Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - manuale o riveduta: Dopo dieci giorni di dibattito Fidel Castro chiude i lavori dell'OLAS Gli statuti definitivi approvati rappresentano un passo avanti verso una visione complessiva dei problemi della lotta antimperialista Dal nostro corrispondente L'AVANA. 10. La conferenza dell'OLAS si è chiusa questa sera, giovedì con un innegabile successo per il rilancio rivoluzionario nell'America Latina. Mentre trasmetto l'attesa è ormai unicamente rivolta al discorso che questa sera stessa Fidel Castro pronuncerà. A questo punto però, si può dare già per acquisita l'affermazione secondo la quale è destinata a prendere forma concreta una ridestata combattività su basi continentali, delle forze anti imperialiste, articolata su una molteplicità di forme ma prevalentemente orientata verso forme di lotta armata. Gli statuti definitivi dell'OLAS, votati ieri, provvedono l'elaborazione di una strategia comune «specialmente per i paesi che trovano in lotta armata». Questa formula consentirà probabilmente lo sviluppo di una duplice strategia parallela dei partiti e dei movimenti che concentreranno tutti i loro sforzi sulla guerriglia e di quelli che invece svilupperanno verso la guerriglia soltanto forme di solidarietà e di appoggio, seguitando a perseguire obiettivi democratici attraverso lotte di massa e attendendo la prova dei fatti prima di inserirsi senza riserve nella strategia globale della guerra di liberazione. In questo senso il partito comunista cileno ha depositato, nell'ultimo giorno della Conferenza, un documento particolare nel quale si segnala una dirersa e autonoma interpretazione degli statuti dell'OLAS: il partito comunista cileno aderisce al principio della lotta armata come prospettiva della maggioranza dei paesi dell'America Latina e appoggia caldamente anche la concreta esigenza di più elevate forme di solidarietà verso i popoli che lottano con le armi contro il comune nemico imperialista. Ma per i comunisti cileni, il comitato permanente dell'OLAS non può sostituire le autonome decisioni del partito per quanto riguarda gli affari interni cileni. L'OLAS deve dunque essere una sede di coordinamento unicamente delle azioni di solidarietà, non un organismo superiore le cui decisioni possano impegnare nella loro linea di condotta ogni partito del continente. Questa divergenza ha caratterizzato lo sviluppo della conferenza. E' ovvio, e anche i compagni cubani concordano su ciò. che essa potrà essere composta soltanto sul terreno dei fatti. Per il resto, tutti sono d'accordo nel ritenere che il principale risultato di questa conferenza è stato quello di avere evitato peggiori asprezze nel confronto delle opinioni, che avrebbero anche potuto portare a qualche frattura. Il senso di responsabilità dimostrato soprattutto dai principali protagonisti: cubani, cileni e uruguaiani, ha consentito di compiere tutti insieme un passo avanti verso una visione complessiva dei problemi che comporta più realismo e maggiore fiducia nelle prospettive della lotta anti-imperialista. Tutti hanno dato qualcosa per questo. I cubani si sono sforzati di spiegare meglio la loro concezione strategica sottolineando che la linea generale della lotta armata non può significare una impossibile uniformità delle lotte, precisando che l'importanza della partecipazione delle masse contadine non vuol dire che si voglia condurre una guerra contadina, bensì una lotta orientata dall'ideologia del proletariato, e concordando infine con altri sul fatto che non è esclusa la partecipazione di strati borghesi all'azione anti imperialista e anti-oligarchica. I cubani hanno dichiarato che la loro affermazione secondo la quale esistono le condizioni per fare la rivoluzione non deve essere intesa nel senso che esista già una situazione rivoluzionaria, bensì solo nel senso che le condizioni esigono che questa sia provocata attraverso la moltiplicazione delle guerriglie. Di fronte agli Stati Uniti, che non consentono ormai più nessun cambiamento radicale del potere, solo la creazione di eserciti popolari nella maggioranza dei paesi dell'America latina può avere ragione in prospettiva della strapotenza militare dell'intervento statunitense contro la sovranità dei popoli. Tutte le delegazioni hanno accettato l'impostazione generale della strategìa basata sulla convinzione che la violenza dell'aggressione imperialista è destinata ad accrescersi. Questa è la base comune raggiunta nella conferenza dell'OLAS. Il resto sarà determinato dallo sviluppo dei fatti. La solidarietà verso gli afroamericani che si battono negli Stati Uniti non è stata espressa in forma di una risoluzione che affermasse un coordinamento della lotta capace di provocare acuti problemi internazionali in maniera intempestiva e illogica. A l'Avana l'atteggiamento comune è stato chiaro: la nuova strategia corrisponde ad una aggressione dell'imperialismo, non è di per sè stessa aggressiva. Ancora una volta, alla vigilia della chiusura, la presidenza della Conferenza ha ritenuto opportuno presentare due agenti cubani, già catturati domenica scorsa sulla costa settentrionale della provincia Pinar del Rio. I giornalisti hanno potuto convincersi della costanza e dell'incredibile frequenza di tali tentativi di infiltrazione, diretti dai servizi statunitensi, è della inaudita perfezione dei meccanismi di cui si servono i commandos attaccanti. Qualche dubbio è stato sollevato da giornalisti statunitensi, che si trovavano in evidente stato di disagio dinanzi alle prove schiaccianti della intromissione violenta dei servizi USA. Venivano esibite carte topografiche, una delle quali per dimenticanza, non era stata ritoccata e recava a chiare lettere l'intestazione dell'esercito statunitense. Venivano esposti strumenti elettronici per la composizione di “chiari” di codici segreti e per la loro decifrazione, che nessuna impresa privata può fabbricare. Veniva illustrato il funzionamento di minuscoli apparecchi trasmittenti della parlata da due a cinquemila chilometri. Ma i giornalisti di Look e dell'Associated Press manifestavano ancora dubbi. Allora è entrato improvvisamente nella sala il Presidente Osvaldo Dorticos, che ha preso petto i giornalisti statunitensi pregandoli, una volta tanto di rispondere invece che di interrogare. L'atteggiamento appassionatamente sincero e insieme cavalleresco del Presidente, che si poneva a tu per tu con i giornalisti ha creato una atmosfera insolitamente vivace. Esponenti della stampa americana di sinistra hanno solidarizzato con Dorticos, altri hanno dissentito sull'insolita forma polemica. Non vi è stata alcun incidente. Travolta la forma diplomatica, uomini si incontravano da pari a pari a considerare la drammatica realtà di un piccolo paese che un altro, ben più grande, non si rassegna di lasciare libero di disporre di sé stesso. Molti applausi, molti commenti, e alla fine una sfida a Johnson alla quale i giornalisti americani non hanno più potuto obiettare: risponda lui se la CIA interviene o meno negli affari cubani e se il suo principale obiettivo, attualmente non è quello di uccidere Fidel Castro. Saverio Tutino
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