Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - automatica: Cronache di vita artistica Un grande pittore proletario : Luigi de Angelis Nel 1927 si tenne a Parigi, in una famosa galleria d'arte d'avanguardia, una prima esposizione di pitture di Luigi de Angelis. La cosa suscitò un enorme interesse e la critica borghese più raffinata fu concorde nel giudicare de Angelis un artista ingenuo, un primitivo ; infine, un c peintre du dimanche ). In questa occasione il giudizio più esauriente lo dette André Salmon, vale a dire uno dei più autorevoli critici d'arte francesi, il teorico del cubismo, 1' amico di Apollinaire e di Max Jacob ed uno dei primi assertori della grandezza di Picasso. André Salmon dedicò a de Angelis, nella e Revue de France ), un lungo articolo nel quale tracciò un parallelo tra l' arte del c barbiere d' Ischia , e quella del c doganiere Rousseaux ». c De Angelis, dice Salmon, n'a de commun avec Rousseaux que l'inculture primière » e, più avanti : c de Angelis n'a jamais passé par aucune académie, et son art est plein de naïveté. Ce n'est pas celle de Rousseaux. Notons de passage que cette fameuse naiveté ne fut jamais ce que nous admirâmes dans Rousseaux, quand, au contraire, nous étions souvent subjugués par la volonte de ce simple reusis-sant, par des efforts médités, à se hausser aux plus fiers sommets de l'art savant; par l'étonnante intelligence plastique de cet ignorant trouvant tout seul, au Louvre, le seul maître dont il eut besoin, pour, en outre, nous le faire mieux comprendre : Paolo Uccello I. Posseduto dall' ardente bisogno di dipingere, il francese Rousseaux trovava, nella lezione dei classici, la lena e lo slancio per dar corpo ai suoi fantasmi poetici. La sua c naïveté) acquista il sapore di una gustosa trascrizione letteraria e nessuna altra risorsa aveva il c doganiere poiché il clima francese, slabbrando i contorni del paesaggio e delle cose, gli impediva di avere una visione netta di esse e di ispirarsi alla natura. Rousseaux è obbligato, così, a guardare la realtà attraverso il Museo. Secondo Salmon, il barbiere d' Ischia ,, invece, è divenuto pittore perchè italiano, cioè < un homme du XX siècle vivant dans le cimitière de l'art classique, quand cette vie d'homme, consciente, suffit pour que le cimitière n'en soit plus un ». Nell'analisi di Salmon c'è una affermazione critica positiva, ed è quella che esclude, dalla pittura di de Angelis, ogni influenza culturalistica e di gusto. Ma l'importanza dell'arte di de Angelis non è da ricercare solo in questa indipendenza dai gusti e dalle scuole ma, bensì, nel modo come egli, assorbendo e rielaborando istintivamente tutte le tendenze artistiche moderne, ne ricava una piena libertà ed un linguaggio pittorico proletario. Luigi de Angelis è nato a Napoli ed ha avuto una giovinezza poverissima. Ha fatto in gioventù vari mestieri e, dopo la guerra, si impiantò nel-l' isola d' Ischia aprendo un salone di barbiere. L' isola, in quegli anni, non era ancora divenuta la roccaforte dello snobismo piccolo-borghese, e la vita che vi si svolgeva era la tipica vita di un paesello di mare. I clienti del nuovo salone erano per lo più pescatori e braccianti, scaricatori del porto, o piccoli artigiani, e gli affari andavano bene. Ma un segreto tarlo rodeva l'animo di de Angelis, un tarlo che, alle volte, gli faceva dimenticare il c salone , ed i clienti e lo distraeva con il rasoio a mezz'aria, attratto dai suoi sogni : la pittura. Verso il 1920 cominciò a dipingere. I soggetti preferiti erano vedute dell' isola e del castello o scene di vita marinara. La sua pittura, essenziale di colore e niente affatto adatta ai gusti oleografici dei poveri, non destò nessuna ammirazione. De Angelis inchiodava ugualmente i suoi paesaggi, a mano a mano che li dipingeva, sulle pareti del Salone ) e si contentava di guardarli da solo o che li guardassero i figli, stupiti e affascinati dall'ingenua follia del proprio genitore. Qualche anno dopo capitarono ad Ischia due pittori : Leonida ed Eugenio Bermann, i quali, per i primi, restarono affascinati dal potere evocativo di quelle povere tele. Furono, infatti, i Bermann a parlare di de Angelis a un mercante d'arte francese ed a preparare una sua esposizione a Parigi. Nel 1927, infatti, in una Parigi arroventata dalle più audaci esperienze artistiche dei più vivi ingegni dell'arte europea, la mostra del ( barbiere ) suscitò molto interesse. Il mercante voleva montare pub-blicitariamente ( un caso de Angelis » e gli propose un contratto. De Angelis, stordito e meravigliato dal successo dei suoi dipinti, considerava il rumore che gli si faceva intorno un giuoco dei ricchi, un capriccio di gente ben nutrita e in cerca di divertirsi : non volle andare a Parigi. Ma i suoi sostenitori premevano perchè esponesse in altre città e fu così che gli organizzarono altre mostre a Roma, da Bragaglia, a Capri ed a Napoli nella Libreria del X900». Il suo nome, circolando insistentemente in certi ambienti c avanzati ,, arrivò anche alle orecchie degli organizzatori della Biennale veneziana e de Angelis fu invitato a Venezia. I soggetti delle sue pitture erano sempre gli stessi: vedute dell' isola, povere case di pescatori, ritratti di mendicanti, di vecchi pescatori corrosi dalla salsedine, di ragazzi affamati, oppure nature morte di fiori e frutta disposti a trofeo con un senso decorativo che ricorda i ferraresi del XVI secolo. Ma nelle sue pitture non c'era ombra di retorica o di compiacente adattamento al pittoresco. Nella sua pittura vi era una voce profondamente umana, un racconto crudo ma piano, evidente ed affettuoso. Passato il primo momento di rumore, de Angelis, che non aveva mai perduto la sua verginità e il suo stupore, non volle più esporre. Alla borghesia italiana, cl' altra parte, non piaceva la sua pittura e non l' acquistava. Forse a Parigi egli avrebbe potuto affermarsi e vivere bene ma al suo buon senso di operaio ripugnava il ruolo di pittore di moda, di artista eccezionale e preferì restare ad Ischia a dipingere ed a fare le barbe. In Italia, allora, la borghesia si orientava verso la « nuova arte a, questa < nuova a arte era il c novecentismo a in onore del quale certi pittori mediocri sacrificarono tutto quello che nella loro arte aveva ancora sapore di sano senso di regione. De Angelis fu giudicato, all' inizio, un c novecentista a e a questa falsa interpretazione vanno attribuiti i primi successi italiani ; ma non appena ci si rese conto che la sua• arte era, in effetti, estranea a quel gusto e a quella scuola, i borghesi arricciarono il naso disgustati e lo abbandonarono. c Novecentisti a in Italia erano i benpensanti, le persone così - così, la gente cauta ed accorta. c Novecentista a, il primo d' Italia, era Mussolini e la pattuglia di punta del fascismo. I pittori c novecentisti a copiavano malamente i francesi postimpres-sionisti, copiavano Picasso, Derain, Braque e Carrà ; in tal modo mettevano in regola le loro carte e si avviavano al successo. c I. novecentisti a erano idealisti ai quali ripugnava ogni contatto reale con il mondo di sofferenze e di dolore del popolo italiano. Il c novecentismo a, infine, era un fenomeno di opportunismo che incanalava gli intellettuali e metteva al servizio della dittatura del grande capitale finanziario. La pittura di de Angelis era, invece, legata al popolo e si alimentava delle sue sofferenze e dei suoi sogni ; ma il popolo, dal quale sorgeva questa arte, non era in grado di gustarla come c propria a arte. Le classi lavoratrici non hanno la possibilità di individuare tra le varie espressioni d' arte che sorgono dal proprio seno, quella che è emanazione del loro slancio progressivo. Il proletariato subisce una schiavizzazione ed un controllo attentissimo proprio con lo strumento della cultura e dell'arte. L'arte popolare alimentata e voluta dalla borghesia è obbligata a ripetere i moti morali ed i gusti della classe dominante. Quest'arte pseudopopolare rende ancora più angusto l'orizzonte culturale del proletariato e lo allontana sempre più dalla vita creativa del paese. De Angelis è un pittore proletario perchè la sua ispirazione è radicata nel mondo morale del proletariato. Ma questa ispirazione non concede al gusto del < lacrimoso a, dell' c eroico a, del c grazioso a o c tenero a o al gusto del c pittoresco a. Egli è uá proletario che afferma un nuovo gusto maturato dalle esperienze più avanzate e progressive della cultura e dell' arte borghese; non ignora, infatti, le varie esperienze ma, anzi, le assimila dal mondo morale che lo circonda, e le supera. Non cade mai nella calligrafia, nell'arte per l'arte, o nel balbet- tio incosciente; a tutto questo, anzi, oppone un linguaggio concreto, popolare e, nello stesso tempo, europeo. Quello che vi è di europeo nella pittura di de Angelis (i riferimenti a Chagall o a Utrillo) è la espressione di un dolore e di una lotta comuni, appunto, a tutti i lavoratori del mondo. Egli esprime i sentimenti della propria classe appropriandosi dei mezzi espressivi più efficaci anche se questi modi di espressione provengono dall' intelligenza o dal gusto borghesi. Si giustifica solo così il fascino che la sua pittura esercita sugli intellettuali progressivi. L'ultima mostra che il de Angelis ha ordinata a Napoli questi giorni mostra e chiarisce gli aspetti della sua arte che qui abbiamo tentato di tratteggiare. Questa esposizione, come è naturale, non ha interessato gli intellettuali reazionari, tanto meno ha commosso nessuno di quei collezionisti che si disputano a suon di bigliettoni da mille i quadracci di un Irolli o di un qualsiasi imbrattatele del più scadente ottocento nostrano. La stampa ha totalmente ignorato questa esposizione, eppure non v' è artista oggi, in Italia, che abbia il potere di esprimere con la stessa freschezza i sentimenti del nostro popolo. Qui non possiamo esaminare ad uno ad uno i dipinti esposti. Ci limitiamo a segnalare un paesaggio che a noi è sembrato molto bello. E una veduta di una strada napoletana devastata e sconvolta dalla guerra : le povere case del popolo, squarciate, si profilano sul cielo chiaro con un contorno sinistro, inaspettato. Nel primo piano, un gruppo di maschere popolari, nei sontuosi costumi tradizionali, intuonano una musica con strumenti musicali folcloristici. Il quadro è dipinto con la pacatezza tipica nella tecnica del c barbiere,, pure v'è una sontuosità e una ricchezza di motivi coloristici che incanta. Noi attribuiamo a questo dipinto un significato che l' autore forse non gli aveva dato. Pensiamo che de Angelis, abbia voluto esprimere la vitalità del popolo lavoratore e la fiducia nella ricostruzione della patria e nella riconquista della libertà. Nella stessa sala espone alcune opere Federico de Angelis, artista onesto sul quale torneremo. PAOLO RICCI
| | Trascrizione secondaria non visualizzabile dall'utente | |
|
|