Antonello Trombadori {Trombadori, Antonello}+++ - Trombadori, Antonello ; Antonello Trombadori ; ; ; ; ; ; A.T. ; a.t. ; On. Dott. Antonello Trombadori ; A.Tr. ; ente ; ente
| | in sostegno a+++ | | La Resistenza e la cultura italiana. Venezia, Palazzo Ducale 22-24 aprile 1950. [e.v., s: convegno dalla più eterogenea partecipazione, da Roberto Longhi a Lionello Venturi, da Anna Banti a Carlo Ludovico Ragghianti, da Luigi Russo a Natalino Sapegno, da Antonio Banfi ad Ambrogio Donini, da Franco Antonicelli a Gaetano Salvemini e Luigi Salvatorelli, ed ancora Vittorio De Sica, Cesare Zavattini, Luchino Visconti, Giuseppe De Sanctis, etc. - manca Benedetto Croce ma vi sono Elena Craveri Croce e Francesc...+++ - La Resistenza e la cultura italiana. Venezia, Palazzo Ducale 22-24 aprile 1950. [e.v., s: convegno dalla più eterogenea partecipazione, da Roberto Longhi a Lionello Venturi, da Anna Banti a Carlo Ludovico Ragghianti, da Luigi Russo a Natalino Sapegno, da Antonio Banfi ad Ambrogio Donini, da Franco Antonicelli a Gaetano Salvemini e Luigi Salvatorelli, ed ancora Vittorio De Sica, Cesare Zavattini, Luchino Visconti, Giuseppe De Sanctis, etc. - manca Benedetto Croce ma vi sono Elena Craveri Croce e Francesco Flora]. [il discorso di Trombadori, che sarebbe da porsi più in quota crociana piuttosto che socialista [asis] ; «Nel 1919-22 le forze scatenate del fascismo, della aberrazione nazionalistica, dell'oscurantismo sanfedista, che si sarebbero subito dopo adoperate brutalmente a imbavagliare la cultura italiana e ad asservirla, ebbero come primo obiettivo la vita e l'esistenza delle organizzazioni democratiche dei lavoratori. [...]Le fiamme che arsero la sede dell'Avanti! e della Camera del Lavoro di Torino non si erano ancora ridotte in cenere che sotto la stessa violenza cadde la biblioteca di Benedetto Croce. [...] Quando nel '24 dopo l'uccisione di Matteotti la cultura italiana tentò di riscattarsi dal suo errore, il manifesto Croce ebbe più il sapore di un tragico addio che non quello di una chiamata alle armi per la sua difesa. Troppo tardi. Due anni dopo, nel 1926, quando Gramsci entrava nella galera che gli fu tomba, proprio la libertà della cultura italiana era già sconfitta e anziché a un nuovo sussulto di orrore si assistette, da parte di molti, agli inizi di quello che ogni onesto storico non può non definire come tradimento. [...] Il Convegno di Venezia ha ribadito bensì in modo solenne la fedeltà all'impegno unitario di tutto lo schieramento culturale antifascista e democratico italiano per un intervento attivo nella lotta indivisibile per la libertà. Non di semplice celebrazione di cose passate si è dunque trattato. Ma questo impegno sarebbe, al momento stesso in cui è stato pronunziato, tradito, se ad esso venisse meno il compito di richiamare oggi la cultura italiana a rompere ogn indugio che possa farla rimanere impassibile davanti ai rinnovati tentativi di assassinio e di distruzione della democrazia che non precisamente il fascismo dei nostalgici già mette in opera nel nostro Paese ma quello altrettanto oscuro e violento, più gesuitico e piagnone e menzognero, che tenta di accamparsi a padrone della vita nazionale »; si consideri un po' confusionario - gesuitico od al contrario piagnone? -, forse nel tentativo di mediare oltre misura verso quella stessa tradizione liberale intrinsecamente legata al fascismo che qui è stato preferito originare nel solo oscurantismo sanfedista, ad uso del lettore non pienamente addentro alla questione andrebbe riposta: Croce, già ministro della pubblica istruzione con Giolitti, sostenitore della necessità di una provvidenziale difesa fascista dalle pretese dei lavoratori, ancora dopo l'uccisione di Matteotti non lo avversa minimamente; sarà soltanto dal gennaio 1925 che, congiuntamente ad altri liberali, si dissocierà rapidamente, sino a redigere, in risposta al Manifesto fascista di Gentile un Manifesto di protesta il cui ripensamento sostanziale sarebbe da considerarsi anche nella sua datazione al 1° maggio 1925. La biblioteca di Benedetto Croce è da porsi non al 1924, ma successivamente alle violenze scatenate con la proclamazione delle leggi eccezionali del 31 ottobre 1926 che coglievano occasione nel potenzialmente procurato attentato Zamboni] ;
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