Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - automatica: Rinascita pag. 24 22 dicembre 1962 Problemi della cultura Casa Ricordi : un caso di "industria culturale Tentativo a riciaggio morale gel norte di Verdi e Puccini Il dibattito rullanése tra il maestro Vaughan e il critico Confalonieri è stato uno spettacolo deprimente ma ha confermato la necessità di edizioni critiche delle opere dei due grandi compositori Uno spettacolo deprimente. Sabato scorso alla Sala Verdi del Conservatorio di Milano, presenti un migliaio di persone, organizzato dal settimana- le Epoca in collaborazione con la casa editrice Ricordi. Oggetto: un pubblico dibattito con l'ausilio di un'orchestra e di due cantanti, sull'ormai annosa questione delle divergenze fra le partiture autografe delle opere di Verdi e di Puccini, e quelle attualmente in circolazione nelle edizione ricordiane. L'idea, l'iniziativa, era tutt'altro che cattiva, tanto più che a sostenere la tesi dell'infedeltà fra originale e co- pie, era stato invitato lo stesso maestro australiano Denis Vaughan che nella querelle fu l'iniziatore e, dopo anni, è ancora l'instancabile agitatore. Si sa come sono andate le cose: tempo fa il Vaughan s'accorse di una quantità enorme di differenze, varianti o talvolta anche errori, presenti nelle partiture a stampa verdiane e pucciniane messe a confronto coi rispettivi manoscritti. Con pazienza di certosino passò pagina per pagina, contò le differenze, fece scoppiare la « bomba » scrivendo in Italia e all'estero una serie di articoli dai quali la Casa Ricordi usciva a pezzi per due ragioni: primo, perchè veniva accusata di mettere in circolazione e noleggiare ai teatri partiture e materiali d'orchestra e di canto inesatti che violentavano le intenzioni dei compositori con gravi conseguenze musicali e stilistiche; secondo, perchè veniva denunciata l'utilizzazione puramente commerciale che essa da anni andava facendo delle opere di Verdi e Puccini, con redditi annuali di centinaia di milioni, essendo le une ancora protette nazionalmente e le altre internazionalmente, senza essersi mai preoccupata di curare non foss'altro a fini culturali la pubblicazione di edizioni critiche di cui si dimostrava chiaramente la urgenza oltre che la necessità. L'opinione di critici come D'Amico e Mila Aveva ragione il Vaughan nelle sue accuse? In altre occasioni abbiamo sostenuto che il suo fin troppo burocratico zelo aveva alcunchè di provocatorio e in molti casi scambiava palesemente il ref uso dell'autore, corretto dall'editore, come una profanazione. Restavano tuttavia abbastanza discordanze sorprendenti, per ritenere che la sua campagna avesse un fondo di verità e di ragione, fosse insomma degna d'essere portata dalla polemica allo studio. Lo ritennero del resto anche critici di valore come il D'Amico e il Mila, e altri ancora non meno autorevoli, talchè la discussione divampò violenta da noi non meno che in Germania, Francia, Inghilterra e via dicendo. Fra coloro invece che si schierarono a favore di Ricordi, vi fu il critico di Epoca, Giulio Confalonieri, che pochi mesi fa ingaggiò sulle colonne del rotocalco un duello a base di scambi d'articoli con. il Vaughan, oltre tutto spostando l'argomento, in ciò d'accordo con il suo contraddittore, sul problema della maggiore o minore « bellezza » delle versioni autografe rispetto a quelle a stampa: che era terreno sbagliato per- chè il problema non è qui, ma nella osservanza del pensiero compositivo di Verdi e Puccini, e che tuttavia è stato anche il terreno sul quale, nelle inlenzioni, avrebbe dovuto svolgersi il pubblico scontro a base di esempi eseguiti sotto la direzione di Vaughan stesso. Vale a dire . Vaughan avrebbe fatto sentire a sostegno delle sue tesi, e Confalonieri avrebbe contestato secondo le proprie. Ma, in più, a spal- leggiare il critico di Epoca c'era anche il maestro Flavio Testi della Ri- cordi, la cui presenza era giustificata anche dal fatto — così egli stesso la spiegò — d'avere per mesi e mesi esaminato con rigore di musicista e di studioso la questione posta dal direttore d'orchestra australiano. In più, ancora, c'era una giuria di professori del Conservatorio milanese, concordata a quanto sembra con Vaughan stesso, ma nella quale spiccava il maestro Antonio Votto, direttore d'orchestra, già resosi noto per essere intervenuto sulla rivista ricordiana Musica d'oggi a difesa della casa editrice, sostenendo che le edizioni critiche sono inutili perchè Verdi e Puc cini gli italiani l'hanno nel sangue e a eseguirli a dovere basta dunque il sangue loro. Come, però dovessero, comportarsi, poniamo, olandesi o sve- desi privati di simile privilegio sanguigno essendo sprovvisti di globuli appartenenti allo scientifico gruppo italiano, il maestro Votto non l'aveva spiegato. Un monopolio editoriale domina la vita della musica Eccoci al dibattito. A renderlo squal- lido provvide subito e continuò imperterrito, soprattutto il Confalonieri. L'atteggiamento che assunse, aggressivo, spavaldo, comiziesco, aveva dell'offensivo altresì per il tono e i modi da moschettiere della regina assunti anche con gesti come lo scagliarsi a pugno chiuso verso il tavolo dove impassibile siedeva l'avversario, o come quello di venire in proscenio, a gambe larghe e testa alta, a sfidare anche il pubblico che intanto s'era cavallerescamente rivoltato a così scoperto e parrocchiale zelo ricordiano: spinto al punto da far sì che una platea evidentemente partita avversa al maestro australiano, insorgesse in crescendo a suo favore. Il pubblico protestò anche per un intervento del maestro Votto che si scagliò contro il Vaughan per aver lasciato sfuggire nell'esecuzione di un brano qualcosa come un la naturale invece di un la bemolle. Fu a questo punto che scattò giustamente e fra il consenso pressoché generale, un critico serio e stimato, che espresse il pensiero comune: ci troviamo di fronte a un linciaggio organizzato, organizzato a favore di un monopolio editoriale che domina la vita musicale italiana imponendole largamente una cappa di conservatorismo, incapace di adempiere ai suoi doveri culturali, preoccupata di uno « scandalo » che la minaccia nei suoi interessi di mercato. Invano il Testi cercò di spiegare che certa esasperazione poteva attribuirsi al prolungato, dignitoso silenzio tenuto da Ricordi sulla questione: tutti sanno che Ricordi pubblicò in contraddittorio con il Vaughan opuscoli e numeri speciali della sua rivista, sostenendo la tesi dell'inutilità di edizioni critiche verdiane e pucciniane. La strana esibizione di partiture segrete Era già sospetta una riunione alla quale non erano stati invitati critici di parte avversa a quella ricordiana; e ad ogni modo, come ricordò il « moderatore » Riccardo Allorto che fece del suo meglio per temperare gli animi (e che peraltro si ebbe il rimprovero di non trovarsi al posto giusto, essendo egli stesso redattore della ricordia-na Musica d'oggi), si trattava non di discutere sull'opportunità o meno di edizioni critiche, ma sulla « bellezza » o meno dei brani confrontati nelle ese_ cuzioni del maestro Vaughan. Imparziale anche nel riprendere ripetutamente Confalonieri soprattutto, il « moderatore » aveva ricondotto la riunione nei suoi binari, dai quali peraltro uscì senza che nessuno intervenisse quando, alla fine — colpo di scena — Confalonieri e Testi produssero melodrammaticamente e all'insaputa di tutti, Vaughan compreso, due partiture del Falstaff e della Messa da Requiem (che erano i lavori scelti per l'occasione), scoperte in misteriosi fondi di biblioteca e con tanto di imprimatur verdiano. Da esser hanno sostenuto Confalonieri e Testi, risulta che le attuali edizioni sono fedeli alla stesura verdiana. D'accordo? Innanzi tutto, con questa produzione, si era usciti dal seminato entrando nel campo dell'esistenza o meno di differenze rispetto agli originali, che è campo di edizioni critiche Di qui, una serie di conseguenze, a parte quella, ovvia, che « bisognerà vedere ». Comunque, ammesso tutto, ci si chiede: come mai Ricordi ha finora tenuto segrete le due partiture? è vero o non è vero che s'è preoccupato di ricercarle in seguito allo « scandalo » ? ciò non prova che, altrimenti, non si sarebbe mai posto il problema delle differenze fra originali e stampe? per le altre opere verdiar,e e soprat- • hT IMMIEF''''.---27— 7'_MEIiE21 e. -, • .e..l eve 1 11:. _. .-..—J..a•— . .. = .— ~1~ - No _— e ~., `i ' MINNINVI V~~ IV 6 ° l s.•.4►r s Ed •~j ¡'~~G~~t s ~ Una pagina manoscritta di Giacomo Puccini: secondo atto della Tosca • r4 tutto pucciniane (poiché non si tratta solo del Falstaff e della Messa) come ci si regola? sono state trovate anche per esse partiture autenticate? se no il povero Puccini, ché ancora in vita si lamentava degli svarioni del suo editore, dovrà continuare a soffrirne i danni? non è poco serio che una casa come la Ricordi scelga certi metodi per portare a conoscenza documenti di grande interesse di studio, invece di convocare una conferenza stampa in cui pacatamente si rifà la storia della questione, li si producono e li si illustrano esaurientemente, dichiarando di metterli a disposizione di chiunque? resta o non resta sempre il problema delle edizioni critiche, o l'editore milanese è sempre del parere di Pizzetti che sulla sua rivista affermò singolarmente che le edizioni critiche sono sciocchezze? Questioni commerciali alla base della vicenda Qui è il punto, dibattito al Conservatorio o no. Ed è un punto scottante per Ricordi, poiché evidentemente quali siano le tesi dei suoi paladini, sa benissimo che come per Dante e Leopardi, così per Verdi e Puccini l'edizione critica è una necessità senza la quale si conferma soltanto l'arretratezza dei nostri studi critici e musico-logici, nonche l'incultura della nostra editoria. Il fatto è che, dietro, ci sono grosse questioni commerciali e industriali, poiché pubblicare edizioni critiche richiede lavoro di anni, e significa implicitamente ammettere che le partiture circolanti sono difettose. Il che, in regime protezionistico, poco importerebbe: ma si sa che, quanto meno per Verdi, i diritti di Ricordi sono agli sgoccioli. Scaduti nel 1951, furono pretestuosamente prorogati per. dieci anni, e l'anno scorso per un anno ancora,'e pochi giorni fa, di nuovo, per tutto il 1963. Ma si sa anche che queste proroghe carpite al governo, hanno un fine ben più vasto, al quale Ricordi da tempo tende: quello di ottenere una proroga dei propri diritti fino al 1980, e anche in sede internazionale. Allora, ne siamo certi, l'impresa delle edizioni critiche si metterebbe in moto, perche il pericolo della concorrenza straniera già pronta a invadere il mercato con più severe edizioni sarebbe stornato per un periodo di tempo sufficiente. Oggi Ricordi non può ammettere le proprie deficienze, e per non ammetterle o per contestarle anché con fondate ragioni, come può essere per il Falstaff e la Messa, ricorre a sistemi deplorevoli come quello cui abbiamo assistito sabato scorso al Conservatorio di Milano. In campo musicale, c'è da dire, il neocapitalismo non ha ancora appreso le regole del savoir faire. Luigi Pestalozza
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