Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - manuale o riveduta: ROMA — «Chi era Mario Amato? Un uomo che lavorava molto, prima di tutto: dieci, dodici ore sui fascicoli, in Procura, al carcere, a casa, tutti i giorni. Era uno di quelli che, quando ammazzavano un giudice, diceva: io torno a lavorare». I magistrati della Procura, gli impiegati, raccontano: «Era una persona schiva, riservata, ma chi fosse nei suoi rapporti di lavoro lo sanno tutti. Aperto e combattivo, democratico, progressista convinto. Non risparmiava critiche anche quando erano (ed erano molte) indirizzate ai dirigenti dell'ufficio». «Che cosa stesse trattando era nolo: eppure diceva di non aver paura... ». Solo una reazione psicologica alle minacce dei terroristi neri? «Non so — dice un collega — è certo che noi avevamo chiesto la scorta almeno per i 3-4 magistrati più esposti e lui era uno di quelli. Era un fatto di sensibilità insistere, anche se Amato non voleva. Ma qui — appena passa un mese dall'ultimo assassinio — ci si scorda di tutto... ». «Una cosa è certa — ammettono tutti — hanno ammazzato il giudice che, dopo Vittorio Occorsio, sapeva di più sui fascisti e sui terroristi neri». Quella di lavoratore indefesso, assiduo, è una fama che lo accompagna fin da quando, al liceo, decise di intraprendere la carriera di magistrato. Dieci anni fa, terminati a Roma gli studi di giurisprudenza, e dopo un breve periodo di lavoro al ministero degli esteri, coronò il suo sogno: fu nominato, dopo il concorso, sostituto procuratore della Repubblica a Rovereto. Nella cittadina del Trentino lo ricordano bene: ha lavorato li per 7 anni assumendo anche, occasionalmente, la responsabiltà di procuratore capo in qualità di reggente. A Rovereto lo ricordano come il magistrato che si è battuto con energia in un campo che troppo spesso viene trascurato: quello degli infortuni sul lavoro. Pretendeva — ricordano — l'applicazione rigorosa dell'articolo 437 del codice penale per l'omissione dolosa nelle norme antinfortunistiche. E. parallelamente, lo ricordano con con ostinazione in difesa della salute pubblica. Di questa sua attività c'è un episodio significativo. Vi fu un periodo che a Folgaria, un noto centro turistico estivo e invernale, si estesero le infezioni da epatiti virali: Mario Amato, ritenendo generici gli accertamenti condotti dalle autorità sanitarie locali, promosse personalmente una serie di indagini e di nuove perizie riuscendo, alla fine, a identificare la fonte dell'epidemia in una sorgente d'acqua inquinata. Amato, come tutti coloro che credono profondamente nel ruolo del magistrato, non si fermava davanti a nulla: sul banco degli imputati — ricordano ancora a Rovereto — ha portato uomini politici e amministratori locali, puntualmente condannati per interesse privato in atti d'ufficio. Amato non aveva paura, si dice. E di questo si rammenta ancora un altro episodio. Due anni fa riusci a far arrendere, dopo una drammatica trattativa, due rapinatori che erano fuggiti dalla cella riparando sul tetto del carcere. Da solo, disarmato, era voluto andare sul tetto a parlamentare. Due anni fa, proprio dopo quell'episodio, Amato, che era sposato e padre di due bambini, chiese il trasferimento a Roma dove viveva la famiglia. Che cosa l'ha aspettato qui è noto: il coacervo delle indagini lente e romplesse sul terrorismo nero, un lavoro oscuro e pieno di insidie in cui, sicuramente, è stato lasciato solo. E del suo lavoro, soltanto di questo si lamentava: di procedere con difficoltà perché non aveva i mezzi adeguati e perché non aveva aiuti. «Sono solo, proprio ora che ho scoperto cose importanti... », disse alcuni giorni fa. Ma di questo parlava solo con i suoi colleghi nelle assemblee infuocate che seguirono il caso Caltagirone e che misero in discussione i vertici della Procura romana. Amato, infatti, era impegnato politicamente. Progressista e democratico convinto, aderiva alla corrente di «Unità per la costituzione». Alla vita dell'associazione partecipava con il consueto entusiasmo e con lo stesso impegno che dedicava al lavoro. | |
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