Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - automatica: FRANCESCO FLORA. Ritratto di un ventennio. Con una lettera di Benedetto Croce. Napoli, Macchiaroli, .1944. Come colori, il ritratto è certamente riuscito. Il libro, che raccoglie una serie di conversazioni lette Ball' autore al mi- crofono, è non soltanto scritto con garbo, ma con forza : vero atto d' accusa di un intellettuale onesto, che ha sofferto per le bassezze ed infamie del fascismo, e ora le denuncia sdegnato. Il ritratto comprende, si pub dire, tutti quelli ch' io chiamerei gli aspetti esteriori della degenerazione fascista ; piece però vedere l' autore non limitarsi, come molti fecero (e con scopo preciso) dopo il 25 luglio. ai fenomeni, diremo _cosí, marginali (il /ei e il voi; la volgarità e l' istrionismo di Mussolini ; le menzogne delia propaganda ; la sconcezza dei gesti e delle parole ; ecc.), ma affrontare con coraggio questioni che già iovestono lo sostanza del fascismo, come la propaganda di guerra, la politica di brigantaggio imperialista, l' asservimento alla barbarie hitleriana e così via. Rimane nell' ombra, però, anzi in tutto il libro non è nemmeno accennato uno degli elemeuti costitutivi essenziali 'della tirannide fascista, e cioè la guerra di classe contro le libere organizzazioni proletarie e popolari, condotta dagli squadristi in forme aperte dal '19 al '26, e continuata nella sostanza, in seguito, benchè in forme di% erse, dagli organismi dello Stato. Senza questo elemento il fascismo non è pensabile, perche non sarebbe stato quello che fu. Ma perchè questo elemento scompare dallo scritto di Francesco Flora, tanto che il suo ritratto finisce per dare l' impressione di quelle immagini pittoriche, vivacissime nelle tinte, ma a cui manca la costruzione interiore º La lacuna non pub essere occasionale. E questo non già,—ne siamo convinti,—perchè l'autore, se fosse. risalito alla feroce guerra di classe che i fascisti condussero contro gli operai e i contadini e in cui si trovano le radici di tutte le degenerazioni successive, non avrebbe trovato nei delitti commessi sotto l' insegna del fascio gli stessi e anche più forti motivi di sdegno che nelle altre cose su cni egli si sofferma. Colpevole della lacuna è la concezione stessa .dei fatti politici e sociali propria dell'autore, che per mantenersi in quella che si suol chiamare la sfera dei fatti morali e per' non voler scorgere il legame tra questi e il movimento delle forze reali che agitano la società e sulle quali questa è costruita, nega a sè stesso la comprensione della realtà. Non solo il fascismo non si capisce se non si arriva a comprendere ch' esso fu la reazione feroce di determinati gruppi sociali in difesa dei loro privilegi di classe e di casta ; ma inspiegabili rimangono tanto le complicità e gli applausi ch'esso trove. nel campo internazionale (poichè coloro. che dall'estero davano a Mussolini e al suo regime tirannico il loro consenso e il loro appoggio erano gente che non si fermava nè ai gesti da istrione, ne al lei e al voi, ma guardava alla sostanza delle cose e secondo essa giudicava, mossa da un sicuro istinto di casta reazionaria), quanto la degenerazione stessa a cui il fascismo portò tra di noi. La domanda che sorge spontanea, non soltanto alla fine, ma in tutto il corso di queste conversazioni è infatti sempre la stessa — ma come fu possibile tutto questo disfacimento, questo trionfo di bestialità, questo avvento non dei migliori ma dei peggiori al governo d' un paese di 45 milioni di abitanti e intellettualmente tute altro che arretrato? E perchè questi intellettuali che oggi fremono di sdegno, non soltanto tacquero per tanto tempo, il che ancora si potrebbe spiegare, ma non riuscirono, come gruppo sociale, a esercitare una funzione qualsiasi per la salvezza del loro paese che il fascismo spingeva alla rovina? Sul piano su cui si mantiene Francesco Flora, e con lui si mantengono moltissimi dei critici attuali del regime fascista, la risposta a questi interrogativi non può essere data. Essa pub essere ata soltanto da chi scorga la natura del fascismo come tirannide non di uno stolto nè di una schiera d' ignobili prepotenti o 'd'un branco di scimmie urlatrici, ma dei gruppi più reazionari della società italiana, che la istaurarono sapendo perfettamente quello che facevano, quali erano i loro obiettivi briganteschi all' interno e nei rapporti internazionali, e che riuscirono, con un'azionè complieata sia ideologica che di organizzazione, a incatenare o a paralizzare masse ingenti di strati intermedi, e tra essi anche la maggioranza degli intellettuali. Non neghiamo nè la importanza nè la utilità dei semplici c ritratti s, quale e quello che stiamo esaminando. Sappiamo ch'essi servono e serviranno sempre a mantenere vivo uno sdegno che guai a noi se dovesse spegnersi. Nel momento però in cui il compito che ci si pone è di distruggere tutte le tracce d'un passato di vergogna e prendere le misure necessarie affinchè esso non possa risorgere mai più e sotto nessuna forma, ci sia permesso richiamare l' attenzione non solo delle masse popolari ma specialmente degli intellettuali come gruppo sociale, sulla necessità di non fermarsi all'esteriore, alle forme, ai colori, ma di scorgere la sostanza, cioè le radici contro le quali dovremo dirigere la scure, se vogliamo fare opera seria di rinnovamento e rinascita. Altrimenti nessuno può escludere che dopo aver gridato in coro s libertà • ci possa infine accadere di trovarci ancora una volta oppressi, umiliati e schiavi. P. t.
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