Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - automatica: 6 LA RINASCITA Dal 1921 al 1923, i colpi principali dei criminali armati del fascismo furono concentrati contro i « rossi ». Per battere più tranquillamente questo settore delle forze del lavoro — e rendere impossibile l'unione dei due settori contro di esso — il fascismo non si accontentò del tentativo di rassicurare i « bianchi » con la sua propaganda. Volle assicurarsi la partecipazione del Partito popolare al primo governo di Mussolini. Poi, una volta battuti i « rossi », il fascismo non ebbe più bisogno della collaborazione governativa dei cattolici e si gettò con tutte le sue forze contro le loro organizzazioni sindacali, cooperative e politiche, battendole alla loro volta. Le conseguenze di quella duplice sconfitta, che fu sconfitta unica di tutti i lavoratori e dell'in-tiero popolo italiano, le stiamo purtroppo scontando amaramente ancora oggi, perchè sia necessario insistervi. L'unità sindacale realizzata col Patto di Roma fra le correnti sindacali fondamentali del nostro paese, è innanzi tutto il risultato della terribile esperienza del ventennio fascista; è l'espressione della volontà unanime degli operai, dei contadini, dei tecnici, degli impiegati, dei lavoratori tutti, di non prestarsi mai più — con le loro divisioni — al giuoco infernale dei loro peggiori nemici; è la realizzazione concreta della loro volontà di lottare uniti per difendere i propri interessi, per conquistare nuovi diritti, per concorrere con la loro unione a mantenere unite tutte le forze democratiche e progressive del paese, e contribuire con esse a formare "un nuovo Stato democratico e popolare, una nuova Italia più giusta, più libera, più umana, basata principalmente sulle forze del lavoro unito. rappresentato dalla Confederazione Generale Italiana del Lavoro. Questa unità è un fatto positivo di grande portata; è, per tutti i lavoratori, una conquista ch'essi non si lasceranno sfuggire. E' per questo che l'unità sindacale ha trionfato di tutti gli ostacoli, ha liquidato tutti i tentativi scissionisti, è diventata una realtà viva tutte le province liberate, da Messina ad Ancona, da Lecce a Firenze. E lo sarà maggior- mente domani, nei grandi centri industriali del Nord, dove il fiore della classe operaia italiana lotta con le armi in pugno contro l'invasore tedesco, per affrettare quella liberazione nazionale che condiziona la rinascita del paese. II consolidamento dell'unità sindacale e lo sviluppo della C. G. I. L., pongono una serie di problemi e aprono davanti al proletariato italiano ampie prospettive. Ma, di tutto questo, tratteremo in prossimi articoli. GIUSEPPE Di VITTORIO L'Amministrazione de " La Rinascita „ si è trasferita in Via IV Novembre, 149. La corrispondenza e i vaglia devono essere inviati a tale indirizzo. Politica Italiana Necessità di fare da sé La visita all'Italia del Primo Ministro Churchill, il suo colloquio col Presidente Bonomi, il ricevimen- to degli altri ministri italiani e certe voci messe in circolazione in questa occasione, hanno contribuito a diffondere nei circoli politici un senso di euforia. Si parla di modificazioni dello statuto dell'Italia nei confronti con le grandi Potenze alleate, si parla della concessione all'Italia della legge « depositi e prestiti »,. si lascia prevedere una riduzione del famoso « controllo » alleato, cioè l'attribuzione al governo italiano, finalmente, del potere di governare l'Italia. Corrisponde questa euforia a qualcosa di reaLe; corrispondono a una prospettiva reale questi cambiamenti che si lasciano prevedere? A noi rincresce dover fare la parte del diavolo, ma ci sembra non esista motivo per esserne così sicuri. Come una doccia fredda è venuto del resto il messaggio dello stesso signor Churchill, nel quale si ricorda che il popolo italiano deve essere « punito » per il fatto di essersi lasciato per tanto tempo governare dai fascisti, e intanto le settimane passano, gli avvenimenti militari precipitano, e la posizione dell'Italia resta quella che era. Il brutto è che nel ftattempo, ipnotizzati dal miraggio di non si sa quali miglioramenti che dovrebbero arrivare dall'America, dall'Inghilterra, o da un altro paese qualunque, dirigenti politici e uomini di governo sono rimasti più o meno paralizzati, mentre avrebbero forse potuto fare parecchie cose utili se invece di guardar tanto lontano si fossero occupati concretamente ,delle cose che stanno loro tra i piedi. La situazione internazionale del nostro paese è quella che è. E' la situazione di un paese che dopo aver minacciato e aggredito mezzo mondo è stato sconfitto; di un paese, quindi, contro ii quale giustamente si dirige la diffidenza generale delle nazioni aggredite. Abbiamo già dimostrato parecchie volte e continueremo fino alla sazietà a ripetere che non esiste manovra sapiente o intrigo tortuoso di politica in- ternazionale il quale possa sanare questa situazione. 1 nostri diplomatici dilettanti, i quali sognano gli allori di Cavour dopo ,Novara e vorrebbero ricalcar quelle orme, dimenticano soltanto che il popolo italiano nel 1848-49 era stato battuto in una guerra giusta, che ad esso si rivolgevano le simpatie di tutti i popoli civili, e che anche la politica dinastica di Cavour non poîeva non trarre beneficio da questa circostanza. La prima cosa che si deve fare se si vuole che il nostro paese risorga, è di riconquistarsi almeno un minimo di simpatia delle libere nazioni d'Europa, il che non si ottiene nè lamentandosi nè tessendo manovre ed intrighi, ma combattendo per cacciare i tedeschi• dal nostro paese, operando energicamente per distruggere ogni residuo del regime fascista e restando uniti per veder di risolvere a poco a poco, con le nostre stesse forze e con uno spirito di solidarietà nazionale, i nostri problemi più urgenti. Né si deve dimenticare che le risorse economiche e finanziarie del mondo, -immediatamente dopo questa guerra, saranno assai limitate, che saranno molti i pretendenti a un aiuto immediato e che tra questi vi saranno senza dubbio popoli aggrediti e calpestati dal fascismo, paesi devastati dalle bande di Hitler e di Mussolini, nazioni che per la causa della libertà hanno dato la miglior parte di se. Qualunque possano essere le modificazioni dello statuto legate dei nostro paese, è difficile supporre che il nostro paese possa venire tra i primi nella gara per la ripartizione delle risorse esistenti. Anche per questo motivo, dunque, T LA RINASCITA Liberalisifio e eocrazia Il tema del rapporto tra liberalismo e democrazia è stato affacciato, in occasione della avvenuta fusione del Partito Iiberale con la Democrazia liberale, ora nell'intento di sottolineare la sostanziale affinità, ora invece di sottolineare l'intima diversità. E' certo coihunque che i due termini soro diventati ormai quasi equivalenti e come tali vengono promiscuamente adoperati nella propaganda, sui giornali, in discorsi da comizio, ecc. Ed è sintomatico che lo stesso Croce, che ben conosce le differenze teoriche e storiche tra i due concetti, abbia recentissimamen le ammesso che « demoerazia » possa considerarsi sinonimo di « liberalismo ». Ciò non toglie peraltro che sia questa una improprietà di linguaggio: la quale, se si spiega in parte con la considerazione che la maggior parte degli Stati moderni (Inghilterra, Stati Uniti, Francia prima del 1940, ecc.) sono organizzati in forme democratiche intorno a principi liberali, risale anche, per molti inesperti di storia politica, ad una confusione di concetti indubbiamente noeivi a quella limpidezza di visione dei problemi del tempo nostro ed a quella chiarezza di orientamento, che sono, oggi, più che mai necessarie ad ogni italiano per avviarsi ad una feconda e duratura opera di ricostruzione del paese. La quale deve essére il frutto dell'attività di ciascuno di noi e non comporta evasioni e sterili agnosticismi da parte di chicchessia. In realtà le cose stanno ben diversamente da quel che potrebbe apparire a prima vista; in realtà i concetti di liberalismo e democrazia presentano questa paradossale caratteristica: di essere, cioè, logicamente complementari, in non vi è oggi per noi altra posizione possibile se non quella di non fare la voce grossa e di non farci nessuna illusione. La sola cosa che abbiamo diritto di pretendere è che, una volta che abbiam dato la prova di non essere più fascisti e di voler distruggere sul serio il fascismo, ci sia concesso di governarci da noi. Per il resto, il meglio è di capire che abbiamo davanti a noi un periodo, — di cui è difficile determinare ora la lunghezza, — in cui la miglior cosa che possiamo fare è di contare ,essenzialmente sulle nostre risorse e di amministrarle con estrema parsimonia e con vero spirito di solidarietà nazionale, allo scopo di ricavare da esse il massimo beneficio per i singoli e per la collettivitd. Questo, oggi, non sta ancora avvenendo. Si meditano, in termini di fantasia e non di realtà, i grandi problemi internazionali, e intanto, poi-chè si aspetta la manna dal cielo, non si fa quello che si potrebbe fare per alimentare il paese in un modo un po' più razionale, per combattere gli speculatori ignobili e non lasciare che il popolo muoia di fame. Il problema deve essere affrontato dall'altro capo: —bisogna incominciare a fare, e fare seriamente, quello che il popolo esige e di cui il popolo ha bisogno e che possiamo fare con le nostre stesse forze. II resto, se verrà, sarà tanto di guadagnato. quanto il liberalismo postula la democrazia e quasi si può dire la contenga tutta quanta in germe nei suoi principii originari, e ad un tempo storicamente contraddittori, in quanto proprio con l'avvento della democrazia ha inizio quella erisi del liberalismo, che è giunta in questo secolo alle sue ultime conclusioni. E' utile soffermarsi brevemente a chiarire questo apparente paradosso. Il liberalismo, dicevo, postula logicamente la democrazia. Infatti, non appena la libertà si sgancia dall'idea medioevale del privilegio — tante singole libertà, dunque, spettanti a singole persone in virtù di un titolo particolare —per affermarsi nella sua universale validità, come principio fondamentale di struttura dell'organizzazione statale ed attributo, riconosciuto e garantito dalle leggi, di tutti indistintamente I cittadini come tali, già si pongono all'atto stesso le premesse della democrazia. intesa come governo di tutti da parte di tutti quindi come diritto di ogni cittadino a partecipare direttamen - te o indirettamente, al governo dello Stato. Progressivo allargamento del suffragio fino a giungere alla formula del suffragio universale; crescente prevalenza delle assemblee rappresentative sull'esecutivo, fino a giungere (come in talune Costituzioni successive alla prima guerra mondiale) alla nomina dei ministri da parte delle Camere; introduzione in sempre maggior misura del referendum, sboccandosi (come negli Stati Uniti) in forme plebiscitarie di elezione del capo dello Stato: eceo le tappe successive (non tutte, ma le più significative) ovunque storicamente accertabili dello svolgimento in senso demoeratico del liberalismo. Ma la democrazia, ho aggiunto, si presenta storicamente in antitesi con il liberalismo originario. Già una prima riprova di fatto se ne ha nella repugnanza di taluni teorici liberali per certe forme di democrazia estrema, per la cosiddetta « tirannia della maggioranza D; negli sforzi di molti pensatori liberali di circoscrivere il fenomeno liberale nelle formule di un garantismo legalistico, di porre limiti e contrappesi all affermarsi delle maggioranze, di ricorrere addirittura — come nella fase recentissima — ad espedienti protezionistici (il cosiddetto « liberalismo protetto »), che sono in contrasto con il. vero significato essenziale dell'ideologia liberale. La riprova più flagrante è offerta pero dalla crisi delle vecchie istituzioni liberali e della stessa ideologia liberale di fronte all'affacciarsi imperioso delle grandi masse popolari, portate dall'attuazione pratica degli ordinamenti democratici alla ribalta della vita politica ed affermanti nuove esigenze di giustizia sostanziale e di piu concreta e dunque più vera 'libertà. E' inutile negarlo. L'osservazione storica dimostra all'evidenza che il sistema liberale ha funzionato ottimamente e senza bisogno di arcigne protezioni legislative eontro partiti e movimenti ritenuti in partenza illiberali, finchè la base del sistema è rimasta relativamente ristretta e sufficientemente omogenea, ossia in certo sen-
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