Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - manuale o riveduta: Discussione aperta tra i critici cubani — José A. Portuondo, rettore dell'Università di Santiago, e Ambrosio Fornet/giovane scrittore habanero, parlano delle tendenze della narrativa — Realismo e «nouveau roman» — Il romanzo di Lisandro Otero e la borghesia cubana — L'opinione di Alejo Carpentier — I cineasti tengono d'occhio i film italiani. Lettera da Cuba All'Avana o in provincia il romanzo della rivoluzione? Dal nostro inviato L'AVANA, ottobre. La polemica sull'arte tra le due anime della rivoluzione continua, a Cuba, sia pure In sordina rispetto ad altre questioni pratiche di peso più immediato ed evidente. Le due anime: quella volontaristica, un po' ingenua, che crede di poter risolvere ogni problema con decisioni e proclami, e quella liberale, portata qualche volta all'opportunismo, che lascia spesso i problemi ad una soluzione spontanea, la quale può anche non venire. La polemica continua, ma dal cinema si è spostata sul piano letterario, in particolare sulla narrativa: Il romanzo della rivoluzione verrà scritto all'Avana o in provincia? Su questo curioso tema, davvero poco comune, si sono affrontati a base di articoli su giornali letterari, José A. Portuando, critico e rettore della Università di Santiago, e Ambrosio Fornet, giovane scrittore habanero. José A. Portuondo ritiene che, la narrativa giovane cubana stia seguendo una falsa r strada, quella dell'imitazione di formule estranee a Cuba, e quindi perda di vista il compito di ricostruire realisticamente una vicenda nazionale tuttora insufficientemente esplorata. Portuondo segnala alcune opere in cui si afferma «l'accento locale fra le altre La situacion di Lisandro Otero e Los muertos andan solos di Juan Arcocha. Ma le accusa di una certa superficialità nella descrizione della borghesia cubana, che ' questi giovani scrittori avrebbero colto solo in un atteggiamento esteriore decadente, secondo lo schema détta narrativa ' behaviorista (ovvero del comportamento). Insomma, la giovane narrativa — dice Portuondo — non ha ancora saputo offrire un quadro pertinente di tutto» un contorno romanzesco» della rivoluzione che pure nella realtà è esistito. Nuovo Dreiser? Secondo il critico di Santiago, si era formata — per esempio — negli ultimi decenni prima della- rivoluzione «una borghesia nazionalista che si batteva per aprirsi il cammino contro la resistenza dei grandi monopoli stranieri.» Di questo non si vede traccia, egli dice, nelle opere narrative uscite dopo la rivoluzione: «Aspettano ancora il loro Dreiser, personaggi borghesi della statura di Julio Lobo, che sognava di diventare il Napoleone dello zucchero.» Insomma Portuondo Intende battersi contro certe vie traverse, che secondo Ivi sta Imboccando la giovane narrativa, invece di seguire la strada maestra che porterebbe (immancabilmente?)al capolavoro del realismo cubano. Questa poteva essere una interessante discussione, anche perchè Portuondo dà per scontato che esistesse una combattiva borghesia nazionale cubana, di cui molti altri negano l'esistenza. Senonché il critico ha commesso lo errore di spostare la polemica su «un terreno secondario, quello di un preteso contrasto fra la provincia, sana e rivoluzionaria,simbolzzata da Santiago di Cuba e dagli scrittori di Santiago, e la capitale, corrotta e quasi controrlvduzionaria, dove vanno di moda le formule straniere, il «nouveau roman» o «l'ultimo tartamudeo mentale di Sathalie Sarraute o di Alain Robbe Grillet». Così la polemica ha cominciato a deviare verso falsi scopi. La replica è venuta da Ambrogio Fornet, sulla «Gazeta de Cuba» — un foglio letterario che si pubblica nella capitale. Da «provinciale a provinciale» il giovane Fornet rimprovera a Portuondo di voler suggerire — temi che non è compito del critico —, di non capire il valore della nuova versione della realtà contenuta nella esperienza del nuovo romanzo francese, di essere troppo vecchio per capire I giovani e di lasciarsi trascinare dalla irritazione del provinciale contro la capitale in una polemica «complessata» priva di giustificazioni profonde e pregnata da un manichesimo (da un lato tutta la purezza rivoluzionaria, dall'altro tutta la corruzione) che impedisce la visuale e toglie valore agli argomenti.Il problema è di scuotersi di dosso il provincialismo, sostiene Fornet:«quando i giovani che oggi studiano all'Avana e nei paesi socialisti ritorneranno ai loro paesi e alle loro borgate, si produrrà una seconda rivoluzione all'interno del paese, che lascerà i vecchi a bocca aperta. La provincia bisogna modernizzarla — più industrie; più meccanizzazione, più tecnici, ptU biblioteche, gallerie, centri di svago- e questo vuol dire più urbanizzazione, una vita più complessa e dinamica che alla lunga seppellirà quello che Portuondo chiama la "purezza fondamentale del provinciale». Portuondo si era probabilmente lasciato trasportare dalla polemica e aveva toccato un tasto sbagliato. Fornet ne ha approfittato, non senza una o due battute di sapore volgare («per interpretare certi fenomeni — come per far l'amore o pilotare un Mig — avere più di cinquantanni è un serio inconveniente»). Cosi la' discussione si è conclusa male. Con sacrosanta fierezza Portuondo ha risposto a Fornet dalle colonne di 'Cultura '84' edito a Santiago, che «si ha l'età che si esercita» • e che «vi sono prodotti dello esercizio di menti giovanili (dal punto di vista anagrafico) che si dissolvono per pura senilità» Quanto al fondo del problema, che Fornet ha eluso, il promotore della polemica è tornato ad esprimere la sua opinione, ma stavolta in maniera esasperata. Così è venuto fuori il solito schema secondo cui i giovani scrittori dovrebbero cercare di ispirarsi al mondo del lavoro, per esempio ai volontari che studiano a Minas del Frio (seimila maestri si stanno preparando nelle disagiate condizioni di un accantonamento di montagna, a più di mille metri sul livello del mare. La polemica sul romanzo è stata però più importante di quello che può sembrare. Nonostante tutto i giovani intellettuali che hanno seguito gli articoli di " Cultura 64" e della "Gazeta de Cuba" devono avere percepito un certo stimolo ad una ricerca artistica e culturale positiva. Questo stimolo si ritrova in Portuondo, là dove sottolinea una problematica di profonda attualità — la borghesia cubana ha espresso valori nazionali? — e in Fornet, quando polemizza sul concetto di provincia e accenna alla questìone politica del superamento dell'arretratezza e delle disuguaglianze regionali, segnalando la prospettiva della nuova rivoluzione sociale che sarà rappresentata dall'avvento di una nuova classe dirigente cubana, uscita dalle scuole socialiste. Sulla borghesia cubana degli ultimi anni del dominio imperialista, i pareri sono diversi e qui non è un discorso storico e sociologico che anche a Cuba, tra i competenti è appena iniziato. Rimanendo fermi all'oggetto detta polemica di Portuondo, c'è da riferire semmai l'opinione di altri intellettuali cubani: Raul Gutierrez Serrao ritiene che il romanzo di Lisandro Otero La Situacion riflette il comportamento della borghesia negli ultimi anni della tirannia batistlana. E il maggiore scrittore cubano vivente Alejo Carpentier che sta terminando un romanzo sull'anno del trionfo della rivoluzione, centrato sulla borghesia, pensa che nella descrizione di Lisandro Otero l'ambiente borghese — tutto ricevimenti e chiacchiere, tra un whisky e l'altro- sia visto con occhio perfino troppo benevolo. Lisandro Otero medesimo pensa di essere stato obbiettivo e ricorda che effettivamente, come sostiene Portuondo, negli ultimi anni prima della rivoluzione, si era formata una certa corrente nazionalista anche all'interno delle più rapaci famiglie di «zuccherieri». La figlia di Julio Lobo si era dedicata a studiare il folclore nazionale. Lauriano Batista Falla riuniva nella sua casa gli intellettuali per discutere con liberalità di problemi politici e culturali. Si stava formando un capitale finanziario nordamericano. Registi e film Questo aspetto del problema — e quindi della polemica — sembra il più interessante da approfondire. Gente del cinema cubano manifesta spesso la preoccupazione che si rivelino registi capaci di parlare un linguaggio aderente alla realtà del paese. Si cita come esempio il cinema italiano, si dice che certe opere di Rosi, di De Seta, di Germi, di Comencini, di Loy o di Risi sono esemplari per quello che sanno dimostrare di genuino, nella ricerca di un'espressione della realtà italiana, della storia e della cronaca del nostro paese. Vorrebbero che si potessero raggiungere risultati simili anche a Cuba. Hanno fretta, I cubani: nell'entusiasmo creativo sprigionato dalla rivoluzione vorrebbero fare miracoli. Qualche volta sembrano dimenticarsi che ogni conquista culturale è il frutto di un accumulazione, di tecnica e di conoscenza, che la rivoluzione rende certo più facile e spedita, ma che comunque costituisce sempre un processo politico e culturale complesso e non può essere sostituita nè dall'improvvisazione nè dall'imitazione. In questo senso, comunque, ci pare positivo l'apporto di una polemica come quella sorta a proposito del romanzo: sia pure marginalmente, mette il dito su un problema di conoscenza critica che è uno dei problemi base, di una nuova cultura. Conoscenza critica implica impegno politico e il problema dell'impegno politico è in definitiva quello che sta alla base di ogni discussione. Portuondo — (come Blas Roca quando iniziò la polemica col direttore dell'Istituto cubano del cinema Alfredo Guevara, l'inverno scorso) ritiene che frequentando di più la base spontaneamente rivoluzionaria del mondo del lavoro, gli artisti troverebbero l'ispirazione per creare opere più coerenti con il clima politico del paese. Troverebbero anche formule nuove per contenuti nuovi. -Sono schemi che non si può dire abbiano dato risultati validi, là dove certe prescrizioni ufficiali hanno tentato per decenni di imporli agli artisti. Ma non si vede neanche quale possa essere la validità della battaglia da posizioni antitetiche, tutte rivolte alla difesa della libertà d'espressione, fuori da concreti impegni spirituali col mondo circostante. Non si vede sinceramente la ragione di una battaglia antidogmatica a Cuba. Qui per l'artista c'è molta libertà. Il malinteso zelo di qualcuno che credeva di proteggere la cultura di massa attaccando o sabotando l'apporto individuale o di gruppo non ha avuto seguito. La direzione politica del paese ha sempre evitato di cadere negli estremi di una cultura ufficiale, strutturata in modo da assumere funzioni coercitive. Ma era forse un richiamo ad essere più partecipi, come uomini, all'impegno collettivo, quello che Portuondo voleva rivolgere ai giovani scrittori. Forse voleva, cioè, richiamare l'attenzione su questo aspetto del problema: la superiore qualità che anche lo spirito creativo dell'artista può assumere rendendosi più partecipe della vita rivoluzionaria del suo paese. Nella foga polemica, Portuondo ha dato come già esistente — già nata — una nuova coscienza e ha invitato gli scrittori a raggiungerla. Non ha visto cioè la necessità di definire in maniera unitaria il processo di una coscienza collettiva in formazione(e non già formata) e di far capire che l'impegno politico dello scrittore dovrebbe essere appunto quello di partecipare a questa formazione, in piena libertà rispetto alla scelta dei temi, alla ricerca formale, eccetera. Così ha provocato una rivolta inutile contro un'imposizione che non esiste da parte della direzione politica del paese e che sorge unicamente dallo zelo di singoli. Rimane aperto il problema di una ricerca artistica che sia stimolata interiormente da una sensibilità rivoluzionaria più adeguata a quello che già il paese, rinnovandosi rapidamente, esige. Vi sono attualmente progetti che tendono ad affermare questa esigenza, in modo oggettivo e sereno, con obbiettivi di libertà e di impegno politico serio. Ma di questo si potrà parlare quando i progetti si, realizzeranno. Saverio Tutino | | Trascrizione secondaria non visualizzabile dall'utente | | Trascrizione secondaria non visualizzabile dall'utente | |
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