Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - manuale o riveduta: La FIAT Mirafiori, il centro focale del grande complesso dell’auto, è da più giorni paralizzata quasi interamente da una serie di lotte di reparto e di officina. Hanno iniziato gli ottomila lavoratori delle Officine Ausiliari, poi quelli delle Presse, in questi giorni le linee di montaggio. Sono complessivamente decine di vertenze sul tappeto che pongono problemi di passaggi di categoria, di contrattazione dei tempi di lavorazione, di istituzione del delegato di linea e di squadra, di contrattazione delle condizioni ambientali di lavoro, e che interessano solo alla Mirafiori circa 40 mila operai. Dopo le lotte della scorsa primavera (cottimi e riduzioni d’orario), le fermate per Avola e Battipaglia, gli scioperi per le pensioni, il successo conseguito con la vertenza per la istituzione della mensa aziendale per tutti i centomila, oggi la lotta alla FIAT è entrata in una fase nuova e più avanzata, e cioè quella dello sviluppo dell’azione rivendicativa a livello di reparto, di squadra, di una reale articolazione capace di aggredire i problemi più gravi delle condizioni di lavoro. Anche nel monopolio dell’auto cadono così quelle barriere di divisione, di paternalismo, di discriminazione che per tanti anni avevano bloccato la classe operaia della FIAT relegandola a volte ai margini del movimento di lotta. In questi giorni, proprio dove qualcuno aveva persino teorizzato la fine della lotta di classe, la vittoria del neocapitalismo, l’esigenza della collaborazione col padrone, in tutti i reparti in lotta gli operai si riuniscono in assemblea, discutono animatamente sulle forme di lotta, sulle piattaforme rivendicative, eleggono i delegati di reparto, partecipano alle assemblee nelle sedi sindacali, insistono per dar corso alla iniziativa anche in quei reparti ove la vertenza non è ancora aperta. E’ in sostanza tutto un crescendo di iniziative di lotta, a volte anche un po’ confuse. Si pensi solo al fatto che si tratta di una fabbrica con 56 mila operai, divisi in decine di reparti, in cui le differenziazioni e le spinte sono molteplici e gli elementi di confusione e di spontaneità sono anche il frutto della composizione stessa della classe operaia della Mirafiori: operai che hanno sulle spalle tutta la esperienza FIÀT, lavoratori più giovani che fondano la loro esperienza di lotta solo sugli anni sessanta (lotte contrattuali ’62-64), e centinaia di nuovi giovani lavoratori entrati in fabbrica nel ’68, e molti soltanto in questi ultimi mesi, che proprio nelle lotte di oggi fanno le loro prime "esperienze. In questo quadro così composito le manovre padronali per fermare il movimento (l’offerta di un aumento salariale in acconto sul contratto, il ritorno alla proposta del contratto aziendale, le minacce di chiusura e di sospensione, ecc.), l’azione antisindacale di gruppetti estremisti, hanno un peso che non può essere sottovalutato. C’è però un comune denominatore, ci sono dei precisi punti fermi a cui è ancorata la lotta, e cioè una volontà generalizzata di cambiare una situazione di fabbrica resa sempre più insostenibile dal costante aumento dello sfruttamento, dalla richiesta giornaliera di aumento di produzione, dalla tendenza a fare di ogni operaio un numero, un oggetto disumanizzato capace soltanto di produrre più pezzi, più macchine. Non importa poi se centinaia di nuovi lavoratori fatti venire dal sud non trovano un posto per dormire, se vivono ammassati in 15- 16 per soffitta, se i più fortunati trovano delle pensioni in cui si paga 60-70 mila lire al mese e il salario resta di 100.000 lire. Tutto ciò non interessa la FIAT. Ai padroni basta che i lavoratori producano subito e al massimo delle loro forze. I punti fermi delle lotte in corso sono quindi i problemi di fondo della condizione operaia alla FIAT: salario, contrattazione dei ritmi, qualificazione professionale, ambiente di lavoro, diritti ecc. sono i problemi attorno ai quali da anni si va costruendo pazientemente l’iniziativa sindacale. I lavoratori sintetizzano con efficacia questi contenuti e questi obiettivi della loro lotta quando affermano che « vogliono lavorare di meno e guadagnare di più », che « vogliono contare », rivendicando la conquista di nuovi strumenti di potere (delegati, assemblee, ecc.) per poter incidere sui tempi di lavorazione, sulla quantità della produzione, sulle condizioni e sull’ambiente di lavoro. Certo la spinta salariale è molto forte, e nasce da ragioni obiettive: la drammatica realtà in cui la città dell’auto condanna a vivere migliaia di lavoratori (affitti esosi, disservizi, alto costo della vita). A volte in certi gruppi di lavoratori in lotta, la questione salariale può anche apparire l’unico problema essenziale da risolvere e si possono determinare anche zone di malcontento nei confronti di una iniziativa sindacale che tende invece, e necessariamente, a investire tutti i temi della condizione operaia. Questa spinta va indubbiamente raccolta, ancorandola però saldamente a conquiste di potere di contrattazione capaci non solo di consolidare gli aumenti salariali, ma di determinare dei cambiamenti nei tempi di lavorazione, negli organici, nella quantità di produzióne pretesa ogni giorno, in un giusto riconoscimento della qualificazione professionale e in questo modo che si può far saltare il disegno del padrone teso a fermare il movimento solo con un aumento salariale che lasci immutato il tipo di organizzazione del lavoro, che gli consente di ottenere il massimo di sfruttamento mantenendo altresì in piedi quel clima di fabbrica che viene anch’esso intaccato e contestato dalla lotta e da una nuova unità operaia. In sostanza, pur con molti elementi di contraddittorietà e di difficoltà si può dire che con le lotte in corso alla Mirafiori si va aprendo, come è avvenuto in questo ultimo anno in decine di altre aziende (Pirelli, Olivetti, ecc.) una fase nuova della lotta rivendicativa. | |
|
|