Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - automatica: Rtiuizcto di Dina Forti I ministri degli Esteri dei paesi arabi, riuniti al Cairo per quello che è stato chiamato ìl « piccolo vertice antisraeliano, hanno deciso di convocare una conferenza di tutti i paesi musulmani del mondo ma anche una seconda riunione di soli paesi arabi, allo scopo di definire una nuova stra- tegia politica e militare contro l'avversario israeliano. La prospettiva del « vertice musulmano» è divenuta concreta quando il presidente Nasser ha accettato la proposta avanzata in questo senso dal re Feisal dell'Arabia saudita, subito dopo l'incendio che ha semidistrutto la moschea di Aqsa, uno dei « luoghi santi » più importanti della tradizione religiosa musulmana. E' la prima volta, dal 1967, che si profila la possibilità di una ripresa dell'unità d'azione di tutte le forze arabe sulla base di un'iniziativa anti-sraeliana. Sicuramente i leaders arabi più avanzati non hanno voluto rinun- ciare a questa occasione di estendere il fronte, o quanto meno l'appoggio diplomatico che può venire alla causa della liberazione della Palestina e della soluzione del conflitto nel Medio Oriente, da una ripresa dell'azione comune delle forze arabe progressiste e di quelle moderate. Ma, vi è da chiedersi quale risultato potrà aversi — in concreto — da questa prospettiva. Fra i paesi musulmani invitati al vertice ve ne sono alcuni — in Africa e in Asia — che intrattengono strettissimi rapporti con gli Stati - Uniti (basta pensare alla: Turchia, all'Iran, alla Tunisia) e lo stesso re Feisal si è dichiarato « pronto alla guerra santa » a fianco di tutti gli Stati musulmani ma non ha certo modificato la sua posizione estremamente conservatrice e ostile a qualsiasi unità con le forze arabe progressiste e per questo si era dichiarato contrario a un « vertice arabo » al quale avrebbero eventualmente po- tuto partecipare, accanto aì rappresentanti degli Stati, anche ,quelli delle forze popolari rivoluzionarie della Pa- . lestina. Una maggiore concretezza di propo- siti e decisioni -= non soltanto politici ma forse anche economici e militari - dovrebbe invece venire dalla riunione di un vertice arabo di cui Nasser ha appoggiato la convoeazione, secondando la richiesta di re Hussein di Giordania. E' significativo che sia stata intanto annunciata per i primi di novembre una riunione dei Consiglio arabo di difesa con l'obiettivo dichiarato di « rafforzare ii settore orientale del fronte di lotta'COntre'rsra le ~. I lavori della conferenza cairota dei dirigenti arabi si sono svolti in una atmosfera di pesante ' sfiducia nella • possibilità di risolvere mediante trattative politiche la crisi medio-orientale. L'incendio della moschea di El Aqsa ha certamente contribuito ad aggravare la tensione, già gravissima per l'ostinato rifiuto di Israele a recedere dalla sua posizione intransigente che resta sorda alle sollecitazioni dell'ONU, alle pressioni che si sono levate ovunque nei mondo per chiedergli di sgombrare e non colonizzare i territori occupati. I fallimenti delle iniziative delle quattro potenze, quello della missione. Jarring sono tutti elementi che hanno convinto i dirigenti': arabi a ritenere che Israele non intende sottrarsi al destino di un nuovo scontro militare. « Avevamo aperto tutte te le porte per la pace — ha detto Nasser al Cairo — ma il nostro nemico le ha chiuse ». Anche il ministro degli Esteri egiziano. Riad si è rivolto ai suoi colleghi arabi manifestando profonda sfiducia nella possibilità di una soluzione politica della crisi e sottolineando con forza le responsabilità dell'imperialismo americano per l'atteggiamento intransigente di Israele. Accanto alla risposta politica e diplomatica nuova che a questa intransigenza israeliana hanno dato e potranno ancora dare le iniziative dei governi arabi riuniti al Cairo deve es'-sere messa in primo piano la rispcxstá estremamente energica che è venuta dalle popolazioni e dai combattenti palestinesi nei territori occupati. L'intensificarsi delle manifestazioni, degli scioperi, degli attacchi guerriglieri soprattutto dopo l'incendio della moschea di El Aqsa — testimoniano dell'ampiezza e della profondità della rivolta per la liberazione della Palestina. Lo stesso attacco lanciato dai guerriglieri a Gerusalemme potrebbe significare che una nuova soglia è stata varcata dalle organizzazioni militari di Al Fatah. L'acutezza della crisi non accenna a diminuire e, in questa crisi, i paesi arabi progressisti stanno compiendo sforzi molto duri per saldare il loro schieramento, eliminare i punti di fri-zione`e di debolezza della loro azione politica e militare. Fra questi elemen- ti di debolezza e confusione due debbono essere messi in questa fase in evidenza: la tragica catena di esecuzioni capitali che sconvolge e crea uno stato di pesante tensione in Irak e la crisi dei rapporti diplomatici fra i paesi arabi e la Romania (il solo paese socialista che mantenga e anzi migliori le proprie relazioni diplomatiche con Israele): alla rottura diplomatica con Bucarest di Damasco e Kar-thum, sono seguite le proteste di . Algeri, Amman e Beirut e il richiamo degli ambasciatori da parte del Cairo e di Bagdad. Un motivo di frizione che si aggiunge ai molti già esistenti in questa regione.
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