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Mai, tanto come oggi, si è parlato del gusto del pubblico e della necessità di servirlo: luogo comune da cui scorre elementare la domanda se sia dunque questo gusto a dirìgere la stampa o la stampa a formarlo. Se inclinassimo alla prima soluzione è ovvio che ci converrebbe posare la penna. Perchè chi scriverà su queste pagine non è tanto superbo o modesto da rivolgersi a ma mano di confratellidifesi da torri di volumi e palizzate di manoscritti, bensì a chi legge per istinto, al lettore sprovveduto di tutto fuorché di vocazione. Trista è oggi la situazione di costui, diffidente in misura eguale della facilità e della difficoltà d'intendere. Vorrebbe essere informato, vederci chiaro e non sa dove ancorare un giudizio che ben pochi hanno il coraggio di garantirgli. Salvo qualche ormai gloriosa eccezione, le terze pagine, i settimanali, mancano verso di lui alVimpegno che la tradizione assumeva; spesso chiuse negli interessi di gruppo, le riviste, scarse e malsicure, ignorano la sua attesa, intrecciando, sopra la sua testa, dialoghi di ragione poco men che privata. Abbandonato a se stesso, non gli rimane che nascondersi dietro Vanonimo di uno scetticismo che stinge sui ricordi di scuola come sulV ultima novità americana. Di uomini così ridotti è fatto il pubblico che, secondo editori e direttori, imporrebbe un gusto.
Noi abbiamo Vingenuità di credere ai rimedi, da trovarsi prima di tutto in noi stessi. Ai tempi che corrono, s’è guadagnato almeno questo, che Vartista non necessita di catacombe in cui, sotto forma di custodia dello strumento, si difenda la libertà di maneggiarlo. Maneggiarlo pure hanno dovuto, e dovranno, quelli che sì sono illusi di Spezzarlo, quelli che si sono arbitrati, o si arbitrano, di ritener possibile uri equazione immediata fra l'arte e la vita, fra Varie e Fazione. E già si sono avuti segni che un simile antiletterarìo proposito, pur difeso da precise ragioni umane, venga a patti con la letteratura. Queste pagine saranno dunque aperte a ogni tendenza, purché moralmente giustificata da uno strenuo impegno della responsabilità di ogni collaboratore verso se stesso e verso gli altri; ma si tratterà, soprattutto, questa è Faspirazione, di inserire il monologo che ogni vero autore (artista o critico) volge entro di sé fino alle ragioni più integre che lo determinarono. Qui è il punto dove gli altri ci incontreranno, dove il nostro lavoro potrà perdere la sua vanità dì operazione chiusa entro una monade disperata. Raggiungere, sia pur da motivazioni apparentemente lontane, e con gli strumenti più sottili e più acri, la regione morale dove ogni uomo si riconosce nel volto del suo simile, ci sembra Vimpegno più grave, più profondo, più coraggioso.4
EDITORIALE
Sarà molto se questi nostri propositi, facendosi atti concreti, tf/-lontaneranno qualcuno dalle tentazioni di un gesto letterario divenuto, ora più che mai, intimamente inerte. JVìm tzo/z crediamo che ci siano poeti difficili che per quelli che non sanno comunicarli: non crediamo alla morte di alcun argomento, remoto quanto si voglia, « ho» a patto di rinnegare una civiltà che non può rinunciare alle sue più indispensabili dimensioni. Anche Vopera più vicina,, ^ £ di ieri, e entrata ormai in quel flusso (apparentemente a ritroso, ma inevitabile quanto il battito progressivo del tempo verso il futuro) di cui è fatta la coscienza degli uomini.
Uri apertura sincera verso la storia di oggi, di ieri, di sempre sarà dunque, dichiaratamente, il nostro 'segno di contraddizione': il discrimine più certo per i nostri lettori, amici e (in un
senso che assicuriamo tutto ideale) per i n stri nemici. | |
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