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tipologia: Analitici; Id: 1544244


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Descrizione | [1)]«LA RIVOLUZIONE cubana ha compiuto molta strada in questi ultimi mesi. La nazionalizzazione dei monopoli americani (agosto) e delle grandi imprese cubane (ottobre), il procedere sempre più rapido ed efficace della riforma agraria, la partecipazione di Castro all'Assemblea generale del'ONU e il veemente atto d'accusa contro il colonialismo pronunciato in quella sede dal giovane 'leader' rivoluzionario, hanno richiamato sulla piccola repubblica dei Caraibi lo sguardo pieno di speranza di tutti i popoli sottosviluppati e sfruttati dell'America latina e la minaccia aperta e brutale del Dipartimento di Stato. Cuba è stata quindi al centro delle cronache e tuttavia, forse perché richiamata in misura massiccia dai fatti, l'attenzione degli osservatori non si è soffermata a sufficienza sui problemi posti dagli sviluppi ideologici della Rivoluzione cubana. A dare un quadro, sia pure sommario e frettooso, di tali sviluppi è giunto apportunamente un breve saggio di Ernesto Guevara, presidente della Banca nazionale di Cuba e collaboratore fra i più stretti di Fidel Castro, apparso sul numero di ottobre della rivista dell'esercito cubano, 'Verde Olivo', sotto il titolo 'Note per lo studio dell'ideologia della Rivoluzione cubana'. Dopo aver notato come "gli attori principali della Rivoluzione non avessero inizialmente una preparazione teorica coerente", Guevara rileva che "solo la conoscenza profonda della realtà, il contatto stretto con il popolo, la fermezza dei propositi e la esperienza della lotta rivoluzionaria dettero a questi dirigenti la possibilità di formarsi una preparazione teorica più completa". Egli ritiene di dover definitivamente sbarazare il campo dalla domanda che più spesso è stata formulata negli ultimi mesi a proposito degli avvenimenti cubani: "La nostra posizione, quando ci si domanda se siamo marxisti o no, è analoga a quella di un fisico al quale venga domandato se è '''newtoniano''' o di un biologo al quale si chieda se è '''pasteuriano'''. Ci sono verità tanto evidenti, tanto acquisite all conoscenza degli uomini, che è ormai inutile discuterle. Si deve essere marxisti con la stessa naturalezza con cui si è '''newtoniani''' in fisica o '''pasteuriani''' in biologia". "Noi rivoluzionari nella pratica - osserva Guevara - iniziando la nostra lotta non facemmo altro che condurci secondo leggi scientificamente previste da Marx e, attraverso la ribellione, la lotta contro le vecchie strutture del potere, l'appoggio del popolo per distruggere queste strutture, traducemmo in pratica concetti marxisti. Il che vuol dire - è bene precisarlo una volta di più - che le leggi del marxismo sono state presenti negli sviluppi della Rivoluzione cubana indipendentemente dal fatto che i suoi 'leaders' professassero o conoscessero perfettamente, dal punto di vista teorico, quelle leggi". Ma come si è sviluppato il processo che ha portato i dirigenti della Rivoluzione a una consapevole adesione alla dottrina marxista? Riandando rapidamente alla storia della guerra che distrusse il regime batistiano, Guevara osserva che ogni fase di quella lotta arricchì "di nuovi concetti sociali e di nuove e diverse interpretazioni della realtà cubana il pensiero dei 'leaders' militari della Rivoluzione, i quali, con il passare del tempo, si affermatorno anche come 'leaders' politici". L'autore dell'articolo nota come alla immediata vigilia della spedizione del "Granma" (il piccolo yacht che nel dicembre del 1957 [sic! 2 dicembre 1956] portò il primo gruppo di rivoluzionari - 82, per l'esattezza - dal Messico a Cuba) predominasse, fra gli uomini del "26 luglio" una concezione "che fino a un certo punto potrebbe chiamarsi soggettivista. Fiducia cieca in una repentina esplosione popolare, entusiasmo, sicurezza di poter liquidare rapidamente il potere batistiano attraverso un subitaneo colpo di mano combinato con scioperi rivoluzionari spontanei". Gli avvenimenti si incaricarono di dimostrare quanto questa previsione fosse lontana dalla realtà. Il piccolo grupppo di uomini sbarcato sulle coste cubane venne quasi interamente distrutto, i sopravvissuti furono costretti a rifugiarsi sulla Sierra e compresero "la falsità dello schema immaginato". Compresero che la lotta avrebbe dovuto essere lunga e avrebbe dovuto necessariamente far conto su una larga partecipazione dei lavoratori delle campagne. Fu allora che i primi contadini entrrono a far parte della guerriglia e che si ebbero i primi combattimenti contro le truppe di Batista. Combattimenti di scarso rilievo militare e tuttavia di grande importanza perché "cancellarono le prevenzioni del gruppo degli insorti, costituito da elementi provenienti dalle città, verso i contadini". Fu in quela circostanza - nota l'articolista - che gli uomini sbarcati con Castro si resero conto "della necessità sempre più evidente di allearsi alle masse contadine. Ma per ottenere questo risultato, naturalmente, bisognava offrire ai contadini una prospetttiva cui essi anelassero con tutte le loro forze: e non c'è nulla che un contadino desideri più che la terra". Con i successi militari conseeguiti sulle truppe batistiane - osserva Guevara - si accelerarono le "mutazioni qualitative" del gruppo che combatteva sulla Sierra. Anche dalle città cominciarono a giungere sulle montagne d'Oriente uomini decisi a impugnare le armi e nelle città stesse il popoo "andò rapidamente aumentando la propria attività rivoluzionaria". Una fitta trama di contatti si stabilì fra il comando dell'esercio ribelle, accampato sulla Sierra, e le organizzazioni rivouzionarie delle città; fino a che si arrivò, nell'aprile del 1959 [sic! 9 aprile 1958] (un anno e mezzo dopo l'inizio della guerriglia) alla proclamazione di uno sciopero generale in tutta l'isola "che avrebbe dovuto distruggere a forza de nemico attaccandola simutaneamente in tutti i punti". Lo sciopero fallì,drammaticamente, e moti eroici combattenti rivoluzionari furono assassinati. Ma anche quel doloroso avvenimento servì da insegnamento ai 'leaders' della Rivoluzione. "Comprendemmo che lo sciopero - scrive Guevara - non era ben organizzato percgé non teneva conto della importanza della unità operaia e non prevedeva che i lavoratori, nell'esercizio stesso della loro attività rivoluzionaria, ne scegliessero il momento. Si pretese di chiamare allo sciopero alll'improvviso, attraverso un appello radiofonico, ignorando che il segreto sulla data e sulll'ora era conosciuto dalla polizia, ma non dal popolo". Da quell'esperienza i dirigenti della Rivoluzione trassero la convinzione che, così come per resistere sulla Sierra era stato necessario l'apporto dei contadini, per conquistare e mantenere il potere era ora necessaria la partecipazione ala lotta, in funzione dirigente, della classe operaia. "Quando l'insurrezione ebbe vinto, gli uomini che arrivarono all'Avana dopo due anni di lotta nelle montagne e nelle pianure d'Oriente di Camagüey, di Las Villas, non erano, dal punto di vista ideologico, gli stessi che erano sbarcati due anni prima sulle coste cubane. La loro sfiducia nei contadini si era mutata in affetto e rispetto, la loro totale ignoranza dei problemi delle campagne si era convertita in completa consapevolezza, le loro conoscenze di statistica e di teoria erano state irrobustite dal cemento della pratica. Con la riforma agraria, la cui realizzazione era cominciata sulla Sierra, questi uomini cominciarono a scontrarsi con l'imperialismo. Sapevano oramai che la riforma agraria era la vase sulla quale avrebbe dovuto edificarsi la nuova Cuba, che essa avrebbe dato la terra ai contadini strappandola a chi la possedeva ingiustamente e sapevano che i più potenti, frai latifondisti, erano uomini influenti del Dipartimenti di Stato o del foverno degli Stati Uniti. Però avevano appreso a vincere ogni difficoltà con audacia e, soprattutto, con l'appoggio del popolo". "Per arrivare a una esatta definizione dei nostri obiettivi - conclude Guevara - si camminò molto e ci si modificà molto. Nel corso di pochi mesi cambiarono le condizioni sul fronte di battaglia, cambiò la composizione sociale delle nostre guerriglie e si ebbero le trasformazioni ideologiche dei capi. E ognuno di questi processi costituì un salto di qualità nella forza e nella maturità rivoluzionaria del popolo cubano".»
Titolo Rassegna delle riviste, [rubrica: a cura di Giorgio Cingoli], Cuba. [sottotitolo: Un saggio di Guevara su 'Verde Olivo' sul carattere e l'ideologia della rivoluzione] [e.v., s.: 1)Ernesto Guevara («presidente della Banca nazionale di Cuba»), Note per lo studio dell'ideologia della Rivoluzione cubana, in 'Verde Olivo' (rivista dell'esercito cubano), 1960/ottobre][ssis]
Responsabilità
Giorgio Cingoli+++
  • Cingoli, Giorgio ; ; ; ; ; ; g. c.
  curatore di turno di+++   Rassegna delle riviste [Rinascita - mensile]+++
  
Area della rappresentazione (voci citate di personaggi,luoghi,fonti,epoche e fatti storici,correnti di pensiero,extra)
Relazioni multiple
Ernesto Guevara («presidente della Banca nazionale di Cuba»), Note per lo studio dell'ideologia della Rivoluzione cubana, in 'Verde Olivo' (rivista dell'esercito cubano), 1960/ottobre+++
  • Ernesto Guevara («presidente della Banca nazionale di Cuba»), Note per lo studio dell'ideologia della Rivoluzione cubana, in 'Verde Olivo' (rivista dell'esercito cubano), 1960/ottobre ; ;
  oggetto+++    
Area delle relazioni generali
Relazioni Multiple ++


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in: Catalogo KBD Periodici; Id: 30890+++
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Area unica
Testata/Serie/Edizione Rinascita | mensile ('44/'62) | ed. unica
Riferimento ISBD Rinascita : rassegna di politica e cultura italiana [rivista, 1944-1991]+++
Data pubblicazione Anno: 1960 Mese: 12
Numero 12
Titolo KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1960 - numero 12 - dicembre


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