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tipologia: Analitici; Id: 1465124


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Titolo Recensione di Maria Luisa Vecchi su Cesare Musatti, Il pronipote di Giulio Cesare, Mondadori, 1979, pp. 264
Riferimento diretto ad opera
Cesare Musatti, Il pronipote di Giulio Cesare, Mondadori, 1979, pp. 264 {Il pronipote di Giulio Cesare / Cesare Musatti}+++   recensione+++   
Responsabilità
Vecchi, Maria Luisa+++
  autore+++    
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bilmente cronotipi non solo sul piano diacronico (come è stato fatto tra nevrosi ossessiva, società arcaiche e fascismo), ma anche sincronico, nel presente. In questo, Fa-chinelli sembra puntare verso approdi simili a quelli di Ernst Bloch, almeno per certi
livelli. Questi, infatti, proprio cogliendo la sfasatura tra tempi storici non congruenti che esistono nello stesso presente cronologico ed elaborando il concetto di Ungleichzeitigkeit (= non contemporaneità), giunge a prospettare « un multiversum temporale, un tempo a piú dimensioni compresenti, un intersecarsi di piani diversi del tempo, un contrappunto di squilibri temporali fra diversi popoli, classi e individui che pur vivono nel medesimo tempo cronologico » (cfr. R. Bodei, Filosofia, in La cultura del '900, Milano, Gulliver, 1979; cfr. anche, e soprattutto, R. Bodei, Multi-versum. Tempo e storia in Ernst Bloch, Napoli, Bibliopolis, 1979). Da notare poi che allo stesso Bloch la nozione di non-contemporaneità (centrale nel suo lavoro) permette di elaborare un'analisi del nazismo (tra l'altro, Bloch non è neppure citato in R. De Felice, Le interpretazioni del fascismo, Bari 1971) molto piú profonda e originale che non i vari sociologi o marxisti ortodossi, e molto vicina a quella di Fachinelli. Anzi, ci sembra, le ipotesi di Fachinelli confermano piú a fondo quelle di Bloch, e, spiegano, insieme, il tempo e i modi del manifestarsi del nazi-fascismo, e, in particolare, perché il fascismo come il nazismo — detto « giacobinismo del mito » da Bloch — riuscirono a « utilizzare i ceti ungleichzeitig » (R. Bodei, Multiversum, p. 35), cioè i ceti contadini e piccolo-borghesi.
Il contributo di Bloch, su questo punto, ci sembra prezioso, e utile a portare avanti il discorso a cui con cautela accenna Fachinelli: costruire intorno all'elaborazione temporale (o cronotipia) una nuova organizzazione del sapere, puntando cosí — anche per l'essere questa « una prospettiva di lavoro su piú piani » (p. 154) — a una riformulazione e unificazione dei vari saperi parziali esistenti (p. 155) sull'agire dell'uomo.
FEDERICO LA SALA
CESARE MUSATTI, Il pronipote di Giulio Cesare, Milano, Mondadori, 1979, pp. 264.
La vera età dell'oro, per un uomo, comincia a ottant'anni: è uno scienziato famoso che lo afferma, Cesare Musatti, l'iniziatore della psicoanalisi in Italia, nel suo nuovo libro Il pronipote di Giulio Cesare (Milano, Mondadori, 1979). Chi ha compiuto ottant'anni, osserva Musatti nella prefazione, gode di una libertà tutta particolare, per esempio se compie un reato non può essere portato in prigione ma solo costretto agli arresti domiciliari, ed ecco quindi che, finalmente, l'autore può concedersi di commetterne uno assai grave: scrivere per il proprio piacere, e pubblicare per il nostro, una raccolta di ventisei divertissements che non rischiano piú di compromettere la sua immagine pubblica di studioso e docente universitario.
Confortato da queste considerazioni e dall'esempio di alcuni famosi personaggi, tra cui Bertrand Russell, Cesare Musatti si affida alla sua vena umoristica e letteraria per esplorare ancora una volta con animo instancabilmente curioso, entusiasta, una umanità varia e imprevedibile nella quale l'autore riconosce anche se stesso identificandosi via via coi diversi personaggi. >J per bocca di uno di essi che dichiara: « A me piace la gente, le persone. Una diversa dall'altra, no? Non ce ne sono due uguali, caspita. E ognuna è un mondo. Un'anima, cio' ».
La prefazione illustra in modo esauriente il progetto del libro: l'autobiografia innanzitutto, che è insieme autobiografia d'idee, taccuino di esperienze umane certa-
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mente accumulate in anni di colloqui con i propri pazienti ma scaturite anche dagli incontri con conoscenti, con colleghi, con personaggi della cultura, con uomini « della strada ». Musatti li guarda e si guarda con l'occhio esperto dello scienziato e del critico, smonta quel complicato congegno che è la psiche umana, ne depone i « pezzi » sulla pagina, ricostruisce « tipologie » nelle quali, senza scampo, tutti siamo portati a riconoscerci. Musatti lo sa e come un padre saggio che conosce assai bene i propri « figli », racconta del presuntuoso che vanta nobili natali, dell'accademico che ha fondato tutta la propria ricerca sopra un'unica idea sfruttando solo quella, dell'aspirante psicologo, della femminista aggressiva, della 'moglie frustrata, del figlio inibito, del fratello geloso, dell'igienista convinto. Musatti sembra non prediligere i toni gravi e sovente si diverte a dileggiare i propri interlocutori, anche quando conversa con se stesso; l'autoanalisi, comunque, si spinge ben oltre i confini dell'autoironia e, nel nome di quell'amore per la chiarezza e per la sincerità che segna di sé tutto il libro, l'autore procede fino all'emersione dei sentimenti piú profondi, anche di quelli che non è facile riconoscere: l'odio inconscio per il proprio padre, per esempio, che si manifesta nell'accanimento furibondo e quasi omicida con cui si impegna per vincerlo nel gioco degli scacchi.
L'analisi coinvolge anche l'opera stessa: « Sono, le mie, pagine di un laico che si rifiuta di credere »; l'autore, infatti, si rivela programmaticamente dubbioso e non esita a mettere continuamente in discussione ogni cosa a partire proprio dalla psicoanalisi. Vittima designata di questa pratica è Freud dal quale Musatti prende ufficialmente le distanze invertendo le parti: l'allievo ha fatto sdraiare il maestro sul lettino del suo studio, l'esito della seduta è una emancipazione definitiva, un congedo. Il dubbio, ed è ciò che all'autore sta particolarmente a cuore, si presta come efficace garanzia contro gli agguati del dogmatismo perché consente di formulare riserve, di dissacrare idoli, di minare mitologie, di smascherare luoghi comuni promuovendo il libero esercizio delle facoltà critiche. In una prospettiva di questo genere si giustifica anche lo schema dialogico di cui l'autore si serve quasi costantemente, derivato, secondo quanto si afferma nella prefazione, non dal modello platonico ma dal Freud del Problema dell'analisi da parte dei non medici anche se, forse, non è completamente lecito escludere che questa scelta sia stata almeno in parte determinata dalla solida matrice culturale classica del letteratissimo Musatti. In ogni caso è questo lo « schema ideale per sviluppare un pensiero che è dialogico e dialettico ».
Si procede fra conversazioni brevi e incisive con interlocutori diversi per estrazione sociale, per cultura, per esperienza linguistica. Non importa nemmeno che l'interlocutore sia sempre realisticamente plausibile e può accadere di vedersi trasformare sotto gli occhi il dialogo in intervista impossibile o in autointervista. Il ruolo dei parlanti, infatti, è in alcuni casi ostentatamente mobile, le parti intercambiabili, come se l'autore si sostituisse continuamente al proprio personaggio per rientrare in sé un momento dopo, domandando, rispondendosi, obiettando. A tutti i parlanti, sia quando si configurano come alterità dialoganti sia quando funzionano precisamente come veri e propri « personaggi », è affidato il compito di sostenere la conversazione, sollecitando gli interventi dell'interlocutore, poi contrastandoli via via, poi offrendo l'occasione per un'ulteriore considerazione. Si procede, quindi, contrapponendo antitesi a tesi.
Di fronte a ogni conclusione Musatti si pone con spirito critico: l'umorismo, l'ironia, il gusto del paradosso intervengono per rimettere tutto in discussione; del resto l'assenza di dubbi, secondo l'autore, non è un dato umano, se mai divino, tanto che proprio di qui nascono i problemi fra gli uomini e la divinità: « Mica può essere timido, pavido, incerto il Padre Eterno! Ma è proprio questo, vedi, che lo rende tanto
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incomprensibile per gli uomini ». Spesso la particolare predilezione dell'autore per i toni pungenti offre ai dialoghi efficaci soluzioni di fronte alle quali si rimane divertiti
e sconcertati, a volte elegantemente beffati; certamente l'età dell'autore, secondo quanto egli stesso afferma, lo consente, ma soprattutto lo consente la sua credibilità di scienziato e di scrittore.
Questi dialoghi, ben lungi dal sottrarre dignità alla sua figura « pubblica », la arricchiscono di una nuova, anche se non completamente sconosciuta, veste letteraria. Alcuni fra questi scritti già si conoscevano; su queste stesse pagine, tempo addietro, Musatti faceva esplicito riferimento alla genesi del dialogo con Freud, « composto qualche tempo fa per ischerzo », ma la nuova edizione consente di cogliere appieno il progetto unico al quale tutti rispondono: l'indagine critica sulla realtà umana attraverso l'uso dello strumento psicoanalitico che offre, affidato alle mani di questo scrittore, effettive garanzie di veridicità, di competenza metodologica (è Musatti ad affermare, stizzendosi non del tutto a torto, che « qualsiasi primovenuto oggi si proclama psicoanalista, o può dirsi socialista. E in tal modo è possibile attribuire a socialisti
e psicoanalisti ogni genere di sciocchezze »).
L'altro fondamentale strumento è naturalmente quello linguistico di cui l'autore si serve con estrema scioltezza, rivelando un indubbio gusto per la parola culta e per un discorso letterario quasi prezioso che si giova anche, a riprova della sua raffinatezza, dell'apporto di espressioni popolari e dialettali; le cadenze venete, inoltre, costituiscono un goldoniano sottofondo musicale a tutto il libro. Questo linguaggio, pur rimanendo sostanzialmente fedele a se stesso, non esita ad accogliere parole provenienti da ambiti lessicali eterogenei per essere in grado di piegarsi con disinvoltura alle esigenze della terminologia scientifica, del parlato, dei parlanti, per penetrare le innumerevoli sfaccettature di cui si compone il grande prisma che è ogni essere umano, per adeguarsi alla varietà delle situazioni, per essere rappresentativo di una realtà che variamente si configura. Il risultato, tuttavia, non è qùello di un discorso stilisticamente frammentario: i toni fondamentali, l'umorismo, l'ironia, lo schema formale, dialogico
e dialettico, il linguaggio, comunque elegante e costantemente misurato, riconducono il libro a una sostanziale unità.
L'esito complessivo è quello di un testo dotto ma anche urticante e comico. Non è difficile leggere queste ventisei composizioni come le diverse scene di un'unica commedia di cui Musatti è il mattatore che può tutto, anche risolvere in risata una situazione difficile, anche trasformare in aneddoto pungente l'illustrazione di un caso clinico grave, anche divulgare in modo accattivante un'esperienza di vita e di studio piuttosto complessa. « Del resto », sono parole di un pronipote di Giulio Cesare e di Freud, « certi atteggiamenti, anche se comici, possono raggiungere il loro scopo ». E in un libro come questo è difficile che certe affermazioni sfuggano per caso.
MARIA LUISA VECCHI
PATRICK BOYDE, Retorica e stile nella lirica di Dante, a cura di C. CALENDA, Napoli, Liguori, 1979, pp. 431.
Che dall'originale Dante's Style in his Lyric Poetry si sia trascorsi nell'edizione italiana (che esce a otto anni di distanza da quella di Cambridge) al piú accattivante — ed attuale — Retorica e stile è, forse, segno del malvezzo tutto nostrano di rincorrere, almeno terminologicamente, mode letterarie e non.
 
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in: Catalogo KBD Periodici; Id: 31351+++
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Area unica
Testata/Serie/Edizione Belfagor | Serie unica | Edizione unica
Riferimento ISBD Belfagor : rassegna di varia umanità [rivista, 1946-2012]+++
Data pubblicazione Anno: 1980 Mese: 5 Giorno: 31
Numero 3
Titolo KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3


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