Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - manuale o riveduta: Dal nostro corrispondente RIMINI — Il «morbo del legionario», una strana e rara malattia infettiva, avrebbe ucciso già tre persone nei comuni del Montefeltro, in provincia di Pesaro, e sarebbe la causa del ricovero in ospedale di altre 25 persone, attualmente in isolamento negli ospedali della zona ed in quelli vicini di Rimini e Cesena. Il focolaio dell'epidemia sarebbe in una zona a monte del comune di Pietracuta, al bivio di San Leo, in prossimità del torrente Mazzocco. È possibile individuarlo con tanta precisione perché la «legionella pneumophila» (questo il nome scientifico del morbo) si sviluppa solo in condizioni climatiche ed ambientali particolari. Terreno favorevole alle diffusioni del morbo sono le acque, un clima umido-fresco e la polvere. Per un processo di aerosolizzazione (evaporazione anomala dell'acqua) si crea una specie di nebbiolina inquinante. Nella zona del torrente Mazzocco c'è infatti molta polvere perché vi si trovano numerose cave. In più tutte le persone colpite abitavano nella zona o avevano partecipato ai lavori sul torrente. Lavori che sono stati immediatamente sospesi in via precauzionale dal sindaco "di San Leo, Gianni Carletti. La zona è attualmente circoscritta da un cordone sanitario. La prima morte è avvenuta domenica scorsa. Un dipendente comunale di Pietracuta, Bruno Fiorentini, di 38 anni, colto da malore è stato ricoverato all'ospedale con i sintomi di una grave polmonite. Nel giro di un giorno è morto. Nei giorni successivi altre due persone hanno accusato gli stessi sintomi e sono morte mentre i medici tentavano di capire l'origine del male: Audaldo Stacchini di 42 anni e Giuseppe Valli, di 58 anni, entrambi di Pietracuta. Tutti e tre erano perfettamente sani prima del manifestarsi del morbo. La malattia si è sempre manifestata con una febbre altissima. In pochi giorni altre 25 persone sono state ricoverate in ospedale. «Nessuno di loro versa in condizioni preoccupanti — rassicurano i medici — e non tutti presentano gli stessi sintomi». In realtà, al primo apparire del male, il sindaco di San Leo ha invitato tutti i cittadini che avvertissero sintomi di malore a rivolgersi al medico curante. Per precauzione sono quindi stati mandati in ospedale anche malati con lievi febbri e, probabilmente, non colpiti dal morbo. Bisognerà attendere gli inizi della prossima settimana per avere la certezza che sia il «morbo del legionario» il responsabile delle morti e dell'epidemia. Solo allora, infatti, saranno pronti i risultati degli esami e delle ricerche. Ma l'ipotesi che si tratti di «legionella pneumophila» sembra la più attendibile. A San Leo si è immediatamente costituita una commissione della quale fanno parte anche ricercatori dell'Università di Ancora. È arrivato anche un esperto da Roma, il professor De Rosa. I medici degli ospedali di Ancora, Pesaro e Rimini si tengono costantemente in contatto per verificare come si evolve la situazione sanitaria dei ricoverati. «Sono state prese tutte le misure necessarie a circoscrivere l'epidemia» assicura il presidente dell'Unità sanitaria locale di Novafeltria. Ma, nonostante questo, nella zona c'è molta paura e tensione. In più, la vicinanza del focolaio alle superaffollate spiagge riminesi ed adriatiche, fa temere che un'informazione errata o imprecisa possa creare ingiustificato panico. Ieri, per esempio, si era sparsa la voce di un manifesto alla popolazione di San Leo che invitava, come misura precauzionale, a non esporsi al sole, a non fare il bagno, a non frequentare locali pubblici. Cioè esattamente ciò che fanno ogni giorno migliaia e migliaia di villeggianti. Invece tali misure non erano mai state indicate. Finora l'unico consiglio diffuso ai cittadini dei comuni del Montefeltro è di osservare le elementari norme igieniche. «Qualsiasi manifestazione di panico sarebbe assolutamente ingiustificata — affermano gli esperti —. Non ci sono possibilità di contagio perché la zona è circoscritta ed è stata isolata e sono state individuate tutte le misure opportune». Questa specie di polmonite fulminante che è le «legionella pneumophila» trae il suo nome volgare di «morbo dei legionari» dal caso scoppiato a Filadelfia nel 1976. Un intero congresso dell'«American Legion», una associazione di reduci di guerra, fu infatti sconvolto dall'epidemia provocata dal morbo. Morirono 29 persone ed altre 151 persone presenti alla riunione ne furono colpite in modo più o meno grave. | |
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