Area del titolo e responsabilitàTipologia | Rivista: Scheda enciclopedica |
Titolo | m.m.[M. Marchi], scheda sintetica di «Il Menabò» (1959-1967) |
Riferimento diretto ad opera | |
Responsabilità | m.m.+++ | | redazione di+++ | | | | sviluppo del nome puntato incerto, schedatura nell'ambito dell'Istituto di lingue e letterature neolatine dell'Università di Firenze a cura di G. Castellani, M. C. Chiarelli, M. Marchi, A. Nozzoli, J. Soldateschi | |
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Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - automatica: II Menabò (1959-1967) Rivista di letteratura diretta da Elio Vittorini e Italo Calvino. Giulio Einaudi editore, Torino, formato: cm. 22x13,5. La rivista fu fondata a Torino nel 1959 da Elio Vittorini e Italo Calvino, che la condiressero fino al 1966, anno della morte di Vit-torini. L'iniziativa fu continuata ad opera del solo Calvino, per concludersi l'anno successivo con l'uscita del fascicolo n. 10. Il Menabò, di cui uscivano a periodicità irregolare uno o due numeri l'anno, intese svolgere la propria funzione politico-culturale inserendosi nel vivo di una crisi della letteratura e della cultura in genere venutasi a creare, in area non limitatamente italiana, sotto il concorso di fattori eterogenei, ma le cui manifestazioni apparivano riconducibili ad un unico significato di fondo: il venir meno di un « discorso di rapporto dell'uomo col mondo ». La rivista alternò la pubblicazione di testi poetici e narrativi (versi di Fortini, Leonetti, Pasolini, Sanguineti, Isgrò, romanzi di Mastro-nardi, Palladino, Faggiani, ecc.) a saggi critici e prese di posizione che da essi prendevano spunto: nel primo numero, ad esempio, Il calzolaio dz Vigevano introduceva al problema del dialetto nella letteratura fornendo a sua volta un'integrazione documentaria agli interventi di Rago, Vittorini e Crovi. Passarono attraverso Il Menabò i dibattiti di maggior rilievo sviluppatisi nella cultura italiana all'inizio degli anni sessanta: la discussione promossa da Vittorini sul tema « Industria e letteratura », con le partecipazioni di varia natura di Sereni, Ottieri, Pignotti, Bragantin; Calvino, Ferrata, Forti, Fortini e Leonetti; il dibattito su lingua e dialetto cui si accennava in precedenza; i ripetuti attacchi di Calvino (ma anche le risposte di A. Guglielmi) all'école du regard e alle tesi della neo-avanguardia nostrana in difesa di un più impegnativo rapporto dialettico fra coscienza e mondo oggettivo (« Il mare dell'oggettività », « La sfida al labirinto »). Nell'ambito di quest'ultima scottante polemica si manifestano forse meglio che altrove gli indirizzi e i motivi compartecipati dai direttori e dai più stretti collaboratori della rivista: esigenze di razionalizzazione, di presenza storica, di giudizi morali; incondizionata fiducia nel riconoscere alla cultura un potere determinante nei riguardi della realtà che ci circonda. E si può dire che il sostrato • di appassionata tensione polemica che permeò anche la trattazione di altre problematiche non giunse mai ad offuscare la chiarezza di questa linea d'intervento. Fra i numeri eccentrici della rivista si ricordi •il n. 7, con sotto- titolo Gulliver, a formula internazionale, con interventi saggistici e testi creativi di tre distinte compagini culturali: per fare dei nomi, parteciparono H. M. Enzensberger, U. Johnson, H. Heissen-büttel e G. Grass per il gruppo tedesco; R. Barthes, J. Genet e J. Starobinski per quello francese; e fra gli italiani, oltre ai direttori della rivista, Leonetti, Pasolini e Villa. L'ultimo fascicolo, in memoria di Vittorini, accolse invece esclusivamente testi e documenti fotografici del letterato scomparso e una serie di contributi in suo onore « Progettazione e letteratura » di I. Calvino, « Storia non è storicismo » di G. Guglielmi, « La conversazione con Vitto-rini », di F. Leonetti, « La battaglia di Vittorini nella politica culturale della sinistra italiana » di M. Rago). (m. m.)
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