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tipologia: Analitici; Id: 1472461


Area del titolo e responsabilità
Tipologia Periodico
Titolo Theodor Wiesengrand Adorno, Aldous Huxley e l'utopia [traduzione di Elèmire Zolla]
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Trascrizioni
Trascrizione Non markup - automatica:
ALDOUS HUXLEY E L'UTOPIA
La catastrofe europea, gettando innanzi a sé la sua lunga ombra, ha fatto scaturire per la prima volta in America il tipo dell'emigrato intellettuale. Chi si recava nel nuovo mondo nel secolo scorso era attratto soprattutto dalle sconfinate possibilità che gli si dischiudevano: emigrava per far fortuna o almeno per trovare alle sue necessità un esito che i paesi sovrapopolati di Europa gli negavano. L'istinto di conservazione era più forte dell'istinto conservatore, e lo slancio commerciale degli Stati Uniti stava sotto il segno dello stesso principio che spingeva gli emigranti oltre l'Oceano: l'adattamento felice premeva assai più della critica, la quale avrebbe indebolito il loro buon diritto e le loro possibilità di successo. I nuovi arrivati, presi com'erano dalla lotta per la vita, erano incapaci, sia per la loro educazione che per il loro passato e la loro posizione, di distanziarsi dalla strapotenza della loro esistenza vorticosa. Quando mai avessero associato al loro trapianto dei sogni utopistici, questi si scioglievano nell'orizzonte di un'esistenza ancora informe, nella leggenda del successo, nella prospettiva di arrivare dall'ago al milione. Lo scetticismo di un visitatore •come Tocqueville, il quale s'accorse già cent'anni prima degli aspetti antiliberali dell'egua-glianza illimitata, rimase un'eccezione; il rifiuto di ciò che nel gergo dei conservatori della cultura tedesca fu chiamato americanismo fu proprio di americani come Poe, Emerson e Thoreau piuttosto che dei nuovi arrivati. Cent'anni dopo emigrarono non più singoli intellettuali ma la stessa intellighenzia europea come strato sociale; ve non solo i suoi componenti ebrei. Tutti costoro non volevano vivere meglio ma sopravvivere: le possibilità non erano più sconfinate e l'imposizione dell'adattamento veniva a colpirli per il tramite della concorrenza commerciale.
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AI posto delle distese selvagge che si schiudevano al pioniere e nelle quali egli s'illudeva anche di rigenerarsi spiritualmente, si
stabilita una civiltà che imprigiona come un sistema la vita intera, senza lasciar sussistere neanche quegli spiragli che il disordine europeo fino all'epoca delle grosse aziende aveva lasciato aperti alla coscienza non irreggimentata. All'intellettuale_
.i __. autonomo se
si fa capire che, deve eliminarsi in quanto essere
vuole raggiungere qualcosa — se vuole inserirsi come funzionario nella vita subordinata al supercartello. Il renitente che rifiuta di capitolare e di adattarsi senza residui rimane vittima dei traumi che inesorabilmente colpiscono chi non si lasci convertire in cosa dal mondo delle cose che gli torreggia sopra ciclopico. L'intellettuale, impotente nel meccanismo dei rapporti mercificati sviluppati in ogni direzione e unici ad essere ricono-sciati, reágiscé al trauma con il panico.
Ìl precipitato di tutto ciò, o meglio la sua razionalizzazione, é Brave New World di Huxley. Il romanzo, una fantasia avveniristica configurata in modo rudimentale, tenta di capire il trauma partendo dal principio della smitologizzazione del mondo, esasperandolo fino all'assurdo, ricavando l'idea della dignità umana dal riconoscimento della disumanità. La conclusione é la percezione della somiglianza di tutti i prodotti in serie, uomini o cose che siano. La metafora schopenhaueriana dei prodotti di fabbrica della natura viene presa alla lettera.
Greggi brulicanti di gemelli vengono preparati nella storta. Un incubo di infiniti sosia invade la vita di veglia dell'ultima fase del capitalismo, con il sorriso obbligatorio del garbo sfornato ¿Caile charm schools e con la coscienza di stuoli sterminati di uomini unificata sulla falsariga imposta dalla communication industry. L'esperienza della singolarità, dell'hic et nunc della esperienza spontanea, già insidiata, viene schiacciata: g uomini lion sono soltanto più consumatori dei prodotti di serie sfornati dalle aziende, ma paiono essi stessi prodotti dallo strapotere delle aziende e privi di individúazione, Lo sguardo in panico, grazie a quale vengono a Pietrificarsi in allegorie della catastrofe le os-
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servazioni inassimilabili, spezza l'illusione della quotidianità innocente. Grazie ad esso il sorriso commerciale della modella diventa ciò che in effetti è: la smorfia della vittima. I venticinque anni trascorsi dall'uscita del libro hanno permesso di verificare anche più di quanta fosse necessario: minimi orrori, come le prove per l'assunzione dei ragazzi d'ascensore, che selezionano i più sciocchi, o visioni raccapriccianti come la svalutazione razionale del cadavere. Il bravo new world è un unico campo di concentramento che si crede un paradiso non essendoci nulla da contrapporgli. Se, a seguire la dottrina della Psicologia di massa di Freud, il panico é quella condizione nella quale crollano delle potenti identificazioni collettive e le energie istintive liberate si convertono in subitanea angoscia, allora l'individuo colto dal panico sarà in grado di innervare ciò che di oscuro sta alla base dell'identificazione collettiva: la falsa coscienza dei singoli i quali, privi di una vera e verificabile solidarietà, legati ciecamente a immagini del potere, si credono d'accordo con una Totalità che li soffoca con la sua ubiquità.
Huxley é esente da quell'assennatezza folle che riesce a ricavare perfino dal peggio il solito « non é poi così male ». Egli non dà alcun credito alle favole per bambini seconda cui le pretese escrescenze della civiltà tecnica verranno sanate automaticamente dal progresso inarrestabile e sdegna i conforti tanto cari all'esiliato: che gli aspetti angosciosi della civiltà americana siano effimeri resti della sua primitività oppure salde garanzie della sua giovinezza. Non si concede alcun dubbio su questo punto: quegli aspetti non sono frammenti rimasti nella scia della cultura europea, ma piuttosto precorrimenti del futuro che l'aspetta: il vecchio mondo imita diligentemente il nuovo. Lo Stato universale di Brave New World non conosce differenze che non siano artificiosamente preservate fra i campi del golf e i laboratori di ricerche biologiche di Mombasa, di Londra o del polo nord, é simile al mondo che soggiace all'americanismo parodiato. Il mondo dovrebbe, secondo il motto di Berdiaev, adeguarsi all'utopia che si può intravedere a partire dallo stadio
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attuale della . tecnica. Invece, se si completano i suoi tratti, esso diventa un inferno: le osservazioni sullo stadio attuale della civiltà vengono spinte dalla sua teologia immanente fino all'evidenza diretta del suo disordine. Non sono tanto degli elementi tecnici o istituzionali a ribadire il quadro quanto la visione di ciò che sarebbe degli uomini qualora non conoscessero piú il bisogno. La sfera economico-politica come tale diventa di minor peso e importanza: resta sicuro che si tratta di un sistema classista iperrazionalizzato di proporzioni planetarie, di un capita- lismo di Stato pianificato fino al particolare; resta certa che la collettivizzazione totale corrisponde alla tirannide assoluta, che l'economia monetaria e l'incentivo del profitto perdurano.
Invece delle tre parole d'ordine della rivoluzione francese si proclama: Community, Identity e Stability. Community definisce una condizione della società in cui ogni singolo é sottoposto incondizionatamente al funzionamento del tutto, sul senso del quale non dovrebbe più essere possibile nel brave new world alcun interrogativo. Identity significa la sparizione delle differenze individuali, la standardizzazione spinta fino ai fondamenti biologici. Stability il tramonto di ogni dinamica sociale. La situazione astutamente calcolata si ricava per estrapolazione da certi sintomi di un esaurimento del gioco delle forze economiche nel tardo capitalismo: una perversione del Millennio. La panacea garantita dalla statica sociale è il conditioning, locuzione assai difficile a tradursi, trasferita dalla biologia e dalla psicologia behavioristica (dove significa la provocazione di certi riflessi o comportamenti mediante modificazioni deliberate del mondo circostante, attraverso il controllo di « condizioni ») la quale nella lingua corrente americana sta a significare ogni specie di controllo scientifico delle condizioni di vita: così air conditioning è il livellamento meccanico della temperatura in spazi chiusi. In Hux-j ley conditioning significa la completa preformazione dell'uomo a opera della violenza sociale che va dalla riproduzione artificiale alla determinazione tecnica del conscio e dell'inconscio nel- ` lo stadio infantile e al death conditioning, un allenamento che J
loo THEODOR WIESENGRUND ADORNO
scaccia dal fanciullo la paura della morte, per cui al fanciullo si
presentano dei morti e contemporaneamente lo si nutre di dol-
! ciumi sicché associ in avvenire le due cose. L'effetto finale del
conditioning, l'adattamento perfettamente realizzato, é l'interio-
rizzazione della pressione e della coercizione sociali in misura assai superiore a quella conosciuta dal protestantesimo: li uomi-
ni si rassegnano ad. amare ciò, .che debbono fare, senza neanc e più sapere di rassegnarsi. Così la loro felicità viene rafforzata soggettivamente e viene mantenuto l'ordine. Tutte le rappresentazioni di un'influenza esteriore della società sul singolo, per il tramite di agenti come la famiglia o la psicologia, appaiono superate. Cie) che alla famiglia é stato già fatto, viene perpetrato ai suoi danni ancora una volta nel brave new world. Come figli della società nel senso più letterale gli uomini non si trovano in un rapporto dialettico ma coincidono con essa. Esponenti volontari della Totalità collettiva nella quale é stata assorbita ogni antitesi, essi sono in senso non metaforico « socialmente condizionati » e non già adattati al sistema sociale attraverso un loro « sviluppo ».
Il rapporto di classe viene eternato biologicamente, perché i direttori della riproduzione razziale decidono fin dalla fase embrionale dell'appartenenza a questa o quella casta designata con una lettera dell'alfabeto greco. La bassa plebe viene,reclu-tata mediante fina ingegnosa divisione di cellule, fra i gemelli d'uno stesso uovo, il cui sviluppo fisico e spirituale viene inibito grazie ad un'opportuna aggiunta di alcool al sangue. Ciò significa che la riproduzione dell'idiozia viene assunta dalla trionfante cultura di massa, mentre un tempo avveniva inconsciamente, sotto la pressione del bisogno, e questo perché il bisogno potrebbe essere oramai eliminato. Pietrificando razionalmente gli irrazionali rapporti di classe Huxley ne annuncia la superfluità: ormai i confini di classe hanno perduto il carattere « naturale », la cui' illusione li produceva nella storia non controllata della umanità; ormai soltanto la selezione artificiosa e volontaria e la differenziazione amministrativa nella ripartizione del prodotto
ALDOUS HUXLEY E L'UTOPIA 101
sociale assicura la continuazione delle classi. Gli embrioni e i pargoli dei paria vengono tenuti a corto di nutrimento negli stabilimenti d'incubazione del brave new world, i dirigenti preparano un'atmosfera di suburbio artificiale. Essi preparano la bassezza e la regressione fra possibilità illimitate. Ma questa regressione — introdotta dai sistemi totalitari e da loro perfezionata — é di natura totalitaria. Huxley, che se ne intende, indica le tracce della mutilazione anche nella classe superiore: « Even alphas have been conditioned ». Anche la coscienza di coloro che possono essere un poco orgogliosi di essere individuati, é colpita dalla standardizzazione in forza della loro identificazione con il gruppo al potere. Automaticamente M essi emettono i giudizi ai quali sono condizionati, così come un grosso borghese chi oggi ciarla ifelia rrr ascitä"rêligiosa che importa assai più delle condizioni economiche o proclama di non capire l'arte moderna. Il non capire diventa una virtù. Una coppia d'inna-morati della casta superiore vola sopra la Manica nel pieno d'una tempesta e l'uomo desidera prolungare la trasvolata per non ritrovarsi in una folla, per restare vicino all'amata e fedele a se stesso. « I don't unterstand anything, 'she said with decision, determined to preserve her incomprehension intact ». L'osservazione di Huxley non identifica soltanto il rancore che suscita
la verità "odesta in chi non la può accettare, salvo mettere
a repentaglio il proprio equilibrio, ma fornisce- la diagnosi di un nuovo tabù potentissimo. Quanto più 1' esserci, l'esistenza sociale, grazie alla sua strapotenza e chiusura, diventa l'ideologia di se medesimo per l'uomo deluso, tanto più egli ne riceve lo stigma di peccatore, che osa agitare folli pensieri contra il principio per cui ciò che é ha anche ragione. Tutti vivono in aerei, ma obbediscono al comandamento inesprimibile come tutti gli autentici tabù: Non devi volare. Gli déi della terra puniranno chi si levi in volo sopra la terra. Il divieto di una mitologia dell'esistenza ridà forza alla maledizione mitologica. Huxley lo dimostra nel linguaggio. L'idiozia dello small talk obbligatorio, la conversazione come ciancia, viene portata con discrezione allo
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estremo. E' ormai molto tempo che esso non sta nei limiti della regola di gioco che proibisce la conversazione come mero dialogo di specialisti o come esigenza svergognata. La decadenza del parlare dipende dalla tendenza oggettiva. La metamorfosi virtuale del mondo in merci, l'importanza decisiva di ciò che é fatto e pensato attraverso il meccanismo sociale rende il discorso illusorio, lo fa morire, colpito dalla maledizione d,1 sem-preuguale, riducendolo a seguito di giudizi analitici. Lei, sig re di Brave New World — né per giungere a tanto é neccsssario portare a compimento le tendenze virtuali della realtà — si intrattengono fra loro solo in quanto consumatrici, la loro conversazione si aggira ormai soltanto attorno a ciò che sta nel catalogo dell'industria onnipresente, si compone di informazioni sull'offerta, oggettivamente superflue, vuoti gusci del dialogo la cui idea era di trovare ciò che ancora non si sapesse. Senza questa idea esso sarebbe ormai maturo per la sua scomparsa. Gli uomini total- mente collettivizzati e incessantemente comunicanti debbono rinunciare ad ogni comunicazione e riconocersi vnojAtadi mute, quali erano stati in segreto fin dai primordi dell'era borghese. Sprofon- Idano nella minorità arcaica.
Essi sono rescissi dallo spirito, che Huxley equipara ai beni culturali tradizionali ed esemplifica in Shakespeare, nonché dalla natura come paesaggio, immagine della Creazione intatta, di qua della società. Il contrasto di spirito e natura fu il tema della filosofia borghese al suo culmine. In Brave New World entrambi si coalizzano contro laciviltà, che contamina tutto e nulla sopporta che non si adegui ad essa. La speculazione idealistica concepiva l'unità dello spirito e della natura come la piú alta conciliazione, ora essa viene intesa come l'assoluto opposto dell'assoluta reificazione. E' possibile tanto spirito (ovvero sintesi spontanea ed autonoma della coscienza) quanta « natura » (non colta, non ancora sussunta sotto le categorie) gli si contrappone; é possibile tanta natura quanto spirito che si contrapponga consapevole alla reificazione e la trascenda invece di trasformarla per incanto in natura. Invece scompaiono i due poli:
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Huxley conosce il borghese comune nuovissimo, che osserva la baia marina come spettacolo degno di contemplazione restando seduto in automobile e ascoltando i motivetti pubblicitari radiofonici. A questo si associa l'avversione verso tutto il passato: lo spirito stesso appare sorpassato, ingrediente insipido dei fatti glorificati, dei dati ultimativi, e ciò che non é piú diventa bric-à-brac e ciarpame. Un motto attribuito a Ford: «history is bunk » getta nell'immondezzaio tutto ciò che non si adegua agli ultimi metodi di produzione industriale, in breve, ogni continuità della vita. Gli uomini vengono storpiati da tali riduzioni: la loro incapacità di percepire e pensare ciò che non é come é, l'autosufficienza senza vie d'uscita della loro esistenza, la dittatura della pura coerenza e conformità allo scopo soggettiva, ha come risultato la pura perdita della soggettività. I soggetti-oggetti prodotti scientificamente, depurati da ogni mito, del non-spirito del mondo, sono infantili.` Le re-gre`ssionii meta rovo- l04 ñtárie, ;metà procurate diventano alla fine, nel quadro della cultura di massa, precetti consapevolmente decretati per il tempo libero, « proper standards of infantile decorum », risate dell'inferno sul « non sarete come bambini » cristiano. La colpa di ciò sta nella sostituzione di tutti i fini con mezzi. Il culto del prodotto, scisso da ogni finalità oggettiva — in Brave New World domina letteralmente la religione dell'automobile prima soltanto implicita, con Ford come Signore ed il segno del modello T in luogo della croce —: l'amore feticistico dell'equipaggiamento, quel segno inconfondibile della follia che é impresso in quanti che si inorgogliscono del loro senso pratico e realistico, viene elevato a norma di vita. Questo vale anche dove la libertà sembri nel brave new world avvantaggiata. Huxley dia individuato
la contraddizione per cui in una società dove i_tabú„ses- sualihanno perduta la doro forza nterioreTe non cedono il passo al permesso del non permesso né sono fissati in vuote coercizioni, lo stesso piacere decade a povero fun, a occasione per il soddisfacimento narcisistico di aver «avuto» questa o quella. Il sesso diventa indifferente in grazia dell'istituzionalizzazione della
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promiscuità e la stessa evasione dalla società si áncora in essa.
rLa soluzione fisiologica viene desiderata come igiene; l'affetto che vi si accompagna, é cancellato come spreco di energia senza utilità sociale. Non bisogna lasciarsi prendere a nessun prezzo. L'atarassia protoborghese si è estesa a ogni reazione e, raggiungendo l'eros, si rivolge contro quel che fu un tempo il massimo bene, l'eudemonia soggettiva, in nome della quale era stata invocata la purificazione dagli affetti. Nell'estasi essa ghermisce il centro di ogni rapporto fra gli uomini, la via d'uscita dall'esistenza monadologica. Huxley individua il rapporto di complementarietà che lega la collettivizzazione e l'atomizzazione.
La sua rappresentazione dell'orgia organizzata ha un tono che solleva qualche dubbio sulla tesi satirica. Poiché questa attesta il carattere borghese dell'antiborghesismo, si chiude nella borghesia, Huxley inorridisce della temperanza, ma é intimamente nemico dell'ebrezza e non solo di quella narcotica, che un tempo egli condannava d'accordo con l'opinione comune. La sua coscienza, come quella di molti inglesi emancipati, è pre-formata dal puritanesimo che essa condanna. Libertà e avvilimento del sesso non sono scindibili, per lui. Nei suoi primi romanzi il libertinaggio appare già come eccitazione quasi localizzata, priva di aura, quasi come nelle cosiddette culture virili gli uomini sono soliti parlare delle donne e dell'amore fra loro con un gesto che, nell'orgoglio per la sovranità conquistata, svi- lisce l'argomento. In Huxley tutto si svolge più sublimatamente che nel Lawrence delle four letter words ma proprio perciò più repressamente. La sua rivolta contro la falsa felicità sacrifica anche l'idea della vera. Molto prima che egli mostrasse simpatie per il buddismo, la sua ironia svelava, ad esempio nell'autodenuncia dell'intellettuale, il penitente furioso, dal settarismo del quale il suo livello generale d'altra parte lo preserva. La fuga dal mondo porta nella colonia nudista, dove anche il sesso verrà estirpato scoprendolo. Nonostante lo sforzo di dipingere il mondo selvaggio rimasto dietro all'assoluta cultura di massa, che in Brave New World appare come relitto dell'umano, come
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ripugnante e folle, si fanno tuttavia sentire degli impulsi reazionari. Fra le figure moderne contra le quali viene scagliato l'anatema si trova anche Freud, che in un certo passo viene equiparato a Ford, ridotto a mero efficiency expert della vita interiore. Un dileggio troppo bonariamente filisteo lo colpisce quando si dice che scopri per primo « the appalling dangers of family life ». Ma in effetti egli scopri proprio questo: la giustizia storica sta dalla sua: la critica della famiglia come agente.. dell'oppressione, proprio dell'opposizione inglese fin da Samuel Butler, é sorta nello stesso momento in cui la famiglia insieme con la sua base economica ha perduto l'ultima parvenza del diritto di determinare lo sviluppo degli uomini e si é trasformata in quell'irrazionalità neutralizzata che Huxley nell'ambito della religione tradizionale chiama per nome con forza tagliente. Di fronte alla tolleranza della sessualità che egli attribuisce al mondo del futuro (con una completa incomprensione di Freud, che restò attaccato fin troppo ortodossamente alla repressione come fine educativo) Huxley si schiera con coloro che accusano l'era industriale non tanto di disumanità quanto di decadenza dei costumi. L'abissale interro ativö dialettico: se sia possibile soltanto tanta t e icrtá quanti diZaranjirraiikére, viene risolto affermativamente dal romanzo e serve da scusa `per la sopravvivenza di detail— divieti, come se mai la felicità che sorge dalla violazione dei tabù potesse legittimare i tabù, che sono al mondo non per procurare la felicità ma per respingerla. Le orgie comunitarie che avvengono regolarmente nel romanzo, il rapido obbligatorio scambio dei partner derivano direttamente dall'ottusità dell'attività sessuale ufficiale, che fa del piacere un divertimento e lo rifiuta mediante concessioni. Ma proprio in ciò, nell'impossibilità di vedere faccia a faccia il piacere, di abbandonarsi ad esso in forza della riflessione, si perpetua l'antichissimo divieto che Huxley troppo presto rimpiange. Se esso fosse davvero infranto e il piacere si fosse sciolto davvero dai freni delle istituzioni sociali, che lo stringono anche nell'orgy-porgy, il Brave New World si scioglierebbe dalla sua fissità mor-
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tuaria. Il suo principio morale fondamentale è infatti che ciascuno appartiene a ciascun altro, è l'assoluta fungibilità che elimina gli uomini come esseri singoli, liquida come mitologia la loro ultima aseità riducendoli a mezzo, a essere-per-altri, cioè, nel senso huxleyano, a nullità. Huxley nella prefazione alla edizione americana, aggiunta dopo la guerra, ha scoperto l'affinità di quel principio con l'affermazione di Sade, che fra i diritti dell'uomo esiste anche l'assoluta disponibilità sessuale di tutti per tutti. In ciò egli ravvisa la completa follia della ragione consequenziaria, ma gli sfugge l'incompatibilita della massima malfamata con il suo Stato universale dell'avvenire. Tutte le dittature hanno diffamato il libertinaggio, e gli stabilimenti di monta umana S.S. " di Himmler ne furono l'esatto contrario virtuosamente statalista. Il potere andrebbe definito come diritto di disporre di altre persone da parte di una persona, non come diritto di disporre di tutti da parte . di tutti. Un potere di questo genere non sarebbe concepibile nel quadro di qualsiasi ordinamento totalitario. Sarebbe affine, piuttosto che ad uno stato di anarchia sessuale, al rapporto di lavoro. Gli uomini esclusiva-
mente per-l'altro, l'assoluto toX!v, x6v, sarebbero si estraniati_ da se medesimi, ma anche sciolti dalla maledizione della utoconservazione, che il brave new world al pari del vecchio mono, mantiene intatta. La fungibilità pura e assoluta farebbe esplo-+ ere il nocciolo dei potere e prometterebbe la libertà. La debolezza della complessiva concezione di Huxley deriva dal fatto che egli dimmi zá senza esitazione tutti i suoi concetti, ma impedendo angosciosamente che si rovescino nel loro opposto.
La scène à faire del ,romanzo è il cozzo erotico dei due mondi: il tentativo della protagonista Lenina, il tipo della ben curata e riuscita career woman americana, di attrarre nel gioco della promiscuità doverosa il « selvaggio » che ella ama. La sua controparte maschile è il tipo del giovinetto estatico e pudico, legato alla madre e con istinti repressi, il quale preferisce godere contemplativamente del suo sentimento piuttosto di esprimerlo e si accontenta di trasfigurare liricamente l'amata; un carattere
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che viene allevato a Oxford e Cambridge come degli epsilon nella storta e che ha i requisiti sentimentali del romanzo inglese recente. Il conflitto nasce dal fatto che John sente l'offerta spiccia di se stessa da parte della bella fanciulla come una degradazione del sublime sentimento che nutre per lei e quindi la fugge. La forza persuasiva della scena si ritorce contro il suo Mema probandum. L'artificiosa grazia e la svergognatezza in cellophane di Lenina non hanno l'effetto anerotico che si vorrebbe, ma anzi sono fortemente seducenti, e lo stesso adirato selvaggio ne resta vittima alla fine del romanzo. Se ella fosse l' imago del brave new world, questo perderebbe il suo orrore. Certo ogni suo gesto é . socialmente preformato, facendo parte di un rituale convenzionale, ma oiché ella fin nell'intimo é
tutt'uno con la convenzione, la tensione ra ili á
euven natur
„ svanisce e ertanto nc ïe fa vio%riza e rêii~é ingiustat
convenzione: psicologicamente il malamente convenzionale e sempre la traccia di un'identificazione malriuscita. Il concetto ~y ` di convenzione non meno del suo opposto è labile e incerto. Attraverso la mediazione sociale totale si ristabilisce l'umanità, la immediatezza in seconda istanza dall'esterno edar& dentro. l öii mancano sihiíli' disposizioni"'netta civiTtá ämed-cana. íuxley invece costruì ce -come poli.c6htrari raggelät Nana:. nità~e la reificazione, d'accordo con tutta la tradizione romantica che ha per oggetto il contrasto dell'uomo vivo con i rapporti solidificati. Egli scorda la promessa latente della civiltà, poiché scorda che l'umanità comprende in sé oltre al contrasto con la re ie ztene—anehe~ la reificazione stessa, non solo come condizione antitetica della propria manifestazione ma anche positi- vamente, come la forma, sia pur frammentaria e inadeguata, che realizza il 'Moto soggettivo Oggettivandolo. Tutte le categorie che vengono illuminate dal romanzo, la famiglia, la paternità, il singolo e la sua proprietà, sono prodotti dalla reificazione e Huxley getta questa come maledizione sul futuro, senza comprendere la benedizione del passato, che egli invoca. Così diventa involontariamente il rappresentante di quella nostalgia, la cui
1Vb 1"tiWdAJVx wAZ0,Z 1VICV i`1u n.nru.v
affinità con la cultura di massa il suo sguardo coglie con tale penetrazione nella canzone della storta: « Bottle of mine, it's you I've always wanted! Bottle of mine, why was I decanted ?... There ain't no Bottle in all the world Like that dear Bottle of mine ».
La ribellione del « selvaggio » contro l'amata non é quindi tanto la protesta, come si vorrebbe, della pura natura umana contro la fredda protervia della moda, poiché la giustizia poetica lo rappresenta come un'aggressione di neurotico, la cui spasmodica purezza ha per motivo l'omosessualità repressa, . come potrebbe dimostrare il maltrattato Freud.
Il selvaggio ingiuria la puttana come l'ipocrita che trema di furore contro ciò che si deve inibire; mettendolo dalla parte dell'iniquità Huxley si allontana dalla critica della società. L'unico vero rappresentante della critica nel romanzo é l'alfa plus Bernard Marx il quale si rivolta contro il proprio conditioning, una caricatura scetticamente compassionevole di ebreo. Huxley sa che gli ebrei in quanto non perfettamente adattati vengono perseguitati e che quindi la loro coscienza si spinge oltre il sistema sociale; egli non mette in dubbio l'autenticità dell'acume critico di Bernard, ma esso viene attribuito ad una sorta di inferiorità organica, all'inevitabile inferiority complex e nella stesso tempo l'intellettuale ebreo radicale viene incolpato, secondo i modelli consacrati, di volgare snobismo e di obbrobriosa viltà morale. Dopo che Ibsen inventò Gregers Werle e Stockmann, anzi dalla filosofia della storia hegeliana in poi, la politica della cultura borghese, in nome di un atteggiamento che abbraccia e comprende la totalità, ha denunciato colui che la vorrebbe diversa come un autentico rampollo e insieme aborto del Tutto al quale si oppone, ribadendo inoltre che la verità, sia contra di lui sia attraverso a lui, sta pur sempre dalla parte del Tutto. Il romanziere Huxley é solidale con questo atteggiamento, mentre il profeta della cultura aborre dalla Totalità, Gregers Werle rovina coloro che vorrebbe salvare, e chiunque si ritenga piú saggio perché si ribella contro la stolidità noni'si'può"dtht—&&lite
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dalla fatuità di Bernard Marx. Senonché lo sguardo che valuta i fenomeni imparzialmente, liberamente, altamente, che vuole elevarsi al di sopra della limitatezza della negazione, del processo dialettico, non è, proprio per questa ragione, lo sguardo della verità o della giustizia, che dovrebbe invece non • tanto cogliere l'insufficienza del Meglio, per comprometterlo davanti al Male, quanto trarre da quell'insufficienza ulteriore forza per la rivolta. Alla sottovalutazione delle forze della negatività a causa della loro impotenza corrisponde la debolezza della positività, che viene contrapposta come assoluta ° alla dialettica.
Quando il « selvaggio » durante il colloquio decisivo con il world controller dichiara « what you need is something with tears for a change », la esaltazione volutamente millantatoria della sofferenza non é soltanto una caratteristica dell'individualista cocciuto, ma riconferma la metafisica cristiana, che promette la liberazione soltanto in grazia della sofferenza. Ma poiché essa non osa ripresentarsi nel romanzo, che é illuminato a dispetto di tutto, il culto della sofferenza diventa un assurdo fine in sé, vezzo d'un estetismo il cui legame con le forze più oscure non può restare ignoto a Huxley; il nietzschiano « vivi pericolosamente » che il « selvaggio » proclama dinanzi al rassegnato edonistico controllore dell'universo, andava benissimo come motto del totalitario Mussolini, perfino d'un simile controllore universale.
In un passo, nella discussione di uno scritto biologico soppresso dal controllore universale, il nocciolo di positività del romanzo affiora liberamente. Si tratta di «the sort of idea that might easily de-condition the more unsettled minds among the higher castes — make them lose their faith in happiness as the Sovereign Good and take to believing instead that the goal was somewhere beyond, somewhere outside the present human sphere; that the purpose of life was not the__ maintenance of well-_being,, but some intensification and refining of consciousness, some enrargehiéñi of knowledge ». Per quanto l'ideale sia espresso in modo così tenue e pallido e prudentemente previdente, non
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evita tuttavia la contraddittorietà. a Intensification and refining of consciousness » o K enlargement of knowledge » ipostatizzano lo Spirito contrapposto alla Prassi ed al soddisfacimento dei bisogni naturali. Però_, poiché lo spirito presuppone il processo vitale della società e la divisione del lavoro, poiché la spiritualità sta in rapporta con l'esistenza come con la propria attuazione ed é implicitamente un ordine o un'indicazione impartiti alla prassi, porre in rapporto di opposizione incondizionata ed eternata lo spirito e i bisogni materiali significa perpetuare ideologicamente la situazione di divisione del lavoro e di scisma. Nulla di spirituale, neanche il sogno piú irreale di evasione dal mondo fu mai concepito che non comprendesse nel suo contenuto oggettivo la modificazione della realtà materiale. Non vi fu mai affetto, interiorità che non additasse alla fin fine all'esteriorità, e quindi, grazie ad una tale sia pur sublimata intenzionalità, non la sgretolasse mutandola in apparenza e falsità. Perfino la passione perdutamente abbandonata di Romeo e Giulietta, che Huxley trasforma in un tal quale K valore », non è un in-sé autarchico, ma diventa spirituale e piú che mero spettacolo dell'anima, in quanta addita di là dello spirito all'unione carnale svelata da Huxley nella nostalgia che la significa; la bellezza di « era l'usignolo e non l'allodola » non si può scindere dalla simbologia sessuale. Esaltare l'aubade per la sua trascendenza, senza darle ascolto e quindi senza rendersi conto che essa non si chiude in sé come trascendenza, ma vuole essere appagata, sarebbe altrettanto vacuo quanta la sessualità misurata col compasso nel Brave New World, la quale uccide l'incanto che non si lascia conservare in sé e per sé. L'ignominia di oggi non sta nella preponderanza della cosiddetta cultura materiale sulla spirituale; in un lamento di questo genere Huxley si troverebbe accanto come indesiderati compagni gli Arch-Commu-nty-Songsters di tutte le sette e filosofie neutralizzate. Piuttosto é da mettere sotto accusa la separazione socialmente imposta della coscienza dalla sua attuazione sociale, nella quale dovrebbe avere la sua sostanza. Già il carisma fra spiritualità e materialità
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che la filosofia perenne di Huxley istituisce, la sostituzione della « faith in happiness » con un indeterminato ed astratto « goal somewhere beyond » rafforza la condizione reificata i cui sintomi gli sono insopportabili, la neutralizzazione della cultura separata dal processo di produzione materiale. Horkheimer formulò così il concetto: « se si fa una distinzione tra bisogni materiali e spirituali allora bisogna insistere senza dubbio sul soddisfacimento di quelli materiali, perché in questo è implicita la trasformazione sociale, ed esso comprende per cosí dire la giusta società che procura a tutti gli uomini le migliori condizioni di vita possibili e coincide con l'eliminazione del potere cattivo. Ribadire però l'esigenza isolata e ideale porta all'irrazionalità reale: non si può far valere il diritto alla nostalgia, alla coscienza trascendente, alla vita pericolosa. J.a lotta contro la cultura di massa può consistere soltanto nella dimostrazione del legame fra questa e la perpetuazione dell'ingiustizia sociale. Sarebbe ridicolo accusare la gomma da masticare di nuocere alla disposizione per la metafisica, ma si potrebbe probabilmente dimostrare che i guadagni di Wrigley ed il suo palazzo a Chicago sono sostenuti dalla funzione sociale di conciliare gli uomini con le situazioni cattive, di distoglierli dalla critica. Occorre dimo- strare non che la gomma da masticare rechi danno alla metafisica, ma che è essa stessa metafisica, Non critichiamo la cul- tura di massa perchè essa dia troppo agli uomini o renda troppo sicura la vita, questo lasciamo. alla teologia luterana, ma perchè essa aiuta a far si che gli uomini ricevano troppo poco e cose troppo cattive, che interi strati vivano in una miseria interiore ed esterna spaventosa, che gli uomini si adattino all'ingiustizia, perchè essa tiene fermo il mondo in una situazione in cui si è costretti ad aspettare da un verso catastrofi gigantesche, dall'altro la congiura di élites astutissime per mantenere un precario e discutibile stato di pace ».
Huxley contrappone a correttivo della sfera dei soddisfacimenti di bisogni un'altra che la guarda con sospetto e che la borghesia chiama l'alta cultura, stando ferma ad un concetto
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invariante e biologico del bisogno. Ma ogni bisogno umano é nella sua configurazione concreta, mediato dalla storia. La statica che oggi sembra propria dei bisogni, il loro fissarsi nella riproduzione del sempreuguale, é soltanto il riflesso della produzione materiale, che con l'eliminazione del mercato e della concorrenza e dato il contemporaneo perdurare dei rapporti di proprietà, assume un carattere stazionario. Con la fine di questa statica il bisogno avrà tutt'altro aspetto. Se la produzione viene indirizzata al soddisfacimento dei bisogni e soprattutto di quelli prodotti dal sistema finora imperante, gli stessi bisogni si modificheranno in maniera decisiva. L'indistinguibilità del bisogno autentico dal falso é proprio della fase presente. In essa la riproduzione della vita e la sua repressione formano un tutto unico, che è ravvisabile come legge del Tutto ma non nei particolari. Un giorno si dimostrerà assai rapidamente che gli uomini non hanno bisogno dell'obbrobrio che offre loro l'industria culturale. L'idea che il cinematografo sia necessario accanto all'abitazione ed al nutrimento per la riproduzione della forza lavo- rativa é vera soltanto in un mondo che piega gli uomini alla riproduzione della forza lavorativa e costringe i loro bisogni ad armonizzarsi con l'interesse dell'offerta e dei controlli sociali. L'idea che una società emancipata smanii per la cattiva recitazione di Lametta o le pessime zuppe di Devory é assurda. Tanto migliore la zuppa tanto maggiore il disprezzo per Lametta. Se sparisce la miseria sparirà il rapporto fra bisogno e soddisfacimento. Oggi la coazione a produrre il bisogno nella sua forma mediata é uno dei mezzi principali per tenere tutti al loro posto. Nulla dev'essere pensato, scritto, fatto che guardi di là da una situazione che si protrae grazie ai bisogni di coloro che ne sono vittime. E impensabile che la coazione a soddisfare i bisogni continui ad agire come vincolo in una società diversa. La società presente ha inibito l'appagamento dei bisogni in essa immanenti, ma ha anche limitato la produzione con i rimproveri ai bisogni. Essa é stata tanto pratica quanto irrazionale. Un ordinamento che abolisca l'irrazionalità nella quale é stata in-
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vischiata la produzione delle merci, ma appaghi i bisogni, potrà anche abolire lo spirito pratico che si rispecchia nell'assenza di finalità dell'art pour l'art borghese. Supererà non soltanto l'antagonismo della produzione e del consumo, ma anche la loro ultimissima unificazione da parte del capitalismo di Stato, convergendo verso l'idea che, nelle parole di Karl Kraus « Dio non fece l'uomo come produttore o consumatore, ma come uomo ». A tal punto non sarà vergognoso che qualcosa non sia utile, l'adattamento sociale non avrà senso, la produzione agirà sui bisogni in modo reale e non distorto: non perché placherà il bisogno con cose inutili, ma perché il sazio potrà orientarsi nel mondo senza ricorrere al criterio dell'utilità universale.
Nella critica del falso bisogno Huxley tiene ferma l'idea dell'oggettività della felicità. L'ottusa ripetizione della proposizione everybody's happy now diventa il massimo capo di accusa. Fin quando gli uomini vengano formati da un ordinamento fondato sulla rinuncia e sull'inganno e fin tanto che i loro bisogni vengano modellati da questo ordinamento, la felicità, che coincide con il soddisfacimento di tali bisogni, é veramente un male, nulla più dell'ultima ruota del congegno. Mentre nel mondo integrale che non tollera il dolore vale più che mai il precetto della lettera ai Romani: « piangete con chi piange », l'altro: « rallegratevi con gli allegri », diventa invece macabro scherzo: la superstite gioia che l'ordinamento lascia a coloro che inquadra deriva dalla perpetuazione del dolore. Perciò la rinuncia alla falsa felicità suona oggi sovversiva. La reazione di Lenina di fronte al suo «selvaggio» che trova disgustoso un film idiota: « why did he go out of his way to spoil things ? », é la manifestazione tipica di una opaca struttura di inganni. Che non si debbano derubare gli uomini é una proibizione che ha sempre fatto parte del tesoro di proverbi di coloro che rubano. Ma la descrizione dell'irritazione di Lenina contiene anche l'elemento della critica alla concezione di Huxley stesso. Per lui la dimostrazione délia nullità della gioia soggettiva secondo i criteri della cultura tradizionale significa altresì la nullità della
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gioia in sé. Al suo posto dovrebbe porsi un'ontologia distillata dalla religione e dalla filosofia antiche, per cui la gioia ed il sommo bene oggettivo sarebbero inconciliabili. Una società che mirasse soltanto alla gioia cadrebbe nella « insanity », nell'imbe-stiamento meccanico. Ma la difesa troppo accesa di Lenina tradisce l'insicurezza, il sospetto che la sua specie di gioia sia infirmata dalla contraddizione interna di non essere affatto vera gioia. Per afferrare l'imbecillità di quel film e quindi la « disperazione oggettiva » dei suoi spettatori, non era necessario rammentare farisaicamente Shakespeare. Ma è l'essenza stessa del film, come duplicazione e rafforzamento di ciò che é, la sua superfluità e insensatezza stridenti nel tempo libero ancorato all'infantilismo, l'incompatibilità del realismo fondato sulla duplicazione e della contemporanea pretesa di essere immagine — tutto questo appare in evidenza nella cosa stessa, senza ricorsi a vérités eternelles dogmaticamente citate. Che il circolo vizioso tracciato così accuratamente da Huxley abbia le sue lacune, non dipende dalle manchevolezze della sua costruzione fantastica, ma dall'idea di una felicità soggettivamente completa e oggettivamente contraddittoria. Se valesse la sua critica del meramente soggettivo, cadrebbe l'idea di una felicità oggettiva, scissa dalle aspirazioni umane e ipostatizzata non meno dell'ideologia. Radice della falsità é la separazione congelata in un'alternativa immutevole. Mustapha Mond il raisonneur nonché avvocato del diavolo del libro che incarna la coscienza più esposta del brave new world, riduce a formula quell'alternativa. All'affermazione del « selvaggio » che l'uomo viene degradato dalla civiltà totale, egli risponde: «Degrade him from what position? As a happy, hardworking, goods-consuming citizen he's perfect. Of course, if you choose some other standard than ours, then perhaps you might say he was degraded. But you've got to stick to one set of postulates ? ». Nelle doppie set of postulates che vengono offerti per la scelta come prodotti finiti, traspare il relativismo. L'esigenza di verità si scioglie in una relazione del tipo se questo si accetta, allora. Così anche il mondo dei
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valori isolato dalla profondità ed interiorità diventa preda della pragmatizzazione. Il «selvaggio» riferisce che durante uno dei suoi accessi ascetici stette a braccia tese sopra una collina avvolta da un calore rovente, per sperimentare le sensazioni di un crocifisso. Alle richieste di spiegazione, dà la curiosa risposta: « Because I feel I aught to. If Jesus could stand it. And then, if one has done something wrong... Besides, I was unhappy, that was the other reason ». Se il « selvaggio » non riesce a trovare altra giustificazione per la sua avventura religiosa e per la scelta del dolore se non l'aver sofferto, non può certo opporsi al suo intervistatore, il quale pensa sia più ragionevole prendere la droga che tutto risana, il Soma, per curarsi delle depressioni. Irrazia• nalmente ipostatizzato, quindi ridotto a mero dato esistenziale, il mondo delle idee esige ancora una giustificazione attraverso il meramente esistente: viene coordinato cioè in vista della felicità empirica che esso dovrebbe negare.
La grezza alternativa di ..senso . oggettivo e . felicità- soggettiva, la__ tesi__dell'incompatibilità, è il fondamento_ filosnfico__clella conclusione reazionaria del romanzo, che suona: si deve deci-dere—tra la barbarie della felicità e la cultura come condizione oggettivamente più alta, che comprende in sé l'infelicità. « La progressiva sottomissione della natura e della società » l'interpreta Herbert Marcuse, « lascia da parte ogni trascendenza, fisica e psichica, La cultura come denominazione compendiaria, di uno dei lati del dilemma, vive di inappagamenti, nostalgia, 1 fede, dolore e speranza, in breve, di ciò che non è, ma trapela nella realtà. Ciò significa però che la cultura vive nell'infelicità ». Il nodo della controversia sta nella valida disgiunzione: che non si possa aver l'uno senza l'altro, non la tecnica senza la death conditioning, non il progresso senza la congiunta regressione infantile. Ma bisogna sciogliere la purezza del pensiero dalla coscienza ideologica coatta. Soltanto il conformismo potrebbe venire a patti con l'obiettiva follia considerandola un mero inci- dente dello sviluppo storico. La regressione è essenzialmente un coerente sviluppo del potere. La teoria non può con bonaria libertà ac-
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cettare ciò che le si adatta nella tendenza storica, lasciando stare tutto il resto. I tentativi filosofici di adottare un « atteggiamento positivo » verso la tecnica, invocando per& che ad essa si dia un senso sono consolazioni artigianali e favoriscono soltanto la più discutibi-
le gioia del lavoro ». Ma la pressione che esercita universalmente
il brave new world è in forza del suo stesso concetto inconciliabile con quella statica mortuaria che la converte in incubo. Non a caso tutti i personaggi principali come Lenina hanno tratti di smarrimento soggettivo. L'aut aut è falso. La condizione di completa immanenza raffigurata con compiaciuto orrore si trascende non grazie ad una selezione (introdotta dall'esterno e impotente) del desiderabile e dell'eliminabile, ma in virtù della sua essenza oggettiva. Huxley è a conoscenza della tendenza storica che si impone al disopra degli uomini: essa gli pare l'autoalienazione e il totale estraniamento del soggetto, che si riduce a puro mezzo, senza che sopravviva più alcun fine. Ma egli feticizza il feticismo della merce. Per lui il carattere della merce diventa ontologico, esistente in sé, ed egli capitola dinanzi ad essa invece di rendersi conto che tutta la fantasmagoria non è se non una mera forma della riflessione, la falsa coscienza di sé dell'uomo, che deve sparire con la sparizione del suo fondamento economico. La fantastica disumanità di brave new world egli non ammette che sia frutto di un lavoro sociale, che sia un rapporto fra gli uomini privo di autocoscienza: che l'uomo totalmente reificato sia completamente cieco nei propri confronti. Invece egli accumula fenomeni superficiali non analizzati, come il « conflitto fra l'uomo e la macchina ». Egli incolpa la tecnica di ciò che non dipende dalla natura della tecnica stessa (come egli ritiene, dando credito ai romantici filistei) ovvero dall'eliminazione del lavoro, ma dalla sua stretta dipendenza dai rapporti sociali di produzione. Anche la inconciliabilità dell'arte e della riproduzione di massa non scaturisce dalla tecnica come tale, ma dal fatto che questa, stando all'imperio di quei rapporti che perdurano contrariamente ad ogni ragione, deve mantenere l'esigenza
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dell'individuazione (secondo la locuzione di Benjamin dell'aura) esigenza che essa non può superare. Anche l'autonomia del mezzo, che Huxley addebita alla tecnica, non contrasta con il fine. Nella modalità inconscia della coscienza, nell'arte (1) il cieco gioco con i mezzi poté porre e sviluppare i fini. Il rapporto di mezzo e fine, di umanità e tecnica non si può regolare in base a priorità ontologiche. L'alternativa deriva dal fatto che l'umanità non si deve ricavare dal male. Eppure essa viene posta dinanzi alla scelta tra la ricaduta in una mitologia che a Huxley stesso appare discutibile ed un progresso verso- una illi-bertà senza lacune. Non resta nessuno spazio per un concetto dell'uomo che non si esaurisca né nella coercizione del sistema collettivistico né nella contingenza singolare. La prospettiva per cui si denuncia lo Stato universale totalitario mentre si esalta retrospettivamente l'individualismo che vi portò, é totalitaria essa stessa. Essa non lascia vie d'uscita e implica la liquidazione di tutto quanto non si lasci eguagliare, liquidazione che a ragione fa rabbrividire Huxley. La conseguenza pratica del « non c'é niente da fare » borghese, che echeggia nel romanzo, é il perfido « devi inserirti » nel brave nera world totalitario. L'univocità della tendenza, la linearità del concetto di progresso quale viene usato nel romanzo, deriva dalla limitatezza delle forze produttive nella «preistoria ». L'inevitabilità si impone nell'utopia- negativa perché la limitatezza dei rapporti di produzione, l'intro-nizzazione dell'apparato di produzione condizionato dal profitto come carattere peculiare delle forze produttive tecniche ed umane viene riflessa su se stessa. Huxley nella sua profezia sull'entropia della storia si lascia ingannare dall'apparenza della società contro la quale egli lotta.
(1) Schumann scrisse che in giovinezza aveva chiesto qualcosa di straordinario al pianoforte, al suo mezzo, mentre nella maturità si era interessato al suo fine, alla musica pura. Ma la superiorità indiscutibile dei suoi lavori giovanili rispetto ai tardi non si può sciogliere dalla ricchezza fantastica della composizione pianistica che produce il chiaroscuro, il colorito armonico franto, la densità della struttura compositiva. Gli artisti non estraggono da sé l'idea, che piuttosto si deve a esercizi tecnici, spesso addirittura alla giocosità cieca.
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Egli critica lo spirito del positivismo. Ma poiché anche la sua critica si ferma ai traumi, si limita all'immediatezza vissuta, e registra l'apparenza sociale senza discussione, come dato di fatto, ed egli stesso resta un positivista. Nonostante il tono sgradevole egli concorda con la critica della cultura di carattere descrittivo, la quale attraverso la deprecazione dell'inevitabile decadenza della cultura offre sostegno al rafforzamento del potere posto sotto accusa. La civiltà porta alla barbarie in nome della cultura. Huxley in luogo degli antagonismi pone una sorta di soggetto complessivo in sé non contraddittorio alla ratio tecnologica, ed in conseguenza uno sviluppo totale di natura semplice. Tali rappresentazioni sono superficiali e conformi alle idee correnti di storia universale e di stile di vita, non arriva neanche a decifrare i sintomi dell'unificazione (della quale fornisce una descrizione penetrante) come espressioni dell'essenza antagonistica, della pressione del potere, la cui totalità é teleologica. Nonostante tutto lo scherno rovesciato su « everbody's happy nowadays » la sua immagine storica racchiude un elemento profondamente armonico nella sua configurazione formale, la quale rivela meglio l'essenza di quanto non faccia la materialità delle circostanze. La concezione del progresso ininterrotto si distingue da quella liberale per l'accento, non per lo sguardo. Huxley pronostica, come un liberale benthamiano uno sviluppo che porti alla massima felicità per il massimo numero: soltanto che la prospettiva non lo attrae. Egli giudica il brave new world con lo stesso sano senso comune il cui dispotismo é dileggiato in Brave New World. Perciò appaiono dovunque nel romanzo momenti non analizzati affini proprio a quel tipo di filosofia ripulita e disinfettata alla quale Huxley è così poco favorevole. Il transeunte come irrilevante, la storia come storia del male vengono messi in contrasto con l'invariante: la filosofia perenne, l'eterna luce solare del cielo delle idee. Conformemente l'esteriorità e l'interiorità degenerano in un'antitesi primitiva: all'uomo é attribuito il male, dalla riproduzione artificiale all'invec-
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chiamento precoce, mentre la categoria del singolo é investita di indiscutibile dignità. L'individualismo non svolto dalla rifles- sione si afferma come se l'orrore al quale guarda il romanzo non fosse esso stesso progenie della società individualistica. Dal processo storico si elimina la spontaneità dell'uomo singolo, mentre il concetto dell'individuo viene scisso dalla storia e trasformato in un pezzo di philosophia perennis. L'individuazione, un fatto essenzialmente sociale, ritorna natura selvaggia. Invece di ravvisare la sua inerenza alla connessione delle colpe, che fu dominata dalla filosofia borghese al suo culmine, si livella empiricamente l'individuo attraverso lo psicologismo. In seguito ad una tradizione la cui strapotenza esige piuttosto la resistenza che non il rispetto, l'individuo come idea viene sollevato nell'incommensurabile mentre d'altro canto ogni singolo uomo viene ridotto ad appendice del romanticismo della delusione e della bancarotta morale. La conoscenza della nullità dell'individuo, socialmente vera, si ribalta sull'individuo che privatamente é stato inflazionato. Non solo questo libro ma tutta l'opera di Huxley incolpa l'individuo, trasformato in un assoluto, di essere fungibile, non veramente se stesso sibbene una « maschera di carattere » della società, facendone una ragione di inautenticità e menzogna, di ristretto egoismo, motivo di intervento per una psicologia dell'io sottilmente descrittiva. Secondo lo spirito borghese, per Huxley il singolo é tutto (perché forni a suo tempo il principio dell'ordinamento della proprietà) e nulla (perfettamente sostituibile come mero portatore della proprietà). Ecco il prezzo che l'ideologia dell'individualismo deve pagare per la sua falsità. La fabula docet del romanzo é più nichilistica di quanto possa ammettere l'umanità che esso proclama.
Perciò l'ingiustizia contraddice ai fatti stessi sui quali riposa la forza positivistica. Come tutte le utopie svolte fino in fondo quella huxleyana ha i tratti della futilità. Non manca l'esatta fantasia ma lo sguardo nel futuro remoto come tale, la capacità di indovinare l'effettualità del non essere, ed il romanzo vie-
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ne colpito dall'impotenza della temerarietà. Il momento antitetico della dialettica non si lascia eludere mediante la consequenzialità logica, attraverso il concetto generale di illuminismo. Chi tenti di giungere a tanto esclude il non soggettivo, non « spirituale » e non autocosciente, che é la forza motrice della dialettica. L'utopia rifinita, anche se fornita di elementi materialistico-tecnici e impeccabilmente corretta dal punto di vista delle scienze naturali, è per principio una regressione nella filosofia dell'identità, nell'idealismo. Perciò le fa difetto quell'ironica esattezza che preoccupa talmente Huxley. Come il concetto non autocosciente di illuminismo totale spinge al rovesciamento nell'irrazionalità, così non si può dedurre partendo da esso se si avvererà o se si arresterà. Le catastrofi politiche imminenti non possono lasciare aperta la via d'uscita della civiltà tecnica. Ape and Essence è il tentativo in certa misura affrettato di correggere un errore che non dipendeva da scarse conoscenze di fisica atomica, ma dalla concezione lineare dello sviluppo storico e cui perciò non si può rimediare mediante correzioni ed elaborazioni del materiale aggiunto. Se la plausibilità delle prognosi di Brave New World era infirmata da eccessiva semplicità, quelle del secondo libro avveniristico, come la religione diabolistica, recano il marchio di una inverosimiglianza che non si può difendere, nel quadro di una tecnica romanzesca realistica, chiamando in causa l'allegorismo filosofico. Attraverso l'inevitabile errore concettuale si fa sentire l'incertezza della concezione generale. L'atteggiamento resta a dispetto d'ogni intenzione simile a quello dei grossi borghesi che sono sovranamente certi di non esigere la continuazione dell'economia basata sul profitto in base al proprio interesse ma per amor degli uomini, che non sarebbero ancora maturi per il socialismo. Se essi non avessero più da lavorare non saprebbero che farsene del loro tempo. Tali saggezze non sono soltanto compromesse dal loro uso, ma anche prive di contenuto gnoseologico, perché tanto reificano gli « uomini » come dati di fatto quanto incielano l'osservatore co-
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me un'istanza aleggiante in libertà. Questa freddezza é alla radice dell'opera di Huxley. Pieno di fittizia preoccupazione per il male che l'utopia avverata potrebbe recare all'umanità, egli scarta il male assai più pressante e reale che tiene lontana l'utopia. E' ozioso lamentarsi di ciò che accadrà all'uomo quando la fame e la cura saranno scomparse dal mondo, il quale é loro preda in grazia della logica di quella civiltà che il romanzo non sa accusare d'altro che di produrre una cuccagna noiosa, e per essa irraggiungibile. Nonostante tutto il furore, alla base del romanza sta una costruzione della storia che ha tempo. Alla storia viene attribuito ciò che è dell'uomo. Si sta con essa in un rapporto parassitario. Il romanza sposta la colpa' del presente sui non nati e in ciò si riflette il funesto « non deve diventar- diverso », prodotto ultimo dell'amalgama protoprotestante di interiorizzazione e repressione. Poiché l'uomo é aduggiato dal peccato originale e non é capace di attingere il Meglio in terra, lo stesso miglioramento del mondo viene deformato dal peccato. Ma il sangue dei nascituri non colpisce il romanzo, che si rivela inadeguato per la fragilità di uno schema generale vuoto sovente agghindato con trovate grandiose. Poiché il mutamento dell'uomo non si lascia calcolare e si sottrae all'immaginazione preconizzatrice, viene sostituito dalla caricatura degli uomini d'oggi, secondo l'antichissimo e abusato procedimento della satira. La finzione del futuro si piega all'assoluto potere del presente: ciò che ancora non é stato diventa comico attraverso l'effetto di bassa lega che lo eguaglia a ciò che già é, come gli déi nelle operette di Offenbach. Alla visione delle cose lontanissime é sostituita quella delle vicine guardate con cannocchiale rovesciato. Il trucco formale di riferire di case future come fossero passate presta al contenuto un'aria di complicità irritante. Il grottesco che colpisce il presente attraverso il confronto con la sua prosecuzione nel futuro, gode del favore dello stesso pubblico che si diverte alle raffigurazioni veristiche con teste ingrandite. Il concetto patetico dell'uomo eterno viene scontato con la riduzione all'indegnità umana della normalità di ieri
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oggi e domani. Non il momento contemplativo come tale, che il romanzo ha in comune con ogni filosofia e figurazione, dev'essergli rimproverato, ma che esso non includa nella riflessione il momento di una prassi che spezzi il continuum scellerato. L'umanità non è costretta a scegliere tra lo Stato universale totalitario e l'individualismo. Se la grande prospettiva storica é qualcosa di più della fata morgana dello sguardo ordinatore, allora deve condurre alla domanda se la società potrà autodeterminarsi o se provocherà la catastrofe tellurica.
THEODOR WIESENGRUND ADORNO
(Trad. Elémire Zolla)
 
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Testata/Serie/Edizione Nuovi Argomenti | Prima serie diretta da Alberto Moravia e Alberto Carocci | Edizione unica
Riferimento ISBD Nuovi argomenti : Rivista bimestrale. - N.1 (1953)-. - Roma [distribuzione Torino] : [s.n., distribuzione Einaudi], 1953-. - v. ; 23 cm (( La periodicità è variata più volte: la prima serie esce con periodicità irregolare, dal 1976 trimestrale. La prima serie si conclude con il n.69/71 (Luglio-Dicembre 1964 ma pubblicato nel marzo 1965), nel 1966 inizia la nuova serie che termina con il n.67 68 (1980), nel 1982 la terza serie che termina con il n.50 (apr. giu. 1994) ed inizia la quarta serie con il n.1 ... {Nuovi argomenti [rivista, 1953-]}+++
Data pubblicazione Anno: 1958 Mese: 7 Giorno: 1
Numero 33
Titolo KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33


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