→ modalità contenuto
modalità contesto
Modalità in atto filtro S.M.O.G+: CORPUS OGGETTO
ANTEPRIMA MULTIMEDIALI
ALBERO INVENTARIALE
Legenda
Nodo superiore Corpus autorizzato

Nodo relativo all'oggetto istanziato

NB: le impostazioni di visualizzazione modificabili nel pannello di preferenze utente hanno determinato un albero che comprende, limitatamente alle prime 100 relazioni, esclusivamente i nodi direttamente ascendenti ed eventuali nodi discendenti più prossimi. Click su + per l'intero contenuto di un nodo.


INVENTARICATALOGHIMULTIMEDIALIANALITICITHESAURIMULTI
guida generale
CERCA

tipologia: Analitici; Id: 1543399


Area del titolo e responsabilità
Tipologia Periodico
Titolo Goffredo Linder, Dietro Barzani adesso c'è lo scià [sopratitolo: La guerriglia kurda aumenta la tensione in Medio Oriente] [sottotitolo: Precedenti storici di una rivendicazione nazionale e democratica. Come il regime progressista di Bagdad ha risolto il problema dell'autonomia del Kurdistan. La casta dominante kurda, di fronte a profonde riforme strutturali, passa dalla parte dell'Iran. Un disegno pericoloso e articolato dell'imperialismo americano. Ma questa volta la maggioranza del popolo kurdo non segue i vecchi capi]
Responsabilità
Goffredo Linder+++
  • Linder, Goffredo
  autore+++    
Rubrica od altra struttura ricorsiva
Politica internazionale [Rinascita] {Politica internazionale [Rinascita]}+++  
Area della trascrizione e della traduzione metatestuale
Trascrizioni
Trascrizione Non markup - automatica:
La guerriglia kurda aumenta la tensione in Medio Oriente
Dietro Barzani
atlesso c'è lo scià
Precedenti storici di una rivendicazione nazionale e democratica. Come il regime progressista di Bagdad ha risolto il problema dell'autonomia del Kurdistan. La casta dominante kurda, di fronte a profonde riforme strutturali, passa dalla parte dell'Iran. Un disegno pericoloso e articolato dell'imperialismo americano. Ma questa volta la maggioranza del popolo kurdo non segue i vecchi capi
Mer Caspienne
di Goffredo Linder
E' una guerra segreta, ma non tanto. Può apparire come uno dei non pochi conflitti di minoranze etniche che riaffiorano qua e là nel mondo, ma non è così. Parliamo del brusco risveglio della guerriglia (ma per le sue proporzioni è una guerra) kurda che si è avuto nelle ultime settimane in Iraq. Il fatto è in sé grave e non marginale per il contesto in cui si svolge (la crisi mediorientale), per le tendenze che conferma della minaccia iraniana che pesa sulla penisola arabica, e più in generale delle tensioni che permango- no e, in qualche caso si accrescono, in una regione decisiva del mondo non solo per le sue risorse petrolifere, ma anche per la strategia politico-militare dell'imperialismo nell'Oceano Indiano. Che cosa in effetti è mutato nella lotta dei kurdi che negli ultimi cinquant'anni hanno ripreso per la quinta volta le armi? Che cosa di diverso vi è nelle qualità della loro lotta di oggi contro il potere centrale di Bagdad rispetto a quella protrattasi per più decenni sulla base di una rivendicazione conseguente di autonomia?
Per dispondere a questi interrogativi occorre riepilogare brevemente la storia degli ultimi decenni. I kurdi, si sa, sono un gruppo etnico indo-europeo, convertito all'islamismo, di 15 mi- lioni di persone, di cui due milioni risiedono in Iraq, mentre gli altri soni divisi tra la Turchia, l'Iran, l'Urss, ecc. Ma sono qualcosa di più di un semplice gruppo etnico: in realtà costituiscono una nazionalità dotata di una propria lingua, di una propria cultura, di una propria storia, passata anche in tempi recenti attraverso due effimere esperienze di Stati nazionali: il Kurdistan, dopo la prima guerra mondiale, sulle macerie dell'Impero ottomano e travolto da una rivolta turca;, e la Repubblica kurda nel 1946, dissoltasi rapidamente nel giro di pochi mesi.
La guerriglia riprende quasi subito dopo la prima guerra mondiale limitatamente all'Iraq, mentre nell'Iran (3 milioni di kurdi) e in Turchia (4 milioni) la rivendicazione autonomista non si traduce in un movimento organizzato. In Iraq — dove la monarchia hascemita conduce una politica di repressione verso le minoranze nazionali — i kurdi riescono invece a organizzare una vera e propria guerra, avvalendosi delle inaccessibili montagne kurdistane. Il moto rivoluzionario che nel 1958 abbatte re Feisal sembra aprire uno spiraglio alla soluzione del problema, ma il regime di Kassem prima e dei fratelli Aref poi continuano a marciare su una linea repressiva, per cui la guerra riprende con vigore soprattutto dagli inizi del 1961. A questo punto vi è un esercito kurdo vero e proprio — i Peschmerga —, vi sono territori « liberi » e per contro il regime di Bagdad vede logorarsi ricchezze e energie in un conflitto militare senza via d'-uscíta. - 'D'altro canto le rivendicazigni '.kq de sono condivise dalle forze progressiste irachene (principalmente il partito comunista, ma anche la frazione di .sinistra del Baas) e trovano riscontro in vasti strati di
Il leader kurdo Mustafà Barzani
opinione pubblica interna e mondiale. Vi è una fondata preoccupazione circa la soluzione dei problemi complessi presenti in Iraq sotto il profilo della nazionalità — come altri della regione, il paese è estremamente composito —e soprattutto per il problema dell'unità statale e della nazione, delicato in formazioni nazionali di recente indipendenza nella quale convivano, appunto, gruppi etnici, religiosi e di nazionalità diversa. In Iraq vi sono arabi, caldei, sciti, cattolici, sunniti, turcomanni, ecc., ma su un'ampia autonomia del Kurdistan, rivendicata da Barzani, tutti sono d'accordo: anzi viene considerata una importante rivendicazione nazionale e democratica.
Infatti nel 1969, quando il regime di Aref viene abbattuto per iniziativa dell'ala progressista del Baas, si intraprendono immediatamente trattative, e l'11 marzo 1970 si arriva a un accordo che pone termine alla guerra. L'accordo accoglie pienamente la richiesta di una autonomia kurda nel quadro della Repubblica irachena — impegnandosi a realizzarla entro quattro anni — getta le basi di strutture politiche, civili, economiche e culturali autonome, fa entrare cinque esponenti del Partito democratico kurdo nel governo centrale e gli attribuisce la vice-presidenza della Repubblica. Per quattro anni si lavora per rendere concreto l'accordo, e il 27 marzo 1974 si varano i decreti che sanciscono definitivamente l'auto- nomia del territorio kurdo, che istituiscono organismi politici kurdi (un Parlamento di 80 e un esecutivo di 10 membri), che applicano il bilinguismo nel Kurdistan e nelle altre aree del paese abitate da forti insediamenti kurdi, ecc. A questo punto 'però . il vecchio leader Barzani rigetta in blocco l'accordo e incita i kurdi a prendere le armi.
Che cosa è avvenuto nel frattempo? Le ragioni del gran rifiuto di Barzani sono molteplici, in un intreccio divenuto ormai assai più vasto. La prima è interna all'Iraq. Il regime baa-sista di Al Bakr ha in questi anni varato alcune riforme economico-sociali di ampia portata, tra cui fanno spicco la riforma agraria e la nazionalizzazione dei giacimenti petroliferi. Bar-zani è un ardente nazionalista, ha cercato sostegni per la causa kurda nel movimento democratico mondiale, è stato per . lungo tempo chiamato il « mullah rosso ». Ma egli resta un grande capo tribale, la cui autorità discende da una struttura sociale della società kurda di tipo spiccatamente feudale. In breve la riforma agraria colpisce al cuore un sistema di potere e di privilegi sociali da cui Barzani —espressione del gruppo sociale dominante — trae la sua autorità. Né di questo solo si tratta. Nelle file del Partito democratico kurdo il cemento, che ha unito gruppi sociali diversi e di contrapposti interessi, è stato quello della rivendicazione nazionale. Nel momento stesso in cui si va verso il rico- noscimento di quella rivendicazione, cominciano ad affiorare i contrasti so- ciali: una massa rilevante di contadini si batte per l'applicazione della riforma agraria, una nuova generazione di intellettuali moderni si stacca dalla gerarchia tribale e considera che quanta ottenuto in Iraq supera ogni aspettativa. Il partito democratico comincia così a lacerarsi, gruppi di suoi militanti si staccano e passano al partito comunista, l'unica forza politica non etnica organizzata nel Kurdistan (il Baas non vi esiste) e capace di saldare la questione sociale a quella nazionale (non a caso la ripresa della guerriglia viene preceduta da quattro settimane di violenze contro le roccaforti kurde dei comunisti).
Nel frattempo, inoltre, è sopravvenuta la nazionalizzazione dei giacimenti petroliferi dati in concessione alla Iraq Petroleum Company, concentrati nei pressi di Kirkuk (in territorio kurdo) e se ne sono scoperti di nuovi, immen- si, che fanno dell'Iraq uno dei primi paesi produttori di petrolio del mondo. Il petrolio è una ricchezza nazionale, ma Barzani scende in campo contro la nazionalizzazione rivendicando il petrolio come ricchezza kurda che spetta solo ed esclusivamente ai kur-di. In realtà anche in questo caso l'elemento dominante è quello sociale: il gruppo dirigente . kurdo vide: infatti nel petrolio una nuova fonte di ricchezza e di potere che può consentire di conservare intatte le strutture sociali del Kurdistan attraverso qualche concessione (sul modello degli emirati del Golfo arabico) alle masse.
Intorno a tutto ciò ruota il progressivo slittamento del movimento kurdo verso altre sponde. L'ostilità alla natura progressista del regime di Bagdad trova naturali convergenze, e Barzani lancia un primo ballon d'essai verso gli Stati Uniti agitando la questione petrolifera. Interrogato da Jim Hoagland del Washington Post nel suo rifugio di montagna, che non ha mai abbandonato, dichiara: « Noi siamo pronti a fare qualcosa che vada nel senso della politica statunitense in questa regione, se gli Stati Uniti ci proteggono dai lupi. Se l'appoggio fosse rilevante, potremmo controllare i campi petroliferi di Kirkuk e darli in conces- sione a . delle compagnie ». La dichiarazione non trova orecchie sorde. L'Iraq continua a essere una breccia nel patto militare del Cento che lega l'Iran agli Usa, le nazionalizzazioni ne hanno fatto un paese di punta nello schieramento arabo, i suoi rapporti con il campo socialista sono eccellenti, e urta complessa lotta è in atto per controllare tutta l'area in modo da co- prire gli interessi economici e militari degli Stati Uniti. L'attenzione di questi ultimi si accresce dopo il conflitto arabo--israeliano dell'ottobre 1973: sull'onda dei successi conseguiti in Egitto, la diplomazia kissingeriana guarda con sospetto e preoccupazione all'Iraq (e alla Siria) che ostacolano un progetto di riassorbimento del mondo arabo nell'ambito di una zona d'influenza americana.
Altre orecchie nel frattempo non so- no rimaste chiuse: quelle iraniane. In parte in funzione statunitense, come sede di un sub-imperialismo di tipo brasiliano, in parte per ambizioni proprie, in_parte per la paura di un paese progressista ai suoi confini, l'Iran a partire dal 1970, ancor più dal 1972 (anno della nazionalizzazione) e in modo massiccio dopo il conflitto araboisraeliano, dà a Barzani armi, istruttori, viveri, gli mette a disposizione basi e mezzi. Il patto tra il leader kurdo e lo scià di Persia a questo punto è esplicito: l'agitazione nazionalista non si propagherà tra i kurdi iraniani, la guerriglia dovrà minare il regime pro- gressista di Bagdad o almeno corroderlo fino a una crisi insostenibile, e in cambio si potrebbe arrivare a un Kurdistan indipendente, come una marca sotto la protezione dell'impero iraniano per impedire che divenga un centro di aggregazione di kurdi dell'Iran e della Turchia. Ma questo è da vedersi e in -ogni caso lo scià dispone di forze sufficienti per impedire questa prospettiva. Per ora si procede di conserva: i kurdi riprendono la guerriglia mentre l'esercito iraniano moltiplica gli incidenti di frontiera con gli iracheni, in un comune lavoro volto a provocare la instabilità del regime di Bagdad. Il tutto nel quadro di una mira più alta che ha condotto lo scià a intervenire militarmente nell'Oman, per garantire la « stabilità» in un altro punto della regione decisivo per la strategia imperialista e percorso da forti movimenti antimperialisti.
Questo il punto della guerra segreta. Occorre solo aggiungere che Barzani non ha osato provocare una secessione, limitandosi a parlare di accordi traditi. E' una cautela non casuale. L'autonomia che regola oggi i rapporti arabo-kurdi viene giudicata positiva da larghi strati del popolo kurdo; il partito comunista è nel Fronte nazionale delle forze progressiste irachene; il partito democratico kurdo è profondamente diviso sulle scelte del leader sino a ieri assoluto e dotato di un grande potere carismatico. A differenza del passato perciò i Peschmerga (forti di alcune decine di migliaia di fedelissimi) non sono come i pesci nell'acqua e non hanno alle spalle l'intero popolo kuircio. Anzi i segni son quelli di una difficoltà rispetto agli . anni '60. Ma intanto si combatte, si ' muore, e si tiene acceso un focolaio di tensione che può rapidamente revampare in termini nuovi e diversi da quelli di allora.
 
Trascrizione secondaria non visualizzabile dall'utente 


(0)
(0)






in: Catalogo KBD Periodici; Id: 33199+++
+MAP IN RIQUADRO ANTEPRIMA


Area unica
Testata/Serie/Edizione Rinascita | settimanale ('62/'88) | ed. unica
Riferimento ISBD Rinascita : rassegna di politica e cultura italiana [rivista, 1944-1991]+++
Data pubblicazione Anno: 1974 Mese: 5 Giorno: 17
Numero 20
Titolo KBD-Periodici: Rinascita 1974 - 5 - 17 - numero 20


(0)
(0)










MODULO MEDIAPLAYER: ENTITA' MULTIMEDIALI ED ANALITICI





Modalità in atto filtro S.M.O.G+: CORPUS OGGETTO

visualizza mappa Entità, Analitici e Records di catalogo del corpus selezionato/autorizzato (+MAP)




Interfaccia kSQL

passa a modalità Interfaccia kSQL