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È bene insistane sulla portata del pensiero gramsciano nei riguardi del problema deil’arte, perché i brevi e occasionali scritti estetici di Gramsci rivelano già, anche a questo proposito, quella che è la sostanza dii un metodo filosofico materialistico-storico. Il che non è davvero privo d’importanza, se si rifletta che rispetto al problema estetico il metodo mate-rialistiico-sitorico non ha ancora prodotto risultati sistematici, malgrado le intuizioni e gli spunti notevoli di Mairx, di Engels e tanti altri. In proposito basti ricordare ravvertimento marxiano nella Introduzione del 1857 alla Critica delVEconomia politica (1859). «iLa difficoltà [per il materialista, s'intende} non è — dice Marx — nell’intendere come l’arte (figurativa) e l’epos dei greci siano legati <a certe forme di sviluppo sociale: la difficoltà è meli’intendere come quell’arte e quell’^w ói procurino ancora un piacere artistico e sotto un certo rispetto valgano come norma e modello inarrivabili ». Avvertimento che significa che il genio filosofico di Marx aveva già intuito l’estrema complessità del problema estetico qualora lo si voglia porre in termini materialistici rigorosi e non più in termini positivistici ((una volta constatata la carenza di un’impostazione idealistica) : e cioè che il legame sociale, storico dell opera d’arte non solo non può condizionarla meccanicamente e quindi lasciare inspiegaita quella 'esemplarità sui generis che possiede di fatto l’opera artistica, ma deve far parte della struttura stessa dell’opera d’arte come tale. Il che implica a sua volta il problema di una considerazione gnoseologica esatta del posto e della funzione nell’opera d’arte di quel nudleo razionale, intellettuale, che è il solo tramite presumibile in essa delle ideologie e distinzioni concettuali e pratiche di544
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fatti e di istituzioni, a cui si nid-uce in realtà quella sorta di sedimento organico della storia nell'opera d’arte stessa la cui presenza ha da essere dimostrata da chi sostenga la tesi estetica materialistica.
Ora, essendo il nucleo razionale, di cui sopra, ciò che costituisce la struttura in senso stretto e specifico dell’opera d’arte letteraria (« struttura delle opere », dice già Gramsci, è la « coerenza logica e storico-attuale delle masse di sentimenti rappresentati artisticamente » ), non sarà diffidale comprendere l’interesse che ha per inoi Tesarne delle osservazioni materialistiche gramsciane suii rapporti della struttura con la poesia nella Commedia e precisamente nel canto X dell’Inferno \
In contrasto con tutta la tradizione romantica e postromantica della critica dantesca, che, dal De Sanctis al Croce e al Momigliano e oltre, .assumendo che la struttura (l’intelletto) nella Commedia è una cosa e la poesia (la fantasia) è (un’altra cosa («il concetto etico delilmferno, dice De Sanctis, poeticamente rimane ozioso e non serve che alla sola classificazione di contenuti astratti), ritiene nella fattispecie che la poesia nel canto di Farinata cessi con la « didascalia » recitata da Farinata («Noi veggiam, come quei c’ha mala luce, / le cose, disse, che ne son lontano; / ...Quando s’appressano o son, tutto è vano / nostro intelletto » ecc.) in risposta alla domanda di Dante che non si sa spiegare la dolorosa, drammatica, ignoranza di Cavacante circa la sorte del figliuolo Guido, al presente pur vivo («Di subito drizzato gridò: Come / dicesti? egli ebbe? non viv’egli ancora? / non fiere gli occhi suoi lo dolce lame? »), Gramsci osserva che « Dante non interroga Farinata solo per “ istruirsi ”, egli lo 'interroga perché è rimasto colpito dalla scomparsa di Cavalcante. {« Quando s’accorse d’alcuna dimora / ch’io facea dinanzi alla risposta, / supin ricadde e più non parve fuoria »]. [Ed] egli vuole gli sia sciolto il nodo che gli impedì di rispondere a Cavalcante; egli si sente in colpa dinanzi a Cavalcante [« Allora, come di mia colpa compunto, / dissi: Or direte dunque a quel caduto, / che 1 suo nato è co’ vivi ancor congiunto; / e s’i’ fui, dianzi alla risposta muto, / fate i saper che ’l fei perché pensava / già nell’error che m’avete soluto »] ». E che insomma « il brano strutturale [cioè il concetto topografico della previsione, da parte dei dannati di quel girone, del futuro e deirignoranza loro del
1 L. V. N., pp. 34 sgg.; e cfr. L., p. 141 sgg.Galvano Della Volpe
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presente] non è solo struttura, dunque, è anche poesia, è un elemento necessario del dramma che si è svolto » (corsivo nostro). Onde soggiunge puntualmente che « la parola più importante del verso “ Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno” non è “cui” (Virgilio) o “ disdegno ” ma è solo 64 ebbe ” » ; ché « su “ ebbe ” cade l'accento estetico e drammatico del verso ed esso è (l’origine del dramma di Cavalcante interpretato nelle didascalie di Farinata : e c’è la 66 catarsi ” ».
Ora, non è illecito arguire da quel che precede che è proprio di qui — da questa capacità gramsciana di avvertire 'le ragioni della ragione, o intellettualità o discorsività, nellopera d’arte, senza cadere, rotto l’incanto del formalismo cioè dell’Estetica (misticizzante) deU’« intuizione irri-fiessa » o « pura », nella tentazione di un contenutismo sociologico pur raffinato — che si annuncia ila possibilità di una nuova (integrale) critica letteraria e artistica ie della relativa implicita Estetica materialistica. Capacità notevole, che non si riscontra in nessuno quasi dei teorici e critici letterari materialisti posteriori a Marx e a Engels, da Piekhanov a Lukàcs (di questuiamo in quanto critico letterario basti ricordare la sopra-valutazione di Balzac a discapito di Stendhal e di Flaubert). Senonché proprio da questa capacità di cogliere e dimostrare la pienezza conoscitiva della poesia (non solo fantasia, ma insieme intelletto! ) dipende, come da premessa necessaria, la possibilità di dimostrare la pienezza umana in genere della stessa, cioè la sua concretezza sociale e storicità: come potrebbe altrimenti riflettersi la storia con le sue distinzioni e con i suoi nessi infiniti nell’opera d’arte ridotta a quella pura « irriflessa » fantasia (Croce) che è indiscriminata e indiscriminante per definizione? Sappiamo già che il sedimento storico organico dellopera d’arte, postulato necessariamente dalla tesi estetica materialistica, si riduce o consiste in effetti in niente altro che in un nucleo razionale o strutturale solo idoneo a far da tramite ossia mediare nell’opera d’arte le ideologie e tutte le distinzioni empirico-ideali di cui è intessuta la vita e ogni realtà sociale e storica .
Applichiamo ancora alla Commedia questi criteri. Se scegliamo ad es. il popolarissimo canto di Paolo e Francesca, è evidente che non possiamo astrarre le figure principali e il loro movimento non solo daiH’insieme del canto V a cui appartengono e nemmeno possiamo astrarli dalla cantica stessa ma nemmeno possiamo astrarre dall’intera Commedia con la sua intelaiatura o struttura. Valga il vero. Noi troviamo ad es. nella E.spinette546
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amoureuse di Jean Froissart (1337-1414) poetizzato un episodio amoroso che ha tanta analogia con l’episodio della lettura degli amanti rievocato da Francesca da averne in comune perfino certe frasi : « Elle me requist par sa grace / que je vosisse un pfet.it lire /. Adone lisi tant seulememt / des feuilles, me sgai: deus ou trois. / Elle l’entendoit bien, entrois {mentre) / que je Cisoie, Diex li mire! (la ricompensi!) / Adont laissames nous le lire ». Ora, ciò che stabilisce veramente la differenza di significato e di valore poetico fra i due testi e rende esteriore la loro analogia non è soltanto la desanctisiama « fatalità della passione » presente nel contesto dantesco e assente da quello francese che di tono meramente galante e cortigiano; non è soltanto lo « 'umano » più profondo del passo dantesco, ma è anche e non meno l’intelaiatura morale eristkno-cattollica, e precisamente l’elemento strutturale che è il giudizio etico-religioso che situa topograficamente gli amanti danteschi nel « girone » de « i peccator carnali / che la ragion sommettono al talento » eccetera; onde è proprio esteticamente tutto pertinente quel complesso di elementi stanici (intellettuali) richiamati in proposito dai filologi, ad esempio dal Cresoini: «la teoria del 44cor gentile”, l’ombra antica della fatale deità d’Am ore protendentesi1 attraverso la cristiana coscienza medievale » e cosi via. Altro che parlare come fa il De Sanctis di oziosità poetica (vedi l’« allotrio » crociano) dei concetti etici deH’In-ferno e naturalmente e a maggior ragione {dato il suo punto di vista romantico e estetizzante) di quelli delle altre cantiche ben più impegnate teologicamente e quindi intellettualmente!
E naturalmente, arrivati a questo punto della dimostrazione, ci par molto difficile adottare due pesi e diue misure e concedere a un eventuale obiettore che ciò che vale per Dante et coeteri non valga parimenti per poeti modernissimi come putacaso Maiakovski e Brecht: e che quindi la pertinenza estetica riconosciuta all’ideologia-struttura della poesia dantesca non la si debba altresì riconoscere aH’ideologia-struttura della poesia socialistica del Maiakovski e Brecht.
Prima di concludere, ci par degna di ricordo un’altra analisi estetica materialistica, che non è dii Antonio Gramsci, ma che rivela anch’essa un nuovo moderno senso del metodo materialisitiico-storico : la definizione della natura del tipico artistico accennata da Giorgio Malenkov nel Rapporto al XilX Congresso del Partito comunista dell’URSS. « Creando le immagini artistiche — egli dice — i nostri artisti, scrittori, lavoraGalvano Della Volpe
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tori dell’arte devono ricordare sempre che tipico non è tanto ciò che s’incontra più di frequente, quanto piuttosto ciò che più completamente e acutamente esprime l’essenza di una determinata forza sociaile. Nella concezione marxista-leninista tipico non significa affatto una sorta di media statistica; la (tipicità corrisponde all’essenza di un dato fenomeno' storico-sociale, essa non si identifica col più diffuso, col più frequente o col più ordinario. L'iperbole consapevole, l’accentuazione di un’immagine, non esclude la tipicità, ma la rivela più completamente e la sottolinea » (corsivo nostro). Dove cosa notevole ci sembra l’aver Incluso in queili’inme-gabile prodotto di intellettualità che il tipico <(o assieme di caratteri comuni specifici) anche la metafora e il simbolo poetico in genere. Cosa notevole, giusta: ché infatti, non solo ogni consaputa iperbole o immagine accentuata rientra nel dominio' della metafora, come ci ha mostrato per primo Aristotele nella Rettorica, 1413 a, 19 sgg. («le iperboli riuscite sono amch’esse metafore, ad esempio quella su un tale con un occhio ammaccato : 64 lo avreste detto un canestro idi more ” » ), ma la metafora poi non è (a considerarla in termini gnoseologici esatti, senza estetismi metafisici) che un risultato intellettuale, come prodotto di un paragone o rapporto o nesso (mentale) di un molteplice o diverso (come lo sono le immagini in quanto tali). E infatti, d/iceva ancora Aristotele nella Poetica, 1459 a, 6 sgg., « il saper trovare belle metafore significa saper vedere e cogliere ila somiglianzà [nesso] delle cose fra loro» e « anche in filosofia, vedere il simile pur tra cose lontane e diverse, è prova di singolare acutezza di intelletto » (Rett., 1412 a, 9 sgg.). L’inclusione, dunque, suggerita da Malienkov, della metafora nel tipico artistico (già scoperto da Engels) accenna a un progresso neli’elaborazione di una Estetica materialistica : in quanto, con l’implicito suggerimento di sottrarre questo fondamentale processo formale (metafora, simbolo) alla superstizione decadente, estetistica, di un universale « fantastico », coopera a cogliere e fissare quel carattere di intellettualità dell’arte in genere senza la cui ammissione non è possibile, sappiamo per quel che precede, fondare con rigore filosofico una Estetica materialistica o idea che si dica di un Realismo socialista.
Sono, dunque, due saggi di analisi estetica materialistica, quello gramsciano e quello malenkoviano, che cooperano, attraverso la soluzione di problemi diversi, a uno stesso risultato: la dimostrazione del carattere intellettuale (concreto) dcH'opera d’arte e però della dipendenza organica548
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di questa dalia storia, dalla società. Lanalisi gramsciana, in quanto analisi del rapporto (organico) di struttura e poesia nella Commedia (un principio di rivoluzione nella critica dantesca e letteraria in genere; a cui resta di tanto inferiore il posteriore tentativo di T. S. Eliot, celebrato dai nostri ultimi dantisti, di rivalutare l’alegoria del 'poema sacro in base alla distinzione superficiale, psicologica, di « struttura emotiva » e « impalcatura allegorica » o intellettuale che « rende possibile » la prima «senza» che sia necessaria la «comprensione» di essa stessa, la seconda!). L’analisi malenkoviana, in quanto suggeritrice della intellettualità della metafora per la sua partecipazione a processi di tipizzazione.
Dobbiamo, tuttavia, concludere che, anche quando spunti teorici come i precedenti siano sviluppati e ragionati fino in fondo e insomma sistemati, ci troviamo ancora ad aver risolto solo un aspetto del complesso problema estetico materialistico: e cioè il problema del legame organico dell’opera d’ante con la società e con la storia tramite il carattere intellettuale di essa opera d’arte (donde poi la sua pienezza umana: che essa è, si è visto, tanto ragione o intelletto, quanto fantasia o intuizione che si dica). Ma resta ancora l’altro aspetto problematico da risòlvere: quelo, come si suol dire da Kant e la Romantik in poi, dell'autonomia delfopera d’arte, ossia di ciò per cui essa non dipende e non si confonde in quanto tale con l’opera scientifica in genere (vedi l’esemplarità sui generis, artistica, di cui al 'testo di Marx citato sopra). L’ipotesi formulata da chi scrive in proposito, per risolvere quest’altro aspetto del problema estetico, l’ipotesi di un carattere differenziale scientifico, 'tecnico-semantico, e non più metafisico del'l’opera d’arte (il carattere dell’organicità e aseità semantica distinguerebbe il discorso poetico da quello non-poetico o delle scienze in genere, semanticamente disorganico), tale ipotesi non è ovviamente ragionabile in questo luogo. | |
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