Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - automatica: Siria Repubblica presidenziale dell'Asia occidentale. Confinante con la Turchia, l'Iraq, la Giordania, Israele e Libano, la Siria si affaccia con circa 150 km di costa sul mare Medi- terraneo, ha un'estensione di 185.180 kmq, in gran parte desertica, e una popolazione di circa 6.300.000 abitanti, per la maggioranza arabi con piccole minoranze non semitiche (curdi e armeni), concentrata lungo la fascia occidentale del paese e la costa. Circa l'88% della popolazione è di religione islamica: il 72% di rito sunnita, il 10% di rito alauita, il 3% drusi. Altre minoranze professano il rito islamista e quello sciita, mentre il restante 12°i° è diviso tra varie confessioni cristiane. Queste diversità religiose sono rilevanti, poiché a esse si accompagnano notevoli differenze sociali e frequenti conflitti, strumentalizzati dai rispettivi gruppi economici dominanti. La forza prevalente, non solo in senso numerico, è comunque costituita dai sunniti, quantunque il potere politico sia oggi nelle mani della minoranza alauita. La capitale è Damasco (890.000 abitanti) ; altre città importanti sono Aleppo (640.000 ab.), Homs (215 mila ab.), Hama (138.000 ab.). Di economia fondamentalmente agri- cola, povera di risorse naturali per l'aridità del suolo, la Siria gode di alcuni vantaggi dovuti alla sua posizione geografica strategicamente importante per gli oleodotti che, provenienti dai paesi arabi ricchi di petrolio, dovendo attraversarla per raggiungere i porti del Mediterraneo fruttano ai siriani ricche royalties. La Siria svolge anche una notevole attività commerciale, ora soprattutto con i paesi dell'Est europeo. D'altronde la sua stessa posizione geografica, in un quadro di persistente instabilità politica del Medio Oriente, ha indotto ì dirigenti siriani a convogliare gran parte del bilancio dello Stato nelle spese militari, con grave pregiudizio per lo sviluppo economico complessivo del paese. Cenni storici Sede di antiche civiltà e bene amministrata dagli occupanti arabi tra il VII e il XV secolo, dal 1516 la Siria venne occupata dai turchi, subendo da allora un processo di decadenza protrattosi fino al dissolvimento dell'Impero Ottomano seguito alla Prima guerra mondiale. Già da alcuni decenni i nazionalisti arabi lottavano per l'indipendenza del paese e il 30.9.1918 i guerriglieri beduini, capeggiati da Faisal (figlio del re dell'Arabia) e dall'agente britannico D.H. Lawrence, a fianco delle truppe inglesi comandate dal maresciallo E. Hinman Allenby (futuro alto commissario per l'Egitto e il Sudan), entrarono a Damasco. Nel luglio 1919 il Congresso nazionale siriano, riunito nella Capitale, rivendicò l'indipendenza politica per uno Stato comprendente i territori degli attuali Siria, Libano, Giordania e Israele, da erigersi In unica monarchia costituzionale sotto Faisal, ma tale progetto fu respinto dalle potenze colonialiste che si contendevano il dominio dell'intero settore. In effetti fin dal 1916 (accordo segreto Sykes-Picot) i governi di Francia e Gran Bretagna avevano deciso di spartirsi tra loro tutta la vasta regione, tradendo le promesse fatte ai nazionalisti arabi per indurli a combattere i turchi: in base al piano segreto già previsto, Iraq, Palestina e Transgior-dania passarono così sotto tutela britannica, mentre Siria e Libano furono affidati a un "mandato" francese che praticamente riduceva entrambi i paesi a uno stato di soggezione coloniale. Nella nuova situazione, il Congresso nazionale siriano proclamò l'indipendenza della Siria-Palestina, ri- conoscendo il diritto del Libano a una certa autonomia, ma tale decisione non venne accettata dalla Francia e, nel luglio dello stesso anno, un corpo di spedizione francese occupò Damasco. Faisal, evidentemente convinto dagli inglesi, si diede alla fuga e nel 1921 divenne, al servizio del governo britannico, re dell'Iraq (v.). L'occupazione francese Per meglio controllare la complessa situazione siriana, i francesi divisero amministrativamente il paese in quattro "stati" (Damasco, Aleppo, la zona Alauita, il Jebel Ad-Duruz). Inoltre essi formarono lo "stato" del Grande Libano unendo una parte dell'ex provincia (vilayet) ottomana della Siria con la provincia di Beirut e il monte Libano, ma i nazionalisti siriani si opposero a queste decisioni e per tacitarli, nel 1924, i francesi accettarono che Aleppo e Damasco venissero riunite. Fra il 1926 e il 1927 i drusi si ribellarono a loro volta e l'insurre, zione si estese fino a raggiungere Damasco, che venne bombardata dai francesi. Nel 1928, con l'autorizzazione della potenza mandataria, fu infine eletta un'assemblea costituente. I nazionalisti, che in essa avevano ottenuto una larga maggioranza, vararono una costituzione contraria al mandato, ma le autorità francesi ne rifiutarono il riconoscimento, imponendone un'altra molto più moderata che manteneva la divisione amministrativa da essi prevista. Nel 1932 le elezioni politiche videro l'affermazione delle forze moderate, pesantemente sostenute dai francesi, ma l'anno seguente, in risposta alle fortissime proteste dei nazionalisti, contrari all'elezione di un presidente della repubblica collaborazionista, i francesi sospesero addirittura la costituzione. Nel 1936, dopo un altro periodo di rivolte (peraltro endemiche) venne concluso tra i siriani e le autorità di occupazione un trattato che prevedeva l'inclusione dello Stato alauita e di quello druso nella repubblica siriana, ma tale trattato non fu mai ratificato dal Parlamento francese. Ulteriori proteste dei nazionalisti si ebbero nel 1939, in seguito alla cessione della zona di Alessandretta alla Turchia. Dopo l'inizio della Seconda guerra mondiale truppe britanniche e della Francia Libera occuparono di comune accordo Siria e Libano. Per assicurarsi l'appoggio dei nazionalisti allo sforzo bellico, nel settembre 1941 il generale francese Catroux proclamò l'indipendenza formale della Siria, comprendente tutti i quattro Stati (Aleppo, Damasco, zone alauita e drusa), rinviando però l'attuazione pratica del provvedimento alla fine della guerra. Nel marzo 1943 venne ripristinata la costituzione e, nelle elezioni del luglio, il Blocco nazionale conquistò la maggioranza, eleggendo alla presidenza della repubblica Shukri Al Quwali. Le truppe francesi abbandonarono il paese nel 1946. Secondo dopoguerra La sconfitta dei paesi arabi nella guerra arabo-israeliana del 1948 (v. Israele), cui la Siria aveva partecipato a fianco dell'Egitto, della Transgiordania, dell'Iraq e del Libano, aggravò la già difficile situazione economica e sociale del paese. Oltre alla eterogeneità etnica e religiosa (tra musulmani sunniti, a-lauiti, drusi e varie confessioni cristiane), in Siria erano infatti presenti gravi sperequazioni sociali ed economiche fra abitanti dei centri urbani da una parte, contadini e nomadi dall'altra, tali da rendere esplosiva la situazione. Notabili e latifondisti (per la massima parte sunniti), che avevano guidato la lotta per l'indipendenza, si dimostrarono incapaci di gestire lo Stato unitario uscito dal mandato. All'interno della classe media e tra le minoranze (drusi e alauiti) andò quindi affermandosi un'opposizione al governo che, influenzato dalle forze moderate del pan-arabismo e più proiettato verso l'esterno che sensibile alle problematiche interne, rifiutava ogni concessione sul piano sociale. D'altra parte la repubblica siriana aveva strutture più democratiche rispetto alle monarchie arabe confinanti, non aveva quella pressante necessità di mantenere un equilibrio di rapporti interni fra cristiani e musulmani (come era il caso del Libano) e godeva della presenza di un ceto intellettuale che, fin dal secolo scorso, aveva dato un contributo fondamentale alla formazione dell'ideologia del nazionalismo arabo. Al Blocco nazionale che reggeva il governo (diviso in un partito filo-saudita e in uno filo-irakeno) si contrapponevano i socialisti e il Ba'th (un piccolo movimento fondato nel 1943 da Michel Aflaq) che raccoglievano adesioni fra studenti, gruppi di ufficiali dell'esercito e fra le minoranze. Colpi di stato Nel dicembre 1948, quando scoppiarono sommosse contro il governo, il presidente della repubblica Shukri Al Quwatli, con l'appoggio dell'esercito, ricorse alla forza. Si ebbe così il primo di una lunga serie di colpi di stato (29.3.1949), guidato dal colonnello Hosni Ez-Za'Im che però rimase al potere per soli 134 giorni: egli fece appena in tempo a convocare una nuova assemblea costituente, che nell'agosto il suo posto fu preso dal colonnello Sarni Hinnawi, il quale affidò ad Akram Awrani il compito di stendere un primo progetto di riforma agraria e nominò Aflaq ministro dell'Educazione. Le scoperte tendenze filo-irakene di Hinnawi provocarono tuttavia in dicembre un terzo colpo di stato, messo in atto dai colonnelli Fawzi Salu e Adib Shishakli; quest'ultimo, nel novembre 1951, con un quarto colpo di stato assunse infine tutti i poteri. Nessuno dei colonnelli succedutisi al governo del paese in tre anni aveva però seguito una politica di rinnovamento, limitandosi essi sostanzialmente a mantenere lo status quo, in qualche modo appoggiati dai funzionari del precedente governo civile. II 10.7.1953 Shishakli, consolidatosi al potere, fece approvare una costituzione che reintroduceva la repubblica presidenziale, e dopo aver indetto per l'ottobre dello stesso anno nuove elezioni, autorizzò in settembre la ricostituzione dei disciolti partiti politici. Le opposizioni boicottarono la farsa elettorale e le elezioni furono vinte dal Movimento di liberazione arabo, il partito che Shishakli stesso aveva appositamente fondato nel 1952. Alle proteste dell'opposizione il dittatore rispose arrestandone i leader (novembre 1953), ma pochi mesi dopo egli stesso venne destituito da un nuovo colpo di stato capeggiato dal colonnello Feisal Al Atassi (febbraio 1954). Intanto, dal 1949 al 1954, era cresciuta l'influenza del Ba'th e del Partito comunista siriano che, fondato nel 1924 e guidato (dal 1935) dal curdo Khaled Begdash, si era battuto fin dal 1944 per una politica di liberazione nazionale e per una rivoluzione nazionaldemocrati-ca, da realizzarsi sulla base di un ampio schieramento politico. L'intrusione americana Quegli stessi anni Cinquanta videro la massiccia entrata in scena de- gli U.S.A. nel Medio Oriente. II programma enunciato nel 1949 dal presidente degli Stati Uniti Harry Truman, da una parte con il riconoscimento dello Stato di Israele e dall'altra con gli "aiuti economici" erogati ai governi arabi aveva definito le linee di penetrazione americana nella regione, con il risultato di favorire un progressivo avvicinamento delle opposizioni siriane all'U.R. S.S.. II ruolo e il peso della sinistra furono confermati nelle elezioni del settembre 1954, quando il leader comunista Begdash e 22 deputati del Ba'th vennero eletti al Parlamento. 1 ripetuti tentativi statunitensi di portare la Siria nella sfera di influenza atlantica furono frustrati dal sempre più accentuato sbilanciamento americano a favore dello Stato sionista. La situazione si aggravò con il cosiddetto patto di Baghdad (24.2.1955) tra Turchia e Iraq, un patto che altro non era se non un'estensione della N.A.T.O. nel vicino Medio Oriente, il che per la Siria equivaleva a un vero e proprio accerchiamento militare. Nel 1955 Shukri Al Quwatli, rielet, to presidente, firmò allora un trattato di alleanza militare con l'Egitto, dove Nasser stava consolidando il proprio potere proponendosi come leader del movimento di unità pan-arabo. Grazie alla mediazione egiziana la Siria poté quindi ottenere una prima fornitura di armi dai paesi dell'Est europeo. Nel 1956, durante la crisi di Suez (v. Egitto), Ouwatli si recò a Mosca per stabilire diretti rapporti con i sovietici, mentre un commando siriano sabotava l'oleodotto irakeno che attraversava la Siria. Per rovesciare un governo che ormai potevano considerare nemico i servizi segreti U.S.A. ordirono in Siria un nuovo complotto, ma la congiura fu tempestivamente scoperta e neutralizzata: il Ba'th lanciò a questo punto la proposta di governare il paese attraverso un Fronte popolare e, presentandosi unita alle elezioni del 1957, la sinistra siriana ottenne un successo quasi plebiscitario. Per non rinchiudersi in una pericolosa strettoia internazionale, il nuovo governo tentò di riavvicinarsi all'Occidente cercando un aiuto economico che consentisse di mantenere l'indipendenza del paese fra i due blocchi delle superpotenze, ma la persistente politica aggressiva statunitense spinse sempre più Damasco verso Mosca e, il 6.8.1957, la Siria concluse un accordo di assistenza economica, tecnica e militare con l'U.R.S.S.. Gli U.S.A., proseguendo anche nel Medio Oriente la loro politica di "guerra fredda", continuavano a non capire che, per le masse arabe, neutralismo non significava tanto propensione verso il comunismo, quanto volontà di opporsi all'imperialismo delle potenze occidentali. La politica del nuovo presidente americano Eisenhower contribuì ad allargare il fossato, facendo crescere nell'area la tensione bellica, tanto che a un certo momento il governo siriano decretò la mobilitazione: il 17.10.1957 truppe egiziane sbarcarono a Latakia in appoggio al governo siriano e l'U.R.S.S. inviò due navi da guerra a protezione della costa: la politica americana aveva di fatto permesso all'U.R.S.S. e all'Egitto di porsi come protettori della Siria di fronte agli attacchi dell'Occidente. La Repubblica Araba Unita Dalla fine del 1957 l'influenza sovietica in Siria crebbe, rafforzando il Partito comunista siriano, ma all'interno del paese gran parte della borghesia era tutt'altro che favorevole a tale situazione e lo stesso partito Ba'th preferiva affidarsi piuttosto al regime nasseriano. Cominciò in tal modo a prendere piede l'idea di una unione federale con l'Egitto, quale primo nucleo di una più vasta unità araba. II Partito comunista siriano guidato da Begdash (vecchio quadro formatosi in Francia sotto la guida della Terza Internazionale) era il meglio organizzato del Medio Oriente e profondamente legato all'Unione Sovietica, ma il successo di questo partito in Siria dipendeva molto dal suo rapporto con una borghesia nazionale che non aveva alcuna intenzione di creare un regime comunista e mirava a una democrazia parlamentare, nella quale la presenza dei comunisti avrebbe garantito l'appoggio dell'Unione Sovietica. A ciò si opponeva tuttavia il Ba'th che non aveva alcuna intenzione di perdere la propria egemonia a favore dei comunisti e, dal momento che anche i militari premevano fortemente per costituire una federazione con l'Egitto, il governo siriano indisse un referendum popolare che vide il 91,75% dei votanti favorevoli a fondare la R.A.U.. II relativo patto di fusione tra Egitto e Siria venne siglato 1'1.2.1958 al Cairo. Pochi giorni dopo, analogamente a quanto era accaduto in Egitto, i comunisti (accusati di essersi opposti alla fusione) vennero messi fuori legge e Begdash dovette lasciare il paese. Se l'obiettivo del Ba'th era di mantenere l'egemonia in Siria, ben diverse erano le intenzioni di Nasser, secondo il quale l'esercito siriano non avrebbe più dovuto occuparsi di politica e tutti i partiti si sarebbero dovuti sciogliere per far convergere i loro iscritti nell'Unione nazionale, partito unico di modello egiziano. In realtà Nasser mirava a fare della Siria un polo di attrazione per le popolazioni arabe con essa confinanti, quindi l'unione tra i due paesi si dimostrò subito assai più problematica del previsto: di fatto i siriani si trovarono politicamente, militarmente ed economicamente subordinati agli egiziani e il Ba'th si rese conto che stava per perdere un qualsivoglia ruolo dirigente. La situazione interna peggiorò anche in seguito al clima di repressione instaurato dal colonnello Sarraj (ministro siriano "regionale" agli Interni, nel quadro della R.A.U.), dimostratosi ben presto più legato ai leader egiziani che non al proprio paese. Un ulteriore elemento di tensione giunse dall'Iraq, dove nel luglio 1958 il generale Kassem aveva spodestato la monarchia e dove il Partito comunista stava conquistando, con il favore delle masse, un notevole peso politico, tutto ciò grazie all'appoggio sovietico. Questo rivolgimento iracheno offriva ai siriani un'alternativa concreta, per cui i rapporti degli egiziani con il Ba'th e con la borghesia siriana si deteriorarono rapidamente. A ciò si aggiunse una pesante situazione economica, inasprita dalla concorrenza dei capitali e delle industrie egiziane nonché dal fallimento della riforma agraria. 11 28.9.1961 la situazione sfociò in un nuovo colpo di stato militare che staccò la Siria dall'Egitto. 11 15 novembre dello stesso anno fu promulgata una costituzione provvisoria e l'1 dicembre vennero indette nuove elezioni: il Ba'th ottenne soltanto 24 seggi su 165 e Nazim Al Qudsi fu eletto presidente. La guida del paese fu assunta da un governo di restaurazione che abolì la nazionalizzazioni imposte dalla R.A.U., corresse drasticamente la riforma agraria e ricercò l'alleanza irakena. Ma, di fronte a questa involuzione, i giovani ufficiali del Ba'th costituirono un'organizzazione clandestina e, 1'8.3.1963, fecero il loro colpo di stato, costituendosi in Consiglio nazionale del comando della rivoluzione (C.N.C.R.). La politica del Ba'th Il Ba'th (che significa letteralmente "Rinascita") aveva una ideologia radical-borghese e laica elaborata da Michel Aflaq, secondo il quale il nazionalismo e non la fede religiosa doveva costituire la principale forza di unificazione del mondo arabo. Grazie al suo laicismo il Ba'th era quindi in grado di superare le profonde divisioni sussistenti in Siria tra le varie minoranze religiose che non potevano unirsi sotto la bandiera dell'Islam sunnita. Sorto come si è detto nel 1943, dopo un decennio di vita stentata questo movimento aveva avuto una svolta decisiva nel 1953, grazie alla sua fusione con il Partito socialista arabo guidato da Akram Awrani. Era sorto così il Partito socialista della rinascita araba (di cui il Ba'th costituiva l'ala più radicale), la cui influenza si era estesa rapidamente fra gli intellettuali e i ceti medi progressisti. L'adesione alla R.A.U. e l'infelice esito di tale esperienza avevano provocato all'interno del nuovo partito gravi tensioni, esplose nel colpo di stato dell'8.3.1963, sostenuto appunto dalla sua ala radicale. In seguito al colpo di stato del marzo 1963 si formò un governo guidato dal colonnello (ora generale) Feisal Al Atassi e risultò costituito da una coalizione di "ba'thisti", di militari e di nazionalisti filonasse-riani. Quando questi ultimi, il 18.7. 1963, tentarono con un nuovo colpo di stato di impadronirsi completamente del potere, furono sconfitti e il loro fallimento rinforzò il Ba'th, che portò alla presidenza del C.N. C.R. Amin Al Hafiz. Nell'aprile 1964 fu promulgata una nuova costituzione (provvisoria) che assegnava il potere legislativo al C.N.C.R. e vennero al tempo stesso avviate misure di nazionalizzazione e di ri, forma agraria di tipo socialista. Queste misure provocarono in diverse parti del paese (soprattutto fra gli artigiani e i commercianti della città, per lo più sunniti) disordini an-tigovernativi capeggiati dai filo-nas-seriani e dalla setta islamica dei Fratelli musulmani, disordini motivati dal fatto che il Ba'th e l'esercito reclutavano molti dei loro quadri tra le minoranze etniche, in particolare fra gli alauiti. L'esercito represse duramente le proteste e, dopo un breve interregno di Bitar, Hafiz tornò a presiedere il C.N.C.R. accelerando il programma di nazionalizzazione delle grandi imprese commerciali e indu striali, nonostante l'opposizione di vasti strati della borghesia. Agli oppositori, il nuovo regime fece fronte istituendo un tribunale militare speciale. D'altra parte, i conflitti ideologici attraversavano anche il Ba'th, nel quale era sorta una nuova generazione di militanti che, convinti del, la necessità di collegare la lotta nazionale a una prospettiva di azione contro l'imperialismo occidentale, non condividevano il puro e semplice nazionalismo di Aflaq e degli altri capi storici del partito. Nell'ottobre 1963, al VI Congresso del Ba'th, quest'ala di sinistra ebbe la maggioranza e il 23.2.1966, in seguito a un ennesimo colpo di stato militare, Aflaq e Bitar vennero espulsi dal partito e costretti all'esilio. Alla testa del nuovo governo fu posto Yusuf Zuwayyin, ma l'azione era stata ispirata dal generale Salah Jedid. Riprese quindi il cammino verso una ristrutturazione economica di tipo socialista all'interno, mentre in politica estera si aveva un'avvicina-mento all'U.R.S.S. e un miglioramento dei rapporti con Nasser (a sua volta orientatosi, nel frattempo, verso il "socialismo scientifico"). La partecipazione siriana a fianco dell'Egitto, cioè all'attacco militare egiziano contro Israele nella cosiddetta "guerra dei sei giorni" e la conseguente disfatta del giugno 1967 che costò alla Siria la perdita delle alture del Golan, indebolirono grandemente la posizione del governo ba'thista (nel quale il Partito comunista siriano era entrato a far parte nel 1966) e determinarono una nuova crisi: del dissidio tra comunisti e Ba'th poterono profittare i militari, dimostrandosi ancora una volta la forza dominante del regime ba'thista. All'interno della sinistra del Ba'th acquistò grande potere il generale Hafez El Assad, un alauita che era ministro della Difesa e leader di un nucleo nazionalista più spregiudicato in campo economico e sociale. L'ascesa di Assad Nel 1969 Assad riuscì a compiere il suo colpo di stato prendendo di fatto il potere che consolidò l'anno successivo, manovrando abilmente in campo economico con l'Unione Sovietica e i passi dell'Europa orientale, e sostenendo al tempo stesso la resistenza palestinese, fino a intervenire militarmente in Giordania in appoggio ai palestinesi nei giorni del "Settembre nero". Salito al vertice dello stato nel no- vembre del 1970, attraverso una gestione molto personale del potere e per mezzo di un liberismo realista Assad riuscì a guadagnarsi l'adesione di buona parte della borghesia mercadora che si era rapidamente sostituita all'aristocrazia fondiaria, formando un nuovo strato sociale urbano strettamente le• gato allo Stato e ai militari. Bloccate le nazionalizzazioni e acquistato un certo seguito anche fra i sunni-ti (nonostante che il Ba'th si identifichi, in Siria, con il partito degli alauiti, cioè di una minoranza numericamente insignificante), e fronteggiando l'opposizione interna dei Fratelli musulmani con i Servizi di sicurezza, il regime di Assad si è posto il compito di realizzare gli obiettivi strategici dei governi che l'hanno preceduto: stabilire la supremazia siriana nella "mezzaluna fertile" attraverso il controllo del Libano, della Giordania e della Palestina (ossia dell'O.L.P.) , cercando di tener fuori da questa zona, attraverso vari sistemi di alleanza, Iraq ed Egitto. In tale quadro sono da considerare l'intervento del 1976 ire Libano (cioè, in giugno, l'occupazione militare della valle della Be-qaa e, nell'ottobre, il riconoscimento del protettorato siriano in Libano da parte degli altri paesi arabi), i tentativi di controllare sempre più da vicino l'O.L.P. (v.) , i relativamente buoni rapporti con libanesi e iraniani. Pur mantenendo strette relazioni con l'U.R.S.S., il governo di Damasco ha riallacciato i rapporti diplomatici con gli U.S.A. (1974) e ha adottato un approccio estremamente cauto nei confronti del problema israeliano, aspirando a ricoprire quel ruolo che l'Egitto ha dovuto abbandonare dopo l'accordo stipulato dal premier Sadat a Camp David, ripudiato come un vero e proprio tradimento dai paesi arabi. Dal 1986, la posizione internazionale della Siria si è tuttavia aggravata in seguito alle accuse rivolte dagli U.S.A. e dall'Inghilterra al governo di Damasco di organizzare e sostenere attività terroristiche a livello internazionale (accuse che i dirigenti siriani hanno fermamente respinto). G. Pr.
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