Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - automatica: VITALE BLO CH FROMENTIN E I SUOI 1MAITRES DAUTREFOIS 7 P erchè mai, vorrei chiedere, si legge ancora From critico ? A parte la qualità di scrittore, più altamente mandata a ‘Dominique’, non soltanto i ‘Maitres d’a fois ’ datano fortemente, ma lo stesso orientamento e dell’autore era già scaduto quando il libro apparve nel E, contro la interpretazione di lui come grande criti mantico, divulgata soprattutto in Italia (salvo la limita del Longhi ne ‘La Voce’ del 1913) e in Inghilter Gerson nella premessa alla recentissima traduzione ingle pare più ragionevole riconoscere che, consciamente oFROMENTIN, COME CRITICO
25
come artista e come critico, Fromentin svela più spesso l’ascendente delle vecchie ma sempre correnti idee accademiche e classicistiche, in aperto contrasto col nuovo principio saliente della pittura di ‘plein-air’, in una parola, delFimpressionismo.
Infatti, proprio negli anni che videro le prime esposizioni degli impressionisti, mentre Monet, Sisley, Renoir dipingevano i loro più smaglianti paesaggi, Fromentin poteva scrivere : ’ le plein-air, la lumière diffuse, le vrai soleil, prennent aujourd’hui, dans la peinture et dans toutes les peintures, une importance qu’on ne leur avait jamais reconnue, et que, disons-le franchement, ils ne méritent point d’avoir ’ (p. 263).
La insofferenza dell’impressionismo è, del resto, confermata dalle sue osservazioni sul ‘disegno’ dove non è difficile scorgere addirittura l’ultima traccia degli insegnamenti di Ingres. Abbastanza eclettico per compiacersi di discutere i più minuti problemi tecnici, egli non è mai abbastanza libero per intendere l’importanza fondamentale del vero critico romantico, Baudelaire. E ci si domanda che giudice mai potesse essere anche di vecchia pittura neerlandese un uomo che partiva su di essa a questo modo: ‘la base de ce style sincère et le premier effet de cette probité, c’est le dessin, le parfait dessin. Tout peintre hollandais qui ne dessine pas irreprochablement est à dédaigner’. Gli olandesi del ’6oo posti a scuola da Ingres? Ed è pur vero ch’egli fa altrove più sottili distinzioni tra il disegno come risultato invisibile nella pittura olandese e il disegno angoloso, incerto o geometrico dei moderni; resta però che da quella prima gram-. matica accademica egli non si libera mai completamente.
Si veda, del resto, l’orientamento delle citazioni di moderni. Le più positive sono quelle su Décamps, su Diaz, (chè a questi si riferisce, probabilmente, l’allusione entusiastica a p. 258), mentre è dubbio se l’accenno a uno studio moderno ove si coltiva la tradizione olandese si riferisca proprio a quello di Courbet (p. 267). I rapporti più stretti restano insomma con i critici conservatori, passati magari al nuovo atteggiamento Tainiano, non certo con Thoré, con Delacroix, con Baudelaire; che non sono neppure citati.
Per Fromentin infatti la pittura olandese è grande proprio per la sua mancanza di immaginazione poetica e per il suo star contenta a dipinger bene ed esattamente. L’immaginazione profonda, proprio in senso romantico, che trasfigura le semplici ‘nature morte’ olandesi, è ignota al Fromentin che non parla affatto di quella grande tendenza e, per la stessa cagione, non si occupa di Ver Meer (pure già scoperto dalI
26 VITALE BLOCH
Thoré) se non per ridurne quasi a nulla il significato in confronto a Ruysdaei. E tutti gli elogi, s’intende, sono piuttosto riservati ai pittori di sfera già discendente, dal de Hoogh, al Terborch, al Metsu. Ed è poi anche più noto il suo interesse forte per Cuyp, grande per Ruysdaei e sommo per Potter, ch’egli ammira quasi più di ogni altro pittore olandese. Che la interpretazione di Ruysdaei sia in lui alterata, nell’aspetto psicologico, da una venatura romantica, è ben chiaro. Chi potrebbe uscir di strada più che dicendo: cse Ruys-dael non fosse stato olandese e protestante, avrebbe di certo appartenuto a Port Royal?’ Oppure: il gusto d’oggi vede in Van Goyen il vero precursore del paesaggio moderno, ma, proprio per questo, Van Goyen appare a Fromentin ‘par trop incertain, volatil, évaporé, cotonneux5 (p. 233).
Franz Hals, com’è noto, piaceva a Manet e piace anche a Fromentin ma negli aspetti, per dir così, più materiali; quanto ai capolavori estremi del 1664, Pure notandovi la maestria pittorica, Fromentin non dimentica di rilevarvi il É debole disegno5 ; conchiuds anzi il capitolo con un avvertimento accademico chiaramente indirizzato a Manet e alla sua cerchia: ‘cependant, comme il n’est plus que l’ombre de lui-mème, ne croyez-vous pas qu’il est bien tard pour le consulter? L’erreur de nos jeunes camarades [altrove li chiama ‘néo-coloristes’] n’est donc à vrai dire qu’une erreur d’à-propos. Qiielle que soit la surprenante présence d’esprit et la verdeur vivace de ce genie expirant, si respectables que soient les derniers efForts de sa vieillesse, ils conviendront que l’exemple d’un maitre de quatre-vingts ans n’est pas le meilleur qu’on ait à suivre’. La riconferma dell’allusione è negli appunti del viaggio d’Olanda pubblicati nel 1912 insieme con la cGorrespondance * (p. 265). In margine al catalogo del museo di Amsterdam, Fromentin annotava: c Franz Hals. Portrait du peintre et de sa femme. Joli. Vivant. Trop spiri tu el. Trop de main. Gelui-ci pourtant un peu plus sage [in confronto all’Homme Joyeux]. Et néan-moins papier peint (Manet)5.
La citazione è tanto più significante in quanto s’è visto che Fromentin saprebbe intendere in parte anche il Franz Hals estremo, ma se lo fa dispiacere pur di non accettarne la ripresa modernissima (Manet). Ed è in questo rapporto tra il vecchio e il nuovissimo che è sempre la pietra di paragone del vero critico.
Ecco forse perchè, non essendovi in giro dei moderni Rem-brand tiani, Fromentin è più libero nell’apprezzare RemFR0MENT1N, COME CRITICO
27
brandt ed ha su di lui i passi più alti e commossi, quelli sul ‘Borgomastro Six’,sul ‘Cristo ad Emmaus’, sui ‘Sindaci’. E sebbene il suo ritratto di un Rembrandt recluso, spiritualista, collezionista e rigattiere, poco si distacchi dalla leggenda dei vecchi biografi, non si può negare che Fromentin si levi quasi sopra se stesso scrivendo: ‘il décomposait et reduisait tout, la couleur autant que la lumière, de sorte qu’en éliminant des apparences tout ce qui est multiple, en conden-sant ce qui est épars, il arrivait à dessiner sans bords, à pein-dre un portrait sans traits apparents, à colorer sans coloris, à concentrer la lumière du monde solaire en un rayon\ (p. 363). Un passo, finalmente, dove il ‘disegno5 sembra affatto dimenticato.
Prevedibile invece che lo scacco critico fosse completo di fronte ai ‘primitivi5. Un atteggiamento materialistico, la vecchia e nuova idea di progresso in arte dovevano farlo fallire inevitabilmente. Così, il significato del grande Roger van der Weyden è ‘surtout d’avoir laissé parmi ses ouvrages un chef-d’oeuvre unique, je veux dire un élève qui s’appe-lait Memling5 (p. 393). Persino van Eyck è messo in bilancia con Memling e questi finisce a pesar di più (‘Memling allait dire quelque chose de plus5) (p. 401).
Di fronte a questo confuso eclettismo e a quella sua data (1876), giova ormai non dimenticare che già parecchi anni prima (anche a parte la grande riscoperta critica del Ver Meer da parte del Thoré, nei due saggi del *58 e del 566) le osservazioni sulla pittura olandese di parecchi artisti francesi, da Corot a Pissarro, dimostrano un orientamento più sicuro, più vicino a noi.
Nella tarda estate del 1854 Corot viaggia nei Paesi Bassi con l5amico Dutilleux che appunta in un diario: ‘Dimanche, 3ème septembre; messe à La Haye. Visite au musée. Legon d’Anatomie de Rembrandt et grand Paul Potter: impression peu favorable. 4 Sept. (Amsterdam) : La Ronde de Nuit de Rembrandt et Van der Helst (peu satisfaisant). Le Rembrandt, Hommes auprès d’une table (très beau)5.
O ricordiamo un ‘petit-maìtre5 francese, oggi quasi nell’ombra, Frangois Bonvin. Fece tre viaggi in Olanda: il primo nel 1867. ‘Notes et Souvenirs5 di quell’anno contengono uno speciale omaggio al Ver Meer; della ‘Veduta di Delft’ è scritto: ‘Peinture très-grasse et très-vigoureuse, quoi qu’en dise M. Charles Blanc, qui ne s’y connaìtra jamais’. Il secondo e terzo viaggio sono del ’6g e del ’79- Qiiest’ultima volta l’entusiamo per Ver Meer si scioglie in poveri versi,ma commoventi: ‘O, les beaux van der Meer, à la peinture - Quelle adorable cour, à la rouge toiture - Et beau paysage au gris et triste del - Plus fin qu’un Hobbém plus fort qu’un Ruysdael. - Rembrandt, dans son cercu doit se retourner d’aise - En voyant ce beau fruit de Fèc hollandaise5. Della grande generazione seguente, Manet e Monet, R noir e Pissarro, tutti visitarono FOlanda, tutti dipinsero paesaggio olandese e trassero lumi dai ‘maìtres d’autrefois Ma non è dubbio che essi li guardavano ormai con occhio verso, con nuova scelta. Il piano più alto è ora posto da brandt, Franz Hals, Ver Meer; non si esaltano soltan ‘ mystères de la palette5, ma si raggiungono conclusioni sapore invincibilmente attuale. Sono quelle che leggiamo, ancora nel 1898, in una le del vecchio Pissarro al figlio Lucien: ‘i dipinti di Hals e Veduta di Delft di Ver Meer sono capolavori affini alle op degli impressionisti. Io ritorno dall5Olanda più persuaso ch mai ad amare Monet, Degas, Renoir, Sisley’. E questo è il succo del ‘tempo ritrovato5 dai pittori m derni. | |
|
|