Area del titolo e responsabilitàDescrizione | Nella lettera Baldelli afferma: «se ho spaccato il capello in quattro è stato per dimostrare che nel cinema di Visconti 'non ci sono "nuovi contenuti"' (molto o poco realizzati non importerebbe) ma, semmai, 'nuovi argomenti': il contenuto è vecchio, anche se sontuosamente e cerebramente rivestito. Qui sta il punto, e quando si insiste nel'equivoco si rischia sul serio di seminare la confusione. Anzi, è proprio contro la critica che costringe un artista in schemi prefigurati che ho cercato di battermi. E qual è lo schema che questa critica ha monotonamente tracciato? Lo schema della "storicità", "coralità", "socialità", "popolarità", epicità" del cinema di Visconti[...]m'è occorso di individuare nel resta non una natura poetica ma piuttosto una natura 'critica', frammentaria e arida, che costruisce con freddezza anche all'interno di questo suo particolare mondo, di questi personaggi, di questi temi. [...] ho cercato di sottolineare il valore, nella storia della cultura, dell'pera di Visconti, e i momenti in cui egli riesce a sciogliersi dall'impasto formalistico in una narrazione finalmente schietta»] |
Titolo | [err. k 1955/12], Lettere al direttore, Pio Baldelli, Una lettera con la quale non siamo d'accordo [su Alicata, Spontaneità e disciplina nella critica dei comunisti, in «Rinascita», 1955/10, in cui, all'interno di un ampio ragionamento che prende in esame Il Contemporaneo, Società («anche prima di essere divenuta bimestrale sotto la direzione dei compagni Muscetta e Manacorda»), il caso Metello (Muscetta vs Salinari), Mostra fiorentina di alcuni pittori realisti (Bilenchi dal Nuovo Corriere vs Seroni dall'ediione fiorentina dell'Unità), giunge al saggio di Pio Baldelli in Società, su Senso di Luchino Visconti, contestandolo per la sua idea di realismo [«In politica, questo si chiamerebbe estremismo infantile o massimalismo»], che pretende «"scientificamente" che in una certa situazione, per esserci "realismo", ci sarebbe voluto il passaggio di alcuni gatti e si sarebbe dovuto sentire il russare di qualche buon bottegaio veneziano, necessariamente accaldato, data la stagione[...]»] |
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Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - automatica: Lettere al direttore Una lettera con la quale non siamo d'accordo Caro Direttore, leggo nel fascicolo di ottobre di Rinascita un articolo di Mario Alicata e desidero ora esprimere, un po' all'ingrosso, una mia impressione. L'analisi che Alicata fa dei pericoli che minacciano la « vivacità » della critica quando non collabora ma piuttosto massacra, mi trovano perfettamente d'accordo: d'accordo dunque che « non dir bene di Garibaldi » è altrettanto erroneo che dire sempre bene di Garibaldi; che la furia iconoclasta e segno di disorganizzazione; che disegnarsi uno schema della realtà e poi pretendere che l'opera d'arte vi si conformi è pretesa da sciocchi ; che chiedere al regista di essere come Charlot, Pudovkin e Dovicenko è una pretesa « lunare »; che questi ultimi dieci anni meritano, anche per la cultura, un giudizio tutt'altro che negativo e che non c'è stata nessuna rivoluzione fallita; che il critico non si deve muovere in base a stimoli momentanei e soggettivi. Eccetera. Ma ora io vorrei chiedere a Alicata: tu parli bene, ma intanto come hai trattato il mio lavoro su Visconti, che pure è costato fatica e impegno? Non solo l'hai condannato con violenta unilateralità, ma, in un inciso, l'hai ridicolizzato agli occhi dei lettori di Rinascita (che non sono tenuti ad andarselo a scorrere su Società, prima e anche seconda parte) con la citazione di una frase che, tagliata dal contesto, mi fa dire addirittura questo: ogni volta che un artista rappresenta una strada ci deve mettere — se è d'estate e se è realista — un gatto e qualcuno che russa. Quindi povero Omero che se ne è dimenticato quando fa attraversare ad Ettore le strade della propria città. Alicata non ha trovato altro nel saggio: ma non è questo che egli giustamente depfeca nella critica, cioè lo « scoraggiare noi quelli che, bene o male, ci continuano a lavorare intorno »? In somma, credo di avere il diritto di chiedere che, messici d'accordo su certi principi necessari, basilari per la critica, si scenda una buona volta al concreto, all'esame non sbrigativo delle opere, dei film di Visconti per esempio. Ho cercato di fare questo lavoro. Alicata scrive che è sciocco sbarazzarsi dei nuovi contenuti come di una inutile zavorra solo perchè non ci imbattiamo nel « grande film realista ». Già: ma io non ho preteso da Visconti il grande film realista. senza difetti, con nuovi contenuti perfettamente realizzati, ecc. Se la mia analisi è stata minuta e perfino puntigliosa ciò è dipeso dall'esigenza di portare il discorso sui film di Visconti final- mente sopra un terreno preciso e non generico ò mirabolante; se ho spaccato il capello in quattro è stato per dimostrare che nel cinema di Visconti non ci sono « nuovi contenuti » (molto o poco realizzati non importerebbe) ma, semmai, nuovi argomenti: il contenuto è vecchio, anche se sontuosamente e cerebralmente rivestito. Oui sta il punto, e quando si insiste nell'equivoco si rischia sul serio di seminare la confusione. Anzi, è proprio contro la critica che costringe un artista in schemi prefigurati che ho cercato di battermi. E qual è lo schema che questa critica ha monotonamente tracciato? Lo schema della « storicità », « coralità », « sócialità », « popolarità », « epicità » del cinema di Visconti : quasi non si è parlato d'altro, lo si porta come esempio da seguire, come modello sommo: si esce dall'epoca del neorealismo e si entra in quella del vero e proprio realismo, si è perfino detto. Questo non è solo l'equivoco di una persona o uno sfasamento del gusto : è, a mio parere. una vera e propria cantonata politica, prima che estetica. Proprio una posizione del genere aspetta i limoni dalle querce e adopera i film di Visconti come fossero una fisarmonica : suggerisce, propone, pretende. profetizza (sempre sopra le opere). In secondo luogo, ho cercato di vedere questo mondo di Visconti, senza sovrapporvi assolutamente niente altro. E' a questo Punto, non prima, che m'è occorso di individuare nel regi- sta non una natura poetica ma piuttosto una natura « critica v, frammentaria e arida, che costruisce con freddezza anche all'interno di questo suo particolare mondo, di questi personaggi, di questi temi. In terzo luogo, ho cercato di sottolineare il valore, nella storia della cultura, dell'opera di Visconti, e i momenti in cui egli riesce a sciogliersi dall'impasto formalistico in una narrazione finalmente schietta. Questa è l'impostazione del saggio, e su questo piano ogni obiezione che mi può essere mossa non può che tornarmi utile e giovare alla caratterizzazione dei film del regista. Ma, torno a dire, con prove concrete. PIo BALDELLI
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