Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - automatica: Una forza politica di sinistra che nasca dai sindacati M tivazioni e • e ii Y-117-1 tur Ÿe lartito opera co Il gruppo dirigente del POT non cerca facili soluzioni « cittadine )) ma vuole realizzare il contatto organizzato con le masse contadine che rappresentano la grandissima maggioranza del paese Il clamoroso ritiro dell'adesione dalla forza multilaterale atomica da parte della Turchia, dopo anni di asservimento del governo di Ankara alla politica atlantica, sollecita un esame su quanto è andato verificandosi in questo paese nel quale, dopo il rovesciamento del regime di Menderes, tutto sembrava tornato all'im-mobilità conservatrice che lo ha dominato negli ultimi decenni. Quale è dunque la portata reale di questa svolta di politica estera? In che misura essa esprime una maturazione di forze e di orientamenti nuovi nella realtà turca e in che misura essa è invece la mossa diplomatica di un governo conservatore che vuole rialzare le proprie azioni sul piano internazionale con una politica più duttile e articolata? La risposta a questi interrogativi non può non muovere da un riesame degli sviluppi delle vicende interne al paese negli ultimi anni. Nonostante la Turchia sia il paese dove più sovente ricorre la parola « rivoluzione » (giacché è cos) che, non senza compiacimento, vengono qui chiamati quelli che con assai più precisione dovrebbero esser definiti colpi di stato) non c'è forse paese che in questo secolo di cosí profondi sconvolgimenti sociali e istituzionali sia rimasto in realtà altrettanto immoto nelle sue strutture fondamentali, e dove tanto chiusa al nuovo si sia mantenuta la coscienza delle masse popolari, tagliate fuori e quasi ignare dei rivolgimenti che pure si susseguivano ai vertici. E' ancora coli, in questa immobilità, che la Turchia appariva anche dopo l'ultima rivolta che ha portato al governo Ismet Inonu, il vecchio amico di Ataturk di cui era stato successore nel 1938 alla testa del partito Repubblicano. Ma non è più così, oggi, a quattro anni di distanza. Certo, se si dovesse giudicare col metro delle « rivoluzioni » passate, si dovrebbe giungere ad opposte conclusioni, ché le due forze fondamentali della vita politica turca, il partito Repubblicano, oggi al governo, e il partito della Giustizia, all'opposizione, sembrano tuttora vincolate dalla reciproca omertà che, al di là di marginali contrasti, salda fra loro i gruppi sociali che esse rappresentano. E questo mentre l'esercito, dopo gli ultimi moti che portarono all'impiccagione dei colonnelli dissidenti, sembra armai strettamente controllato dalle alte gerarchie che temono ogni seria modificazione dell'attuale equilibrio sociale. Quando dunque parliamo di un mutamento che va producendosi nel paese no'n alludiamo tanto a qualcosa che può già incidere sugli sviluppi della politica « ufficiale », qualcosa i cui risultati possono esser già colti, immediatamente; parliamo perö di un fenomeno che per quanto ancora limitato è tuttavia un fatto davvero nuovo per questo paese e capace di modificare alla lunga la prospettiva della Turchia: la presa di coscienza che va manifestandosi in alcuni strati popolari che per la prima volta, pur fra tante incertezze e difficoltà, vanno aprendosi una strada finalmente alternativa a quella prospettata da sempre dalle forze politiche tradizionali, dai partiti dominanti che mai sono riusciti ad essere qualcosa di più che meri gruppi di potere, espressione dei notabili locali e degli intermediari del capitare straniero. Se si Nicolai Podgorny (il secondo da sinistra) membro del Praesidium del Soviet Supremo dell'URSS e Ismet Inonu eccettua infatti il tentativo di Ataturk, che cercò nel periodo fra le due guerre di attuare una seria operazione di ammodernamento e di laicizzazione dello Stato (e che tuttavia non è riuscito ad intaccare che assai limitata- mente le arretrate strutture sociali) si può dire che l'alleanza fra gli strati imprenditoriali della popolazione e í feudatari dell'Anatolia ai danni delle grandi masse contadine è sempre rimasto il cardine della vita politica turca, mentre ogni movimento socialista è stato posto fuori legge come il Partito comunista che mai e riuscito ad uscire dalla clandestinità. Anche dopo il rovesciamento del regime apertamente fascista di Menderes non molto è mutato dal punto di vista della libertà di organizzazione politica e neppure di pensiero, giacché una ferrea censura impedisce tuttora la pubblicazione nel paese di qualsiasi testo di ispirazione marxista o anche semplicemente socialisteggiante Ma, nonostante il muro che le classi dirigenti turche hanno eretto attorno al paese per impedire che il pensiero moderno e l'eco delle esperienze rivoluzionarie che vanno compiendosi nel mondo penetrassero fino a raggiungere i lavoratori di Istambul e dell'Anatolia, un processo > politico nuovo si è — come dicevamo — messo in moto, dando vita per la prima volta ad un autonomo partito operaio e ad una serie di gruppi di sinistra che si raccolgono attorno ad alcune riviste e nelle organizzazioni studentesche. Non si tratta in alcun caso di gruppi cite prendono le mosse — come è potuto avvenire in altre parti del mondo — da settori di borghesia illuminata che premono per uno sviluppo economico autonomo del paese cercando di svincolarsi dagli inceppi (al centro) primo ministro turco al termine dei recenti colloqui di Ankara feudali della classe dominante, quella terriera. Non esiste infatti in Turchia una borghesia imprenditoriale di qualche consistenza capace di avviare uno sviluppo capitalistico nel paese: i ristretti gruppi borghesi non solo sono infatti ancora troppo strettamente legati all'equilibrio sociale imposto dagli agrari, ma essi stessi non hanno che scarsissima capacità imprenditoriale non esistendo in Turchia le condizioni per un'autonoma accumulazione che si svolga nell'ambito delle attuali strutture. L'economia turca si fonda infatti, oltreché sull'agricoltura, sul commercio, quasi del tutto nelle mani delle- comunità ebraica e greca, e su una limitata attività industriale di. montaggio dei prodotti esportati in Turchia dai monopoli, soprattutto americani.-Gli aiuti statunitensi (assai abbondanti finché la Turchia ha rivestito un'importanza strategica di pri- mo piano come base per le rampe dei missili a media gittata, caduti negli ultimi tempi) hanno dato infine vita a gruppi di speculatori che si confondono o dipendono strettamente dalla pubblica amministrazione che gestisce anche un ristrettissimo settore industriale di base creato ai tempi -di Ataturk. Parlare di un'alternativa borghese è dunque difficile in Turchia; ed infatti seppure tali ristretti gruppi imprenditoriali si differenziano sul piano politico dagli agrari in quanto appoggiano il partito Repubblicano attualmente al governo, più moderno del partito della Giustizia, diretto dagli uomini della cricca di Menderes e strettamente controllato dal Dipartimento di Stato, non si può dire che le differenze fra le due formazioni politiche siano sufficientemente chiare e sostanziali da mettere in moto un qualsiasi esperimento rinnovatore nel paese. Anche qui, come in altri paesi fortemente arretrati, la soluzione agli assillanti problemi economici non può insomma venire che da una via non-capitalistica di sviluppo. Ma quali possono essere le forze motrici di una simile emancipazione? Fino ad oggi l'arretratezza delle masse contadine, che rappresentano la stragrande maggioranza dei lavoratori del paese, il solco profondo che le divide, anche geograficamente, dalle élites intellettuali che son sempre rimaste al di qua del Bosforo, chiuse, nel migliore dei casi, negli schemi del progressismo europeo, ha impedito che si formasse una forza politica popolare capace di indicare una strada nuova al paese. Oggi tuttavia, nonostante l'incremento della produzione sia stato bassissimo, tutta una serie di sia pur limitate iniziative economiche, sviluppatesi come conseguenza dell'intervento del capitale straniero nel paese, hanno dato vita ad un ristretto nucleo operaio che ha affrontato le sue prime lotte nel corso degli ultimi anni. E' di qui, dalle contraddizioni che tali lotte hanno fatto scoppiare in seno ad un recente movimento sindacale largamente controllato e finanziato dal-l'AFL-CIO e che tuttavia si trova a dover fare i conti con una realtà sociale esplosiva, che è nato il primo tentativo di dare ai lavoratori turchi un proprio autonomo partito politico. Fondatori della nuova formazione — il Partito operaio turco — sono infatti 12 dirigenti sindacali, espressione di alcuni gruppi di lavoratori che si sono resi conto dei limiti dell'azione sindacale e che pur essendosi collegati in un secondo tempo con gruppi di intellettuali di formazione socialista, hanno cercato di mantene- re al partito tin rigido carattere laburista, fino a emanare uno statuto nel quale è stabilito che le cariche dirigenti, a tutti i livelli, non possono esser ricoperte che per il 50% da intellettuali mentre l'altro 50% deve esser garantito a lavoratori manuali. Una simile norma può far sorridere laddove iI movimento operaio ha origini antiche e dove i1 rapporto intellettuali-classe operaia è andato precisandosi attraverso esperienze pratiche e teoriche assai pin complesse, ma appare del tutto comprensibile in Turchia dove le forze popolari non sono mai riuscite ad esprimere autonomamente la loro voce e dove ogni formazione politica è fatalmente finita per cadere nelle mani di intellettuali tradizionali, strettamente legati alle classi dirigenti; o dove anche i più volonterosi tentativi rinnovatori sono sempre falliti di fronte alla manifesta incapacità delle élites di cot-legarsi can i lavoratori. Le norme adottate dal Partito ope- raio turco stanno dunque a testimo- niare volontà del suo gruppo diri- gente di non cercare nessuna facile soluzione isolandosi nel ristretto ambiente cittadino ma di imporsi la ricerca di un contatto organizzato con le masse contadine. E tale contatto sembra che il POT stia costruendolo nonostante le difficoltà di comunicazione fra le città e i villaggi dell'Anatolia, nonostante la mancanza di mezzi, nonostante i mille ostacoli frapposti dalle autorità del paese forti di una legislazione che riprende testualmente gli articoli del codice italiano fascista. Ma è talmente forte nelle masse popolari l'esigenza di trovare un punto di riferimento nuovo, talmente grande la curiosità che questo partito il primo partito operaio ehe nasce legalmente in Turchia — ispira, che le difficoltà vengono superate. Quale è la linea di questo nuovo partito? I suoi dirigenti affermano di essere socialisti, ma si sa che questo termine è finito per essere oggi una definizione troppo generica, per determinare la linea e il carattere di una formazione politica. L'importante è che sembra trattarsi non di una etichetta inventata da un piccolo gruppo che si richiama ad esperienze estranee alla realtà del paese ma di una forza autentica, che nasce dal seno stesso del movimento popolare turco. E importante è anche il fatto che esso si ponga esplicitamente come fine la mobilitazione delle masse popolari, dei contadini in primo luogo, come condizione per un rinnovamento del paese che deve svolgersi nel senso della democratizzazione delle istituzioni, delta riforma agraria e dell'avvio di uno sviluppo economico non-capitalistico che si proponga di colpire gli agrari e gli speculatori. Si tratta di una posizione che, seppure ancora generica, non deve esser sottovalutata perché — come diceva- mo essa esprime un elemento qua- litativo nuovo nella vita politica turca: la convinzione che una trasformazione del paese possa avvenire soltanto partendo dalle masse contadine e non per un rivolgimento di vertice. E' questa convinzione ehe del resto distingue il POT dagli altri gruppi di sinistra che pure esistono oggi in Turchia e che, anche essi, sebbene le loro posizioni possano sembrarci discutibili, rappresentano tuttavia una importante novità. Tra questi quello senza dubbio più interessante è il gruppo di intellettuali che fa capo al settimanale Yän, diretto da un ex deputato del partito Repubblicano, ehe si dichiara oggi esplicitamente socialista. La posizione di Yön potrebbe essere definita con una certa approssimazione « nasseriana », nel senso che essa individua nell'esercito la sola possibile base di un rivolgimento sociale. Le masse popolari sono —seccondo la linea ehe sembra esprimere Yón — troppo arretrate in Turehia e illusorio sarebbe quindi sperare che da esse prenda le mosse un qualsiasi processo di rinnovamento mentre i militari, sia per la loro origine sociale quasi popolare (in Turchia gli ufficiali compiono gratuitamente gli studi e la borghesi a professionista o terriera li considera ad un livello sociale s inferiore »), sia per il prestigio che specialmente nell'esercito ha tuttora iI nazionalismo di Ataturk, rappresentano iI solo gruppo dotato di sufficiente energia e consapevolezza per avviare non certo una trasformazione socialista della Turchia, ma almeno un processo di sviluppo non-capitalistico, premessa di una reale indipendenza del paese. I militari sono in Turchia una forza prettamente laica, ma se questo rappresenta un punto di vantaggio rispetto ai loro colleghi arabi, bisogna dire che esiste in loro assai meno chiara e violenta quella carica anticolonialista che ha portato come necessaria conseguenza l'Egitto su posizioni cosi avanzate anche dal punto di vista dei rapporti sociali interni. Di questi limiti tuttavia i gruppi della sinistra turca sembrano essere coscienti in quanto essi stessi non nascondono i pericoli che sempre può comportare un colpo di stato dell'esercito laddove non intervenga un condizionamento capace di dare ai militari una linea ideologica precisa, di fornire ad essi una più esatta co noscenza delle strutture dell'economia del paese. Ciò che fa sperare in un movimento in seno all'esercito è la ondata anti-americana che si è sviluppata nel paese in seguito ai fatti di Cipro e di cui esso non è stato di certo estraneo; se il movente delle manifestazioni che si sono svolte è stato il nazionalismo esasperato, è vero infatti che esse hanno rappresentato il terreno su cui è poi andata formandosi la coscienza del ruolo che l'imperialismo americano e la NATO volevano assegnare alla Turehia e in genere ai paesi « satelliti A. La vicenda di Cipro, il viaggio del ministro degli esteri Erkin a Mosca e la recente visita della delegazione parlamentare sovietica — i primi contatti amichevoli fra Turchia e URSS dal 1933 -hanno aperto gli occhi soprattutto alle nuove generazioni che avevano vissuto fino a ieri in un clima di antisovietismia ossessivo e nel più completo isolamento rispetto agli avvenimenti internazionali. Questa maggiore apertura sul mondo, l'influenza del pensiero moderno e democratico che comincia nonostante tutto a penetrare fra le maglie della censura (Y6n ha pubblicato per la prima volta poesie di Nazim Hik-met e le autorità non hanno osato requisire la rivista) e infine i primi grandi scioperi, che nonostante la direzione filo-americana di parte del movimento sindacale, sono esplosi: tutto ciò va producendo i suoi effetti e spostando su posizioni assai avanzate le stesse organizzazioni studentesche, un tempo nettamente fascisteg-gianti. Oggi esiste dunque una sinistra turca, articolata e differenziata, divisa anche nell'analisi delle prospettive, ma convinta della necessità di una collaborazione e dunque viva e in sviluppo. Luciana Castellina
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