Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - manuale o riveduta: [corsivetto] I lavoratori della Fiat hanno vittoriosamente concluso un mese e mezzo di lotta articolata nelle varie officine e reparti, strappando alla direzione aziendale un accordo sul quale tutti i sindacati di categoria hanno già espresso, a varie riprese, un giudizio ampiamente positivo. Una precisazione di tale giudizio abbiamo voluto chiedere al segretario generale della Camera del lavoro di Torino, compagno Emilio Pugno. A Pugno abbiamo anche chiesto di commentare il significato che l’accordo viene ad assumere in vista della « battaglia sindacale di autunno », quella che le organizzazioni dei lavoratori metallurgici dovranno, fra le altre, affrontare fra poco più di due mesi per il rinnovo del contratto di categoria. [tondo] « L'accordo appena strappato alla Fiat — ci ha detto Pugno — ha due significati principali, che riguardano l'uno le condizioni dei lavoratori della Fiat e l'altro tutta la categoria dei metallurgici italiani. « Per gli operai della Fiat la conclusione della lotta e l'accordo che la ha coronata rappresentano la soluzione di alcuni problemi fondamentali per l'operaio in fabbrica, soluzioni che sino a ieri erano talvolta ottenute sul piano della elargizione paternalistica fatta dal padrone attraverso la sua burocrazia di capi e dirigenti. Pochi esempi possono bastare. Prendiamo la questione del riconoscimento della qualifica professionale: con l’accordo appena siglato di fatto scompare la terza categoria per gli operai addetti alle manutenzioni e per quelli dell’attrezzaggio o analoghi. Questa che viene ora riconosciuta era una vecchia richiesta della parte più qualificata degli operai della Fiat. Ma il problema è stato affrontato anche là dove il lavoro si realizza con operazioni più semplici o di carattere ripetitivo (ad esempio nella lavorazione meccanica di serie), introducendo prima di tutto il principio della rotazione degli operai su più macchine. « Il problema non è marginale. Nel passato, il passaggio di categoria avveniva soltanto dopo l'esecuzione di una prova qualificante (quello che noi operai di Torino chiamiamo "il capolavoro "), e in questo modo la direzione aveva la possibilità di svolgere a sua discrezione una doppia azione frenante: da una parte negando o rendendo difficile l’accesso al "capolavoro" e, dall’altra parte, imponendo ai lavoratori l'esecuzione di un capolavoro che aveva poco o nulla a che vedere con il lavoro produttivo che gli operai eseguivano abitualmente. « In base al nuovo accordo il diritto al passaggio di categoria diventa automatico per tutti gli operai che svolgono per almeno trenta giorni determinate mansioni; per chi lavora su più macchine, dopo un più lungo periodo di tempo. Inoltre, spetta alla Commissione interna segnalare alla direzione l’elenco degli operai che hanno maturato tali diritti. «Un’altra questione che deve essere sottolineata è quella della regolamentazione del lavoro alle linee. Per la prima volta, con questo accordo, si è precisato che alle linee la quantità della produzione e l’organico operaio chiamato a realizzarla sono entità fra loro strettamente collegate. «La cosa può sembrare banale esposta così schematicamente, ma si deve tenere conto di alcune specificità molto precise. Alle linee di montaggio vi sono gli,operai direttamente impegnati nella produzione, poi vi sono i "sostituti " (operai che sostituiscono quelli che si allontanano momentaneamente dalla linea) e infine vi sono i rimpiazzi (che debbono sostituire gli assenti). Ora, prima dell'accordo, tutto era lasciato alla discrezione dei capi i quali "giostravano" i vari rimpiazzi e rincalzi in modo da rispondere alla direzione sulla base di una linea molto precisa e semplice: ottenere più lavoro col minor numero di operai, come se fra produzione ottenuta e organico di linea non vi fosse alcun rapporto e gli operai potessero essere spremuti senza limite. Se si considera che, a causa del lavoro pesante, del logoramento, delle malattie, la Fiat è un'azienda ove si verificano normalmente assenze che superano il 12-15 per cento dell'organico di linea, si vedrà come, per gli operai che restavano in linea, la questione dell'organico fosse diventata addirittura ossessiva. « Un altro punto è quello del riposo orario che abbiamo ottenuto per le lavorazioni gravate da eccesso di fatica, di monotonia e così via. «Abbiamo strappato pause che vanno dai 10 ai 15 minuti orari. E anche questo, per realizzare la produzione, pone un problema di organico, di aumento dell'organico di linea e quindi, al limite, un problema di vera e propria nuova occupazione alla Fiat ». [corsivetto] Si è molto discusso — abbiamo a questo punto chiesto a Pugno — sulla natura e sul fondo stesso delle richieste operaie e ha finito per uscirne un dilemma, quasi una contrapposizione, fra richieste salariali e richieste di maggior potere operaio nella fabbrica. Qual è la tua opinione a questo proposito? [tondo] «Direi — ci ha risposto Pugno — che l'accordo ha fatto giustizia di quella alternativa che, a mio avviso, è stata spesso posta in modo schematico e inaccettabile. «E' vero che l'accordo prevede aumenti salariali differenziati é non un aumento eguale per tutti. Vi è una minoranza di operai che avranno aumenti di 21,50 lire all’ora, come indennità mensa, una gran parte che avrà aumenti da 30 a 50 lire orarie e, infine, vi sono operai che hanno riconosciuta la qualifica e sono quelli addetti ai lavori più pesanti, i quali avranno aumenti di oltre 80 lire orarie. E' essenzialmente sui contenuti salariali dell'accordo che c’è stata la discussione fra sindacati e operai, discussione che è stata molto animata e si è conclusa nella stragrande maggioranza delle assemblee operaie con una valutazione unitaria. «A mio avviso lo scontro di opinioni riguarda essenzialmente gruppi di operai i quali credevano di poter cogliere al volo una ” occasione " alla quale la stessa Fiat mostrava parecchio interesse. Intendo dire la "occasione" di realizzare un aumento salariale magari meno differenziato, che si situasse però non nella prospettiva, che noi abbiamo garantito, del futuro contratto di categoria ma nella prospettiva, che noi respingiamo, della formulazione di un contratto di azienda. Non dimentichiamo che vi è un interesse preciso di alcuni gruppi industriali a ripristinare forme superate di aziendalismo e anche di isole salariali cosiddette privilegiate. Il sindacato ha voluto espressamente respingere queste "occasioni", perchè non ha voluto rinunciare alla propria strategia di lotta. Mancano due mesi all’apertura della vertenza nazionale per il contratto nazionale dei metallurgici. Ebbene, noi andiamo a questa lotta avendo già ottenuto per oltre il 10 per cento della categoria (chè questa è l’incidenza numerica della Fiat) una serie di diritti e di risultati che rappresentano obiettivamente un contributo che giuoca a favore di tutti i metallurgici italiani. E’ noto che tutti i sindacati hanno deciso di andare alla battaglia contrattuale avanzando poche ma decisive rivendicazioni: ora, presentarsi a quella trattativa avendo alle spalle i diritti già acquisiti alla Fiat costituisce un precedente che non deve essere sottovalutato ». [corsivetto] Quali sono sino a questo punto — abbiamo chiesto a Pugno — le questioni che si pongono quanto all’applicazione dell’accordo alla Fiat? [tondo] « Ci troveremo certamente — ha risposto Pugno — di fronte a una precisa resistenza della Fiat, la quale cercherà di recuperare in fase di applicazione una parte di ciò che ha dovuto concedere nella fase di discussione dell’accordo. Qui occorre dire che vi è anche un'azione, condotta da certi gruppi estranei alla classe operaia, che punta alla svalorizzazione dei contenuti dell’accordo e quindi alla svalorizzazione dell’importanza di una corretta ed estesa applicazione dello accordo stesso. Questi gruppi incitano alla sottovalutazione e allo svilimento dei diritti acquisiti dai lavoratori. Ciò facendo non solo coscientemente o incoscientemente si aiuta la iniziativa del padrone ma, di fatto, tale posizione è una ulteriore dimostrazione di ”estraneità” al movimento operaio, proprio nel momento in cui i lavoratori, coscienti del grande valore di questi diritti, eleggono unitariamente i loro delegati di squadra o reparto, perchè dall’applicazione degli accordi si possa partire per obiettivi più avanzati. Non è una novità questa, è la storia quotidiana del movimento operaio. « La questione si pone in modo molto serio. Dal momento in cui la organizzazione sindacale è chiamata a misurarsi con i problemi* di tipo qualitativamente nuovo che si pongono al livello di officina, quello che entra in crisi è proprio un vecchio modo di considerare la natura e le funzioni della stessa organizzazione sindacale. Noi abbiamo piena coscienza di ciò. Ma abbiamo altresì coscienza di altre due questioni strettamente connesse: un nuovo tipo di rapporti fra lavoratori e sindacato è necessario se vogliamo garantire la massima partecipazione operaia alla direzione dell’azione sindacale; ma, nel contempo, è necessario che nessun problema — per quanto modesto possa apparire — sia considerato come una questione corporativa o di mestiere, privo dei suoi legami e delle sue connessioni con tutta la strategia dell’organizzazione sindacale al livello della fabbrica e al livello della società esterna alla fabbrica». [corsivetto] Quando si parla, come tu fai — abbiamo chiesto al segretario della Camera del lavoro — di problemi che si pongono al sindacato e di nuove forme di organizzazione che debbono nascere e svilupparsi, ci si richiama subito alla presenza del delegato di linea o di reparto, a questa nuova figura di dirigente operaio nata nel corso della lotta alla Fiat. Qual è in proposito la tua opinione? [tondo] « Ricordo — ha risposto Emilio Pugno — che nel congresso della Camera del lavoro di Torino venne votata una mozione nella quale si dichiarava che le decisioni delle assemblee dei lavoratori e dei delegati di reparto o dei delegati di linea devono essere vincolanti per la nostra organizzazione sindacale. Questo non vuol dire che il sindacato nostro intende porsi in una situazione di ”codismo” rispetto all’assemblea dei lavoratori o dei delegati di linea, ma significa per noi una esaltazione del ruolo dirigente del sindacato in fabbrica. Il delegato di linea non va visto, nè noi lo vediamo, come un anello della catena organizzativa del sindacato, bensì come rappresentante del gruppo omogeneo di base della classe operaia di un certo reparto o di una certa linea di montaggio. Egli, insieme e con il sindacato, affronta i problemi che scaturiscono dalla realtà della fabbrica. «Se posso servirmi di un esempio, direi che quel che viene sconvolto e liquidato da questo rapporto è proproprio la vecchia concezione del rapporto fra sindacati e operai visto come un ” rapporto fra stato maggiore e truppa”. Non è così, non deve essere così. Il problema è: come siamo capaci di interpretare la realtà che si crea e si modifica continuamente nella fabbrica, e come siamo capaci di portare, al livello di tutta la società, le forme di lotta e di potere che la classe operaia fa nascere al livello della produzione? Il delegato di reparto o di linea che nasce in questa realtà e in questo scontro vivificante di opinioni e di scelte che debbono essere continuamente aggiornate, è un pilastro fondamentale di questa nuova prospettiva di lotta. «La scelta dei delegati di reparto o di linea è stata fatta e sarà fatta anche nel futuro dai lavoratori su schede aperte, bianche: verranno fuori i migliori. E’ con questa realtà che dobbiamo misurarci e fare i cónti. Tutto questo, mi pare, va ben al di fà degli stessi limiti sindacali, pur ampiamente positivi, dell’accordo raggiunto alla Fiat. « I delegati di reparto o di linea — ha concluso Emilio Pugno — hanno un compito: dare continuità di espressione unitaria al gruppo omogeneo di classe operaia che essi rappresentano, essere gli interpreti fedeli e unitari delle scelte di azione sindacale elaborate e proposte dai lavoratori alla base della produzione, determinare le scelte stesse del modo di condurre la lotta. E’ chiaro che siamo su un terreno unitario mai prima raggiunto, sul quale potremmo anche ritrovare — in modi diversi e nella diversa situazione politica in cui ci muoviamo — esperienze unitarie del passato più o meno recente, che hanno rappresentato fra i punti più alti della lotta e della presenza unitaria della classe operaia nel paese ». | |
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