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tipologia: Analitici; Id: 1472883


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Titolo Velio Spano, L'Unità del popolo sardo nella lotta per la sua redenzione
Responsabilità
Velio Spano+++
  • Spano, Velio
  autore+++    
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Trascrizione Non markup - automatica:
L'unità del popolo sardo
nella lotta per la sua redenzione
Considerata sotto l'aspetto nazionale italiano, la situazione politica della Sardegna assume rilievo ed importanza essenzialmente da due elementi: 1°) il contributo che l'isola può dare, immediatamente, allo sforzo di guerra e all' opera di ricostruzione del paese; 2°) l'ostacolo che l'isola potrebbe costituire, domani, alla edificazione di una democrazia progressiva in Italia. Basta uno sguardo sulla Sardegna, oggi, per convincersi che la situazione è fattiva oltre che per le popolazioni sarde, le quali continuano ad essere affamate ed oppresse, anche per le sue ripercussioni sugli interessi nazionali.
Fra le regioni dell'Italia liberata la Sardegna è oggi la sola produttrice di carbone; essa potrebbe dare inoltre, in formaggi, cuoi e pellami un contributo estremamente importante per l'economia di un popolo che vive in una situazione alimentare difficile e comincia a camminare scalzo. Ora, mentre la produzione del carbone potrebbe essere facilmente portata a 100.000 tonnellate al mese, essa si è stabilizzata intorno alle 35.000 tonnellate mensili; e mentre le miniere metallifere restano in generale improduttive, sia per la mancanza di reagenti, sia per. la deficienza di pezzi di ricambio al macchinario, i formaggi sardi vengono c svenduti nell' isola e.le pelli imputridiscono non potendo, nè essere esportate, nè essere conciate sul posto.
D'altra parte, la miseria che grava sulla popolazione di Sardegna frena la ripresa della vita su nuove basi democratiche e alimenta nell'isola una sorda agitazione che rischia ad ogni momento di esplodere in moti popolari, come già si è verificato recentemente a Carbonia, a Dergali, a Ozieri, a Oniferi, a Seui.
Questa prospettiva, che viene utilizzata dalle forze reazionarie dell'isola come pretesto per aggravare il clima chiuso di depressione sociale, deve invece attirare l'attenzione delle forze democratiche sulla necessità di eliminare subito dalla vita amministrativa ed economica i residui del fascismo e di distruggere rapidamente le abitudini politiche e le radici sociali che sono sole colpevoli di ogni eventuale disordine si producesse in Sardegna. La necessità essenziale, sia da un punto di vista sardo che da un punto di vista nazionale, è proprio quella di spezzare il più rapidamente possibile la situazione reazionaria che continua a soffocare l' isola.
Al 25 luglio, le truppe italiane in Sardegna erano enormemente più forti delle truppe tedesche. Si può dire quindi che l' isola, la quale non ha conosciuto la guerra (salvo i bombardamenti di Cagliari), non ha nemmeno conosciuto l'occupazione hitleriana, nè le lotte di massa contro il fascismo, nè la gioia delirante della liberazione. Nessun elemento è venuto a spezzare in Sardegna il clima politico del fascismo, nessun elemento è venuto a segnare, in forme capaci di incidere fortemente sulla coscienza popolare, il trapasso dal fascismo alla democrazia. Mentre in certe province del Continente e della Sicilia (Benevento, Avellino, Agrigento ecc.) una situazione reazionaria si è ricreata poco a poco, il clima di oppressione fascista si è
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ricostituito lentamente, nelle province sarde 1' atmosfera reazionaria del fascismo è puramente e semplicemente rimasta. Sbandati per un momento dalla catastrofe che colpiva il Paese e dalla incertezza sull'avvenire, gli elementi reazionari dell'isola hanno dapprima conservato timidamente le loro posizioni, attendendo gli eventi, poi si sono presto ripresi, rassicurati dal fatto che il vento della democrazia passava sul continente senza neanche sfiorarli e rassicurati soprattutto dalla presenza protettrice di alcuni generali reazionari che avevano provvisoriamente consolidato le loro posizioni, speculando sulla presunta gloria di una loro presunta attività bellica antitedesca. Il fascismo si era vent'anni prima sovrapposto alle popolazioni sarde prestando i suoi gagliardetti ai c partiti > locali, cricche reazionarie raccolte intorno a una o più famiglie di proprietari fondiari, oppure Clientele personali di professionisti influenti legati direttamente a interessi feudali. I capi e gli strumenti di queste cricche locali avevano conservato il potere mettendo la camicia nera, e continuando come per il passato a governare la Sardegna in nome e per conto dei gruppi dominanti del capitale finanziario continentale e dello Stato italiano, di cui il fascismo riusciva male a mascherare la rapacità; dopo il 25 luglio, conservarono ancora il potere togliendo la camicia nera e barattando rapidamente la loro c fede > fascista con quella di un altro partito più o meno esistente su scala nazionale. In molti casi le cricche cambiarono di esponente, riassumendo a loro capo qualcuno che non si era troppo mescolato al fascismo, sia perchè eccessivamente compromesso con movimenti antifascisti, sia anche, talvolta, per dignità politica. In ogni caso, le cricche restavano al potere, con i loro sindaci, i loro prefetti, i loro innumerevoli funzionari avvinghiati alle innumerevoli cariche create e inventate dal fascismo. La peculiarità della situazione reazionaria esistente oggi in Sardegna risiede proprio in questo : mentre in Sicilia, per esempio, la conquista delle cariche pubbliche da parte dei gruppi reazionari locali è avvenuta per mezzo di un arrembaggio furibondo attraverso una lotta politica durata alcuni mesi, in Sardegna questa conquista è avvenuta pacificamente, senza scosse sensibili.
Due elementi hanno contribuito a favorire lo stabilizzarsi di questa situazione, che è certamente in Sardegna più solida, più pericolosa e più odiosa che altrove in quanto tende a garantire nell'isola il rapace dominio dei capitalisti continentali, molti dei quali, oggi, si sono venduti agli invasori nazisti nell'Italia ancora occupata dal nemico: 1°) La ricostituzione dei partiti democratici, che avrebbe. potuto spazzar via le cricche locali reazionarie, o almeno comprometterne seriamente il dominio se fosse avvenuta come portato di un vasto e profondo movimento di masse, è stata invece un fenomeno relativamente superficiale che ha increspato le acque, senza riuscire a scuotere fortemente la vecchia impalcatura fascista della vita politica e amministrativa dell' isola; 2°) II movimento sardista, che avrebbe potuto mettere in moto larghe masse di contadini e di pastori, corne fece nel 1919, se avesse
avuto un orientamento e un obiettivo veramente democratico in difesa di interessi veramente sardi,
si manifestò immediatamente invece come espressione di vecchi gruppi o di vecchie clientele che avevano prosperato con il fascismo o che al fasci-
smo erano sopravvissute proprio in quanto alleate ed agenti degli_sfruttatori continentali delle masse lavoratrici sarde.
Su questo punto, per il lettore poco avvertito delle cose di Sardegna, è necessario un chiarimento: sarebbe un errore grossolano confondere il movimento sardista del 1919-1923, con il Partito sardo d'Azione di- oggi, il quale non riesce affatto, malgrado la buona volontà di alcuni suoi quadri, ad essere un movimento popolare.
Dopo la grande guerra imperialistica del 14-18, i contadini e i pastori sardi che nel viaggio di andata e ritorno fra i loro villaggi e le trincee avevano visto c il Continente >, si erano facilmente persuasi che -le belle città e la vita relativamente prospera dell' Italia settentrionale erano il frutto dei minerali esportati dalla Sardegna, dei benefizi realizzati sul lavoro e sulle foreste dei sardi, delle tasse esosamente estorte dallo Stato italiano. L'indignazione che colpì i soldati sardi, dopo tanti sa-crifizi, nel ritrovarsi di fronte alla miseria delle loro case e delle loro famiglie, diventò facilmente un fermento di idee e di energie che si polarizzarono intorno all' idea elementare che le risorse della Sardegna, tutte le sue risorse, dovevano oramai essere utilizzate dai sardi e soltanto per i sardi. Prese rapidamente corpo, animato da un giovane eroe della grande guerra, il movimento sardista il quale, separatista e autonomista che fosse, era comunque un movimento di massa, rivoluzionario o almeno progressista.
Pochi mesi di fascismo bastarono poi a decapitare il movimento sardista, corrompendone la grande maggioranza dei dirigenti e dei quadri. E vent'anni di regime fascista, durante i quali un certo progresso economico si è realizzato in senso marcatamente capitalistico, non hanno fatto che accentuare le differenze di classe. Sempre più poveri e ricaduti in un amaro scetticismo, i contadini e i pastori hanno visto i loro dirigenti sardisti del '19'23 spadroneggiare in camicia nera a capo delle cricche feudali, e arricchirsi con la nuova borghesia isolana: servi e strumenti, nell'un caso e nell'altro, del tanto aborrito sfruttatore continentale. Nell'avventura ventennale, il sardismo ha perduto definitivamente la sua base nelle masse che cercano oggi, ancora confusamente, una nuova prospettiva e delle nuove alleanze.
Infatti, allorchè il c sardismo > ha tentato di risorgere dopo il 25 luglio, la sua sola base è stata la preoccupazione egoistica delle classi possidenti sarde di sfuggire, appoggiandosi sul nemico di ieri, alla dura legge del vinto che si abbatteva sull'Italia. Perduto così ogni impulso e ogni sentimento
nazionale >, il sardismo si ripresenta oggi come la caricatura del sardismo di 25 anni or sono. D'istinto, le masse popolari hanno fiutato il trucco, del resto mal mascherato dalla fraseologia e dal costume politico fascista che continuano a dare la loro impronta • al movimento. Le clientele locali, abbastanza vaste, di alcuni grandi avvocati che hanno avuto il merito di non compromettersi direttamente col fascismo, danno un certo rilievo al Partito sardo; il quale però, incapace oramai di fare leva sulle rivendicazioni e sulle aspirazioni proprie dei lavoratori sardi, non riesce più ad essere un vero partito di masse.
D'altra parte, se il fascismo riuscì a sovrapporsi
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tanto facilmente alle popolazioni sarde, se oggi la ripresa democratica è tanto lenta, ciò si deve essenzialmente al fatto che nessuna corrente politica è ancora riuscita a vincere in Sardegna la forza centrifuga e disgregatrice delle vecchie cricche paesane reazionarie, le quali oltre a disperdere le sane energie isolane costringendole a una lotta politica di villaggio, le disgregano e le indeboliscono, rendendole impotenti contro lo sfruttamento coloniale da parte del continente. 4 Pocos, locos y mal unidos •, così un governatore spagnuolo definiva i sardi. La definizione ha conservato nei secoli un certo amaro contenuto di verità.
Il difetto essenziale dei due grandi movimenti progressisti che hanno animato in questo secolo la vita politica e culturale dell'isola, il socialismo e il sardismo, consiste appunto nel non aver saputo porre, nè tanto meno risolvere il problema dell'unità del popolo sardo contro i suoi sfruttatori ed i suoi oppressori continentali e isolani. Il socialismo poneva esclusivamente i problemi degli operai
e di alcuni altri strati di lavoratori salariati; il suo esclusivismo operaistico era tale ch'esso non vedeva praticamente al di là dei piazzali delle miniere e ch'esso riuscl ad acquistare una forte influenza soltanto nella zona mineraria, facendo dell'Iglesiente un'isola nell'isola. Il socialismo quindi, ignorando il problema fondamentale dell'alleanza degli operai
e dei contadini, e tanto più quello della funzione egemonica della classe operaia nella lotta per la democrazia, non riuscì ad avere un vero valore rivoluzionario. Il sardismo, a sua volta, respinto nettamente dai centri operai deli' Iglesiente, tentò di incanalare le rivendicazioni e le aspirazioni dei sardi in una lotta volta unicamente contro lo Stato italiano e ignorò quasi di proposito, e il grande alleato naturale dei contadini e dei pastori di Sardegna, la classe operaia italiana, e il loro nemico interno, i proprietari reazionari sardi, agenti e strumenti degli sfruttatori continentali della Sardegna. Incapace di elevarsi a una corretta analisi delle forze sociali, sia progressive che reazionarie, il sardismo ingenerò un grande confusionismo politico, dal quale trasse partito l'opportunismo, prima, la reazione, più tardi. E malgrado l'integrità morale di alcuni dirigenti sardisti, i proprietari fondiari e i loro agenti si impadronirono del movimento per smembrarlo e darlo in pasto al fascismo svuotandolo proprio, e totalmente, del suo contenuto csar-distas. Le masse che avevano seguito il sardismo degli anni eroici sono oggi profondamente disorientate; l'influenza personale di alcuni capi ancora popolari potrà senza dubbio ancora, con formule di compromessi o di patteggiamenti politici operati a scopo elettorale, prolungare l'incertezza di queste masse, introducendo nuovi elementi di disorientamento. Ma esse, in definitiva, si orienteranno inevitabilmente verso l'uno o l'altro dei due soli partiti che si presentino attualmente in Sardegna come possibili grandi partiti di massa : Il Partito comunista alleato e fratello del Partito socialista, e la Democrazia-cristiana.
E' necessario che le masse sarde si orientino verso il Partito comunista il quale, strettamente unito al Partito socialista, è il solo che possa assolvere veramente la necessaria funzione di unificazione degli operai, dei contadini, dei pastori, degli intellettuali di Sardegna, il solo che possa dare alle giuste rivendicazioni autonomistiche delle popola- zioni sarde il loro necessario contenuto sociale progressivo.
Il solo aspetto positivo della situazione attuale della Sardegna è il fatto che nell'isola, contrariamente a quanto è avvenuto nel Continente, molti problemi politici sono diventati più semplici, più accessibili alle masse. Come conseguenza degli stessi errori del vecchio socialismo e del primo sardismo, come conseguenza indiretta degli stessi orrori del fascismo, come conseguenza delle forme particolari nelle quali si è determinata l'attuale situazione reazionaria, i lavoratori sardi capiscono oggi più chiaramente quali sono le forze progressive e quali le forze reazionarie, quale è nelle linee ,generali la base sociale della ,grande alleanza capace di redi' mere l'isola, di animarne la vita col so9ro potente di una sana e nuova democrazia.
Le forze reazionarie sono quelle che hanno profittato del fascismo e della guerra e che vorrebbero oggi profittare della catastrofe nazionale, perpetuando la tirannide antisarda e antiitaliana delle cricche locali appoggiate sui prefetti reazionari, sui sindaci reazionari, sui funzionari e sui poliziotti disonesti.
Le forze progressive sono quelle che hanno sofferto del fascismo, della guerra e della disfatta e che sono oggi, all'ingrosso, rappresentate dai partiti antifascisti e particolarmente dai comunisti, dai socialisti e dalla Democrazia cristiana, alla quale peraltro si porrà sempre più nettamente il dilemma : — o abbandonare le scorie reazionarie che imprimono oggi, ad una sua importante frazione, atteggiamenti esclusivamente anticomunistici, o rinunziare ad essere un partito progressivo di massa, Il grande obiettivo politico immediato è evidentemente quello di mobilitare tutte le forze progressive per schiacciare la reazione : da una parte, dando un contributo sempre più importante alla guerra contro il nazismo e il fascismo ; dall' altra parte, spezzando decisamente la situazione locale reazionaria.
Può questa mobilitazione essere oggi politicamente efficace ? Naturalmente, la soluzione dei problemi che travagliano la vita sarda non dipende unicamente dalla volontà degli italiani e tanto meno unicamente dalla volontà dei sardi. Il miglioramento delle condizioni economiche dei lavoratori, e quindi p. e. l'elevazione del prezzo del carbone, il ristabilimento di alcuni trasporti essenziali che consentano l'esportazione di un certo contingente di formaggi e di pellami e l'importazione di alcuni prodotti industriali e di materie grasse, è certo necessario all'intensificazione della produzione di guerra in Sardegna. Come all'intensificazione dello sforzo di guerra è necessaria l'accettazione delle migliaia
e migliaia di domande di arruolamento volontario avanzate da giovani sardi e residenti in Sardegna, Tutte' queste misure non dipendono evidentemente dalla sola volontà dei sardi, ma alla adozione di esse contribuirà potentemente la volontà unitaria
e democratica che i sardi sapranno concretamente dimostrare nel comprendere le esigenze della guerra di liberazione e nell'esigere, ordinatamente ma energicamente, il risanamento della vita politica e amministrativa dell'isola. In questo senso osi può dire che la mobilitazione delle forze progressive può avere un'efficacia politica immediata.
Può d'altra parte il movimento democratico sardo legarsi a quello più vasto dell' Italia .intiera ? La
triste esperienza di questi ultimi 25 anni ha dimostrato che non basta essere sardi per essere amici della Sardegna, come non basta essere continentali , per esserne necessariamente nemici. In questi ultimi 25 anni è apparso chiaro che, come le cricche reazionarie sarde sono gli strumenti del capitalismo sfruttatore continentale così il movimento proletario ,e democratico del Continente, nemico principale del nemico principale della Sardegna, è necessariamente un alleato delle popolazioni lavoratrici 'dell'isola. E non è per caso, certo,' che il Partito comunista italiano ha fatto proprie, fin dal 1924, le aspirazioni del popolo sardo.
Come negare che oggi la vittoria militare sul nazifascismo, la distruzione all'interno delle radici, e intanto dei residui e delle forme di oppressione del fascismo, costituiscono l'interesse fondamentale comune del popolo sardo e del popolo italiano ? In questo senso si può dire che il movimento democratico sardo può, e anzi deve necessariamente legarsi a quello più vasto dell'Italia intiera. E sarà facile, per i sardi, determinare quali siano nel Continente le forze realmente progressive, giacchè ad indicarle' chiaramente contribuirà lo stesso loro atteggiamento di fronte allo sfruttamento di tipo coloniale che ha colpito fino ad oggi la Sardegna. Unità antifascista degli operai, dei contadini, dei pastori e degli intellettuali di Sardegna, in accordo con le forze democratiche progressive del Continente, contro gli sfruttatori e gli oppressori continentali e sardi, — questa' è la grande linea per la redenzione del popolo sardo.
Stabilite così, e la possibilità e le basi sociali della mobilitazione unitaria delle forze democratiche progressive in Sardegna, il grande problema politico che bisogna risolvere è quello delle forme di sviluppo del movimento democratico. Bisogna a questo proposito considerare che, mentre le forze della reazione contro il popolo sardo hanno le loro radici più profonde e le loro basi più solide nel Continente (i gruppi dominanti del capitale finanziario italiano) e trovano localmente un appoggio nelle cricche semi feudali dell'isola, agenti necessari Ina secondari dell'imperialismo, — il movimento demo- cratico sardo ha le sue radici e le sue basi essenziali in Sardegna (gli operai, i contadini, i pastori, gli intellettuali sardi) e trova nel Continente un appoggio, necessario ma non essenziale, nel movimento democratico popolare italiano. Bisogna d'altra parte considerare che, afiinchè una vera e sana democrazia risvegli sul serio alla vita politica la Sardegna, è necessario che le ,popolazioni sarde facciano esse stesse la loro esperienza, acquistino pienamente fiducia nelle proprie forze, tengano esse stesse fortemente in mano le proprie sorti. Le forme di sviluppo del movimento democratico in Sardegna debbono essere quindi necessariamente particolari alla Sardegna, adeguate agli interessi particolari dell'isola, rispondenti alle esigenze sociali ed alle aspirazioni comuni di tutti gli elementi sani della vita sarda. È quindi necessario che i sardi, nel quadro della nazione italiana alla quale essi sono profondamente attaccati, godano di una larga autonomia che renda le popolazioni stesse dell' isola garanti della loro lotta contro ogni ritorno dello sfruttamento capitalistico del Continente e contro ogni tentativo di imbavaglian,ento feudale da parte delle cricche locali reazionarie. 11 risanamento e il rin-
novamento politico dell'isola hanno necessariamente come base sociale l'unità di tutti gli elementi sani. disposti a lottare per ]ò sviluppo progressivo di tutta la Sardegna ed hanno come forma politica una larga autonomia amministrativa e di gestione economica che risponda alle giuste aspirazioni dei sardi e che acqueti le loro legittime apprensioni.
Queste sono le condizioni per la redenzione dell'isola. Questi sono i grandi problemi della vita sarda che bisogna sin da oggi impostare e avviare a soluzione. E due sono i compiti che si pongono, in relazione a,questi problemi, ai comunisti di Sardegna : — rendere politicamente attive le grandi masse delle città e delle campagne, dando loro una chiara visione delle prospettive di sviluppo del movimento democratico, che deve essere necessariamente progressivo e popolare ; fare del nostro Partito comunista il grande partito democratico e progressivo di tutto il popolo sardo, i] partito dell'unità di tutte le forze sane e progressive dell' isola, il grande partito capace di guidare i sardi nella lotta contro i loro sfruttatori ed i loro oppressori, nella lotta per la redenzione della Sardegna.
VELIO SPANO
 
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in: Catalogo KBD Periodici; Id: 30892+++
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Testata/Serie/Edizione Rinascita | mensile ('44/'62) | ed. unica
Riferimento ISBD Rinascita : rassegna di politica e cultura italiana [rivista, 1944-1991]+++
Data pubblicazione Anno: 1944 Mese: 7
Numero 2
Titolo KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 2 - luglio


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