Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - automatica: Pasquale Salvucci SUL CONCETTO GRAMSCIANO DI STORIA DELLA FILOSOFIA Sulla problematica che la storia della filosofia pone allo storico-filosofo o al filosofo in senso stretto, c'è stata, in questi ultimi tempi, tutta una let- teratura caratterizzata, a volte, da contributi notevoli. Da respingere, certamente, come vuota questione scolastica il problema se la storia della filosofia sia possibile, perché che lo sia è provato dal fatto stesso del suo esserci. Il problema è essenzialmente sul come essa sia possibile 1. In che senso le annotazioni dedicate dal Gramsci al tema possono aiutarci a chiarire la problematica relativa alla storia della filosofia ed in che misura possono illuminare il nostro lavoro di storici della filosofia? A ripercorrere la sua pagina, si resta sorpresi nel constatare la profondità con cui il Gramsci affronta e risolve il problema del significato e della direzione del lavoro dello storico. Ciò non accade, ovviamente, soltanto nelle note che sono esplicitamente dedicate al problema, ma es- senzialmente là dove il Gramsci verifica in concreto — sempre, però, nei limiti consentitigli dal carattere necessariamente frammentario delle sue messe a punto — la validità dei criteri metodologici della filosofia della prassi da lui originalmente rielaborati. Quando si occupa di Hegel, Gramsci rivela in modo impressionante quale finissimo storico della filosofia sa- rebbe stato, se avesse voluto o potuto esserlo. Ma di questo piú oltre. Che il lavoro dello storico ubbidisca alla propria intuizione del mondo 1 Cfr. A. MASSOLO, La storia della filosofia come problema, Firenze, 1955; M. GuERouLT, «La légitimité de l'histoire de la philosophie », in La filosofia della storia della filosofia, pp. 39-63 (Archivio di Filosofia, 1954). 254 I documenti del convegno e dell'uomo è, nel Gramsci, un punto fermo. Il Garin ha ricordato alcune espressioni in questo senso indicative 1. La scelta e la critica di una certa concezione del mondo è un fatto eminentemente politico che esige, perché possa venire sistemato criticamente e coerentemente, un ritorno al passato, alla storia della filosofia, per ciò che essa « mostra quale elaborazione il pensiero abbia subito nel corso dei secoli e quale sforzo collettivo sia costato il nostro attuale modo di pensare... » 2. La filosofia non fa storia con se stessa, per cid che essa non procede mediante il solitario autopotenziarsi di una peculiare problematica che prescinda dalla situazione storica dell'uomo, dal lavoro e dal rapporto dell'uomo con l'uomo. Questo significa, nel suo piú valido senso, l'espressione gramsciana che la filosofia non nasce dalla filosofia 3. La filosofia è inevitabilmente storica. Questo carattere perviene alla piena consapevolezza nella filosofia nelda prassi — ed in questo consiste un aspetto fondamentale della sua superiorità —, per ciò che essa per prima si è fatta cosciente della propria storicità 4. Per questo, lo storico non può che rivolgersi « alla pratica, alla storia reale dei mutamenti dei rapporti sociali, dai quali quindi (e quindi, in ultima analisi, dalla economia) sorgono (o sono presentati) i problemi che .il filosofo si propone ed elabora » 5. Qui è delineato il compito dello storico marxista della filosofia. Vorrei sottolineare il profondo interesse delle parole conclusive del testo. La realtà storico-sociale pone problemi, certo (ed il problema filosofico si fa problema di storia, di come nascono e si sviluppano i determinati problemi della filosofia), ma quei problemi diventano tali unicamente per una coscienza (il filosofo) che se li propone e elabora. Dichiarazione che illumina potentemente la tesi che fare storia della filosofia significa storicizzare, meglio « cercare il nesso storico tra filosofia e realtà storica » s. Si chiarisce che cosa si intende con l'espressione che lo storico non può che rivolgersi alla storia reale. Il senso è, secondo noi, questo: unicamente dall'interno di un sistema, lo storico deve e può 1 E. GARIN, Gramsci nella cultura italiana, Appunti. Nel presente volume a p. 10, con riferimenti a P., pp. 4, 34. 2 M. S., p. 6. 3 M. S., p. 234. 4 M. S., pp. 93-94; p. 237. 5 M. S., p. 233: corsivo mio. 6 M. S., p. 233. Pasquale SaLvucci 255 scoprire il significato (la coscienza) che una determinata realtà assume in quel sistema. Ciò spiega perché il Gramsci riconosca che la storiografia non possa essere considerata e condotta come attività tribunalizia, come giudizio dall'esterno, quindi 1. stato opportunamente notata 2 che in Gramsci c'è l'identificazione di filosofia e politica e che è in essa il criterio del giudizio storico delle filosofie passate (cfr.: « il filosofo reale è e non può non essere altri che il politico » 3). Questa identificazione significa che il filosofo non è unicamente la coscienza della realtà del proprio tempo, perché, come uomo di città, lavora a modificare la realtà. Lo storico, quindi, ricerca in che misura una determinata filosofia è espressione della realtà del proprio tempo ed in che misura è elaborazione astratta, « astorica » 4. A volte, la parte che, in un sistema, pub considerarsi storica è minima e, per altro, sepolta in un apparato di origine puramente razionale 5. Il criterio di valutare una filosofia alla luce della maggiore fedeltà al proprio tempo — ciò accade quando la parte di astrazione individuale è scarsa e, per ciò, essa è « un fatto storico » e non una « elucubrazione individuale » 6 - non deve provocare, nello storico, una sottovalutazione della importanza del « residuo », perché in esso si deve leggere ciò in cui una filosofia è legata alle precedenti. E il fatto che « agni filosofo non può trascurare i filosofi che l'hanno preceduto e anzi di solito opera proprio came se la sua filosofia fosse una polemica o uno svolgimento delle filosofie precedenti », è un fatto da non dimenticare, perché giova talvolta « proporre una propria scoperta di verità come se fosse svolgimento di una tesi precedente di altro filosofo... » '. Lo storico stori-cista non si lascia, però, ingannare da questa continuità (ché, la continuità delle filosofie non è rappresentata da questa parte metastorica), dacché « la filosofia si sviluppa perché si sviluppa la storia generale del mondo (e cioè i rapporti sociali in cui gli uomini vivono)... » 3, ma scava nel pro- M. S., p. 68. 2 C. LUPORINI, La metodologia filosofica del marxismo nel pensiero di Gramsci. Appunti. Nel pres. volume a p. 43. 3 M. S., p. 28. 4 M. S., p. 151. 5 M. S., p. 9, nota n. 1; p. 23. 6 M. S., p. 24. 7 M. S., p. 234. 8 M. S., p. 234. 256 I documenti del convegno fondo per ricercare, dall'interno sempre, nella coscienza del filosofo, la realtà nuova che ha condizionato il sorgere della nuova filosofia. Si legga: « La nuova filosofia non può coincidere con nessun sistema del passato, comunque esso si chiami. Identità di termini non significa identità di concetti» 1, perché la coincidenza avrebbe fondamento in una assurda identità nelle realtà teorizzate. Il lavoro dello storico della filosofia, quale a me pare che risulti dalle annotazioni gramsciane, consiste, quindi, in questo: senza lasciarsi sedurre dalla continuità terminologica (senza però trascurare il peso di questa continuità) accertare in che senso una nuova filosofia è coscienza di un mutamento reale avvenuto nella realtà e in che senso cooperi a modificare la vecchia filosofia, il precedente modo di pensare, nella consapevolezza che questa vecchia filosofia (dalla quale si muove, magari in continuità piú o meno critica) è incapace, ormai, di comprendere (con- cettualizzare) la nuova realtà. Di questo modo di storicizzare le filosofie, il Gramsci ci offre una eloquente testimonianza nella sua lettura di Hegel. I suoi incontri con Hegel sono molti, ma tutti, ovviamente, occasionali. Quando il Gramsci interpreta la celebre espressione engelsiana nel senso che l'assorbimento della parte vitale dell'hegelismo, da parte del marxismo, non si è ancora esaurito, ma è un processo storico in movimento 2, penso che si tratti di una osservazione che si possa sostanzialmente condividere ancora oggi. Il compito è, semmai, quello di continuare a liberare Hegel dall'immagine neohegeliana, di quella filosofia, quindi, che di Hegel « ha tagliato via la parte piú realistica, piú storicistica » 3. A questo compito lo stesso Gramsci ha offerto contributi indubbiamente notevoli. La filosofia della prassi eredita il nucleo piú storicistico di Hegel, perché non vede nel suo sistema il panlogismo, ma la teoriz-zazione di una ben definita realtà. Nel sistema di Hegel « ... si riesce a comprendere che cosa è la realtà» 4. Questa illuminazione gramsciana precede di molto alcuni recenti studi che hanno presentato Hegel come «filosofo della realtà » (Hippolyte, Weil, ma soprattutto Lukàcs). Il M. S., p. 151 : il corsivo è mio. 2 M. S., p. 91. 3 M. S., p. 241. 4 M. S., p. 93. Pasquale Salvucci 257 recupero storicistico di Hegel, da parte della filosofia della prassi, è anche nel significato che questa ha dato alla tesi hegeliana « che la filosofia si converte nella storia della filosofia » 1. Per intendere il senso-di questo recupero, si deve ricordare che, in Regel, sono reperibili due sollecitazioni che si risolvono con la vittoria della seconda. Da una parte, le filosofie, nel loro storico presentarsi, sono considerate come pensiero del mondo, come il proprio tempo nella forma del pensiero (« il piú bel fiore »). Dall'altra, esse sono proiettate in una storia ideale, di cui sono momenti, per ciò che la filosofia (assoluta) si realizza mediante i sistemi che, per tanto, diventano momenti eterni (logici) del suo realizzarsi. La storicità, pur cosí fortemente avvertita da Hegel, in questo violento coincidere con l'eternità, è di fatto annientata e la storia della filosofia si risolve, in ultima istanza, nella sistemazione hegeliana, in una filosofia delle filosofie, volta a liberare le filosofie da ciò che le lega al tempo, alla situazione da cui sorgono. Quando lo storico marxista procede a storicizzare le filosofie, che cosa è questo se non il recupero della prima e piú valida sollecitazione hegeliana? La tesi, allora, di Hegel, secondo cui la filosofia coincide con la storia della filosofia, viene liberata dall'impalcatura sistematica che, in Hegel, ne distruggeva il piú profondo significato. La tesi è interpretata nel senso «che occorre negare la "filosofia assoluta" o astratta e speculativa, cioè la filosofia che nasce dalla precedente filosofia e ne eredita " i problemi supremi " cosí detti, o anche solo il " problema filosofico ", che diventa, pertanto, un problema di storia, di come nascono e si sviluppano i determinati problemi della filosofia » 2. La storia della filosofia è possibile come atto di storicizzazione che lo storico compie, di volta in volta, in vista della determinazione del modo come le singole filosofie sono coscienza (non passiva, però) della realtà di un certo tempo. La filosofia della prassi è la piú avanzata filosofia per ciò che è la sola capace di giustificare il passato e se stessa. Essa, che non nega ma vive profondamente la sua stessa storicità può, come « massimo storicismo » 3, compiere la reale riconquista del mondo storico e pronunciarne il piú alto legittimo elogio'. 1 M. S., p. 233. 2 M. S., p. 233. 3 M. S., p. 89, nota 1. 4 M. S., p. 145.
| | Trascrizione secondaria non visualizzabile dall'utente | |
|
|