Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - manuale o riveduta: ROMA — Il quinto interrogatorio di Toni Negri si è chiuso con un nuovo appuntamento, in data da destinarsi. Gli altri capi dell'«autonomia» arrestati con lui saranno ascoltati ancora dai giudici la settimana entrante. Poi tornerà il turno di Negri e neppure allora gli interrogatori saranno finiti. La regia dell'inchiesta sul «partito armato» condotta dalla magistratura romana, dunque, sembra stranamente incentrarsi soltanto sui confronti tra giudici e imputati. Gli avvocati allora protestano, sostengono che gli inquirenti tenterebbero di ricavare spunti per le loro accuse dalle risposte degli arrestati, che le contestazioni verrebbero centellinate per nascondere una mancanza di indizi. I giudici replicano distrattamente: «Mancanza di indizi? Leggerete i verbali... ». A livello confidenziale, poi, viene data un'altra spiegazione: se ogni parola che contestiamo agli imputati — dicono — finisce sulle pagine dei giornali perché i legali violano sistematicamente il segreto istruttorio, è logico che, come minimo, prima di contestare per intero un documento dobbiamo avere il tempo di controllare tutte le implicazioni che esso può contenere, eventuali nomi nuovi, circostanze, date, senza far conoscere in anticipo le nostre mosse. Quello degli interrogatori, dunque, sarà un capitolo lungo. Dopo il quinto incontro con i giudici che Negri ha avuto l'altra mattina, ieri nell'ufficio del consigliere istruttore Gallucci c'è stata una lunga riunione per fare il punto della situazione. C'erano quasi tutti i giudici dell'equipe impegnata nell'inchiesta su caso Moro e «partito armato». Tra quelli assenti, ce n'è uno che manca dal palazzo di giustizia da una ventina di giorni. E' in missione da un capo all'altro dell'Italia, segno che, a guardar bene, l'indagine in corso non si nutre solo di interrogatori. Ma il lavoro di questo magistrato è ancora coperto, giustamente, dal segreto più assoluto. Durante la riunione di ieri mattina, tra l'altro, i magistrati hanno messo a punto il calendario dei prossimi interrogatori. Saranno riascoltati in carcere il professor Ferrari Bravo, docente padovano considerato «braccio destro» di Negri, poi Vesce, Nicotri, Dalmaviva, Scalzone, Zagato. Nel frattempo procede lentamente il lavoro dei periti incaricati di confrontare le voci di Negri e Nicotri con quelle dei brigatisti che telefonarono alla signora Moro, al professor Tritto e al parroco don Mennini, durante la prigionia del leader democristiano. Ieri mattina un perito d'ufficio e un altro della difesa sono tornati a prelevate altri «campioni» di voce dei due imputati, ai quali sono state fatte leggere per telefono alcune frasi senza senso, ma contenenti una serie di parole e locuzioni utili alla realizzazione della perizia. Sull'interrogatorio di Negri, intanto, finora si sono apprese soltanto le frammentarie anticipazioni fornite dagli avvocati difensóri, che tuttavia diffonderanno anche questa volta le copie del verbale. Tra le contestazioni rivolte al docente l'altra mattina, com'è noto, c'è l'accusa di avere partecipato alla stesura delle ultime due «risoluzioni strategiche» delle Brigate rosse. La prima, datata febbraio '78, fu fatta ritrovare assieme ad uno dei comunicati dei terroristi sul sequestro Moro. La seconda, intitolata «La campagna di primavera», è del marzo di quest'anno. Gli inquirenti giudicano decisivo il confronto tra queste «risoluzioni» e una serie di documenti che Negri custodiva nel suo «archivio segreto», presso lo studio dell'architetto Massironi, a Padova. C'è poi la storia della macchina per scrivere, che l'altro ieri il docente non avrebbe voluto chiarire: con la stessa macchina di cui si serviva Negri per battere i suoi appunti sarebbe stato compilato un documento sequestrato a Giuseppe Nicotri e considerato una bozza originale della penultima «risoluzione» delle Brigate rosse. | |
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