il livello di saturazione molto alto, si tagliano gli organici, si tende cioè a utilizzare l’operaio sempre ai massimi livelli di saturazione. Le stesse innovazioni, più o meno importanti, che i lavoratori trovano per garantirsi una condizione migliore, maggiori margini di riposo o una esecuzione più agevole, vengono usati per aumentare la produttività individuale e quindi con tro l’operaio stesso. In questo quadro il tecnico perde progressivamente una caratterizzazione tradizionale; diventa sempre di più esecutore di impostazioni centralizzate; nello stesso tempo, la sua funzione diventa nella produzione sempre più esclusivamente una funzione di controllo, disciplinare. Nella discussione si sono sviluppati anche altri temi che investivano i problemi della democrazia e della strategia di lotta della classe operaia. Si sono però compiute alcune scelte metodologiche: il primo problema, si è convenuto, è quello di trovare una comune analisi della realtà e di ciò che di essa vogliamo trasformare. Il dibattito sul come dobbiamo agire per trasformarla è un problema che si porrà nel momento in cui avremo acquisito gli stessi elementi di conoscenza e di valutazione della realtà. Una prima serie di considerazioni emerse da queste discussioni sono state inserite in un documento che gli studenti hanno diffuso al Politecnico. Si è passati successivamente alla collaborazione per la stesura di un numero del giornale di fabbrica l’Acciaio. In esso gli studenti pubblicavano un lungo articolo, in forma quasi programmatica, che conteneva ancora molte valutazioni tipiche del movimento studentesco dello scorso anno, ma che comunque rappresentava un primo importante punto di riferimento. Si è deciso a questo punto di allargare il rapporto a un numero più largo di studenti, spostando la sede delle discussioni al Politecnico. Si convocò una prima assemblea e si riprese il metodo di analisi che si era iniziato nella lega operaia. Il primo confronto è stato estremamente positivo. Si è partiti da una serie di affermazioni fatte da un docente sulla programmazione dei tempi di lavoro. E’ stato molto semplice contestare in modo immediato, sulla base di alcuni esempi, l’impostazione proposta, che prescindeva in modo assoluto dalla condizione di lavoro. A una programmazione fatta sulla base delle tabelle MTM (misurazione tempi e metodi) o del giudizio di efficienza del cronometrista, si è contrapposto un sistema che si fonda sul giudizio di efficienza del gruppo di operai interessati, e che ha come riferimento diretto la condizione di lavoro e di salute. Ciò ha chiarito anche i termini della discussione successiva sulla collocazione del tecnico, e sul suo rapporto con gli operai e col processo produttivo. Questa seconda riunione è stata preparata con un volantino diffuso sia alle Ferriere Fiat sia al Politecnico. La seconda e la terza discussione hanno sottoposto a verifica i temi già discussi in lega: dalla non oggettività della tecnica e della scienza, al carattere mistificatorio del tipo di formazione del Politecnico, alla selezione che opera la scuola. Emerge cioè un obiettivo molto chiaro: quello di creare un tecnico che, come estrazione sociale e come impostazione tecnica, sia strettamente organico all’industria capitalistica. E’ partendo da queste considerazioni che si è arrivati nelle riunioni successive a formulare alcune proposte, che tengono conto della esigenza di porre la problematica operaia come base di formazione del tecnico. I punti presentati sono i seguenti: a) Discussione libera in una parte delle lezioni con la partecipazione di « esperti », sindacalisti, operai, tecnici in produzione, chiamati di volta in volta dagli studenti, b) Formazione di gruppi di lavoro con la partecipazione mista di studenti e operai su temi indicati dalla condizione operaia. Tali gruppi di lavoro devono essere sostitutivi delle esercitazioni che attualmente vengono fatte e che sono fine a se stesse. c) Collegamento politico degli studenti del Politecnico con i tecnici inseriti in azienda, come filone di azione comune per ricostruire la conoscenza delle loro condizioni e avviarne un reinserimento nel movimento. Su questa base, le proposte furono di cominciare la contestazione delle lezioni, iniziando dal corso di «Economia e tecnica aziendale », e la costituzione di due gruppi di lavoro sui temi di questo corso, e cioè su: 1) struttura dell’azienda e metodo di organizzazione del lavoro; 2) costi aziendali e metodo di organizzazione del lavoro. L’ultima assemblea che si è tenuta ha convalidato tali proposte. Le indicazioni che possiamo trarre da questa esperienza sono già in parte contenute nel testo. Va ancora in particolare precisato: a) il rapporto col movimento studentesco non può essere una iniziativa episodica o a campagne; dobbiamo sviluppare un’azione continuativa che porti da una parte a una gestione di base dell’università, in cui abbia un grosso spazio la problematica operaia; dall’altra parte a un collegamento più specifico degli studenti all’attività di elaborazione del movimento operaio su tutti i temi della condizione di lavoro e di vita; b) dobbiamo aprire questo rapporto non in modo centralizzato, ma articolato in diversi gruppi operai e studenteschi; c) attraverso queste esperienze, dobbiamo metterci in grado di ricostruire le nostre proposte strategiche, in vista già di alcune importanti scadenze — che potranno costituire un banco di prova e di sviluppo dell’iniziativa comune e articolata di operai e studenti — quali le lotte contrattuali dello autunno. | |
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