Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - automatica: DISCORSO SUL MESSIANISMO La tradizione occidentale d'origine giudaico-cristiana ha così profondamente e univocamente improntato il nostro corredo di idee circa i fenomeni religiosi, che può facilmente sembrare improprio — se non irriverente — parlare di messianismo in un senso che di proposito trascende il filone religioso giudaico-cristiano. Recentemente uno studioso cattolico mi faceva osservare che il termine « messianismo » non può legittimamente applicarsi a fenomeni religiosi che non siano in qualche modo legati all'ambiente culturale originario da cui il termine stesso (cc messia », dall'ebraico máshiah = « l'unto » (di Dio), ossia « l'eletto ») trae la sua vera radice etimologica. In proposito, c'è da osservare anzitutto che lo stesso termine ebraico aveva originariamente un significato talmente generico e — per così dire — extramessianico (nel senso cristiano), che con esso indicavasi ugualmente un sommo sacerdote, un monarca israelita, in quanto cerimonialmente investiti di un'alta dignità, o perfino un alienigena pagano come il persiano Ciro, liberatore degli Ebrei deportati in Babilonia. Vero è che il termine poteva anche applicarsi a quel personaggio annunciato ed atteso per un tempo futuro dal ceppo d'Israele, da cui, secondo numerosi passi profetici, sarebbe stato determinato l'avvento dell'epoca aurea, apportatrice di libertà, pace, concordia, giustizia. Ma soltanto per effetto della successiva tradizione religiosa, cioè soltanto in ambiente cristiano ellenistico (Giov. I, 41; IV, 25), il termine « messia » doveva via via rimaner circoscritto, per identificarsi con la figura storica del « salvatore » (cc unto » = christ6s), atteso e interpretato come rinnovatore del mondo. Dunque il termine « messia » ha pur esso una storia, avendo mutato nel tempo la portata della propria accezione, da un significato generico ad uno ristretto e individuale. L'identificazione messia-Gesù è sancita in Occidente da una tradizione bimillenaria; 14 vITTORIo LA_NTERNARI ma non pare ora scientificamente illegittimo — anche alla luce della storia stessa del termine — riestendere il significato di questo ultimo, almeno dal punto di vista di una storia comparativa delle religioni, così da abbracciare una serie ben ampia di manifestazioni corrispondenti: salvo l'obbligo — ben s'intende — di ravvisare, al di là delle analogie, anche le differenze concrete fra i vari tipi di manifestazioni «messianiche ». Del resto, lo stesso complesso messianico germogliato in ambiente giudaico e riconfermato in ambiente cristiano, con la figura di un futuro salvatore, non nasce dal nulla, né é frutto d'improvvisa, miracolosa intuizione ad opera di questo o quel profeta: esso bensì rivela radici profonde e lontane, che affondano certamente fino allo strato mosaico, e assai presumibilmente piú indietro: poiché lo stesso Mosaismo é sintesi nuova, (1) di elementi in gran parte piú antichi. Comunque, i profeti ebraici posteriori, a lor volta si riallacciano ad un tema d'attesa messianica già contenuto nell'arcaico messaggio mosaico (Deut. XVIII, 15-22), rielaborandolo in forme adatte alle nuove esigenze di liberazione: o che il messia si denomini « Servo di Dio » (Isaia, XXXV, XLII), « Signore di giustizia » (Geremia, XXIII, 5-8), o « Figlio dell'uomo » (Ezechiele, XX, 33, 42, XXXIII), o « Capo dell'esercito » (Daniele, IX, 23-27), ecc. Come ipotesi di lavoro ci sembra dunque che per « messia » debba intendersi ogni ente — singolare o plurale, piú o meno antropomorfo — atteso da una collettività, nel quadro della vita religiosa, come futuro apportatore di salvezza. Ora, nel quadro generale della storia religiosa, ci pare legittimo porre il problema, se l'atteggiamento messianico sia connaturato, peculiare, esclusivo del filone giudaico-cristiano-islamico (in ordine: Mosé e profeti, Apocalisse, Mahdismo): o se esso piuttosto trovi corrispondenza in religioni eterogenee d'ambiente primitivo, indipendentemente da influenze occidentali. Già un altro grande filone messianico ricorre nel campo di certe religioni storiche fra le maggiormente progredite, Zoroastri- (:) Per il Mosaismo, come sintesi religiosa di componenti arcaiche, d'origine in parte pastorale e in parte agricola, v. LANTERNARI, La grande festa, Milano, 1959, pp. 448-51. DISCORSO SUL MESSIANISMO 15 smo e Buddismo. Nel Zoroastrismo si attendeva la venuta del Saosyant, futuro Salvatore, per la decisiva lotta contro il dio del male Angramaniu e il finale trionfo del bene. Da questa concezione, intrecciata con le teorie indo-iraniche del progressivo cor-rompimento degli evi cosmici fino alla ripresa di un nuovo ciclo del tempo, nasceva in seno al Buddismo popolare la concezione del Budda futuro, Maitreya, che quando il male avrà saturato il mondo scenderà un di sulla terra per ripristinare il regno del bene (2). Come si vede, l'attesa di un ente sovrannaturale che dovrà venire o tornare, a coronamento di un intero ciclo di esistenza degli uomini, per aprire un'era nuova liberatrice, é comune ad altre religioni fuori del filone giudaico-cristiano-islamico. In tutti i casi é interessante notare fin d'ora che l'attesa messianica viene promossa nell'ambito di movimenti religiosi di salvezza, così come Zoroastrismo, Buddismo, Mosaismo, Profetismo ebraico dell'esilio, Cristianesimo: e che tali movimenti sorsero a volta a volta in ottemperanza di bisogni reali di rinnovamento e catarsi, per effetto di uno stato di oppressione, angoscia, conflitto a livello collettivo e sociale (3). Ma converrà meglio, per avvicinarci al problema di fondo, chiederci ancora: quali sono le forme concrete, fuori dalle « grandi religioni storiche », in cui si manifesta un corrispondente, o almeno embrionale atteggiamento messianico; e ancora: su quale terreno culturale-sociale il messianismo alligna in misura tanto evidente da costituire veri e propri movimenti di attesa di salvezza? Sarà bene brevemente riandare, in proposito, ad uno dei più (2) E. ABEGG, Der Messiasglarnben ìn Indien und Iran, Berlin-Leipzig 1928. (3) Per quanto riguarda la nascita del Zoroastrismo in rapporto al conflitto di due correnti culturali eterogenee e contrapposte, cfr. il mio volume La grande festa, Milano, 1959, p. 448. Quanto alla nascita del Buddismo e del Cristianesimo in rapporto al conflitto fra sacerdotalismo-statalismo e bisogni popolari, cfr., Le mie osservazioni, in « Nuovi argomenti » 42-43, 1960, pp. 100-1. Quanto al profetismo ebraico d'epoca preesilica (Amos, Isaia, ecc.), esso va posto in rapporto con le catastrofiche calamità in atto (scisma politico-religioso, caduta del regno di Samaria) e altre intravvisabili all'orizzonte, per il popolo ebraico a causa dell'ostilità di temibili potenze vicine, e della supremazia babilonese. Quanto infine ai profeti dell'esilio, essi operano in condizioni di attuale catastrofica e disperazione collettiva. In tutti i casi i profeti interpretano un bisogno di liberazione da mali attuali o imminenti, storicamente determinati e storiograficamente identificabili. 16 VITTORIO LANTERNARI nuovi e significativi capitoli della moderna storia delle religioni: quello che concerne i movimenti profetici di libertà e di salvezza, detti variamente movimenti nativisti, revivalisti, di attesa messianica, ecc. Nella ricca letteratura riguardante i movimenti profetici a livello etnologico — senza contare i movimenti profetici di ambiente colto e moderno — sono appena iniziati tentativi di sintesi morfologica e comparativa. Da pochi mesi é uscito il primo lavoro d'assieme, di orientamento tipologico, che raccoglie e riordina il materiale etnologico su scala universale (G. Guariglia, Prophe-tismus und Heilsertvartungsbeivegungen als völkerkundliches und religionsgeschichtliches Problem, Horn-Wien 1959). Un secondo lavoro di sintesi universale, orientato in senso storico più che tipologico, é quello dello scrivente (V. Lanternari, Movimenti religiosi di libertà e di salvezza dei popoli oppressi, Milano, Feltrinelli, 1960) (4). Nel quadro dei problemi che riguardano i movimenti profetici e che ne rendono vivo e attuale lo studio, lo storico delle religioni avrà un particolare interesse ad individuare la « struttura » dei vari movimenti in questione, ossia l'insieme dei temi mitici e rituali che via via li caratterizzano. Ma, per intendere la natura e la funzione di tali movimenti, egli dovrà scomporre tale struttura nelle differenti ed eterogenee componenti storico-religiose, identificare gli elementi della tradizione arcaica che vi sono conservati, quelli acquisiti dalle religioni superiori (Cristianesimo), e infine il significato, la funzione della nuova sintesi religiosa in ciascuno effettuata. In relazione a quest'ultima esigenza, sarà importante stabilire il preciso rapporto esistente fra il messianismo in quanto fenomeno storico e la mitologia precristiana tradizione. Generalmente i profeti annunciano l'avvento o il ritorno di alcuni esseri mitici, che si configurano come i demiurghi dell'auspicato rinnovamento del mondo. L'avvento o il ritorno messianico di tali figure si presenta come sviluppo e rielaborazione di altrettanti temi mitici tradizio- (4) II materiale utilizzato in questo saggio, tranne nei casi differentemente indicati. è desunto dal mio volume. DISCORSO SUL MESSIANISMO 17 nali. Vediamo dunque, in primo luogo, di delineare in sintesi i principali di questi temi nelle rispettive rielaborazioni moderne. Uno dei temi più frequenti é quello dell'eroe culturale scomparso, di cui alcuni miti originari annunciavano esplicitamente il. ritorno. Tale tema sta al fondo di numerosi movimenti profetici presso civiltà eterogenee: il movimento Koréri (is. Schouten, N. Guinea olandese) e dei Waropen (5) (N. Guinea olandese), i movimenti brasiliani degli uomini-dio, dei pagé e dei beatos, certe forme della Ghost Dance (Indiani delle praterie), varie manifestazioni religiose africane. In questi casi dunque sì rinnova l'attesa di un eroe fondatore, protagonista di miti arcaici, e che all'origine dei tempi instaurò gli elementi della civiltà, poi si diparti promettendo un ritorno foriero di benessere. In sostanza, l'annunciato rinnovamento del mondo é inteso come rifondazione del medesimo, ed esso finisce con il costituire un'unica esperienza religiosa con quella delle origini mitiche. Il tempo dell'escaton e del rinnovamento viene a identificarsi con l'età delle origini. Tale identificazione caratterizza generalmente tutti i movimenti sincretistici di salvezza. Se ne hanno molteplici, convergenti manifestazioni. I bianchi stessi sono identificati con gli eroi culturali dell'antica mitologia. P. es. nelle isole Banks, quando sbarcò il vescovo Patteson per la sua missione evangelica, egli ed i suoi compagni di spedizione furono identificati con Qat, l'eroe trickster tradizionale, e i di lui fratelli: dei quali il mito annunciava un futuro ritorno (6). Gli Europei sono sovente identificati con i morti che tornano. È questo il tema dominante dei numerosissimi Cargo-Cults melanesiani: il viaggio marino dei morti, proprio dell'escatologia tradizionale, si fonde in un'unica esperienza con il viaggio dei bianchi giunti per mare da Occidente. Ed i morti fungono, a loro modo, da restauratori e demiurghi della palingenesi cosmica. In un caso differente, fra gli Indiani delle praterie, il nuovo profeta annunciatore del rinnovamento del mondo fu identificato — egli in (5) G. J. HELD, The Papuas of Waropen, The Hague 1957, pp. 320-1. (6) R. H. CODRINGTON, The Melanesians, rist. 1957, New Haven, pp. 166-7. Per i summenzionati movimenti Koren, e brasiliani, cfr. LANTERNARI, Movimenti religiosi di libertà e di salvezza, op. cit., pp. 184-93, 215-17. 18 VITTORIO LANTERNARI persona — con l'eroe trickster tradizionale. Tale é il caso di Tensk-watawa, uno dei promotori della Ghost Dance, identificato con Nanabhozo, l'eroe culturale algonchino (7). A volte Gesù stesso viene identificato con il mitico fondatore delle origini: i Basuto del Sudafrica lo identificano con Senkatane, eroe culturale il quale, secondo il mito locale, aveva salvato l'umanità, all'origine dei tempi, dal mostro divoratore. Senkatane era morto; ma il cuore s'era involato in cielo. Ora Gesù é Senkatane (8). L'eroe culturale dà impronta ai movimenti migratori brasiliani del sec. XVI. I profeti tupi-guarani, fondando movimenti xenofobi antibianchi, muovevano le folle a seguire itinerari verso una « terra senza mali », sulle tracce dell'eroe culturale della tradizione avita. Ma, spesso, l'eroe culturale può apparire in visione al profeta e lo ispira; in tal modo lascia la sua impronta nella genesi stessa del movimento profetico. Si pensi in proposito al movimento del profeta Nörane (Tukuna) in cui il fondatore trasse il primo impulso alla propria missione profetica dalla visione di Dyei, eroe culturale che gli prescrisse le norme del nuovo culto. Si pensi al Peiotismo, e all'esperienza visionaria di John Rave come è descritta dal Radin. Rave oniricamente si identificò con l'eroe culturale Hare, e sperimentò su di sé, in visione, la morte per opera del serpente, così come il mito narrava di Hare, inghiottito dal serpente. Ora il serpente divorava John Rave (9). Dunque, nei movimenti sincretistici ii mito dell'eroe culturale si rinnova caso per caso in guise variabili: l'eroe fondatore ritorna fra gli uomini come rinnovatore del mondo (= messia, salvatore); ovvero sono gli uomini che si danno a perseguire le tracce dell'eroe culturale migrando verso il suo mitico paese_ ; infine l'eroe culturale rivive nella visione ispirata del profeta. È stato detto da alcuni (Bastide) che la mitologia dell'eroe (7) Sui miti di Nanabhozo, cfr. Handbook of American Indians, part 2, New York 1959, pp. 19-22. (8) J. J. WILLIAMS, Africa's God, 1X, South Africa, Chestnut Hill 1938, p. 307. (9) Per il mito di Hare, primo uomo, eroe culturale, fondatore dell'ordine cosmico. cfr. P. RA0IN, The of life and death, New York, 1953, pp. 301-9, 323-4, passim. Per la visione di John Rave, cfr. Radin, Eranos Jahrbuch 18. 1950, pp. 249-90. Per il movimento del profeta Nörame, cfr. LANTERNARI, Movimenti religiosi di libertà e di salvezza, cit., pp. 170-2. DISCORSO SUL MESSIANISMO 19 culturale non é solamente importante, ma addirittura insostituibile e insomma é una conditio sine qua non per la genesi degli stessi movimenti profetici. Secondo il Bastide l'assenza di profetismi fra i negri brasiliani si giustificherebbe appunto con la mancanza di una adeguata mitologia di eroi culturali (10). In realtà, ogni movimento profetico, pur riallacciandosi a miti tradizionali, rielabora nei modi più vari e imprevedibili quei miti stessi, rinnovandoli, trasformandoli nel contenuto e nella funzione — in vista di nuove esigenze religiose —, fuori di ogni rigido schema. Si ha una grande varietà di casi, di combinazioni, di sincretismi, nelle rielaborazioni moderne del mitico eroe culturale: quest'ultimo può essere identificato coi bianchi, col profeta indigeno, con Gesù. Egli può tornare fra gli uomini, oppure possono gli uomini muoversi verso lui. Può trattarsi di un fondatore puro e semplice, o di un eroe-buffone (o trickster, come Qat, Nanabhozo). Non sempre il mito originario ne annuncia il ritorno: talora accenna soltanto a una sua scomparsa, o alla morte. Un esempio, fra gli altri, di eroe culturale scomparso di cui si attende tradizionalmente il ritorno, é Thoho-ya-Ndou, eroe dei, Bavenda. Secondo il mito, dopo aver regnato su un grande impero, egli durante una partita di caccia spari e non fu mai riveduto: ma non era morto; e si ebbe certezza, fra gli indigeni, che « un giorno sarebbe tornato fra il suo popolo, apportatore dell'antica grandezza » (11). Non consta che tale eroe culturale sia passato in alcun mito messianico moderno, nonostante il contenuto millenaristico del mito originario. Come si vede, c'è una libertà infinita nelle possibilità creative della storia religiosa. Un altro mito messianico é riportato dal P. Loupias dal Ruanda. L'eroe culturale dei Watutzi, Mutabazi, scese in terra — secondo il mito —, per preghiera degli uomini, come ambasciatore dell'essere supremo Imana; e portò agli uomini ogni sorta di beni. Ma gli uomini a un certo punto gli si rivoltarono contro e lo inchiodarono a un albero, così ch'egli mori. Fin qui il mito presenta riconoscibili influenze cristiane. Allorquando le sventure piombano sul paese — continua subito dopo il mito suddetto —, lo spirito (10) R. BASTIDE, Le monde non chretien, 1950, 15, pp. 301-8. (11) H. A. STAYT, The Batienda, London, 1931, p. 13. 20 VITTORIO LANTERNARI di Mutabazi viene ad abitare nel corpo di uno dei figli del re, che diviene così Mutabazi, e il paese é liberato dalle calamità (12). Quest'ultimo elemento del mito rivela una radice locale e precristiana. Un altro esempio di eroe culturale del quale il mito originario annunciava il ritorno é Nanabhozo (= Manabhozo). Di lui, il mito dice che dopo compiute le innumerevoli gesta con cui salvò l'umanità da mostri, finita la sua opera di demiurgo e superate infinite peripezie, si ritirò su un isolotto di ghiaccio, nel mare settentrionale. Ivi egli avrebbe dovuto permanere, senza porre piede di nuovo in terra: quando egli fosse tornato fra gli uomini, una repentina conflagrazione avrebbe consumato e distrutto il mondo intero (13). Abbiamo detto testé, che Nanabhozo veniva identificato col profeta Tenkswatawa. Il mito apocalittico originario pagano si rielaborava e si maturava in un moderno mito di rinnovamento. Ma gli eroi mitici o storici che nei movimenti profetici giavanesi rivissero reduci da un regno oltremondano, non erano destinati originariamente a rinascere. Dunque ogni volta che una rielaborazione recente annuncia il ritorno di eroi di cui il mito originario denunciava semplicemente la scomparsa o la morte, si attua uno svolgimento nuovo e spontaneo di un tema embrionale proprio della tradizione. Il messianismo moderno può si sviluppare eventuali germi più antichi di una religione di attesa e salvezza: ma esso é un prodotto nuovo, inconfondibile. Il messianismo moderno risponde, con la sua attesa di rinnovamento globale, una tantum, ad una irrepetibile situazione di rischio: l'urto coi bianchi con le sue drastiche conseguenze. Le identificazioni operate nei messianismi moderni sono varie nei modi: i sincretismi sono pur essi vari, eterogenei, spontanei. Inoltre, numerose altre figure o enti mitici, oltre all'eroe culturale, primeggiano nelle nuove formazioni profetiche. I protagonisti del ritorno alle origini e i demiurghi del rinnovamento messianico possono di gran lunga variare. (12) P. LOUPIAS, « Anthropos » 3, pp. 9-12: cit., in E. ANDERSSON, Messianic popular movements in the Lower Congo, Uppsala 1958, p. 262. (13) Handbook of Amer. Indians, loc. cit., p. 21. DISCORSO SUL MESSIANISMO 21 Frequenti nelle mitologie dei popoli a livello etnologico, sono le figure di esseri supremi. L'essere supremo é fra i modelli mitici più frequentemente riplasmati nelle nuove formazioni profetiche. Seconda innumerevoli reinterpretazioni, l'essere supremo sta al centro delle nuove mitologie sincretiste. Certe mitologie arcaiche dell'essere supremo contengono a loro volta in sé germi di attesa messianica. Vediamone alcuni casi concreti. Fra i Lamba (Rho-desiá sett.) l'essere supremo, Lesa Luchyele (altrimenti Chuveane), secondo il mito spari dopo aver creato il mondo, e promise agli uomini che sarebbe tornato. In altra versione si narra che Lesa Luchyele si ritirò, ma il figlio Kusane sarebbe tornato, apportatore di benessere e prosperità (14). Si dice anche che Kusane porrà fine alla guerra: le asce e le mazze si trasformeranno in aratri (15). Un altro caso riguarda i Nyai del Transvaal sett. Quando il P. missionario Asser predicò ivi la dottrina della passione e della morte di Cristo, alcuni aborigeni osservarono una sorprendente somiglianza fra la storia di Gesù e una delle loro tradizioni antiche. Secondo essa, il figlio di uno dei grandi capi locali sarebbe stato ucciso dai sudditi, ed in onor suo i nativi osservavano ogni sette di un giorno commemorativo. Ora, si pensava che il defunto principe, il cui nome era tuttavia ignorato, sarebbe un giorno tornato fra gli uomini, ed essi ne attendevano la venuta (16). Dall'Africa occidentale si conosce il mito di un « figlio di Dio », Ilongo ja Any-ambe, il quale avrebbe dovuto discendere, un giorno, in terra per liberare gli uomini dai tormenti e portare felicità. Secondo la fonte, ii mito era stato abbandonata poco avanti il tempo dell'indagine (1861), il che potrebbe indicare che si tratti di un mito originario (17). In tutt'altro ambiente culturale, l'Oceania, non mancano germi di messianismo nelle mitologie originarie pagane. Nelle Figi, i divini gemelli, figli dell'essere supremo Degei, erano spariti via dal. paese. Ultimamente, a seguito dell'arrivo dei bianchi, si atten- (14) C. M. DOKE, The Lambas of Northern Rhodesia, London, 1931, pp. 30-1, 226. (15) H. VON SICARD, Ngoma Lungundu, Uppsala, 1952, p. 132. (16) SICARD, op. cit., pp. 56-7. (17) R. H. NASSAU, Fetishism in west Africa, London, 1904, p. 41. 22 VITTORIO LANTERNARI deva che essi facessero ritorno alla terra nativa, e con loro sarebbero tornati tutti i morti, apportatori dell'età di beatitudine (18). Nella mitologia delle Hawaji si narra che Lono, divinità dell'agricoltura, dopo aver fondato la festa Matahiki (il Capodanno), parti per mare su una canoa e scomparve, promettendo tuttavia che sarebbe tornato per portare prodotti e ricchezze agli indigeni. La stessa festa annua Matahiki ricelebra, col rito della « canoa di Lono », la dipartita del dio, di cui si attende successivamente il ritorno (19). Come si vede, la mitologia tradizionale dei popoli incolti contiene, avanti al contatto coi bianchi, il tema del ritorno di esseri supremi, divinità, eroi culturali e altri enti mitici previamente scomparsi. Nell'urto culturale seguito all'avvento dei bianchi questo tema ben si prestava, nelle varie sue formulazioni, a venire ri-plasmato come espressione delle nuove esperienze ed esigenze messianiche indotte dall'urto stesso. Un esempio di questo processo di riplasmazione religiosa ci sembra significativo, anche al di fuori di veri e propri movimenti profetici. Fra i Babemba (Rhodesia sett.) v'è un essere supremo, Lesa Mukulu (Lesa il Grande), creatore del mondo degli uomini e della morte. Accanto a lui v'è una figura di eroina culturale, che salvò l'umanità dal mostro divoratore, uccidendo quello e ridando vita agli esseri da esso inghiottiti. Ora, i Babemba identificano il loro re, di cui osservano un culto, con l'essere supremo Lesa Mukulu, e la regina con l'eroina-demiurgo del mito. Evidentemente l'eroina è un'ipostasi femminile dell'essere supremo, pur essa a sua volta cretrice (= restauratrice) del mondo e dell'ordine. Ma l'interessante si è che gli Europei stessi, dall'epoca della loro comparsa, vennero identificato dai nativi con Lesa Mukulu, l'essere supremo o eroe culturale (20). Dunque, nel modo in cui originariamente i sostegni del mondo sociale, cioè il re e la regina, erano identificati con i protagonisti dei miti della creazione, ora i protagonisti del più grande rivolgimento culturale (18) B. H. THOMSON. The Fijians, London, 1908, pp. 141-2. (19) A. FORNANDER, Collection of Hawaiian antiquities and folklore, B.P.B. Mus. Memoris, Honolulu, VI, 1, 1919-20, p. 42. (20) J. J. WILLIAMS, Africa's God, VIII, Rhodesia, Chestnut Hill, 1938, pp. 250-3. DISCORSO SUL MESSIANISMO 23 introdotto fra i nativi, cioè i bianchi, vengono reinterpretati in chiave tradizionale, come esponenti di una mitica creazione o restaurazione del mondo. Ciò avviene anche se il mito non accennava necessariamente ad un futuro ritorno dell'essere supremo o dell'eroe culturale. P. es. secondo la profezia annunciata da Wodziwob o Tavibo ai Paviotso (Ghost Dance del 1870), un'era di liberazione stava per attuarsi per gli Indiani: il Grande spirito o essere supremo sarebbe disceso in terra, apportatore della nuova epoca paradisiaca; i morti sarebbero tornati; i bianchi sarebbero stati inghiottiti dagli abissi della terra; le loro ricchezze avrebbero appartenuto d'ora innanzi agli Indiani (21). E' chiaro che anche l'essere supremo celeste, tipicamente ozioso e ininfluente rispetto all'esistenza attuale degli uomini, come è proprio di tante mitologie arcaiche di popoli incolti, può essere spontaneamente reinterpretato, sotto l'impulso sconvolgente del contatto europeo, come ente che dovrà ritornare, apportatore della palingenesi cosmica. Il suo potere rinnovatore sta in rapporto di continuità con il suo potere magico-creativo assegnato a lui dal mito. Del resto, l'essere supremo ritorna anche in altre guise a rinnovare la religione tradizionale. Come avviene per gli spiriti dei moti, per l'eroe culturale, anch'egli appare in visione al profeta e lo istruisce sulla fondazione del nuovo movimento. E' questo il caso del Grande spirito da cui ricevettero istruzione Wowoka e i suoi prosecutori (Smohalla, Kanatuk, ecc.), per il grande movimento della Ghost Dance: è altresì il caso di John Wilson e di Handsome Lake, che dal Grande spirito ricevettero ispirazione per fondare rispettivamente il Peiotismo e la « Nuova Religione » irochese: per non dire di altri numerosi casi in cui l'essere supremo funge da elemento di congiunzione fra antico e nuovo, ed é veicolo del rinnovamento della tradizione. L'essere supremo è spesso identificato con il Dio giudaico-cristiano: ed é questa un'altra forma di sincretismo, in cui si rivaluta in senso messianico un tema mitico tradizionale. Fin qui s'è visto che il complesso dell'eroe culturale scompar- (21) J. MOONEY, Ann. Rep. Bur. Amer. Ethn. 1896, pp. 701-4. 24 VITTORIO LANTERNARI so, e dell'essere supremo che torna fra gli uomini agiscono come altrettanti germi originali del messianismo moderno fra i popoli incolti. Anche gli spiriti dei morti, nel quadro delle nuove formazioni profetiche, rivestono la funzione di rigeneratori del mondo, e a loro modo di messia e salvatori, seppure in maniera meno personale che nei casi già sopra elencati. Infatti essi agiscono collettivamente e in modo anonimo. L'attesa dei morti che tornano, nei movimenti profetici, é sperimentata come attesa di una palingenesi cosmica. Il ritorno collettivo dei morti, corredo tradizionale della religione indigena, assume un ruolo equivalente a quello del messia individuale, ed é veicolo fra i più significativi e frequenti del nuovo sincretismo messianico. E' eloquente, fra gli altri, il caso degli Indiani delle praterie seguaci della Ghost Dance e dei Californiani Pomo, Wintun, Achomawi seguaci del culto della Casa Sotterranea. Verso il 1870 masse di proseliti si mossero in cammino verso una direzione assegnata dal mito, caso per caso variabile secondo i miti locali, da cui si attendeva, conformemente all'annuncio profetico, che i morti tornassero (22). Il caso equivale a quello delle migrazioni dei Tupi-guarani verso la sede dell'eroe culturale. Nei Cargo-Cults melanesiani, già menzionati, più volte i nativi cosparsero di vessilli le spiagge e apprestarono idonei sentieri per gli spiriti, in attesa dei morti che col loro vascello avrebbero sbarcato nell'isola infinite ricchezze. A volte addirittura eressero speciali aeroporti, per accogliere i morti che sarebbero scesi dagli aeroplani messianicamente attesi (23). L'intero complesso del Cargo Cult si fonda proprio sull'attesa di un imminente rovesciamento delle condizioni attuali del vivere, di una rinascita del mondo indotta dai morti apportatori di merci e ricchezze. L'attesa dei morti come rinnovatori del mondo é fra i tratti più diffusi dei culti profetici anche d'Africa e America: dal Kimbangismo (Congo) alla Ghost Dance, ecc. I morti, più e oltre che autori della catastrofe cosmica, sono parte attiva nel processo di palingenesi. Essi volta a volta apporteranno infatti merci e ricchezze, riporteranno i (22) C. Du Bars, The Ghost Dance of 1870, Univ. Calif. Records, 3-1-1939, p. 13. (23) LANTERNARI, op. ct., cap. IV. DISCORSO SUL MESSIANISMO 25 bisonti già distrutti (Ghost Dance), attueranno l'era di libertà e di salvezza, e porranno fine alla situazione di rischio dal cui emergere i movimenti stessi sono stati promossi. Ciò che qui interessa notare è che il germe degli sviluppi messianici assunti dalla religione dei morti entro i culti profetici, già esisteva nella tradizione precristiana. I morti hanno in generale, nelle religioni tradizionali « primitive », una funzione ambivalente, poiché essi sono apportatori di bene e di male; e ciò in rapporto al più o meno scrupoloso adempimento degli obblighi rituali loro dovuti. L'attesa dei morti che tornano è uno dei lineamenti essenziali di cerimonie religiose tradizionali, soprattutto della festa di Capodanno (fra popoli coltivatori). e dei riti iniziatici (24). La stessa mitologia tradizionale indica i morti come fondatori della civiltà e di feste (25). L'attesa per il ritorno dei morti è dunque un elemento di religione messianica, alla stregua del ritorno dell'eroe culturale o dell'essere supremo. Insomma, non si può limitare la possibilità di formazioni messianiche alla presenza di un certo, unico tema mitico come l'eroe culturale. Germi di messianismo pagano si ritrovano nell'eroe culturale, nell'essere supremo, negli spiriti dei morti: ma solamente la situazione di crisi che nei nuovi culti trova espressione e riscatto, doveva fornire a tali germi un ampio e autonomo sviluppo, e doveva determinare l'insorgere dei movimenti messianici stessi. *** In sintesi, il ritorno dell'eroe culturale, dell'essere supremo, degli spiriti dei morti sono altrettante manifestazioni di una vera religione del ritorno. La religione del ritorno si manifesta in forme assai varie, legate via via ai differenti contesti culturali, alle diverse tradizioni religiose, alle variabili personalità profetiche. Ma la religione del ritorno è nucleo essenziale del messianismo in quanto tale. In virtù d'essa, l'era della salvezza si configura miticamente come ripristino dell'età delle origini. A ben guardare, ogni mo- (24) LANTERNARI, La grande festa, Milano, 1959, passim. (25) Cfr., il mito delle origini della festa milamala: op. cit., parte II, cap. I. 26 VITTORIO LANTERNARI vimento profetico dunque ha un suo aspetto messianico, perché vi si attende una salvezza portata da enti o da eventi mitici quali che siano. Abbiamo detto « enti od eventi mitici ». Infatti, oltre ai casi suesposti nei quali esiste uno o più d'un demiurgo della rinascita del mondo (eroe culturale, essere , supremo, spiriti dei morti), vi sono casi in cui la religione del ritorno assume forme ancor differenti e più originali: essa si configura insomma come attesa di, un evento particolare e concreto, cioè il ripristino d'una determinata condizione storica antica, attualmente scaduta. Senza attendere l'avvento di enti mitici quali che siano, si attende il ritorno di un'epoca storica lontana nel tempo e nell'esperienza collettiva, mitizzata e proiettata nell'immediato futuro. Essa costituirà l'epoca paradisiaca della liberazione e della salvezza. Fra le altre manifestazioni di questo genere v'è il recente movimento di Ras Tafari, tra i Negri di Giamaica. Il suo nucleo profetico si fonda sull'attesa di un « ritorno » in massa dei Negri in Africa, cioè alla lontana terra d'origine onde secoli avanti i propri antenati furono strappati dai negrieri europei. Ras Tafari, negus d'Etiopia, è mitizzato come eroe liberatore, difensore esemplare dell'indipendenza negra contro l'oppressione dei bianchi. Ras Tafari sarà, secondo i tafaristi, l'autore della liberazione e fondatore dell'era messianicamente attesa dai Negri. Come si vede, l'idea messianica di un « ritorno all'Africa » si fonda su esperienze storiche concrete, benché a loro volta pur esse passate al vaglio del mito. Insomma, l'identificazione dell'Etiopia con l'Africa, di Hailé Selas-sié col messia negro e dell'Africa stessa col regno paradisiaco della salvezza sono riplasmazioni mitiche di determinati eventi ed esperienze storiche. Ciò mostra come i miti si creano ex-novo, sotto l'impulso di esigenze vitali fattesi particolarmente urgenti e drammatiche. Altre forme religiose di « ritorno » all'Africa si esprimono, a lor modo, nei culti negri afro-americani (Vodu di Haiti, Candom-blé di Bahia, Xango, ecc.) dell'America centro-meridionale. In essi l'intensificata ripresa dei mistici riti originali africani attua simbolicamente un 1 ritorno all'Africa » nel quale trova adeguata DISCORSO SUL MESSIANISMO 27 espressione l'esigenza di autonomia religiosa e culturale dei Negri (26). Il ritorno a una lontana epoca storica ormai scaduta si annuncia e si propugna nel movimento del profeta Santos Atahuallpa, nel Perù del sec. XVIII (civiltà dei Campa). Costui predicava, come panacea d'ogni male, il ripristino dell'impero degli Incas contro la dominazione spagnola; egli stesso si presentava come ultimo antesignano degli Incas. D'altra parte nei movimenti profetici neo-brasiliani studiati da M. I. De Queiroz (movimento di Contestado, di Canudos, di Joazeiro), i fondatori auspicano il ripristino del regime monarchico e l'abolizione dell'attuale repubblica brasiliana. In attuazione di tale sogno utopistico di restaurazione, i proseliti scendevano perfino in campo, attivamente insorgendo contro il regime vi'gente (27). Infine il movimento profetico Burkhanista, sorto fra i popoli altaici nel 1904, promuoveva come via di salvezza il ripristino dell'antico e perduto impero dei Mongoli. Il fondatore, Chot Chelpan, annunciava l'imminente ritorno di Oirot Khan, condottiero dei Turchi altaici, futuro restauratore dell'antico khanato di Oirot, liberatore dal giogo zarista (28). Nei casi testé ricordati viene annunciato, su un piano messianico e mitico, il ritorno di condizioni che la storia locale offre come altrettanti modelli di « età delle origini » o — che é lo stesso — di età paradisiaca. In proposito non si dimentichi che il nucleo fondamentale del profetismo mosaico è costituito dal programma di un « ritorno » alla perduta terra di Sion, e che gli stessi profeti dell'esilio perseguono analoga idea religiosa, e cioè il « ritorno » alle condizioni storiche precedenti alle loro attuali. Non si può dunque ritenere che l'eroe culturale sia nucleo insostituibile dei movimenti profetici, senza obliterare l'infinita variabilità delle formazioni profetiche e della « religione del ritorno »: la quale ultima si configura secondo temi via via offerti dal mito (26) LANTERNARI, Movimenti religiosi ecc., Cap. III, B (movimento di Ras Tafari e culti afro-americani). (27) Op. cit., Cap. III, C, d. (28) Op. cit., Cap. VI. 28 VITTORIO LANTERNARI (eroe culturale, essere supremo, spiriti dei morti), o dalla storia (ritorno all'Africa, all'impero incaico, alla monarchia, all'impero dei Mongoli, alla stessa Sion). In tutti i casi si hanno altrettante ripla-smazioni religiose spontanee sia del mito sia della storia, in funzione di esigenze di rinnovamento. Infatti il passaggio dalla storia al mito, presso le civiltà a livello etnologico è impercettibile e pressoché continuo. Né solamente la storia remota è soggetta al processo di mitizzazione; bensì anche quella presente. Così avviene che attuali figure di profeti e fondatori diventano protagonisti di un'attesa millenaristica: si attende ch'essi ritornino in terra, apportatori dell'ambita salvezza, redentori dei mali. Tale è il caso di André Matsua, capo rivoluzionario congolese: il quale precisamente dopo che fu morto divenne esponente mitico di una millenaristica attesa. E' anche il caso dell'eroe nazionale dell'indipendenza di Haiti, Macandal: il cui spirito secondo le credenze popolari si sarebbe salvato dalle fiamme del rogo sul quale venne arso vivo. Nei movimenti profetici giavanesi si attendeva messianicamente il ritorno del « Principe Giusto » (Ratu adil); mentre fino ad epoca recentissima (sec. XX) è rimasta popolarmente diffusa fra gli Indonesiani l'attesa per il ritorno dell'eroe giavanese, principe Diponegoro (29). Anche Alexander Bedward, fondatore del Bedwardismo a Giamaica (1920), è un altro esponente di questa « religione del ritorno » fondata sulla mitica attesa di personaggi reali. Egli stesso infatti dava l'annuncio di una sua prossima ascesa in cielo, e di un successivo ritorno come redentore dei Negri. Nella religione popolare brasiliana moderna si ha il caso del profeta Joao Maria e di Padre Cicero: di costoro, i quali fondarono i movimenti profetici già menzionati, si attende tuttora vivamente il ritorno: essi ripristineranno il regno di pace e giustizia. Anche il grande filone dei movimenti mahdisti, in Africa ed Asia, esprime con periodicità ricorrente l'identica attesa di un ripristino di condizioni più antiche. In generale, lo stesso Cristo Negro così diffuso nelle religioni profetiche dell'Africa nera, rappresenta la reincarnazione messianica, proiettata in futuro, (29) Op. cit., Cap. VI. DISCORSO SUL MESSIANISMO 29 di altrettante, attuali figure di profeti nativi, dei quali si attende dunque il ritorno come liberatori. Alla morte di Isaiah Shembe, fondatore del movimento Sionista sudafricano, si diffuse l'opinione che sarebbe risorto (30). Altro caso è quello di Kanakuk, profeta dei Kikapu. Quando egli mori (1852) per una epidemia di vaiolo, si diffuse la voce che sarebbe risorto; ed alcuni seguaci in fidente attesa ne vegliarono il corpo, finché vinti essi stessi dal contagio non perirono a loro volta (31). Quando mori Simon Kimbangu, fondatore del movimento profetico di liberazione congolese, i nativi pensarono esplicitamente che sarebbe rinato. I militanti dell'esercito della Salvezza comparsi allora fra loro, furono considerati come altrettante reincarnazioni del grande Simon, del cui nome i militi bianchi portavano il segno nella S scritta sulle loro uniformi (32). Si tratta di reinterpretazioni in chiave messianica di altrettante figure appartenenti autenticamente alla storia. La storia dunque sbocca insensibilmente nel mito. Eppure é anche vero il contrario, che il mito tende decisamente verso la storia. Né si comprenderebbe il senso e la funzione dei movimenti profetici in genere, se sottovalutassimo sia le cause storiche che presiedono alla loro genesi, sia i piú immediati e drammatici sviluppi da essi assunti sul piano della storia sociale e poli- tica oltreché religiosa. Si rischia di fraintendere il valore storico dei movimenti in questione, se non si considera che, dietro e a seguito dei movimenti profetici, erompono altrettanti movimenti di liberazione, spesso insurrezionali: si costituiscono le chiese separatiste e dissidenti: si fondano nuovi santuari e centri religiosi orientati in senso decisamente autonomista. Nascono, per effetto della predicazione profetica, le nuove « città sante » sul modello biblico (per es. il movimento sionista in Sudafrica, il movimento dei Mormoni, i movimenti neobrasiliani, ecc.). Tali iniziative e tali istituzioni, pur su un piano religioso sono altrettante affermazioni di autonomismo culturale. Esse sono altrettante espressioni di rivolta sociale- (30) B. SUNDKLER, Bantu prophets in South Africa, London, 1948, pp. 111, 126. (31) J. MaoNEY, op. cit., pp. 692-700. (32) E. ANDERSSON, op. cit., pp. 126-35. 30 VITTORIO LANTERNARI politica, e insomma realizzano un bisogno attivo di autonomia e di libertà nel confronto di forze oppressive. La « religione del ritorno » si articola dunque intorno a due poli dialetticamente congiunti: mito e storia. La storia si trasfonde nel mito; il mito dà senso alla storia. Retrospettivamente la religione del ritorno reinterpreta i miti delle origini. D'altra parte essa prospetticamente proietta verso il futuro il ritorno alle origini, come realizzazione dell'escaton o rinnovamento del mondo. I vari programmi di libertà e di salvezza enunciati dai singoli profeti poggiano indubbiamente sul modello del mito, e si configurano come un ritorno alle origini. Ma nella realtà concreta, la nascita del messianismo stesso, e insomma del mitico « ritorno alle origini » é determinata da fattori di civiltà e di ambiente, dall'urto culturale, sociale, politico, con potenze o istituzioni oppressive. Quale è il significato funzionale e storico di questa « religione del ritorno » ? Il ritorno alle origini é la denuncia di un bisogno di evadere dalla situazione presente, che è in ogni caso una situazione di rischio e crisi. Fatto sta che, sul piano religioso, l'abolizione del presente non può prospettarsi se non come ritorno al tempo primordiale. Infatti il tempo religioso si distingue, per il suo carattere statico, dalla durata profana, in quanto esso é generalmente sprovvisto sia della dimensione del passato, sia di una prospettiva futura, in senso storico. Il solo « passato » religiosamente sperimentabile é quello che appartiene, o finisce per appartenere ai primordi, alle origini. È un passato mitico, prototipico, e sta insomma fuori della storia: laddove il « futuro » in senso religioso, è a sua volta un futuro messianico, escatologico, insomma mitico anch'esso e al di là della storia. In relazione a ciò, il ritorno a un passato primordiale, come viene annunciato in ciascuno dei movimenti profetici, rappresenta l'unica evasione possibile dal presente nefasto, e la sola forma accessibile, in senso religioso, di un rinnovamento della vita. D'altra parte anche l'attesa di un tempo futuro nel quale libertà, benessere, salvezza si attuino superando ogni angoscia, sfu- DISCORSO SUL MESSIANISMO 31 ma in un mito millenaristico: e tale mito rappresenta l'unica possibile soluzione religiosa del bisogno di evadere da un presente insostenibile. Il fatto si è che l'esperienza religiosa tende per sua natura tanto più nelle società aventi scarsa organizzazione sa- cerdotale —, a uscire dalla dimensione della storicità e dal piano dell'iniziativa civile. Nella coscienza collettiva si attende dunque una scadenza immediata che urge alle porte, ma insieme — e contraddittoriamente — lontana e, per la sua stessa radicalità sconvolgente, sperimentata come paurosa. Così, nel passato dei primordi e nel futuro escatologico, risulta mitizzata l'evasione da un presente penoso. E in tali forme mitiche si esprime un programma religioso di riordinamento del mondo secondo principi soddisfacenti. In effetti, il programma dei movimenti profetici è sempre un programma rivoluzionario, rinnovatore e riformatore: insomma un programma anticosmico, o volto contro l'ordine stabilito. Ma esso non esprime un bisogno puramente mistico, n6 una semplice nostalgia di epoche mitiche e di condizioni trascorse (33). V'è una dinamica storica, nei movimenti profetici, che non va dimenticata. Tale dinamica è volta energicamente al futuro. I modelli dell'età delle origini e della perfezione, proposti nei miti messianici, in tanto hanno valore, in quanto essi costituiscono altrettanti programmi di trasformazione: in quanto possono alimentare speranze di rinnovamento, e anzi rappresentano essi stessi l'inizio della rinascita. In definitiva, ciò che più conta nei movimenti profetici, al di là e contro il loro conservatorismo apparente, é l'avvio, che in essi si pone, al rinnovamento della vita religiosa, ed anche culturale, socia- (33) Mircea Eliade, il grande storico delle religioni, è fautore di un'interpretazione del tutto misticheggiante e conservatrice, di tali movimenti religiosi. Secondo l'E. la reintegrazione dello stato paradisiaco, che si esprime nei movimenti messianici (e così pure ugualmente nelle cerimonie religiose tradizionali, feste di Capodanno, Iniziazioni) ha un senso ed una funzione assolutamene autonoma; anzi essa darebbe senso all'intera storia, anche politica, delle civiltà religiose. Nei culti messianici, l'uomo agirebbe, secondo l'E., conformemente a un bisogno interiore di coerenza rispetto al cosmo, e non sotto la stretta di prementi esigenze esistenziali (M. ELIADE, Dimensions religieuses du renouvellement cosmique, Eranos Jahbuch 1960, pp. 274-5). L'E., come sempre, separa la vita religiosa dalle distinte esperienze storiche ed esistenziali che ad essa presiedono. 32 VITTORIO LANTERNARI le, politica: e tutto ciò, in risposta a bisogni esistenziali maturati attraverso la storia, per entro le civiltà in movimento. Più e al di là del passato nostalgico, é il futuro creativo che conta, per i seguaci di questi movimenti. Poiché tali movimenti sono in realtà altrettante sintesi nuove, e in ogni caso discordanti dalla tradizione corrente. La religione del ritorno si dispiega nella storia, in definitiva, come una creativa religione di rinnovamento. Quanto si é venuto dicendo — in una prospettiva « fenomeno-logica » — sui movimenti profetici a livello etnologico, sui loro miti millenaristici, sull'attesa di salvezza e sul bisogno di rigenerazione che in essi si esprimono, vale indubbiamente in pari grado per i movimenti profetici delle grandi religioni storiche, e particolarmente il Mosaismo, il profetismo ebraico dell'esilio, il Cristianesimo stesso. Sotto tale profilo, essi hanno dato via via nuova vita a un nucleo religioso embrionalmente già vivo nel « paganesimo », cioè a miti e riti di attesa di salvezza (34). Infatti, al di là delle peculiarità legate ai differenti contesti storici e culturali da cui sorge ciascun movimento, in tutti può riconoscersi un nucleo genetico, comune ad essi anche nelle religioni più arretrate. In tal senso esiste a nostro avviso, e conviene sia qui ribadita, una ininterrotta continuità di sviluppo fra le religioni cosiddette primitive e le grandi religioni storiche, compreso il Cristianesimo: talché ad un attento e spregiudicato esame, in queste ultime possono riconoscersi ï vari complessi mitici e rituali di origine antica, ripresi, rielaborati e trasformati via via in rapporta ai diversi sviluppi storico-culturali, e alle differenti, sempre rinnovate esigenze culturali e religiose. In realtà, se si ripensa all'obiezione mossa dallo studioso cattolico di cui sopra dicevasi, contro il tentativo da noi operato di unificare — in senso fenomenologico e comparativo — sotto un comune denominatore « messianico » fenomeni desunti da livelli culturali i più disparati, anche dal campo etnologico, si comprende che la preoccupazione soggiacente a quella significativa obiezione é di (34) Il primo autore che riconosce metodicamente l'attesa di salvezza come nucleo centrale dei movimenti profetici C G. GUARIGLIA, op. cit., 1959. DISCORSO SUL MESSIANISMO 33 natura soggettiva, fideistica e confessionale, non propriamente scientifica. Tale preoccupazione rivela, secondo noi, una pericolosa, sottintesa tendenza antistorica. In sostanza, per chi pieghi la propria ragione, pur nello studio scientifico, a influssi di provenienza dottrinale, fideistica e confessionale quali che siano, non é lecito unire, a titolo di una comparazione che deve essere il primo passo verso la storia, un fenomeno storico-religioso dato per unico autentico, assolutamente valido, prodotto di una vera, obiettiva rivelazione (per es. il messianismo giudaico-cristiano), con fenomeni storico-religiosi ritenuti assolutamente (e non solo storicamente) altri da esso, prodotti da ispirazioni soggettive, episodiche, inautentiche (35). Ora, in sede prettamente storica risulta per noi inconsistente il problema della cosiddetta autenticitá o meno di un'ispirazione religiosa. Invece il problema essenziale consiste nell'individuare, comparando fra loro innumerevoli movimenti dotati d'un comune aspetto messianico, le origini sociali, culturali, storiche dei mo- (35) Tale « diversità fra un messianismo autentico e altri movimenti a carattere solo tendenzialmente messianico » (« Verschiedenheit zwischen echtem Messianismus und allen jenen anderen Bewegungen, die nur tendenziell messianisch sind ») è sancita in G. GUARIGLIA, op. cit., pp. 26, 33. Iyi si assume, come elemento essenziale dei movimenti « propriamente messianici », la presenza di una persona di messia, nella quale si riassorba l'intero destino (la « storia ») degli uomini. Su cid non si può essere in disaccordo: ma è evidente che l'eroe culturale, l'essere supremo nonché i morti che tornano, nei movimenti di salvezza di genti « primitive », null'altro esprimono che precisamente il « destino », la « storia » di quelle genti, come esse l'intendono e l'auspicano per sé. Pertanto non su questa base è possibile affermare che il messianismo delle « grandi civiltà » (Hochkulturen) sia « altro » dalla « religione d'attesa di salvezza » (Heilserwartungsglaube) dei popoli « primitivi » (ibid.). L'altro elemento differenziale, secondo il G., fra messianismo « vero » e movimenti di popoli primitivi, sarebbe nel ruolo di « mediazione » (Vermittlung) che il messia svolge fra uomini e Dio. Ma ciò è come dire, implicitamente, che un messia « vero può esistere solo nell'ambtio di religioni monoteistiche: e questo è, evidentemente, il sottinteso pensiero del G.: pensiero che peraltro precede l'esposizione dei fatti, e condiziona la stessa definizione di messianismo ch'egli viene fornendo (cfr., op. cit., p. 22). È chiaro che « differenze » grandi esistono, fra messianismo di religioni prepoliteistiche, e politeistiche, e infine monoteistiche: ma tali differenze debbono riportarsi non ad « alterità » congenita dei « veri » o « inautentici » messianismi: sebbene al differente sviluppo religioso e culturale, in genere, delle varie civiltà. Quanto poi alla « storicità » della persona del messia (il G. ritiene che il messia debba essere una persona « storica », ib., p. 26), si è già detto come storia e mito s'intreccino continuamente nei movimenti di salvezza, cosicché personaggi mitici vengono pensati e attesi come coloro che discenderanno « storicamente », cioè attualmente, fra gli uomini, e viceversa personaggi storici vengono mitizzati come persone che risusciteranno e apporteranno l'atteso paradiso. 34 VITTORIO LANTERNARI vimenti messianici stessi: sia che in essi si annunci un ritorno di anonimi morti, o di un eroe culturale, o altro ancora, o infine di una figura d'uomo divino. Un secondo problema sarà di distinguere, secondo uno sviluppo storico progressivo, i differenti livelli del messianismo, in rapporto alle differenziate fasi culturali in ciascuno d'essi riflesse. In definitiva, la comparazione storico-religiosa ci consente a questo punto di identificare quello che appare il nucleo costante, morfologico e storico, del messianismo: « messianico» è in generale un movimento collettivo di fuga dal presente, di attesa di salvezza, promosso ad opera di un profeta-fondatore, in seguito ad ispirazione mistico-estatica: movimento che vuol dare inizio a un rinnovamento del mondo, attuabile in prospettiva escatologica come ritorno ad un'epoca primigenia, paradisiaca. In realtà altrettante ispirazioni mistico-estatiche sono caratteristiche di tutti i profeti fondatori, a livello etnologico così come nelle grandi religioni storiche: da Kimbangu a Wowoka, John Wilson, Handsome Lake, Te-Ua ecc. ecc. Si tratta di esperienze fondamentali, fondate volta a volta su una o piú visioni, transe o « sogni » che dir si voglia. Su un piano fenomenologico, esse equivalgono in tutto e per tutto a fenomeni per noi piú familiari, quali l'« illuminazione » del Bud-da, l'« apocalisse » di San Giovanni, la « rivelazione » di Mosè o Gesù. Per quanto riguarda lo sviluppo storico del messianismo, esso si adegua del tutto al differente grado di sviluppo sociale e culturale delle comunità portatrici. Presso civiltà religiose di tipo più arcaico, a struttura sociale poco o nulla differenziata, il « messia » assume forme più o meno impersonali ed anonime, come l'eroe culturale, l'essere supremo, i morti. A questo livello culturale, la sua funzione è indifferenziata serbando esso (od eventualmente essi, nel caso di una molteplicità anonima, come per i morti) un generico potere magico-creativo sancito dai miti delle origini. Al livello di religioni politeiste il « messia » s'identifica con una « figura divina » ben individuata nella forma, differenziata nella funzione: è il caso dei Polinesiani, con la figura di Lono, dio di carattere agrario, che scompare ed è atteso come colui che dovrà torna- DISCORSO SUL MESSIANISMO 35 re portando il benessere. Le civiltà politeistiche hanno struttura agricola, con società nettamente gerarchicizzata. Dalle civiltà politeistiche in avanti si può parlare di un « messia » individuato in senso antropomorfo, e insieme già come figura divina. Uno sviluppo ulteriore si avvera nel messianismo giudaico (Mosaismo), ove l'esigenza di affermare un puro monoteismo sopra la tendenza politeistica popolare d'origine cananea (agricola) porta ad una rivalutazione e reinterpretazione teologica della « storia » ebraica, come praeparratio di un escaton (tempo finale), nel quale si avvererà il regno di Dio. Il messia assume la veste di demiurgo di tale regno, nel quale una perfetta armonia dominerà nei rapporti fra uomini e Dio: pace, concordia, giustizia per quelli, piena e sincera venerazione per quello, al di sopra ormai d'ogni polemica antipoliteista. Pertanto la peculiarità del primo messianismo giudaico non é già nella figura d'uomo-dio assunta dal messia, quanto invece nella sua componente monoteistica, nonché nella reinterpretazione teologica e messianica della storia: la quale tuttavia resta una storia sostanzialmente « nazionale ». Infatti soltanto nei profeti dell'esilio si avvera l'ulteriore sviluppo del messianismo, in un senso decisamente universalistico. Ma non bisogna dimenticare che tale sviluppo universalistico dell'intera religione giudaica — foriero dell'universalismo cristiano — era il prodotto storico delle drammatiche esperienze subite dal popolo ebraico deportato in massa, dietro l'urto con potenze egemoniche a loro volta ostili e contrapposte fra loro in caotico groviglio d'interessi particolaristici. Da tale sconvolgente esperienza, per entro il « popolo eletto » maturava, per bocca dei suoi profeti, la coscienza di una nuova missione. Essi additavano insomma la via di salvezza in un universalismo, nel quale c'é posto per tutti i popoli, senza discriminazione d'origine. Il Cristianesimo, riprendendo il messaggio universalistico dei profeti dell'esilio e rielaborandolo in funzione d'una particolare situazione di crisi sociale-culturale, ne ripete tuttavia un tema d'origine « nazionale » : il messia, di cui in esso si attua l'avvento e di cui s'attende il ritorno alla fine dei tempi, é pur sempre « del ceppo d'Isal », é cioè di stirpe davidica. Ma il messianismo cristiano affrontava ormai consapevolmente una crisi di nuovo ordine: la crisi morale, 36 - VITTORIO LANTT;RNARI intellettuale, individuale di una cultura autocosciente e in declino, posta di fronte al problema dell'esistenza: e sanciva una via di salvezza ormai trascendentale. Tali in sintesi gli sviluppi storici concreti del messianismo, dai suoi germi embrionali nelle religioni a livello etnologico, fino alle manifestazioni più avanzate e complesse. Ma qui importa an-che rispondere all'altra domanda già postaci: su quale terreno storico-sociale-culturale il messianismo alligna così da dar luogo a nuovi, autentici movimenti di salvezza? Si pub affermare, sulla base di una documentazione amplissima, che l'annuncio di un c salvatore » imminente, o di un complesso di enti ed eventi attesi come apportatori di bene, accompagna e segue altrettante situazioni di alta tensione, crisi, precarietà esistenziale. Tali situazioni sono dovute via via ad eventi calamitosi come detribalizzazione, occupazione di terre, deculturazione (da parte dei bianchi), deportazioni e catastrofi collettive, a conflitti contro istituzioni o gruppi oppressivi da parte di gruppi subordinati, ad esigenze popolari frustrate da parte dei poteri istituzionali, ad urto fra culture di differente livello, o ad altre gravi ragioni di rischiosità collettiva, venute a maturarsi nel tempo. Dicevamo poc'anzi che c'é una continuità indissolubile, dai <c piccoli » profeti d'Africa, America, Oceania e dell'Asia coloniale o semicoloniale, fino ai grandi, universali profeti Mosé, Isaia, Gesù. Tutti, e ognuno d'essi, hanno interpretato, in maniere genuine, spontanee, ardimentose, i bisogni di altrettante società cadute in uno stato di grave precarietà, additando ad esse una nuova via di salvezza. VITTORIO LANTERNARI
| | Trascrizione secondaria non visualizzabile dall'utente | |
|
|