Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - automatica: FOLKLORE. IL FOLKLORE, per la concezione borghese, è la cultura popolare nel senso tradizionale, cioè le costumanze, le credenze, le feste, i prodotti letterari che esprimono le aspirazioni tradizionali del popolo. A noi questa vita culturale del popolo orientata nel senso del passato deve certamente interessare, non certo da un punto di vista turistico o per amore del pittoresco, e neanche per erudito zelo di conservare le memorie più arcaiche del nostro popolo, . ma per la ragione molto più seria e impegnativa che per modificare la tradizione bisogna conoscerla, e che per attuare il programma di unificazione della cultura nazionale nel quadro della problematica di Letteratura e Vita Nazionale di Gramsci è necessaria una consapevole presa di contatto con le tradizioni popolari. D'altra parte il folklore non è soltanto tradizione, memoria presente del passato, ma contiene anche motivi progressivi, vivaci riflessi delle aspirazioni attuali del mondo popolare, e accenni e indicazioni verso il futuro. Sotto la spinta del moto di emancipazione della classe operaia e dei suoi naturali alleati, i ceti contadini, il folklore è entrato in un profondo fermento di trasformazione. Già da tempo la festa del primo Maggio è entrata nel ciclo delle grandi feste popolari, e recentemente, dopo la liberazione, anche la festa dell'Unità hanno dato luogo a nuove tradizioni folkloristiche progressive. Gli esperimenti del Teatro di massa e il concorso di Mortara per il migliore canto popolare delle mondine rientrano nello stesso processo di trasformazione del folklore tradizionale. Vi è oggi in Italia tutto un patrimonio cospicuo, vero solenne commento canoro che accompagna nella sua storia il movimento operaio e contadino. Si tratta di canti che esprimono ora semplice protesta e ora aperta ribellione alla condizione subalterna a cui il popolo è condannato; ovvero di stornelli satirici contro il nemico di classe, di epiche memorie di lotte antiche e recenti, di lirici abbandoni all'appassionata anticipazione del mondo migliore di domani. Questo patrimonio folklori-stico progressivo è stato sempre, per ovvie ragioni, trascurato dalla scienza folkloristica tradizionale, la quale proprio in questa «omis- sione » rivela il suo più palese carattere clas- sista. Spetta a noi raccogliere questo patrimonio, conservarlo, rimetterlo in circolazio- ne, e soprattutto stimolarne l'incremento: è questo un aspetto non trascurabile del nuovo umanesimo in cammino. Il Calendario del Popolo darà largo spazio al folklore, con articoli dedicati al folklore tradizionale, ma soprattutto al folklore progressivo, e non soltanto a quello italiano ma anche a quello dell'U.R.S.S. e delle repubbliche a democrazia popolare. Il Calendario, poi, invita permanentemente i suoi lettori a mandare alla redazione i migliori canti popolari progressivi italiani, secondo queste norme: 1) Il canto dev'essere popolare, cioè diffuso in una certa collettività popolare e su un territorio più o meno esteso (luogo di lavoro, paese, quartiere, città, provincia, regione...). Sono esclusi i prodotti letterari individuali non ancora collettivizzati, cioè non ancora accettati dal popolo e diventati suo patrimonio culturale. 2) La diffusione del canto può appartenere al passato o al presente, cioè il canto può essere stato diffuso in altri tempi e ricordato ora solo dai vecchi, ovvero può essere di origine e di diffusione recente o recentissima. 3)' Il canto deve avere un contenuto progressivo, cioè deve avere contenuto sociale e politico. Sono esclusi da concorso i prodotti del folklore tradizionale. 4) Il canto potrà essere in dialetto o in lingua italiana, e potrà avere, nei limiti del suo contenuto politico e sociale, la più svariata ispirazione e intonazione: brevi stornelli satirici, canti epici, o lirici etc. Potrà riflettere fatti e persone presenti o passate, locali o nazionali; o ispirarsi alla vita del lavoro (p. es. in risaia, in miniera, in fabbrica...). Potrà essere legato alle prime lotte operaie e contadine in Italia, ricordare martiri della classe operaia, essere legato a particolari episodi acuti della più recente lotta di classe (occupazione delle terre, occupazione delle fabbriche): potrà esprimere l'avversione popolare alla guerra; etc., etc. 5) Il raccoglitore del canto non dovrà, se possibile, limitarsi alla sola trascrizione del testo letterario, ma dovrà sforzarsi di indicare tutti i particolari necessari per illustrare la canzone stessa, e cioè: zona dove è stata raccolta, zona dove risulta diffusa, nome di chi l'ha composta (quando è conosciuto), notizie relative agli episodi e alle persone a cui eventualmente il canto si riferisce, traduzione integrale o totale in italiano se il canto è in dialetto, indicazione del modo col quale la canzone è cantata (individualmente o in coro), e se il canto è cantato sul motivo di qualche canzone in voga (nel qual caso precisare quale), ovvero se è cantato su qualche motivo tradizionale popolare e anonimo. Ernesto De Martino Per un migliore orientamento dei nostri lettori diamo ora qualche saggio di « canto popolare progressivo », con note illustrative: Quella che segue è la « canta » di Matteotti. Raccolta in Romagna, a Ravenna. dalla bocca della Cuciretta, una vecchia bracciante. E' cantata su un motivo tradizionale, di solito impiegato per raccontare storie di amore e di sangue di Teresina e Eugenio, e di Silla e Diletto. Diffusa in Emilia, al tempo dell'as- sassinio di Matteotti. Cari signori, se . ascoltar mi state canto il delitto di quei galeotti che con grand'odio voller trucidare il deputato Giacom Matteotti Un dì che Matteotti aveva scovato affari di petrolio e altre tresche venne su una macchina caricato da quei vigliacchi delle bande nere In mezzo a un bosco fu trascinato allor e quei vili assassini gli disser con furor: « Tu che il fascismo hai sempre odiato ora dovrai morire sull'istante D. E dopo averlo tanto bastonato, di pugnalate gliene dieder tante. Rispose lui a quei vili assassini: « Voi uccidete me, ma ognun si sbaglia: finirà il brigante Mussolini, che male porterà a tutt'Itaglia (sic) Se io muoio l'idea non morrà e il buon lavoratore vendicar mi saprà. La sposa amata e tutti i miei bambini nel lutto più atroce son piombati. Ma il dì della riscossa voi avrete dal popol tutto ciò che meritate s. Ed ora dopo tanti patimenti da noi tutti dev'esser ricordato: da quei fascisti vili e delinquenti Giacom Matteotti va vendicato. Ed eccovi la « canta » dei 40 ladroni. Raccolta a Conselice. in Romagna, informatrice la bracciante Maddalena. La canta si riferisce a un episodio che risale al 1897-98. epoca in cui un gruppo di crumiri aveva monopolizzato il lavoro nella risaia, lavorando più di otto ore e accettando un salario assai basso. La forza pubblica intervenne a « proteggere la libertà di lavoro » dei « quaranta ladroni s: seguirono violenze e arresti, etc. Intanto una canzone popolare nacque a commento dell'episodio. La canzone dice: fra l'altro. Il ricatto maledetto si è alleato con gli agrari si vergognar le canaglie di tradire il mondo inter. Son protetti dagli sbirri questi turpi masc.alzoni E la razza dei crumiri è al servizio dei padroni. Fra gli altri esempi di queste cante possiamo ricordarne una (composta da Rocco Sco-tellaro, scrittore, in collaborazione con i contadini Giuseppe Cètari, Rocco Tammone, Giuseppe Paradioso e altri), diffusa attualmente tra gli abitanti della Ràbata, quartiere povero di Tricarico in Lucania. Di canti nati fra il popolo spesso si fecero divulgatori « cantastorie » o « ciarlatani ». (Qui il famoso quadro di Gian Domenico Tiepolo) Eccone due tra le più significative strofe: Nule nun mangiamme mai la carne perchè tene la colpa lu guvern.e. E se chiste nun ci abbasta mittite a' tassa e a' suprattassa. Ce chiammeno zulù e beduini ca nuie mangiamme assieme a le- galline Int'a Ràbata nun ce sò signure nun c'è nè Turati nè Santoro. Ogni strofa è seguita da un ritornello: Adda fernesce sta cuccagna cà aimmo esse tutti cumpagne... Famosa è, poi, le canta per la morte di Ca- serio, il giovane anarchico che uccise il 23 giugno 1894, il presidente della Repubblica francese, che comincia coi seguenti versi: Il 16 d'Agosto Sul far della mattina Il boia avea disposto L'orrenda ghigi'fbttina. Mentre Caserio Dormiva ancor E non pensava Al triste orror. Entrò nella prigione Il Direttor Prefetto Con voce d'emozione Svegliò il giovinetto. Disse svegliandosi « Che cosa c'è?... » « E' giunta l'ora D'alzarsi in. pié'». Udita la notizia Ei si cangiò all'istante Veduta la . Giustizia Stupì tutto tremante. Ma l'altro: « Prima Di andare a morir Dite se avete Nulla da dir ». « Allor, disse Caserio Prima che morto sia Prego questo biglietto Dare alla madre mia. Posso sperare Che lei l'avrà Mi raccomando Per carità. Ci auguriamo che molti lettori raccoglie- ranno il nostro invito. Un invito ai lettori del «Calendario»
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