Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - automatica: Ilinascita pag. 14 26 gennaio 1903 g oiitica internazionaie "Democrazia nazionale" e "NIova democrazia ", tesi suli' evoluzione i paesi ex -coloniali ~ Zr Io la ci ni ri Z~î ti; cc l'a zit tr; va de via mt pa lot ch cet ter tec na; mc Ma rin i nel naz par si I cas. la COD 194, sein lotti tari Man al 1 atti Il spin rito ë u solo a tu dell' a nu mot all'U effet una dalle semi indic non cLa fini % Il termine « democrazia nazionale » è stato ufficialmente formulato per la prima volta nella dichiarazione conclusiva della Conferenza degli 81 partiti comunisti e operai, nel novembre del 1960. Questa dichiarazione, dopo avere analizzato l'evoluzione dei paesi coloniali e dipendenti dopo la seconda guerra mondiale, affermava: « Nella situazione storica attuale si vengono a creare in molti paesi condizioni interne e internazionali favorevoli alla costituzione di uno Stato indipendente a democrazia nazionale, cioè di uno Stato che difenda coerentemente la propria indipendenza politica ed economica, lotti contro l'imperialismo e i suoi blocchi militari, contro le basi militari sul proprio territorio. Si tratta di uno Stato che lotta contro le nuove forme di colonialismo e contro la penetrazione del capitale imperialistico, che ripudia i metodi di governo dittatoriali e dispotici, uno Stato in cui vengono garantiti al popolo ampi diritti e libertà democratiche (di parola, di stampa, di riunione, di manifestazione, di organizzazione in partiti politici e in associazioni). Entro tale Stato il popolo deve avere la possibilità di ottenere l'applicazione della riforma agraria e l'accoglimento di altre rivendicazioni nel campo delle trasformazio_ ni democratiche e sociali, la possibilità di partecipare alla determinazione del- la politica statale. Ponendosi sulla via della democrazia nazionale, questi Stati hanno la possibilità di svilupparsi speditamente sulla via del progresso sociale, di assolvere una funzione.at-tiva nella lotta dei popoli per la pace, contro la politica aggressiva del cam po imperialista,, per la liquidazione completa del giogo coloniale. . I ,par- titi comunisti conducono una lotta attiva per portare a fondo coerentemente la rivoluzione antimperialista, antifeudale e democratica, per fondare uno Stato a democrazia nazionale, per migliorare decisamente il tenore di vita delle masse popolari ». Il significato di questo concetto cosi ricco e così nuovo merita di essere precisato. La lotta per l'indipendenza e per la democrazia In primo luogo, si tratta di una via aperta, di una possibilità offerta ai paesi dell'Africa, dell'Asia e dell'America latina (il « terzo mondo ») che stanno per staccarsi dall'imperialismo. I due elementi fondamentali e strettamente complementari che caratterizzano questa via sono la lotta per l'indipendenza nazionale e la lotta per la democrazia. Il paragrafo della risoluzione degli 81 che abbiamo citato è sufficientemente chiaro su questo punto. Se uno di questi due caratteri fondamentali, lotta per l'indipendenza nazionale e lotta per la democrazia, viene a mancare, non si potrà parlare di democrazia nazionale. Certo, non si deve cessare di considerare positivo il ruolo dei governi non democratici e dominati dalle forze feudali o capitaliste i quali lottano attivamente per la loro indipendenza na zionale. E' il caso di un certo numero di paesi come il Nepal, l'Afghanistan, l'Egitto, lo Yemen. Ma nella misura in cui essi non hanno una vera base democratica, la lotta di questi governi contro l'imperialismo è necessariamen- te debole, manca di decisione e di continuità. Per l'avvenire dei paesi del Terzo mondo, indipendenza nazionale e democrazia sono connesse da un legame di reciproca necessità, sul quale non si è forse insistito abba- e Truppe dell'esercito popolare cinese durante la « lunga marcia » stanza nel passato. Esso è uno dei significati del concetto di democrazia nazionale. In secondo luogo, la democrazia nazionale, se si distingue nettamente dalla democrazia socialista, non è tuttavia meno diversa dalla democrazia borghese di tipo occidentale. La democrazia nazionale non è fondata sul principio della libera iniziativa, e un importante settore economico statale esiste per esempio oggi in Indonesia, nel Mali, in Guinea, nel Ghana. Essa ignora anche il parlamentarismo borghese e tende piuttosto ad associare al potere forze vitali della nazione come i sindacati e i movimenti giovanili e femminili. Sussiste tuttavia un importante settore privato, e non sono i. partiti comunisti nè il marxismo-leninismo che dirigono effettivamente questi paesi; non si tratta dunque di una variante afro-asiatica delle « democrazie popolari » dell'Europa orientale. Si tratta infine di una via, di una tendenza, e non di un tipo di Stato stabilito una volta per tutte, e definito con criteri rigidi e statici. Cercare di fare l'elenco degli Stati a democrazia nazionale, come lo si può fare degli Stati a democrazia popolare, sarebbe incompatibile col concetto stesso di democrazia nazionale. Ciò che si osserva è che le misure prese in un certo numero di paesi tendono a consolidare la loro indipendenza nazionale e la loro vita democratica (come sottolinea con esempi concreti la dichiarazione degli 81 nel paragrafo sopra citato). Si dice in tal caso che quei paesi, come il Mali, l'Indonesia, Ceylon, la Guinea, sono orientati verso la democrazia nazionale. Questo carattere progressivo ed evolutivo della democrazia nazionale è molto importante. In certi casi, l'evoluzione verso il socialismo può essere rapida, come a Cuba, dove essa è stata accelerata dalle necessità stesse della lotta contro i piani di intervento degli Stati Uniti e contro i loro eventuali complici all'interno. In altri casi, la democrazia nazionale può rappresentare una fase di stabilizzazione abbastanza lunga. Gli 81 partiti non hanno d'altronde mai cessato di proclamare che il socialismo costituisce la sola soluzione veramente definitiva ai problemi degli Stati moderni, compresi quelli dell'Asia e dell'Africa. Da questo punto di vista, la democrazia nazionale non ha niente di comune con le posizioni di un Nehru o di Senghor, che cercano di definire per l'Asia e per l'Africa un avvenire radicalmente e definitivamente opposto a quello dei paesi del mondo socialista, per esempio del Vietnam, della Gina, della Mongolia. L'originalità e la novità del concetto di democrazia nazionale appaiono dunque chiaramente. Ma vale egualmente la pena, ci pare, di precisare il contesto in cui esso è stato elaborato e formulato. Questo concetto si inserisce innanzitutto, molto nettamente, nella linea generale del XX Congresso del Partito comunista sovietico. Questo congresso si è vigorosamente pronunciato contro gli atteggiamenti settari- nei confronti delle borghesie nazionali dei paesi coloniali e dipendenti e nei confronti dei movimenti nazionalisti a direzione non comunista in questi paesi. La dichiarazione degli 81 insiste molto sul fatto che i partiti comunisti di questi paesi accettano, per un periodo che può essere lungo, un regime che non è socialista, e che essi lottano oggi per l'istaurazione di un regime che sia indipendente e democratico. Il concetto di democrazia nazionale è anche un contributo alla discussione che si è recentemente aperta nel movimento operaio, sulla questione delle vie della rivoluzione nei paesi del Terzo mondo. La dichiarazione degli 81 partiti Infine, e si tratta anche qui di temi che sono attualmente oggetto di accese controversie in seno al movimento comunista mondiale, il concetto di democrazia non è separabile dalla lotta per la coesistenza pacifica. E' una di quelle « condizioni favorevoli della situazione storica attuale » di cui parla la dichiarazione degli 81. La possibilità di stabilire per un certo periodo degli Stati a democrazia nazionale, degli Stati basati sull'indipendenza nazionale e sulla democrazia, che si avviano a staccarsi dal sistema mondiale dell'imperialismo senza passare tuttavia direttamente a un regime socialista e a un'economia socialista, questa possibilità esiste soltanto per-chè il campo socialista lotta per la coesistenza :pacifica: E' la lotta per la coesistenza pacifica che accorda á questi nuovi Stati un margine di movimento, che, ofite loro la possibilità di non" dipendere più totalmente dài grandi monopoli occidentali per smerciare i propri prodotti o per ottenere crediti e tecnici, la possibilità anche di seguire, per esempio all'ONU, una politica estera relativamente indipendente. Tutte queste caratteristiche della democrazia nazionale risultano chiaramente dalla dichiarazione degli 81 partiti e dai commenti pubblicati dalla stampa sovietica. Pensiamo in particolare all'articolo apparso nel numero del maggio 1961 della rivista Kommunist, a firma del compagno Ponomariov, in cui sono analizzati i tratti essenziali della democrazia nazionale, e sono illustrati numerosi esempi concreti tratti dall'evoluzione attuale dei paesi dell'Asia e dell'Africa, come il Ghana, il Mali, la Guinea, l'Indonesia e Ceylon. In due punti questo articolo merita di essere ulteriormente sviluppato. Esistono cioè almeno due questioni a proposito delle quali sarebbe utile arricchire l'elaborazione teorica: si tratta dei precedenti storici della democrazia nazionale e delle sue basi di classe. La democrazia nazionale è certo un concetto nuovo, nella sua formulazione attuale. Esso è strettamente legato, come abbiamo sottolineato, all'evoluzione stessa dei paesi dell'Asia e dell'Africa dopo la seconda guerra mondiale, e all'evoluzione del sistema comunista mondiale, della sua ideologia e della sua strategia. Ciò non vuol dire tuttavia che tentativi nella medesima direzione non siano già stati fatti nel passato, sia sul piano teorico sia sul ï1 Diverse vie di sviluppo per i popoli del ` Terzo mondo - Dalla democrazia al socialismo Le prime esperienze storiche in Mongolia, Cina e Turchia - Il ruolo dirigente del proletariato Politica internazionale 26 gennaio 1963 pag. 15 Rinascita Ik piano pratico, e pensiamo che non sia giusto passare sotto silenzio questo aspetto della questione. Pensiamo, per esempio, alla rivoluzione mongola del 1921, alla base rivoluzionaria dì Canton all'epoca di Sun Yat-sen (nel 1923-'27), al primo periodo del kema-lismo in Turchia (il compagno Pono-mariov fa d'altronde un'allusione a questo esempio nel suo articolo), al programma del 1941 del Viet-minh, al funzionamento della Repubblica democratica del Vietnam dalla sua proclamazione nell'agosto 1945 sino alla guerra con la Francia nell'autunno del 1946. Tutti questi episodi sono caratterizzati dalla stessa profonda unità della lotta per l'indipendenza nazionale e la democrazia, dalla medesima preoccupazione (anche da parte dei comunisti) di formulare un programma rivoluzionario ere sia molto più avanzato della democrazia borghese di tipo occidentale, pur senza avere un contenuto socialista. Ma questi episodi, che precedettero l'affermazione delta democrazia nazionale, differivano da questa per un tratto fondamentale: essi si collocavano in un'epoca in cui, nè le forze del campo socialista, nè quelle dei movimenti di liberazione nazionale permettevano d'imporre la coesistenza pacifica. Perciò questi episodi si collocavano tutti in tin contesto di guerre civili e di guerre internazionali. Ma esiste, a nostro avviso, un pre- cedente ancora più importante e interessante, per lo studio delle origini teoriche e pratiche della democrazia nazionale: il concetto di « nuova democrazia » (Xin Min-zhou zhou-yi) quale è stato formulato nel 1940 da Mao Tse-tung in un'opera teorica rimasta giustamente celebre. Fra la « nuova democrazia » definita nel 1940 da Mao e la « democrazia nazionale » definita nel 1960 dagli 81 partiti, esiste tin parallelismo che non si può passare sotto silenzio. Nei due casi, l'accento è messo sull'unità della lotta anti-imperialista (della lotta contro il Giappone per la Cina del 1940) e della Iotta democratica (cioè, sempre per la Cina del 1940, della lotta contro il comportamento autoritario e dispotico del Kuo Min-tang). Mao fece appello a partire dal 1940 al fronte unito di tutti coloro che accettavano questa duplice esigenza. Il parallelismo può anche essere spinto più lontano, poiché, nello spirito di Mao, la « nuova democrazia » è una soluzione che non interessa solo la Cina ma che può presentarsi a tutti i paesi coloniali e dipendenti dell'Africa e dell'Asia. Opponendo la « nuova democrazia » alle vecchie democrazie borghesi da una parte e all'URSS dall'altra, egli dichiara in effetti che si tratta di « un terzo tipo, una forma transitoria dì Stato creata dalle rivoluzioni nei paesi coloniali e semi-coloniali ». La parola transitoria indica bene che si tratta di una fase, non di un'opposizione definitiva della « nuova democrazia » al socialismo; ma anche che questa formula ha i suoi caratteri specifici e originali, inerenti alle esigenze dei paesi dell'Africa e deIl'Asia nel loro insieme. Il parallelismo fra la « nuova democrazia » e la « democrazia nazionale » è rafforzato ancora dal fatto che questi due concetti hanno suscitato a suo tempo gli stessi sospetti e motivato gli stessi silenzi. La stampa e il pubblico sovietici ignoravano le idee di Mao sulla nuova democrazia sino alla edizione delle opere di Mao in russo nel '49. D'altro canto, la stampa cinese è oggi assai discreta sul concetto di democrazia nazionale, e a maggior ragione sul rapporto di filiazione che potrebbe unire questo concetto a quello formulato da Mao sin dal 1940. Sembra che le ragioni di questi volontari silenzi siano le stesse nei due casi. La base teorica e politica della rivoluzione cinese La « nuova democrazia », quale era stata analizzata e definita da Mao nel 1940, è tuttavia una tesi di grande importanza storica. Essa non ha soltanto costituito la base teorica della latta rivoluzionaria cinese dal 1940 al 1949, e dei progressi del fronte unito fra i comunisti cinesi e i rappresentanti politici della borghesia e della piccola borghesia. Essa ha costituito anche la base politica stilla quale è stata fondata nel 1949 la Repubblica popolare cinese. Il « programma comune » definito nell'ottobre 1949 a Pechino da parte del fronte unito riprendeva tutte le idee essenziali della « nuova democrazia » del 1940, e resterà la base del regime popolare fino al termine del primo quinquennio. Non ci sembra dunque possibile analizzare il concetto di « democrazia nazionale » facendo astrazione dal precedente costituito dalla « nuova democrazia » cinese del 1940. Esiste tuttavia fra le due 'tesi una differenza' fondamentale. Si tratta del- le basi di classe della `« democrazia ñazionale » e della a nuova democra- zia », e in particolare della direzione di classe nel movimento per la costruzione degli Stati a democrazia nazionale. Scrivendo nel 1940 nella Nuova de-mpc -gzia, Mao prospettava una unione assai larga di tutte le classi sociali vittime, dell'imperialismo e dei nemici cinesi della democrazia (1)- Ma egli sottolineava nel medesimo tempo, molto ' esplicitamente, oche, questa larga alleanza_ di classi deve essere diretta dal movimento operaio e dai partito comunista. Effettivamente, nelle condi- zioni storiche specifiche della rivoluzione cinese, il partito comunista ha svolto — in modo indiscutibile e con l'accordo dei suoi sostenitori della borghesia e della piccola borghesia — Studenti mongoli in un'aula della Università di Ulan Bator questo ruolo dirigente, sia prima sia dopo la liberazione del 1949. Il compagno Ponomariov è meno preciso su questa questione — come lo è d'altronde la stessa dichiarazione degli 81. Egli nota soltanto che, nello Stato a democrazia nazionale, il potere si trova nelle mani « dei rappresentanti delle forze progressive della nazione ». Egli oppone le forze reazionarie alle masse popolari nel loro insieme e definisce la classe operaia soltanto come il « combattente più conseguente », senza attribuirle esplicitamente un ruolo dirigente. Egli qualifica l'alleanza fra operai e conta dini come « essenziale », e indica che da essa « dipende il grado di partecipazione delta borghesia nazionale alla lotta di liberazione ». Egli evita cioè di pronunciarsi sulla questione specifica della direzione di classe. del movimento, lasciando chiaramente intendere che l'evoluzione verso la democrazia nazionale-.è possibile in differenti situazioni di equilibrio delle forze sociali. Egli afferma inoltre che « l'essenziale è di ricercare (tenendo conto dei caratteri specifici della vita economica, politica e culturale di ogni popolo) le forme: più appropriate di unione di tutte le forze sane della nazione nella lotta per estirpare le radici dell'imperialismo e delle sopravviven-ze del feudalesimo, per avanzare sulla via del progresso sociale ». Questa frase, per quanto prudente nella sua formulazione, non significa . chiaramente che queste « forme appröpria-te u possano essere diverse e che non esista quindi un modello unico, per ciò che concerne le basi di classe e la direzione di classe del movimento verso la democrazia nazionale, nei pae. si del terzo mondo. La struttura di classe nei nuovi paesi Ci sembra, in tutti i casi, che non sia desiderabile eludere questo problema, quale appare dal confronto fra le tesi della « nuova democrazia » del 1940 e le tesi della « democrazia nazionale » del 1960. E' esatto affermare che la e democrazia nazionale » non esige necessariamente ehe la direzione del movimento appartenga al solo movimento comunista e operaio? E' possibile concepire che il dilemma « direzione da parte della borghesia a direzione da parte del proletariato » non sia in questi paesi un dilemma ineluttabile, e che sia possibile esaminare nella fase della costruzione della democrazia nazionale, una sorta di condirezione da parte dei diversi strati sociali interessati: contadini e classe operaia, ma anche piccola borghesia e borghesia nazionale? E' senza dubbio troppo presto per rispondere in maniera definitiva a questa domanda. Ma sembra utile parla chiaramente, almeno per stimolare lo studio della struttura di classe e dei rapporti di classe (economici e politici) nei nuovi paesi indipendenti, in quelli che sono suscettibili di mettersi sulla strada della democrazia nazionale. Non è impossibile ehe, quando questi studi siano a un livello più avanzato, ci si accorga che la chiara e vigorosa formula definita da Mao nella Nuova democrazia, se corrispondeva alle esigenze e alle possibilità della rivoluzione cinese del 1940, non può essere direttamente applicata alla via della a democrazia nazionale » aperta ai paesi del terzo mondo dalla dichiarazione degli 81. In primo luogo, la struttura di classe di questi paesi è spesso motto più fluida che non nella Cina del 1940; esistono grandi differenze da zona a zona: i contadini negri, ad esempio, sono molto diversi dal proletariato delle piantagioni di Cuba, e molto diversi anche dai contadini dell'Estremo Oriente ancora recentemente sottoposti a uno stato di servitù feudale. In secondo luogo, esistono grandi ineguaglianze nell'acutezza delle contraddizioni di classe in seno alle diverse società africane e asiatiche. Anche tra due paesi vicini, come ad esempio ìl Vietnam e la Cambogia, queste differenze sono considerevoli. Infine l'esperienza politica del proletariato, al quale la formula cinese del 1940 assegnava uniformemente un ruolo dirigente, può essere molto diversa da paese a paese. Il partito comunista può essere legale oppure clandestino, forte o in fase embrionale di sviluppo; possono esistere o non esistere autentici sindacati operai. Il marxismo è generalmente presente in tutti questi paesi, almeno presso alcuni ambienti intellettuali, ma la fusione fra il marxismo come teoria filosofica e metodo di pensiero e di azione, e iI movimento operaio propriamente detto — fusione che in Cina si è compiuta verso il 1920, nel Vietnam verso il 1930 — è lungi dall'essere compiuta in molti di questi paesi. Per tutte queste ragioni, sembra che la questione del ruolo dirigente del proletariato non si ponga necessariamente in quei paesi negli stessi termini che in Cina; il che significherebbe che la posizione sfumata e riservata della dichiarazione degli 81 e dello articolo di Ponomariov, corrisponderebbe alla realtà oggettiva. La « democrazia nazionale » che i partiti comunisti prospettano ai paesi afro-asiatici, non ha senza dubbio una base di classe tosi rigorosamente definita come la « nuova democrazia » cinese del 1940. E' in tutti i casi un problema da discutere. Asiaticus (1) Ancora oggi quattro piccole stelle che circondano la grande stella nell'angolo superiore sinistro della bandiera della Cina popolare rappresentano le quattro classi rivoluzionarie chiamate a costruire la .nuova democrazia'. (classe operaia, contadini, piccola borghesia, borghesia nazionale), raggruppate attorno a1 partito comunista. cLa fine del colonialismo» vista da Siné
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