Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - automatica: Paolo Fortunati COME È POSSIBILE CHE UNA SOCIETÀ SIA SANA QUANDO SI LAVORA PER ESSERE IN GRADO DI NON LAVORARE PIÚ? È fuori dubbio che l'originalità di Gramsci si ritrova nell'avere saputo sviluppare i nessi dialettici tra struttura e sovrastruttura, cogliendo il contributo essenziale di Lenin all'indagine marxista. Ma a me sembra che già nella terminologia di Gramsci — adottatá anche per sfuggire ai freni della censura carceraria — vi sia una impostazione, secondo cui il riferimento al nesso dialettico tra struttura e sovrastruttura significava anche continua rimeditazione e continuo riap-profondimento dell'analisi della struttura compiuta da Marx. Non è a caso che nei confronti di tali analisi Gramsci parla di economia critica, e non è a caso che, nel dibattito con le posizioni centrali di Croce, gli assunti fondamentali, la metodologia e le conclusioni di Marx sono da Gramsci prospettate e lumeggiate con acutezza e con spunti, che in questi ultimi tempi sono stati oggetto di rielaborazione e di riesame da parte — sempre per usare espressioni di Gramsci — di tecnici dell'economia. Un passo ci sembra decisivo a lumeggiare l'impegno che Gramsci attribuiva allo studio scientifico della struttura nell'orientamento marxista. Scrive, dunque, con linguaggio severo e duro, Gramsci: « Il rapporto tra l'economia politica e l'economia critica non è stato saputo mantenere nelle sue forme organiche e storicamente attuali. In che cosa le due correnti di pensiero si distinguono nell'impostazione del problema economico? Si distinguono attualmente, nei termini culturali attuali e non 144 I documenti del convegno già e piú nei termini culturali di ottanta anni fa? Dai manuali di economia critica ciò non appare (per es. dal Précis), eppure è questo il punto che interessa subito i principianti e dà l'orientamento generale per tutta la ricerca posteriore. In generale questo punto viene dato non solo per noto ma per accettato senza discussione, mentre nessuna delle due cose è vera. Cosí avviene che solo gli spiriti gregari e che fondamentalmente si infischiano della quistione sono avviati allo studio dei problemi e ogni sviluppo scientifico è reso impossibile. Ciò che colpisce è questo: come un punto di vista critico che richiede il massimo di intelligenza, di spregiudicatezza, di freschezza mentale e di inventività scientifica sia divenuto il monopolio di biascicazione di cervelli ristretti e meschini, che solo per la posizione dogmatica riescono a mantenere una posizione non nella scienza, ma nella bibliografia marginale della scienza. Una forma di pensare ossificato è il pericolo piú grande in queste quistioni; è da preferire una certa sbrigliatezza disordinata alla difesa filistea delle posizioni culturali costituite » 1. Ma questi rapidi accenni valgono solo a significare che l'interrogativo che Gramsci si pone, nella sua annotazione relativa alla « distribuzione delle forze umane di lavoro e di consumo » : « come è possibile che una società sia sana quando si lavora per essere in grado di non lavorare piú? », non intendeva affatto rappresentare una espressione di una « nuova forma di moralismo economico vacuo e inconcludente ». Per Gramsci « aspettare che, per via di propaganda e di persuasione, la società civile si adegui alla nuova struttura, c'he il vecchio homo oecono-micus sparisca senza essere seppellito con tutti gli onori che merita » è — appunto — « una nuova forma di retorica economica ». È certo, dunque, che l'interrogativo investe, con una efficace sintesi, la caratteristica essenziale di un costume di vita che discenda dalla struttura e dalle tendenze della struttura capitalistica. E di ciò è Gramsci stesso che ci avverte. Ma l'interrogativo, e per la sede in cui è collocato e per 11 fatto di costituire un esempio suggestivo di astrazione determinata, in cui struttura e sovrastruttura s'intrecciano, può e deve, a mio avviso, per gli studiosi marxisti, costituire uno stimolo di analisi economiche e poli- M. S., pp. 265-266. Paolo Fortunati 145 tico-economiche, che non mi sembra siano ancora colte nel loro significato piú valido. E il discorso non vale solo per .i paesi in cui ancora domina la strut- tura capitalistica; il discorso vale anche per i paesi a struttura già socialista. A me pare, cioè, che il monito di Gramsci, proprio per non cadere — come egli intendeva — in una « nuova forma di moralismo economico vacuo e inconcludente », va inteso nel senso che per uscire dalle strettoie di una « società che dice di lavorare per creare dei parassiti, per vivere sul cosí detto lavoro passato (che è metafora per indicare il presente lavoro degli altri »); per superare una società che « in realtà distrugge sé stessa », è certo necessario modificare i rapporti di produzione, e, pertanto, dare vita ad un ordinamento statuale che « adegui la società civile » a una nuova struttura economica. Ma il monito di Gramsci ci avverte che se la condizione è necessaria, non è sufficiente, proprio perché l'adeguamento implica e presuppone una fase storica in cui e per cui deve, attraverso una complessa interdipendenza di elementi strutturali e sovrastrutturali, alimentarsi e incarnarsi il bisogno del lavoro, che rappresenta l'espressione storica della civiltà socialista. L'analisi, dunque, della distribuzione umana delle forze di lavoro e di consumo da arma critica della società capitalistica diventa uno strumento per la costruzione e per il consolidamento storico della società socialista. E quando, come nel nostro paese, si prospetta la possibilità di una via al socialismo, che non implica necessariamente lotta armata e guerra civile, i due momenti dell'esame critico e dello strumento costruttivo sono strettamente interdipendenti. Si tratta cioè, di intendere che la dilatazione delle attività non direttamente legate al processo produttivo e delle attività amministrative pubbliche oltre i limiti richiesti da una razionale prospettiva anche di una struttura socialista, non agevola, a mio avviso, il processo politico e politico-economico di modificazione dei rapporti politico-economici, cosí come appesantiscono il piano di costruzione della società socialista. E in proposito mi sembra che vi siano già molte e decisive esperienze. Il monito di Gramsci, pertanto, ci porta a mettere in luce che se, da un lato, dobbiamo sempre piú intendere la portata e la tendenza dei 146 1 documenti del convegno rapporti di produzione, dall'altro, dobbiamo sempre piú comprendere le ripercussioni delle forme di distribuzione. La portata e la tendenza dei rapporti di produzione nella società capitalistica non possono essere soltanto analizzate per caratterizzare le espressioni antagonistiche nascenti dall'antagonismo essenziale: debbono essere intravviste negli orientamenti della produzione, dei servizi, della burocrazia. Perché solo in questo modo acquista un significato critico e sintomatico l'analisi concreta delle forme di distribuzione, e si riuscirà a capire tutto il meccanismo capitalistico nella attuale fase storica. D'altro canto, nelle ricerche relative ai paesi socialisti, non è solo il ritmo di sviluppo dell'attività produttiva che deve essere indagato, perché il piano si dimensioni armonicamente nel tempo e nello spazio, è anche il modo e la classificazione della distribuzione di massa che debbono costituire sempre piú elementi indispensabili della ricerca teorica e della strumentazione politico-economica. Nell'adeguamento della società civile alla struttura economica socialista, la distribuzione diventa, a mio avviso, in realtà un elemento decisamente strutturale. E in questo senso si configura la prospettiva del lavoro come bisogno.
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