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tipologia: Analitici; Id: 1465099


Area del titolo e responsabilità
Tipologia Periodico
Titolo Bruno Bongiovanni, Ritratti critici contemporanei. Maximilien Rubel
Riferimento diretto ad opera
Karl Marx, Oeuvres, éd. établie, présentée et annotée par Maximilien Rubel, Paris, Gallimard, , primi due volumi pubblicati, primi due volumi pubblicati, primi due volumi pubblicati, primi due volumi pubblicati {Karl Marx, Oeuvres, éd. établie, présentée et annotée par Maximilien Rubel, Paris, Gallimard, primi due volumi pubblicati}+++   saggio su+++   
Responsabilità
Bongiovanni, Bruno+++
  autore+++    
Area della rappresentazione (voci citate di personaggi,luoghi,fonti,epoche e fatti storici,correnti di pensiero,extra)
Nome da authority file (CPF e personaggi)
Rubel, Maximilien+++   Titolo:oggetto+++   
Area della trascrizione e della traduzione metatestuale
Trascrizioni
Trascrizione Non markup - automatica:
RITRATTI CRITICI DI CONTEMPORANEI
MAXIMILIEN RUBEL
1. L'« Incompiuta » di Marx. — L'apparizione delle Oeuvres di Karl Marx nella « Bibliothèque de la Pléiade », la prestigiosa collana di Gallimard, venne salutata come un « segno dei tempi »I. Per una cinquantina d'anni dopo la sua morte, infatti, Marx era stato, con alterne vicende, pubblicato a cura degli studiosi dei partiti operai: la cultura universitaria aveva per lo piú trascurato l'indagine critico-filologica sul lascito intellettuale marxiano, considerato opera di un agitatore rivoluzionario e non certo di uno scienziato sociale. Le cose in Occidente cambiarono soprattutto dopo il 1945, nonostante le critiche, non sempre piú puntuali e documentate che in passato, che gli scritti di Marx continuarono a subire da una buona parte degli ambienti accademici. Il Marx « economico » della Pléiade — il cui secondo volume venne alla luce proprio nel 1968 — si rivelava subito come il risultato piú appariscente e di piú grande impegno di una ricerca marxologica scrupolosa ed assolutamente originale.
Il primo volume delle Oeuvres, dedicato come il secondo all'Econo-mie, non suscitò una grandissima eco perché era corredato di una pré f ace piuttosto convenzionale di François Perroux e perché conteneva, in massima parte, l'opera cosiddetta economica di Marx pubblicata vivente l'autore: la Miseria della filosofia (1847), il Discorso sulla questione del libero scambio (1848), il Manifesto del partito comunista (1848), Lavoro
* Quando nelle note i testi sono citati senza l'indicazione dell'autore, si deve intendere che sono opera di Maximilien Rubel. Opere su Rubel sono praticamente inesistenti; cfr. in ogni caso l'introduzione di JOSEPH O'MALLEY, a Rubel on Marx, pubblicazione prevista per l'inizio del 1981 presso la Cambridge University Press, New York.
1 YvoN BOURDET, A' propos d'une édition des oeuvres de Marx, in « L'Homme et la Société », n. 17, 1970, p. 310. L'edizione in questione è K. MARX, Oeuvres. Economie I e II, Gallimard, Paris 1965 e 1968. Cfr. anche MIGUEL ABENSOUR, Pour lire Marx, in « Revue française de science politique », n. 4, 1970, pp. 772-788 ed il compte-rendu di LOUIS JANovER in « Cahiers internationaux de sociologie », XLVII, 1969, pp. 175-177.
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salariato e capitale (1849), l'Introduzione del 1857 alla Critica dell'economia politica, Per la critica dell'economia politica (1859), l'Indirizzo inaugurale e statuti dell'Associazione internazionale dei lavoratori (1864), Salario prezzo e profitto (1865), il libro de Il Capitale (1867), la Critica del programma di Gotha (1875), pubblicata, quest'ultima, solo nel 1891 sulla « Neue Zeit » di Kautsky e ripubblicata nel 1921 su « Die Gesellschaft » da Boris Nikolaevskij con le espressioni censurate, perché ritenute eccessive, da Friedrich Engels.
Nel primo volume delle Oeuvres vi sono inoltre altri scritti e documenti, lettere, risoluzioni e prefazioni. Vi sono anche tre pagine del curatore, Maximilien Rubel, sotto il titolo Avertissement: sempre opera del curatore sono un'ampia Chronologie ed un imponente apparato di note e di indici che rivelano, nell'ambito di quell'autentico e vastissimo ambito culturale che è ormai la Marx-Forschung, un'erudizione sconfinata e sicuramente in grado di non sfigurare con quella del piú grande « marxologo » di tutti i tempi, il sovietico David Borisovic Rjazanov (Gol'dendach), fatto sparire da Stalin all'inizio degli anni Trenta, dopo avere contribuito, come nessuno, a ricostruire e riorganizzare l'opera marxengelsiana.
Nelle tre pagine di Avertissement al primo volume delle Oeuvres, Maximilien Rubel tratteggia già il suo progetto: liberare Marx dalla crosta ideologica che lo ricopre e che si è sedimentata tenacemente a partire dagli ultimi decenni del secolo xIx. Rubel ricorda una cosa che tutti sanno e che pure viene sistematicamente rimossa nel dibattito che si sviluppa in seno al « marxismo », l'edificio ideologico postumo che, nonostante la riluttanza esplicita e dichiarata del presunto padre fondatore, ha derivato il nome dal maestro: l'incompiutezza dell'opera di Marx.
Nell'Introduzione del 1857, anch'essa nel primo volume delle Oeuvres nonostante sia stata fatta conoscere per la prima volta da Kautsky nel 1903 e sia quindi postuma, Marx tracciava il piano di quell'impresa ciclopica che per convenzione possiamo definire Economia: 1. Il Capitale; 2. La proprietà fondiaria; 3. Il lavoro salariato; 4. Lo Stato; 5. Il commercio estero; 6. Il mercato mondiale. Nella prefazione effettivamente anteposta alla Critica dell'economia politica del 1859 Marx ammette di avere soppresso una Introduzione, ma non perché in questa si diceva poco, commenta Rubel, ma perché si diceva troppo: si anticipavano dei risultati non ancora raggiunti.
Di tutto il suo grandioso progetto Marx non riuscí che a scrivere una piccola parte e, a parte la Critica del 1859, solo la prima parte della prima delle sei sezioni previste vide la luce mentre Marx era vivo. Come si fa a dire che l'opera « economica » di Marx è conclusa? Secondo Rubel, ci troviamo di fronte ad un frammento che, per il lavorío degli epigoni, è dive-
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nuto sistema. Il primo epigono è naturalmente Engels, che pubblicò i libri ii e 111 de Il Capitale. Si comincia a profilare il piú grande paradosso della storia della cultura e delle ideologie degli ultimi cento anni: un'opera in= compiuta, per quanto imponente e geniale, è stata trasformata, con sorprendente rapidità, in architettura dottrinale omogenea e conclusa, in « marxismo ».
Il secondo volume delle Oeuvres, che contiene gli scritti « economici » postumi di Marx, è destinato a suscitare non poche discussioni. Innanzitutto il volume è aperto da una Introduction di 132 pagine di Maximilien Rubel, cui dobbiamo il consueto apparato critico-bibliografico di grande valore ed un buon numero di traduzioni. Nel volume ci sono poi i Manoscritti economico-filosofici (1844), il cui originale, come moltissimi altri, si trova ad Amsterdam; ma la cui prima pubblicazione, nella MEGA, risale al 1932, il manoscritto sul Salario (1847), pubblicato per la prima volta da Rjazanov su « Unter dem Banner des Marxismus », una scelta dei Grundrisse (1857-1858); mai menzionati da Engels, descritti per la prima volta da Rjazanov in una comunicazione all'Accàdemia socialista di Mosca del 20 novembre 1923 e pubblicati a Mosca nel 1939-1941, ed infine i Materiali per l'« Economia » (1861-1865), i Materiali per il secondo libro del Capitale (1869-1879), i Materiali per il terzo libro del Capitale (18641875).
Di qui lo scandalo: Rubel, rifacendosi alle scoperte di Rjazanov, mette in discussione ed in pratica respinge la vulgata degli scritti postumi di Marx cosí come sono stati presentati da Engels, che pubblicò il ii (1885) ed il iii (1894) libro de Il Capitale, e da Kautsky, che pubblicò 'il iv (1905-1910), altrimenti noto come Teorie sul plusvalore, il cui testo venne ripubblicato, con criteri piú scientifici, nel 1956 a cura degli istituti di marxismo-leninismo di Mosca e di Berlino. Del ii libro de Il Capitale, rispetto alla edizione di Engels, il lettore non troverà che 13 capitoli (invece di 21) e del
28 (invece di 52): sono stati eliminati i passi dei manoscritti che ricalcavano la Critica del 1859 ed ili libro de Il Capitale, mentre alcune varianti scelte da Engels sono state rimpiazzate da altre, ritenute piú significative.
Rubel, ovviamente, non pretende di fornire un'edizione definitiva dell'Economia, in parte perché troppe cose ancora mancano, nel momento in cui pubblica le Oeuvres, a causa dei criteri di segretezza della politica culturale dell'Istituto Marx-Lenin di Mosca (in particolare i _23 quaderni del 1861-1863) e soprattutto perché Rubel è convinto che un'edizione definitiva non è possibile, se non sul piano strettamente filologico, a causa dell'irrimediabile incompiutezza dell'opera marxiana. Engels, dal canto suo, ha fatto, secondo Rubel, troppo e troppo poco:, ha fatto troppo perché, pur
Tyr-
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con tutte le cautele 2, ha presentato l'opera di Marx come qualcosa di concluso, contribuendo in questo modo alla creazione e soprattutto alla legittimazione del « marxismo », ed ha fatto troppo poco perché ha trascurato un'enorme massa di manoscritti marxiani, i quali sono stati pubblicati quando ormai ii sistema « marxista » era già costruito. Lo sforzo dei commentatori, quindi, mano a mano che si pubblicavano nuovi elementi, nuove tessere del grandioso mosaico incompiuto, era rivolto ad inserire a forza questi stessi elementi nel sistema ormai esistente: i nuovi segmenti venivano adoperati come pezze d'appoggio per le diatribe interne tra « deterministi » e « volontaristi », tra « umanisti soggettivisti » e « materialisti oggettivisti », tra « idealisti » e « positivisti », per usare le etichette-ingiurie filosofiche che le diverse scuole « marxiste » si sono scagliate l'un l'altra appoggiandosi ai Manoscritti o all'Ideologia tedesca, ai Grundrisse o al Capitolo VI inedito. La pubblicazione degli inediti non favoriva un ritorno a Marx, ma un'integrazione degli inediti stessi nel « marxismo ». Si può dire, invece, che i due volumi delle Oeuvres di Marx dedicati all'Economia costituiscono un vero ritorno a Marx, con tutti i limiti riconducibili allo stato delle fonti, limiti che Rubel non si stanca di sottolineare. D'altra parte, il difficile cammino a ritroso zurück zu Marx, sembra ritenere Rubel, è l'unico modo per rendere nuovamente possibile, senza apriorismi, una Zukun f tstheorie.
Nelle 132 pagine di introduzione al secondo volume, Rubel ripercorre la storia di una « lunga ossessione », di un incubo durato tutta una vita: la critica dell'economia politica. La carriera intellettuale di Marx era infatti iniziata, dopo una prima fase liberale, all'insegna della critica della politica e dello Stato, riconoscibile nella meditazione di Kreuznach del 1843', critica che con la Questione ebraica diventa un manifesto anarchico e proletario 4. Le prime letture economiche di Marx sono tuttavia all'origine di un trauma che durerà tutta una vita: risultano fondamentali De la misère
2 Cfr. F. ENGELS, Prefazione a K.M., Il Capitale. Libro III, Editori Riuniti, Roma 1965, pp. 9-28. Per un giudizio negativo sull'edizione di Rubel in nome del conservatorismo filoengelsiano cfr. GILBERT BADIA, Brèves remarques sur le tome II des oeuvres de Marx, in « L'Homme et la Société », n. 17, 1970, pp. 319-323. Per un giudizio piú sfumato dr. JACQUES CAMATTE, Il capitale totale, Dedalo, Bari 1976, pp. 16-18.
3 Cosi Rubel definisce la Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico (cfr. MARX-ENGELS, Opere vol. In, Editori Riuniti, Roma 1976, pp. 5-143), scritta a Kreuznach probabilmente nell'agosto 1843, poco dopo il matrimonio di Marx con Jenny von Westphalen. Di parere diverso è PIERRE VILAR, Marx e la storia, in Storia del marxismo, vol. I, Einaudi, Torino 1978, p. 65, che ritiene questo testo del 1843 un arretramento rispetto all'anno precedente.
4 Cfr. Introduction a K.M., Oeuvres. Economie II, cit., pp. xLv-Lin.
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des classes laborieuses en Angleterre et en France (1840) del cristiano Eugène Buret, Che cos'è la proprietà? (1840) di Pierre-Joseph Proudhon ed i Lineamenti di una critica dell'economia politica (1844), geniale opera giovanile di Friedrich Engels, densa di fervidi umori moralistici. Proprio in questo periodo nasce un'ossessione teorica che non abbandonerà piú Marx — che coglie nelle prime rivolte operaie in Germania l'inizio di una nuova era — ed il cui primo prodotto sono i Manoscritti economico-filosofici del 1844. Secondo Rubel, tuttavia, Marx non abbandona mai il progetto di scrivere una critica della politica e dello Stato 5, ma con l'esposizione della concezione materialistica della storia (L'ideologia tedesca, 1845-46) Marx comincia a scorgere nel processo reale di produzione il punto di partenza per ogni analisi teorico-critica. Da questo momento Marx si trova costretto a fare i conti con Proudhon, che l'ha iniziato alla critica dell'economia politica, ma che si ostina ad analizzare il capitale dal punto di vista del capitale e la miseria dal punto di vista della miseria. Sopravvengono le rivoluzioni del 1848, l'esilio londinese, l'immersione totale nel British Museum, la scoperta dell'enorme importanza di Ricardo, le vicissitudini familiari e la dura lotta contro le necessità della vita quotidiana, l'attività giornalistica, appassionata, ma certo impegnativa, ed infine, con il ripresentarsi nel 1857 della crisi economica e commerciale, il ritorno della febbre per la critica dell'economia politica, il cui primo frutto furono nientemeno che
i Grundrisse del 1857-58.
Il succo di tutto il lavoro di Maximilien Rubel è dimostrare che Marx mai abbandonò il piano del 1857, ambiziosamente mirante a produrre una opera in 6 parti, di cui Il Capitale pubblicato nel 1867 è solo il primo libro della prima parte. Rubel contrasta le tesi di chi sostiene che Marx mutò idea 6 e che i libri de Il Capitale a nostra disposizione contengono tutta la materia prevista nel piano originario. Nulla di piú falso, secondo Rubel: Marx non ha mai rinunciato all'opera colossale che si era prefisso, ma Il Capitale e tutte le implicazioni di esso gli hanno sottratto una quantità di tempo che egli non era stato in grado di calcolare con precisione. Ed in piú
5 Il 3 febbraio 1845 Marx firma un contratto con l'editore Leske di Darmstadt per la pubblicazione di un'opera, in due volumi, mai consegnata, dal titolo Critica della politica e dell'economia politica.
6 Cfr. HENRYK GROSSMANN, Die Anderung des unsprünglichen Aufbauplans des Marxschen Kapital und ihre Ursachen, in « Archiv für die Geschichte des Sozialismus und der Arbeiterbewegung », xlv, 1929, pp. 305-338. Per una posizione intermedia tra Grossmann e Rubel cfr. ROMAN ROSDOLSKY, Genesi e struttura del Capitale, Laterza, Bari 1971. Per lo sviluppo nella posizione degli studiosi dell'Est Cfr. WOLFGANG JAHN, ROLAND NIETZOLD, Probleme der Entwicklung der Marxschen politischen Okonomie im Zeitraum von 1850 bis 1863, in Marx-Engels Jahrbuch I, Dietz, Berlin 1978, pp. 145-174.
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l'attività giornalistica, le malattie e la passione divorante per lo studio: Marx accumula statistiche, affronta la questione russa e si mette a studiare il russo, segue con inalterata passione le grandi vicende della politica internazionale, si appassiona alla storia naturale ed ai primi passi del darvinismo, si getta con competenza sull'antropologia e sull'etnologia ed in piú è parte in causa, attiva e fattiva, della storia del movimento operaio inter- nazionale ed in particolare dell'Associazione internazionale dei lavoratori. C'è da stupirsi se Marx non ha potuto condurre a termine che una parte dell'immenso lavoro progettato? Per quel che riguarda la critica della politica e dello Stato dobbiamo soprattutto accontentarci delle opere giova- nili, precedenti all'elaborazione della concezione materialistica della storia (Marx mai parlò di « materialismo storico » e tantomeno di « materialismo dialettico », assi portanti del Diamat stalino-sovietico). Maximilien Rubel non ha comunque dubbi sul fatto che nella quarta sezione della sua Critica progettata e mai conclusa, quella dedicata allo Stato, Marx avrebbe ripreso e sviluppato i temi del biennio 1843-1844, riproponendo la tematica profondamente libertaria é comunista dell'alienazione nel politico.
Non è inutile a questo punto ricordare che nel 1965 in Francia uscivano due opere, destinate a grande successo e popolarità: Pour Marx e Lire le Capital'. del « filosofo marxista » Louis Althusser: con questi studi compare sull'orizzonte di quel lungo e faticoso commento che 'è la storia dottrinale del « marxismo » il fin troppo celebre concetto della coupure épistemologique, che sottrae al marxismo l'opera giovanile di Marx e che fa de Il Capitale un libro concluso ed omogeneo, la bibbia di un sistema enunciato una volta per tutte, il « marxismo » appunto. Rubel, in una noti-cina, si limita ironicamente ad osservare che Althusser ha pronunciato una mezza verità: non solo il giovane Marx, infatti, ma tutto Marx è estraneo al « marxismo »8. Non va comunque passato sotto silenzio che l'opera di Louis Althusser ha avuto una notevole diffusione in Italia (contrastata con una punta di irritazione dallo storicismo italo-marxista e crocio-gram-sciano) e che l'editoria del nostro paese ne ha pubblicato pressoché tutte le opere, anche quelle d'inconfutabile e disperante mediocrità (come quando, con un tardivo soprassalto, si scopre l'antistalinismo in nome di un'anti-umànismo scientista!), mentre l'opera di Maximilien Rubel resta praticamente sconosciuta: sino ad oggi, in attesa dell'edizione Cappelli (Bologna) di Marx critique du marxisme prevista entro il 1980, l'unico testo a disposizione del lettore italiano è un piccolo intervento di 8 pagine all'interno
7 Per Marx è uscito, in .Italia, presso gli Editori Riuniti nel 1967 e Leggere il Capitale presso Feltrinelli nel. 1968.
8 Cfr. Introduction a K.M., Oeuvres. Economie II, cit., pp. LXII-LXIII.
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di un volume collettivo. In questo breve scritto, Rubel riassume la sua interpretazione del pensiero rivoluzionario di Marx, che si fece paladino della necessità storica senza rinnegare l'utopia, anzi ringiovanendola ed allargandone la sfera 9.
2. Etica marxiana e traiettoria della catastrofe. — Maximilien Rubel è nato il 10 ottobre 1905 a Czernowitz, in Bucovina (Impero austro-ungarico): la sua città natale è diventata romena nel 1918 (Cernáuti) ed è oggi sovietica (Cernovcy). Ha compiuto gli studi secondari a Vienna ed a Cernáuti, ed in quest'ultima città si è laureato prima in diritto e poi in filosofia. Dopo di che, Rubel va a Parigi, dove tra il 1931 ed il 1934 si dedica a studi di germanistica, laureandosi in lettere nel 1934 alla Sor-bona: nel 1937 diventa cittadino francese, nel 1939-40, nella drôle de guerre, viene « mobilitato » e presta la sua opera nei trasporti e nel servizio sanitario. Insegnamento privato di tedesco, di filosofia e di diritto nel 1945-47 e prime pubblicazioni a carattere marxologico nel 1947-48: nel 1947 Rubel diventa attaché de recherche al CNRS (Centre national de la recherche scientifique), nel 1954 è professore di lettere e chargé de recherche al CNRS, dove nel 1959 diventa maître de recherche: nel 1959 diventa anche direttore degli « Etudes de marxologie » (serie S dei « Cahiers de l'Institut de science économique appliquée ») e negli anni successivi tiene corsi in diverse università francesi, americane e tedesche. Questo, in rapida sintesi, il curriculum vitae di Maximilien Rubel. Nel 1947, abbaino detto, inizia l'attività di Rubel in qualità di « marxologo ». Lo studioso presenta sulla « Revue Socialiste » Un inédit de Karl Marx. Le travail aliéné, che altro non è che un capitolo dei Manoscritti del 1844, dei quali esisteva in Francia, a quel momento, una traduzione parziale nel volume vi delle Oeuvres philosophiques di Karl Marx (Costes, Paris 1937)1°. Rubel scrive che il testo giovanile di Marx è impregnato di un profondo spirito etico (tema destinato a diventare un leitmotiv nell'indagine marxologica di Rubel), che resta valido — aggiunge — in un'epoca in cui si assiste alla trasformazione dell'operaio libero in schiavo di Stato e a quella del capitalista privato in buro-tecnocrate o in monopolista di Stato.
A questo punto, per meglio inquadrare il clima intellettuale al cui in-
9 Cfr. Riflessioni sull'utopia e sulla rivoluzione, in ERICH FROMM (a cura di), L'umanesimo socialista, Dedalo, Bari 1971.
10 La prima traduzione francese completa è quella delle Editions Sociales, Paris 1962. In Italia erano già uscite una traduzione di Norberto Bobbio (Einaudi, Torino 1949) ed una di Galvano della Volpe (Rinascita, Roma 1950).
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terno si situano le origini degli studi di Rubel, ricordiamo che nel numero precedente della « Revue Socialiste » del 1947 era stato pubblicato un testo di Léon Blum, dal titolo Révolution socialiste où révolution directoriale? ", risposta socialista alle tesi di James Burnham, il cui libro The Managerial Revolution — del quale oggi sappiamo che fu in gran parte un plagio ai danni di un testo allora sconosciuto dell'italiano Bruno Rizzi 12 — nega che il declino del capitalismo debba condurre al socialismo, al posto del quale comparirà, secondo il sociologo americano, un regime totalitario-burocratico la cui classe dominante verrà costituita, come già accade nella Russia sovietica e come si è intravisto nella Germania nazista e nell'America del New Deal, dai managers e dai dirigenti dell'impresa pubblica e privata, destinati ad essere, in luogo del proletariato, i veri becchini della borghesia e del capitalismo. Léon Blum è un po' spaventato dall'ipotesi terrificante di Burnham, ma reagisce, sul versante socialista democratico, esattamente come agli albori della seconda guerra mondiale Lev Trockij, sul versante leninista rivoluzionario, aveva reagito alle identiche tesi di Bruno Rizzi, opponendo cioè l'ottimismo alla possibilità dell'imminente catastrofe buro-totalitaria, non respinta sul terreno della teoria 13. Léon Blum scrive infatti che le società directoriales (buro-totalitarie), che pur potrebbero sorgere in un periodo di transizione, si dirigerebbero verso il socialismo « per l'effetto di una sorta di attrazione democratica »: è persino possibile, secondo Blum, che proprio nell'uRs s, considerata da Burnham il modello dei regimi che ovunque stanno per sorgere, questa transizione è forse cominciata a nostra insaputa. Le tesi di Burnham, come si vede, suscitano un notevole interesse ed un dibattito di livello piuttosto elevato si sviluppa all'interno degli ambienti socialisti francesi 14: come in generale di livello elevato è la qualità degli scritti di coloro che scrivono nell'ultimo scorcio degli anni Quaranta sulla « Revue Socialiste », tra i
11 Questo testo di Blum era altresí l'introduzione alla traduzione francese del fortunato libro di JAMES BURNHAM, L'Ere des Organisateurs, Calmann-Lévy, Paris 1947: oltre ad apparire sul n. 7, 1947, de la « Revue Socialiste », venne pubblicato in un minuscolo opuscoletto della collana « Les Egaux », supplemento della rivista « Masses », affiliata ai « Cahiers de Spartacus ». Ebbe dunque notevole diffusione.
12 Per la denuncia in Francia del plagio cfr. la lettera di PIERRE NAVILLE alla redazione de « Le Contrat Social », ora in BRUNO Rizzi, Il collettivismo burocratico, Galeati, Imola 1967, pp. 119-121: sui termini teorici della vicenda cfr. BRUNO BoNGIOVANNI, L'antistalinismo di sinistra e la natura sociale dell'URSS, Feltrinelli, Milano 1975, pp. 259-269.
13 Cfr. LEV TROTSKIJ, In difesa del marxismo, Samonà e Savelli, Roma 1969. Su questo tema cfr. BRUNO BoNGIOvANNI, Il destino della burocrazia e la dissoluzione del trockismo, in « An. Archos », n. 3, 1979, pp. 221-239.
14 Cfr. P. L. ToMORI (pseudonimo del sinologo Etienne Balazs), Qui succedera au capitalisme?, Cahiers de Spartacus, Paris 1947.
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quali, oltre a Blum ed a Rubel, ricordiamo Dommanget, Bourget, Silone, Schwartz, Lucien Goldmann, Léopold Senghor, Rimbert, Dolléans ecc.
In un altro saggio dello stesso 1947 sulla « Revue Socialiste », Maximilien Rubel ricorda e commenta i termini teorici del carteggio tra Karl Marx e Vera Zasulic, pubblicato sul « Marx-Engels Archiv » da Rjazanov nel 192815 e sempre nel 1947 Rubel presenta una parte della sua introduzione all'antologia di testi di Marx Pages choisies pour une éthique socialiste (che apparirà nel 1948 e che sarà ristampata nel 1970, con poche modificazioni) 16. Il primo paragrafo del saggio pubblicato in anteprima su rivista ha per titolo « socialisme ou barbarie »: se si pensa che il saggio di Claude Lefort La contradiction de Trotsky, che ha preceduto di qualche mese l'uscita del primo numero della rivista « Socialisme ou barbarie », è apparso su « Les Temps modernes » a cavallo tra il 1948 ed il 194917, si comprende in che misura l'antologia di Rubel abbia circolato negli ambienti che rifiutavano l'ortodossia bolscevica (fosse pure trockista) ed il « marxismo » come ideologia di Stato e come dogma di partito 18. Il problema fondamentale affrontato nell'Introduction all'antologia del 1948 è il rapporto tra scienza ed azione, tra il « revisionismo » di Bernstein ed il « volontarismo » dei Sorel e degli Arturo Labriola 19. Rosa Luxemburg, sia pure in modo imperfetto, secondo Rubel, ha conciliato il determinismo economico e la spontaneità, riprendendo la teoria marxiana della catastrofe ed interpretandola come barbarie. Rosa Luxemburg, testimone e vittima della barbarie della prima guerra mondiale, ha intuito che la tendenza catastrofica (dove per catastrofe s'intende anche il crollo di tutti i valori) insita nel capitalismo poteva condurre al socialismo, oppure, se in uno sforzo etico-rivoluzionario e spontaneo i proletari di tutti i paesi non si sollevavano, alla barbarie. Problema ancora attualissimo, secondo Rubel, giacché se prevale il secondo corno del dilemma luxemburghiano è possibile che
15 Karl Marx et le socialisme populiste russe, in « Revue Socialiste », n. 11, 1947.
16 L'edizione del 1948 presso Rivière e quella del 1970 presso Payot.
17 Cfr. ora CLAUDE LEFORT, Elements pour une critique de la bureaucratie, Droz, Genève 1971, pp. 11-29.
18 Per le posizioni del gruppo omonimo prima della fondazione della rivista « Socialisme ou barbarie », quando cioè era solo la tendenza Chauleu-Montal (e cioè Castoriadis e Lefort) del PC trockista cfr. ora gli scritti del 1947-48 in CORNELIUS CASTORIADIS, Capitalisme moderne et révolution, vol. I, U.G.E. (Coll. 10/18), Paris 1979, pp. 11-216.
19 Curiosamente, in termini quasi simili, questo problema viene ripreso da AMA- DEO BORDIGA nel suo scritto False risorse dell'attivismo, in « Sul filo del tempo », n. 1, 1953, pp. 23-27, ma Bordiga risolve in rigido monismo monolitico il dualismo di Rubel.
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si schiuda all'umanità la barbarie totalitaria della managerial revolution. Se invece trionfa l'etica marxiana dell'azione rivoluzionaria che si accompagna al determinismo della traiettoria della catastrofe — il secolo xx è stato ricchissimo in fatto di barbarie, secondo Rubel — prevale la tendenza positiva del dilemma luxemburghiano, costituita dall'autoemancipazione dei lavoratori (Rubel ricorda spesso che Marx derivò questa formula da Flora Tristan) e dallo sbocco socialista.
Altro tema trattato nell'Introduction è il tema del partito. Rubel riproduce alcuni suggestivi ed affascinanti passi del carteggio tra Marx e Freiligrath, dove Marx distingue tra partito formale — quello che di volta in volta s'incarna in istituti visibili e che sorge direttamente dai contrasti della società — ed il partito storico, il «partito invisibile del sapere reale » 20, l'alleanza tra la scienza ed il proletariato: non uno strumento di dominio, ma una comunità di autoliberazione estranea alle effimere querelles del contingente, anticipazione-prefigurazione, teorica ed utopica ad un tempo, della società futura.
Dopo alcuni altri articoli, sempre sulla « Revue Socialiste », sul manifesto dei comunisti (in occasione del centenario), sul diario di viaggio di Engels, sul carteggio Marx-Lassalle ed ancora sulla questione russa 2I' Rubel, nel 1951, interviene direttamente nel perdurante dibattito sulle tesi di Burnham 22. Discute la letteratura sociologico-economica presente nell'opera dell'americano (Veblen, Rathenau, Berle e Means) e la confronta con le opinioni espresse in proposito, dalle scuole marxiste, da Bernstein, Renner, Cunow, Hilferding, Horkheimer. Rubel avvicina le tesi di Burnham alla teoria dell'autosocializzazione del capitale di Renner ed a quella del, carattere proteico dello Stato di Kautsky (teorie a sfondo ottimistico), per concludere che un antimarxista come Burnham (che trattiene il possibile esito catastrofico) può essere piú fedele a Marx di tanti marxisti (Rubel, ovviamente, non poteva sapere del plagio dello stesso Burnham). Secondo Rubel gli avvenimenti contemporanei — e la tematica della managerial revolution lo conferma — gettano una nuova luce sulla dottrina marxiana della catastrofe sociale, secondo termini che sia gli « ortodossi » che i « revisionisti » (tutti ligi al piú rassicurante ottimismo di partito) erano stati incapaci di prevedere.
20 Introduction a Pages de Karl Marx pour une éthique socialiste, cit., p. 45 (ed. 1970). Questo concetto è stato ripreso da JACQUES CAMATTE negli anni Sessanta: dr. ora Verso la comunità umana, Jaca Book, Milano 1978, pp. 43 ss.
21 Cfr. La Pensée maîtresse du Manifeste communiste, in « Revue Socialiste », n. 17-18, 1948; Fragments d'un journal de voyage de Friedrich Engels, n. 27, 1949; Echange de lettres entre Lassalle et Marx, n. 32, 1949; La Russie dans l'oeuvre de Marx et d'Engels, n. 36, 1950.
22 Cfr. Réflexions sur la société diréctoriale, in « Revue Socialiste », n. 44, 1951.
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Nell'ottobre dello stesso anno, inoltre, Rubel si sente in dovere d'intervenire in polemica con il socialista Robert Mossé che scrive che la teoria di Marx è totalmente da rigettare sulla base dei risultati della sua applicazione in Russia 23. Rubel afferma che vuole stupire Mossé scompaginando
i dogmi, professati dai sovietici e, con segno negativo, dallo stesso Mossé. Schematicamente sostiene: 1) Non esiste una teoria marxista del valore. Non vi è in Marx che una critica delle teorie classiche del valore. 2) Il dualismo antagonistico delle classi non è una realtá sempre ed ovunque presente, ma esprime semplicemente la tendenza storica delle società capitalistiche. 3) Per Marx la concezione materialistica della storia non era né una filosofia né una scienza, ma solo un modo di affrontare lo studio della società.
All'inizio degli anni Cinquanta, Rubel, sempre sulla « Revue Socialiste », ma anche su « Preuves », dedica alcuni saggi polemici alle modalità di pubblicazione delle opere di Marx e di Engels nella Russia staliniana: in particolare modo si occupa della censura cui vengono sottoposte, dallo sciovinismo staliniano, le Rivelazioni sulla storia diplomatica segreta del XVIII secolo di Marx e la Politica estera degli zar di Engels 24. Si apre cosí un nuovo capitolo nella biografia intellettuale di Rubel, un capitolo che concerne il repertorio e la storia delle edizioni marxiane.
3. La bibliografia tra utopia e scienza. — Non è cosa nuova definire il clima ideologico-culturale degli anni Cinquanta come scisso tra isteria maccartista e cupa oppressione staliniana. Non sono molti i documenti a nostra disposizione che possono testimoniare un'indipendenza reale rispetto ad un clima siffatto, soprattutto per quel che riguarda gli studi marxologici e la ricerca teorica socialista. Ricordiamo l'uscita, in Germania, nel 1954, del primo volume dei Marxismusstudien, in Francia la rivista « Socialisme ou barbarie » (1949-1965), animata da Castoriadis e da Lefort, e la rivista « Arguments » (1956-1962), cui collaborò anche Maximilien Rubel 25. I
23 Cfr. Socialisme et marxisme (Brève réponse à Robert Mossé), in « Revue Socialiste », n. 50, 1951.
24 Fr. Engels et le socialisme messianique russe, in « Revue Socialiste », n. 51, 1951; Le sort de l'oeuvre de Marx et d'Engels en U.R.S.S., n. 56, 1952; L'Occident doit à Marx et à . Engels une édition monumentale de leurs oeuvres, n. 59, 1952; Staline et Cie devant le verdict d'Engels, n. 63, 1953; Karl Marx auteur maudit en U.R.S.S.? L'Edition fantôme, in «Preuves », n. 7, 1951; L'Édition censurée, n. 8, 1951; Staline jugé par Marx, n. 12, 1952.
25 Dix thèses sur le marxisme aujourd'hui par Karl Korsch, ora in Marxisme, révisionnisme, méta-marxisme. Arguments 2, U.G.E. (Coll. 10/18), Paris 1976, pp. 17-24 e De Marx au Bolchévisme: partis et conseils, ora in Révolution classe parti. Arguments 4, U.G.E. (Coll. 10/18), Paris 1978, pp. 11-29.
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temi fondamentali di queste esperienze teoriche erano la critica della burocrazia e del totalitarismo, l'investigazione libera, alla luce dei classici (letti senza ricorrere all'apparato liturgico dell'oscurantismo staliniano), su riforme e rivoluzione, su partito e classe, sui consigli, sul movimento del capitalismo moderno, sulla fisionomia storico-sociale delle classi, sulla tecnocrazia e sugli intellettuali: davanti all'idolatria del marxismo-leninismo inteso come sistema che incarna un potere che si presenta come verità assoluta e davanti alla risoluta negazione di ogni ipotesi socialista in nome della rabbiosa difesa del « mondo libero », si sentiva nettissimo il bisogno di un ritorno critico al discorso marxiano. Ma in che stato era questo discorso? Che cosa se ne sapeva realmente? Può sembrare un paradosso, eppure proprio negli anni in cui il « marxismo », dottrina obbligatoria di Stato per un'enorme quantità di esseri umani, si afferma come ideologia dominante del ventesimo secolo, su di esso si sa poco, in modo disorganico e disordinato, a dispetto dell'imponente massa di pubblicazioni (« ufficiali » e no), di edizioni (anche « popolari »), di commenti e di interpretazioni.
Prima del 1956 non esisteva alcuna impresa in cantiere atta a pubblicare l'opera completa di Marx ed Engels: tra il 1956 ed il 1968 sono usciti i 41 volumi dei Marx-Engels Werke (MEW), pubblicati a Berlino-Est, a cura dell'Istituto di marxismo-leninismo presso il comitato centrale della SED 26. Si tratta di un'edizione incompleta e lacunosa, ma prima del 1956 non vi era neppure quella: i Werke, che rappresentano a tutt'oggi il punto di riferimento privilegiato degli studiosi, vanno probabilmente considerati un frutto della liberalizzazione degli anni di Chruscëv.
La storia delle edizioni delle opere marx-engelsiane meriterebbe da sola un grosso libro e non ci è possibile qui delinearne le vicende, peraltro spesso piú significative di tanti sforzi ermeneutici atti a decifrare il significato del cammino ideologico del « marxismo »27. Già Engels, com'è noto,
zó Com'è noto, l'editore Dietz ha ora iniziato una nuova MEGA, prevista in 100 volumi. Iniziata intorno alla metà degli anni Settanta, nel 1979 avevano visto la luce 10 volumi, tra i quali di grande importanza è il volume III, tomo I della II sezione che contiene la prima edizione originale dei primi cinque quaderni del manoscritto redatto da Marx tra l'agosto del 1861 ed il luglio 1863. Per una prima valutazione (dei primi 6 volumi) di Rubel cfr. La nouvelle MEGA, in « Etudes de marxo-logie », nn. 19-20, 1978, pp. 559-562. Cfr. inoltre HANNES SKAMBRAKS, Ober Marx' grösstes Manuskript gebeugt. Zur wissenschaftlich-editorischen Arbeit am Manuskript « Zur Kritik der politischen Ökonomie » von Marx aus den Jahren 1861 bis 1863 für die MEGA, in Marx-Engels Jahrbuch 2, Dietz, Berlin 1979, pp. 201-217.
M Poche pagine vengono dedicate a questo problema da ERIC J. HOBSBAWM, La fortuna delle edizioni di Marx ed Engels, in Storia del marxismo, vol. I, cit., pp. 357-374. Per un giudizio sulla Storia del marxismo cfr. GIAN MARIO BRAVO, Una storia del marxismo, oggi, in « Studi storici », n. 2, 1979, pp. 317-337.
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pensava alla possibilità di una Gesamtausgabe (raccolta completa), ma dopo la sua morte questa possibilità si allontanò, anche per il gran numero di eredi, spesso in contrasto tra loro: Eleanor Marx, Kautsky, Bernstein, Bebel, Mehring 28. Solo con la rivoluzione del 1917, quando già molti frammenti del grande mosaico erano stati, sia pure in modo disperso, pubblicati nell'ambito della SPD, questa possibilità tornò a farsi concreta. In Russia vi era anche la persona giusta, per erudizione, indipendenza critica, perizia filologica e capacità di ricerca: Rjazanov, lo studioso che già si era dedicato all'esame degli scritti e dei manoscritti marxengelsiani su incarico della socialdemocrazia tedesca. Lenin forní grandi mezzi a Rjazanov, che riuscí a portare a Mosca e ad assicurare agli archivi dell'Istituto Marx-Lenin, le fotocopie ed alcuni originali della quasi totalità dei testi costituenti il colossale lascito intellettuale di Marx ed Engels, fino a quel momento dispersi negli archivi della socialdemocrazia tedesca ed in archivi e biblioteche private e pubbliche dell'Europa e degli Stati Uniti. Questo enorme lavoro Rjazanov lo compi in pochissimo tempo, potendo anche contare sulla collaborazione attiva e preziosa di molti esponenti della SPD, in anni in cui i rapporti tra quest'ultimo partito (unificatosi con una parte dell'usPD, in seguito al Congresso di Halle) e il P.C. (b) sovietico non erano dei migliori, se vogliamo usare un eufemismo. L'Istituto di Mosca e la Gesellscha f t für Sozial f orschung tedesca fondarono addirittura due case editrici in Germania, a Berlino ed a Francoforte, ma, con il 1930, anno in cui giungeva al suo culmine la campagna staliniana contro i « so-cialfascisti », questa collaborazione, già logora, non poté che essere troncata 29. L'anno successivo Rjazanov, accusato di collusione con la socialdemocrazia e con il menscevismo 30, venne allontanato dal suo incarico di direttore dell'Istituto, espulso dal partito e fatto sparire. Nel frattempo, però, Rjazanov aveva dato inizio alla grandiosa impresa nota come MEGA (Marx-Engels Gesamtausgabe), prevista in 40 volumi, divisi in tre sezioni: 1) le opere filosofiche, economiche, storiche e politiche, ad esclusione de
28 Il Bernstein-Debatte, vale a dire la polemica tra ortodossi e revisionisti, ebbe una grande responsablità nel ritardo delle pubblicazioni e nella dispersione di esse.
29 Su tutte queste vicende dr. F. SCHILLER, Das Marx-Engels Institut in Moskau, in « Archiv für die Geschichte des Sozialismus und der Arbeiterbewegung », xv, 1927, pp. 416-435 e soprattutto PAUL MEYER, Die Geschichte des sozialdemokratischen Parteiarchivs und das Schicksal des Marx-Engels- Nachlasses, in « Archiv für Sozialgeschichte », vI/VII, 1966-67, pp. 5-198.
30 Il 1931 è l'anno di un processo-montatura contro presunti menscevichi. Cfr. SIMON WOLIN, The «Menshevik» Trial of 1931, in LEOPOLD H. HAIMSON (ed.), The Mensheviks, The University of Chicago Press, Chicago 1974, pp. 394-402. Cfr. anche, su Rjazanov, E. CZOBEL, Riazanov als Marx-forscher, in « Unter dem Banner des Marxismus », Iv, n. 3, 1930, pp. 401-417.
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Il Capitale; 2) Il Capitale, con tutte le varie edizioni e tutti i manoscritti inediti; 3) la corrispondenza integrale. Solo cinque volumi furono pubblicati da Rjazanov entro il 1930, ed altri testi vennero da lui pubblicati nei due numeri del « Marx-Engels Archiv » (il piú cospicuo come mole è la Dialettica della natura di Engels). Altri sette volumi vennero pubblicati dal suo. successore Adoratskij, fino a che, nel 1935, la MEGA venne bruscamente interrotta (vi erano le opere complete di Marx ed Engels solo fino al 18481849)31. Venne continuata, in modo discontinuo, solo un'edizione in lingua russa (Socinenija), incompleta e priva del grande rigore dimostrato solo dall'iniziatore dell'impresa.
La situazione all'inizio degli anni Cinquanta non era mutata, era anzi peggiorata: la pubblicazione dei Resultate des unmittelbaren Produktionsprozesses (il Capitolo VI inedito) sull'« Arkhiv Marksa i Engelsa » del 1933 e quella dei Grundrisse nel 1939-41 avevano avuto scarsissima eco e per molti il « marxismo » era un sistema compiuto depositato nei manuali di partito o, nel migliore dei casi, nel Manifesto e ne Il Capitale. Vi erano naturalmente numerosi studiosi e numerosi lettori che non si accontentavano di questo stato di cose, ma la interruzione della grande MEGA e la confusione delle lingue succeduta alla rottura « scientifica », oltre che politica, tra socialdemocrazia e bolscevismo staliniano, non giovavano ad una comprensione critica del fenomeno: soprattutto mancava un inventario aggiornato e scrupoloso del lascito intellettuale di Marx. A disposizione del lettore sino a quel momento vi era solo la vecchia bibliografia di Ernst Drahn, sommaria, lacunosa e costruita con criteri scientifici estremamente labili 32. Nel 1956 Maximilien Rubel porta a termine la prima fase del suo lavoro dando alle stampe la prima bibliografia attrezzata scientificamente delle opere di Marx, con in appendice un repertorio delle opere di Friedrich Engels 33. La bibliografia è divisa in quattro parti: la prima comprende le opere e gli scritti pubblicati vivente l'autore, la seconda l'epistolario, la terza i manoscritti inediti, la quarta gli scritti dubbi o d'incerta attribuzione. Si può dire che in Occidente è possibile districarsi compiutamente nella selva delle pubblicazioni marxiane solo a partire da questa bibliografia: nel 1960 venne fatto seguire
31 Dei volumi della vecchia MEGA (1927-1935) è stato fatto un reprint dalla Verlag Detlev Auvermann, Glashütten im Taunus 1970.
32 Cfr. ERNST DRAHN, Marx-Bibliographie. Ein Lebensbild Karl Marx' in biographisch-bibliographischen Daten, Deutsche . Verlagsgesellschaft für Politik und Geschichte, Charlottenburg 1920: di questo testo esiste un reprint presso Slienger, London.
33 Cfr. Bibliographie des oeuvres de Karl Marx, Rivière, Paris 1956.
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un supplemento 34. La Marx-Forschung comincia ora ad uscire dalle diatribe di partito e ad emanciparsi dai pregiudizi ideologici: è infatti solo esibendo allo studioso ed al lettore la complessità e la stupefacente ricchezza del polimorfo lascito marxiano che è possibile volgere le spalle alla perenne tentazione di servirsi di questo lascito come di un instru-mentum regni.
Parallela al lavoro della bibliografia è la stesura di una biografia intellettuale di Marx, che viene pubblicata nel 1957 35. I temi dell'antologia del 1948, arricchiti da una ricerca più vasta, vengono ripresi, compreso il dualismo, identificato nell'opera di Marx da Rubel e criticato da alcuni recensori 36, tra etica rivoluzionaria e sociologià critica. A questo proposito è forse opportuno ricordare alcuni punti di contatto con gli studi di Karl Korsch ', con il quale negli anni Cinquanta Rubel aveva avuto uno scambio epistolare. In ogni modo, nella biografia di Marx un grande spazio hanno le opere giovanili, testimonianza della protesta antihegeliana ed antistatale in nome della società concreta, protesta che secondo Rubel è in sintonia con l'antihegelismo proclamato da Kierkegaard in nome del- l'individuo concreto. Rubel mette in luce l'influenza dell'etica di Spinoza su Marx 3B, il suo passaggio dal liberalismo al comunismo, la critica della burocrazia intesa come élite del sapere esoterico, il passaggio dall'analisi della religione all'analisi della politica attraverso la mediazione di Feuerbach e la critica dell'emancipazione politica in nome dell'emancipazione umana: in Marx, secondo Rubel, la critica diventa lo strumento teorico per eccellenza, atto ad articolare sul piano della coscienza e della conoscenza il progetto etico e rivoluzionario di farsi disertore del vecchio mondo. Con la concezione materialistica della storia, successiva alla critica della politica, Marx approda ad un metodo di indagine che Rubel definisce — con un'espressione a nostro avviso non eccessivamente felice e che forse intende sottolineare il debito contratto da Marx nei confronti di Saint-Simon — sociologia critica o sociologia pragmatica. Marx si è inizialmente schierato con l'etica proletaria sansimoniana, a fianco della
3a Cfr. Supplement à la Bibliographie des oeuvres de Karl Marx, Rivière, Paris 1960.
35 Cfr. Karl Marx. Essai de biographie intellectuelle, Rivière, Paris 1957 (19712).
36 Tra tutti cfr. LUCIEN GOLDMANN, Propos dialectique. Y a-t-il une sociologie marxiste?, in « Les Temps modernes », ott. 1957, cui Rubel rispose nel numero di dicembre della stessa rivista.
37 Cfr. KARL KORSCH, Karl Marx, Laterza, Bari 1969. Cfr. inoltre AA.VV., Über Karl Korsch, in Jahrbuch Arbeiterbewegung 1, Fischer, Frankfurt 1973.
38 Nel 1841 Marx riportò su un quaderno circa 160 passi estratti dal Tractatus theologico-politicus di Spinoza.
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classe la plus pauvre et la plus nombreuse, ma ha poi respinto del sansi-monismo il carattere elitario, mirante ad identificare in un ceto estraneo al proletariato la coscienza esterna del proletariato stesso: l'idea del-l'autoliberazione del proletariato Marx la deve a Flora Tristan 39 e da questa idea deriva il rifiuto di ogni centralismo partitico o statalistico espropriatore della dinamica autonoma della classe che può e deve essere insieme soggetto ed oggetto di emancipazione. In questo stesso periodo Marx — e Rubel lo evidenzia — introduce la tematica del Gemeinwesen, dell'essere comunitario dell'uomo (das kommunistische Wesen), a proposito del quale viene ricordato che Marx, in un passo della sua opera, in un primo tempo, in luogo di Gemeinwesen, aveva scritto die Kommune, parola che in seguito aveva cancellato. Di qui l'inizio di tutta la riflessione sul comunismo, che non è solo il punto d'approdo conclusivo di uno sviluppo economico-quantitativo, ma è l'essere reale dell'uomo, esiliato in una società civile separata ed oppressa dallo Stato, atomizzato e parcellizzato da una parte, inquadrato e burocratizzato dall'altra 4D. La concezione materialistica della storia, come la sociologia critica, come la critica dell'economia politica, è il metodo d'analisi delle leggi della società, di quelle leggi che soffocano il Gemeinwesen, che ne impediscono la libera affermazione. Il Gemeinwesen è la sostanza del comunismo, ciò che ne rende possibile la realizzazione: il comunismo, a sua volta, è il movimento reale che fa emergere il Gemeinwesen, è l'azione sociale che affossa la troppo lunga preistoria umana.
4. Bonapartismo e stalinismo. — Nel 1917 David Rjazanov aveva pubblicato a Stoccarda gli scritti di Marx, prevalentemente a carattere giornalistico, del periodo che va dal 1852 al 1856 41: secondo il progetto iniziale, la pubblicazione doveva proseguire sino a comprendere gli scritti tra il 1856 ed il 1862. La rivoluzione russa ed il ritorno dello studioso in patria tra le file del bolscevismo, interruppero questo lavoro: in seguito Rjazanov si mise a progettare la MEGA, che avrebbe evidentemente compreso anche gli scritti marxiani non pubblicati in quella precedente occasione. Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, l'attività di Rjaza-nov e la MEGA, in tempi diversi, vennero bruscamente troncate. Si può
39 Cfr. Karl Marx et Flora Tristan, in « La Nef », genn. 1946.
40 Cfr. Karl Marx. Essai d'une biographie intellectuelle, cit., p. 67. Anche questa tematica venne ripresa da JACQUES CAMATTE in Il Capitale totale, cit. e in Verso la comunità umana, cit.
41 Cfr. Gesammelte Schriften von Karl Marx und Friedrich Engels 1852-1862, Dietz, Stuttgart 1917.
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dire, dunque, che gli scritti meno noti di Marx, negli anni Cinquanta del nostro secolo, fossero proprio quelli del decennio cui aveva lavorato Rja-zanov prima del febbraio 1917, tra i quali spiccano, per quantità e varietà, gli articoli sul « New York Daily Tribune ». Avendo presente questa situazione Maximilien Rubel, nel 1960, pubblica uno studio sull'atteggiamento di Marx davanti al bonapartismo 42, un po' per affrontare i temi del periodo in questione (soprattutto a partire dal 1856, anno in cui si arresta la pubblicazione curata da Rjazanov), un po' perché l'analisi del sistema di potere bonapartista, pur dispersa in un pulviscolo inevitabilmente disorganico di resoconti giornalistici, è centrale per cogliere la continuità della critica della politica nel pensiero di Marx.
In questo studio, che percorre gli scritti marxiani oltre il progetto editoriale del Rjazanov pre-1917, sino al crollo del secondo Impero ed alla Comune, Rubel tratteggia l'evoluzione della storia francese nell'interpretazione marxiana, il confronto sempre istituito tra Napoleone I e Napoleone III, le valutazioni sulla guerra di Crimea e sul sistema europeo di alleanze con tutti i connessi problemi di storia diplomatica, sul regime pretoriano e sul « socialismo » imperial-militare del Bonaparte minor, sui rapporti franco-russi e sulle affinità tra bonapartismo e zarismo (modello, quest'ultimo, di ogni dispotismo integrale), sulle avventure messicane, sulla fatale guerra franco-prussiana. Particolarmente interessanti le pagine che commentano la guerre d'Italie, dove si mette in luce come, di contro a Lassalle, prevalesse in Marx ed Engels l'ipoteca antibonapartista sull'esigenza « nazionale » dell'unificazione italiana 43
L'interesse particolare che il bonapartismo suscita deriva però dall'essere esso da Marx identificato come il momento di supremo antagonismo tra lo Stato e la società: il bonapartismo non è tanto il comitato d'affari della borghesia, l'espressione di una classe dominante, è un fenomeno politico particolare grazie al quale si può osservare l'astrazione dello Stato dalla società civile che raggiunge il suo culmine. Marx definisce lo Stato bonapartista una macchina da guerra del capitale contro il lavoro, ma, articolando in modo apparentemente contraddittorio il giudizio, sostiene anche che la classe che tale Stato meglio rappresenta è quella con-
42 Karl Marx devant le bonapartisme, Mouton, Paris 1960.
43 Cfr. ivi, pp. 67-77. In Italia gli scritti di Marx ed Engels sul 1859-60 sono stati abbastanza poco studiati, anche perché piuttosto imbarazzanti dal punto di vista dell'ortodossia gramsciana e da quello delle priorità patriottiche. Cfr. ERNESTO RA-
GIONIERI, Prefazione a K. Max,A F. ENGELS, Scritti sul risorgimento, Editori Riuniti,
Roma 1960 e FRANCO VALSECCHI, La politica di Napoleone III e la guerra d'Italia del 1859 nell'interpretazione di Marx, Engels e Lassalle, in Mélanges Pierre Renouvin, Etudes d'histoire des rélations internationales, Puf, Paris 1966.
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tadina (di qui i buoni rapporti dell'ex-liberale con il parti prêtre), complice dunque delle truffe dell'aristocrazia finanziaria e del parassitismo degli strati direttamente gravitanti intorno alla corona. Se Marx sostiene da una parte che il regime parlamentare può contenere in nuce i germi dello Stato bonapartista, il che è stato utilizzato per un'interpretazione marxiana dei fascismi contemporanei , dall'altra lo Stato bonapartista sembra potenziare quegli strumenti di dominio-controllo sulla società civile che lo sottraggono ad una connotazione di classe valida una volta per tutte: come il capitale, liberatosi dalle pastoie della proprietà privata borghese, nelle forme moderne che Marx già aveva descritto, tende a diventare il capital sans phrases, cosí, secondo Rubel, sembra che a partire dal bonapartismo, si possa parlare di un Etat sans phrases, in cui la classe dominante progressivamente si confonde con l'apparato dello Stato, sino a che emerge l'oggettività complessa della macchina burocratica di dominio che, ereditata dal passato e messa a punto per l'avvenire, regola l'organismo politico e sociale nel suo complesso: secondò Rubel, il bonapartismo, cosí lucidamente analizzato da Marx, è il destino del mondo moderno. Sotto il segno del bonapartismo, inteso insieme come modernizzazione oppressivo-totalitaria e come demagogico populismo di Stato che compie le rivoluzioni dall'alto, si sono formate le grandi unità nazionali ed i grandi sistemi industriali, o, meglio, questi fenomeni macro-storici, paralleli alla formazione delle grandi masse proletarie urbane, hanno condotto a strutture di dominio che non pochi punti di contatto hanno con il « bonapartismo » ancora primitivo ed inefficiente di Napoleone le petit".
Non è possibile continuare un'analisi serrata degli scritti di Marx senza, prima o poi, porsi il problema della natura sociale di quello Stato e di quella società che, ufficialmente, al pensiero di Marx si richiamano:.. lo Stato e la società dell'uRs S. Rubel, nel 1957, comincia una riflessione che proseguirà negli anni successivi 46 e che condurrà in piena armonia con i risultati delle sue analisi marxologiche. Rubel comincia con il ricordare che Lenin, a proposito della Russia sovietica, parlava di capitalismo di Stato sorvegliato e diretto dal potere operaio, un potere che si identifica nel partito bolscevico,
44 Cfr. AUGUST THALHEIMER, Sul fascismo, in RENZO DE FELICE (a cura di), Il fascismo. Le interpretazioni dei contemporanei e degli storici, Laterza, Bari 1970. Cfr. anche GIAN ENRICO RuscoNl, La teoria critica della società, Il Mulino, Bologna 1968, pp. 176-187.
' Cfr. Karl Marx devant le bonapartisme, cit., p. 160. ..
46 Cfr. La croissance du capital en U.R.S.S. (1957), The relationship of Bolshevism to Marxism (1968), La fonction historique de la nouvelle bourgeoisie (1971), La société de transition (1972), Le chainon le plus faible (1973), tutti questi saggi sono ora compresi in Marx critique du marxisme, Payot, Paris 1974, pp. 63-168.
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coscienza « esterna » della classe e veicolo unico della dittatura proletaria. Con la rivoluzione russa, per ammissione del suo massimo artefice, vengono dunque adottati, dopo un primo periodo in cui i Soviet avevano espresso la volontà anticapitalistica di vasti strati dei lavoratori, metodi e sistemi che rappresentano la vocazione del capitalismo a darsi una struttura il piú possibile omogenea e concentrata. Secondo Rubel, però, l'aspetto socialista della rivoluzione, la natura proletaria del potere politico, non è altro che un mito: il bolscevismo si è servito del pensiero di Marx per fare accettare alle masse operaie esigue del 1917 ed a quelle ben piú cospicue dei decenni successivi una corsa alla concentrazione del capitale di una rapidità e di una violenza superiori a quelle della rivoluzione industriale nei paesi occidentali. Marx, secondo Rubel, ha concepito, in pagine profetiche, un sistema capitalistico allo stato puro che è stato realizzato dalla società sovietica, la quale ha fatto di necessità virtú ed è riuscita a mettere in moto un'accumulazione capitalistica di grandi dimensioni senza fare ricorso ai tradizionali uffici della classe borghese. Marx aveva studiato le condizioni sociali della Russia, guardato con interesse ai suoi istituti comunitari ed auspicato che, grazie alla permanenza di tali istituti ed al rapido affermarsi della rivoluzione in Occidente, la Russia potesse avere la ventura di passare al socialismo senza attraversare il necessariamente intermedio purgatorio capitalistico: ma già negli ultimi anni di vita questa possibilità gli appariva remota. Ed ancora piú remota apparve ad Engels, negli anni successivi alla morte di Marx. In ogni caso, la rivoluzione russa avrebbe dovuto essere di tipo costituzional-democratico: non c'è alcun dubbio, restando fedeli alla lettera dell'ultimo Engels, che l'ipotesi menscevica fosse quella « ortodossa » e la bolscevica quella « revisionista » 47. Il bolscevismo, secondo Rubel, ha svolto il ruolo giacobino di una borghesia impari al suo compito storico, senza liberalismo e senza regime costituzional-democratico, definendo, in forza dell'ideologia « marxista », accumulazione socialista quella che era la consueta e brutale accumulazione capitalistica. Gli studi di Marx sulla genesi storica e sulla crescita del capitalismo sono stati trasformati, soprattutto con l'avvento di Stalin, in ricette economiche per l'edificazione del socialismo: è cosí che lo Stato sovietico, capitalismo d'imitazione per quel che riguarda il materiale tecnologico impiegato, ha in breve tempo utilizzato tutti i metodi di accumulazione descritti da Marx. In questo modo l'Urss, attraverso la dittatura di partito, si è avvicinata alla realizzazione di quel capital sans phrases, privo di ostacoli borghesi, che Marx aveva intravisto ed il suo Stato teocratico, fondato sul doppio terrorismo ideologico e poli-
47 Cfr. BRUNO BONGIOVANNI, Introduzione a F. ENGELS, La politica estera degli zar, La Salamandra, Milano 1978, pp. 9-36.
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tico, ha perfezionato quell'Etat sans phrases che Rubel ha creduto di ravvisare nell'analisi marxiana del bonapartismo.
Ritornano in parte, come si vede, le suggestioni dell'immediato dopoguerra: a proposito dell'uRs s Rubel parla di capitalisme directorial e ricorda che nel libro iii de Il Capitale Marx aveva usato il termine managers, modificato poi da Engels 48. A differenza dei teorici del collettivismo burocratico 49 — ed invece piú vicino alle analisi condotte da Castoriadis su « Socialisme ou barbarie » — Rubel non ritiene che l'uRss abbia superato lo stadio capitalistico e si situi all'interno di un modo di produzione di tipo nuovo, non previsto da Marx e contrassegnato dall'oppressione della nuova classe tecno-burocratica e dal totalitarismo economico-politico: l'uRss è caratterizzata dalla croissance du capital, dall'instaurazione di un capitalismo emancipato da ogni ipoteca tradizionalmente borghese e realizzato con il concorso totalitario del dispotismo burocratico. Con Lenin, e ancor piú con Stalin, il proletariato non è stato abolito, ma è stato creato, la divisione del lavoro è stata approfondita, lo Stato è stato perfezionato nei suoi strumenti di controllo e di oppressione, lo scambio monetario è divenuto, nell'intero mercato nazionale, il principale incentivo per ogni lavoro, la gerarchia sociale e professionale è divenuta l'ossatura stessa della nuova società 50. L'URSS non ha realizzato le speranze di Marx, non è sfuggita, secondo Rubel, all'intermedia tappa capitalistica: d'altra parte non ha neppure realizzato le piú ridotte speranze dei menscevichi, non ha guadato e non sta guadando l'impetuoso fiume capitalistico all'interno di un sistema costituzional-democratico.
5. Gli « Etudes de marxologie A. - Nel 1959, grazie all'iniziativa di Maximilien Rubel, viene costituita una rivista, la cui scadenza è piú o meno annuale (venti numeri sono usciti tra il 1959 ed il 1978), che si prefigge di affrontare quei temi che sono parte integrante della sua ricerca: già il titolo della pubblicazione è significativo, « Etudes de marxologie ». Che cosa si propongono programmaticamente? Portare luce sulla genesi del marxismo, offrire documenti e testimonianze, studi ed analisi sull'opera di
48 Cfr. K.M., Il Capitale. Libro III, cit., pp. 460 e Oeuvres. Economie II, cit., pp. 1147-1150 e 1175 e 1792.
49 Tra questi Rizzi e Burnham, ma anche Shatchman: due personaggi che hanno avuto posizioni del tutto simili sono stati Rudolf Hilferding, sul versante socialista democratico, e Victor Serge, sul versante libertario.
50 Rubel riconosce di non essere l'unico a definire l'uRss uno Stato capitalistico: tra gli altri cita Pannekoek, Rühle, Bordiga, Cliff, Castoriadis. Cfr. Marx critique du marxisme, cit., p. 92.
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Marx e sul marxismo, ed inoltre rassegne storiche, bibliografie, traduzioni di inediti. I venti numeri sono oggi uno strumento di studio indispensabile per chiunque voglia approfondire i problemi della marxologia. Nell'Avant-propos del numero 3 Rubel afferma che la parola marxologie non traduce in modo perfetto la piú elegante espressione tedesca Marx-Forschung, ma ritiene necessario che anche nelle lingue latine si trovi un termine atto non a fondare una disciplina, il che è preteso solo dai « marxisti », ma a delimitare un ambito di ricerca, peraltro vastissimo: la fortuna enorme del pensiero di Marx, il suo insediamento pratico in organismi ed istituzioni, il grande numero di epigoni e, di contro, la discontinua vicenda delle pubblicazioni dei suoi scritti, la non esistenza di un'edizione attendibile delle opere complete, la distanza ideologica abissale tra le diverse scuole « marxiste », sono tutti fatti che impongono l'esistenza della marxologia, ambito di ricerca al cui interno gli studiosi devono improvvisarsi filologi, storici, economisti, sociologi ecc. La Marx-Forschung s'insinua tenacemente dentro l'intera storia della cultura mondiale degli ultimi centocinquanta anni: né gli antimarxisti, che negano al pensiero di Marx ogni validità ed ogni attualità, né i « marxisti », che ritengono la dottrina ed il sistema conclusi, ritenendo anche, nella loro stragrande maggioranza, il socialismo già realizzato o quanto meno in cammino in questa o in quella parte del pianeta, né gli uni né gli altri, dicevamo, possono eludere la ricerca marxologica, anche se possono, in tacito accordo, censurarne i settori imbarazzanti o mummificarla e trasformarla in stanca accademia. Nell'Avant-propos del numero 5 Rubel conferma che l'azione preliminare della Marx-Forschung deve essere la rimozione dell'aura religiosa che si è sovrapposta sul pensiero del maestro, il rifiuto del « marxismo » divenuto ideologia di Stato e dogma di partito.
Nel frattempo gli « Etudes de marxologie » traducono o presentano testi, spesso quasi sconosciuti, almeno in Francia, di Marx e di Engels, ma anche di Sorel e di Struve ed inoltre saggi di studiosi come Draper, Pipes, Mattick, Na'aman, su temi fondamentali come la dittatura del proletariato, il movimento cooperativo, l'utopia, la storia dei movimenti operai, il risorgimento italiano, la diffusione del « marxismo » nei vari paesi, l'interpretazione marxiana e lassalliana della rivoluzione francese. E poi ancora scritti di Korsch e di Rosdolsky, la questione ebraica ed il rapporto Hegel-Marx alla luce dell'eterna questione della dialettica. Fondamentale l'intero numero 8 in occasione del centenario della Prima Internazionale, con un'eccellente cronologia di Rubel su Marx e la Prima Internazionale, cronologia che prosegue nel numero successivo. Di notevole importanza anche il numero 11 (1967) sul centenario de Il Capitale e soprattutto il numero del 1969 contenente gli scritti di Marx e di Engels (alcuni inediti in francese)
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sullo zarismo e sulla comune russa 51. Il numero del 1970, consacrato al comunismo, mette in luce le origini utopiche del pensiero di Marx: il comunismo, si cerca di dimostrare, è poi degenerato in mitologia attraverso la mediazione degli apparati ideologici di Stato. Questo numero contiene testi importanti di Moses Hess, di Max Adler, di Weitling, di Rühle e di Mattick: la presentazione di lavori poco noti o addirittura inediti, con commenti ed annotazioni, è sicuramente uno dei meriti maggiori degli « Etudes ». Nel numero 15 Rubel pubblica il saggio La légende de Marx ou Engels fondateur che indica in Engels il primo ed ancor timido responsabile della costituzione del « marxismo »: in questo numero, oltre a studi importanti di Draper e di Bahne, vi sono anche testi di notevole importanza di Pierre Leroux e di Joseph Déjacque. Nel numero 16 la traduzione di un testo di Marx su Friedrich List e di uno di Moses Hess. Negli ultimi tre numeri (17, 18, 19-20) ancora studi di grande interesse ed in particolare un lungo saggio, articolato nei tre numeri, sull'edificazione della dottrina « marxista », opera di Margaret Manale, autrice nel 1975, insieme a Maximilien Rubel, di una cronologia della vita e delle opere di Marx 52, che rappresenta un'ideale conclusione della Bibliographie del 1956. Nell'ultimo numero finora uscito degli « Etudes » sono apparse due voci, opera congiunta di Rubel e di Louis Janover, di un Lexique de Marx, la cui pubblicazione in volume è da attendersi presso le éditions du Seuil. Le due voci sono Etat e anarchisme: mirano a restaurare la sostanza libertaria del pensiero di Marx, quella critica della politica che si situa all'origine di tutta la riflessione marxiana e che, secondo Rubel, tutta questa riflessione percorre in modo piú o meno esplicito 53
Si può dire, a questo punto, che gli « Etudes de marxologie » rappresentano il contributo piú importante della Marx-Forschung: infatti i Mar-xismusstudien, dopo i primi due numeri del 1954 e del 1957, hanno diradato la frequenza della periodicità ed hanno in ogni caso smarrito l'originaria direttiva di ricerca, nonostante gli sforzi del loro animatore, Iring Fetscher sa
51 Su questo tema cfr. Nachwort a K. MARX, F. ENGELS, Die russische Kommune, Hanser, München 1972, pp. 277-326.
52 M. RUBEL and MARGARET MANALE, Marx without Myth, Blackwell, Oxford 1975.
53 Cfr. un altro capitolo del Lexique de Marx dal titolo Marx et la nation, di prossima pubblicazione su « Mondes en developpement », dic. 1979.
54 Tra il 1954 ed il 1972 sono usciti sette volumi dei Marxismusstudien presso Mohr, Tübingen. IRING FETsCHER è noto in Italia per i tre volumi de Il marxismo. Storia documentaria, Feltrinelli, Milano 1969 e per Marx e il marxismo, Sansoni, Firenze 1969. Cfr. anche JuLlus I. LÖWENSTEIN, Marx contra Marxismus, Mohr, Tübingen 1976.
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6. Marx critico del marxismo. — Nel 1974 Maximilien Rubel ha raccolto in un unico volume una parte dei suoi saggi (soprattutto quelli piú recenti), evidenziando la continuità e la coerenza della sua ricerca 55. I temi affrontati sono vari, ma tutti vengono fatti scaturire da un'indagine che è insieme ricognizione filologica ed interpretazione critica.
a) La leggenda del marxismo. È soprattutto con la breve relazione presentata nel 1970 al convegno di Wuppertal in occasione del 150° anniversario della nascita di Engels che Rubel, ricordando che il termine « marxismo » è nato come invettiva ed ingiuria degli avversari, attribuisce ad Engels la responsabilità storica ed ideologica di avere costituito un pensiero critico in dottrina: credendosi erede, Engels fu in realtà il fondatore. Con questa relazione, che suscitò grande scandalo soprattutto tra i « marxisti » ortodossi e tra gli studiosi dell'Est, Rubel ha inaugurato un terreno di ricerca parzialmente nuovo, che è stato in seguito arricchito con grande competenza da Margaret Manale, ma anche da altri studiosi non attestati sulle sue posizioni, come Hobsbawm e soprattutto come Haupt che, pur ritenendo « discutibile » l'impostazione provocatoria di Rubel, ne ha nei fatti seguito le tracce 56.
b) L'anarchismo di Marx. Analizzando gli scritti giovanili di Marx e rileggendo quelli dell'età matura alla luce della convinzione di una mai spezzata continuità di ispirazione, Rubel ritiene che tutta l'opera di Marx sia essenzialmente una critica dello Stato e del denaro ed argomenta che la sezione sullo Stato della Critica, compresa nel famoso progetto del 1857 e mai scritta, non poteva contenere che la teoria della società liberata dallo Stato. Si può dire che Bakunin, nonostante le sue affermazioni in contrario, risenta dell'elitismo smanioso di clandestinità suggeritogli dalla mai sopita vocazione romantica del cospiratore di professione (si pensi al rapporto con Necaev): Rubel ritiene che questi atteggiamenti fossero estranei a Marx e che paradossalmente vi sia piú « leninismo » nell'azione politica di Baku-nin. Ma è soprattutto negli scritti anteriori al 1846 che è possibile cogliere in Marx un théoricien de l'anarchisme: per il Marx di questi primi anni l'emancipazione politica era l'ultima forma dell'emancipazione umana all'interno dell'ordine stabilito. Tutta la politica faceva parte del vecchio
ss Marx critique du marxisme, cit.
56 Cfr. ERIC J. HOBSBAWM, La diffusione del marxismo, in « Studi storici », n. 2, 1974, pp. 241-269 e GEORGES HAUPT, Marx e il marxismo, in Storia del marxismo, vol. I, cit., pp. 291-314. Cfr. anche i saggi nel secondo volume della Storia del marxismo (Einaudi, Torino 1979). Per un giudizio su Marx critique du marxisme cfr. OLIVIER CORPET, Pour une theorie marxienne de l'autogestion, in « Autogestion et socialisme », n. 35-36, 1976, pp. 71-98.
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mondo e solo una critica di essa poteva entrare a far parte di una critica radicale dello stato di cose esistente. Restano fondamentali, a questo proposito, le valutazioni sulla rivoluzione francese, sul giacobinismo e sul Terrore. Rubel pensa però che Marx, che pure ebbe aspri contrasti con gli anarchici autoproclamantisi tali, restò sempre sostanzialmente fedele a questa ispirazione, pur privilegiando l'analisi del processo di produzione e la critica del denaro rispetto all'analisi delle forme di associazione civile ed alla critica dello Stato.
c) Il mito dell'Ottobre. Abbiamo già visto in precedenza qual è l'impostazione di Rubel sulla natura sociale dei paesi « socialisti » e sul ruolo del marxismo in essi. Capitalismo statal-manageriale sul piano sociale, dittatura burocratica sul piano politico: il marxismo ed il leninismo non sono altro che le ideologie dell'accumulazione. Il partito rivoluzionario bolscevico si è fatto veicolo del determinismo oggettivo delle forze produttive in un paese estremamente arretrato e privo di una classe dirigente borghese, autonoma dall'autocrazia e dotata di una chiara visione modernizzatrice. Lo scandalo dell'Ottobre non è comunque la trasformazione dell'uRss in grande potenza imperiale, ma il fatto di propagandare come « socialismo » un processo di accumulazione capitalistica, che, come e piú di quelli che l'hanno preceduto, è stato causa di oppressione e di sofferenze.
d) Partito e proletariato. Ciò che piú conta per Marx, secondo Rubel, è la Selbsttatigkeit, l'autoattività e l'autonomia del movimento di emancipazione. I partiti che si formano di volta in volta sono semplici mezzi per raggiungere questo fine, per assecondare il processo di autoliberazione e di autosoppressione del proletariato in una società senza classi. Il partito storico, organo del proletariato, è invece l'accumularsi delle esperienze di liberazione ed insieme anticipazione utopica della società futura: questo partito è l'espressione del movimento reale finalizzato al comunismo, è il depositario della coscienza e della conoscenza, ma non s'incarna mai compiutamente in istituti formali e concreti. La costituzione della classe in partito è necessaria per la conquista della democrazia, per abbattere ogni residuo del passato feudale e reazionario: da questo momento, però, opera il processo di autoemancipazione, che mira alla soppressione dello Stato e del denaro ed alla formazione di una società in cui il lavoro venga associato senza costrizione e senza sfruttamento. Di qui, secondo Rubel, deriva la non rottura tra gli utopisti e Marx, il cui pensiero è ben radicato nella tradizione che gli utopisti stessi hanno inaugurato. Marx ha riconosciuto la spontaneità del proletariato e dentro questa ha ravvisato una missione storica, operando, nel contempo, per fornire al proletariato stesso, senza pretese egemoniche, la conoscenza delle leggi della società e dei mezzi e dei fini del processo di liberazione. Nel movimento reale che tende al comuni-
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smo Marx ha ravvisato, secondo Rubel, le norme di un'etica rivoluzionaria, che è insieme coscienza critica dello stato di cose esistente ed anticipazione del comunismo, entrambe armoniosamente collegate con l'utopia socialista. Ecco perché in Marx coesistono la libertà (etica della rivoluzione) e la necessità (determinismo delle forze produttive), l'utopia e la critica: con Marx, il socialismo non ha proceduto dall'utopia alla scienza, come ha preteso Engels e dopo di lui lo scientismo di marca sovietica. Marx non ha mai rinnegato la tensione utopica insita nel movimento reale, pur analizzando con rigore storico-critico e scientifico le norme di funzionamento del processo di produzione. Del resto, se il socialismo è scienza svincolata dalla utopia è piú che normale che esso divenga ricettario di partito, patrimonio di un'élite che, dall'alto e dall'esterno, s'incarica di portare il sapere agli agenti puramente meccanici della trasformazione sociale. I partiti formali, i movimenti operai politici, lottano per la conquista della democrazia, per le otto ore, per la legislazione del lavoro, per il suffragio universale: il partito storico, che attraversa indenne un'intera fase storica, anticipa il comunismo, mèta finale del lungo processo di autoemancipazione. Il partito-scienza, il partito-potere, si è invece rivelato in tutti i paesi (arretrati) dove si è affermato come lo strumento dell'industrializzazione e dell'accumulazione. Tutti questi temi si collegano idealmente al dibattito sulla barbarie e sulla traiettoria della catastrofe: se infatti, com'è secondo Rubel avvenuto, l'azione cosciente degli oppressi (l'umanità che soffre e che pensa, secondo Marx) non interviene per affermare il polo positivo della liberazione inserito come possibilità nel determinismo delle forze produttive, ecco che si afferma di contro il polo negativo della barbarie, anch'esso inserito, in assenza del rovesciamento liberatore, in tale determinismo. Di qui i totalitarismi del nostro secolo, frutto anche del mancato processo di auto-emancipazione, tutti tragiche caricature e beffarde parodie dell'attesa e mai avvenuta liberazione, nazionalsocialismi e nazionalcomunismi compresi. Il trionfo del « marxismo » come superstizione politica, in particolare, è secondo Rubel sinonimo della disfatta del movimento operaio, declino della grande speranza di libertà ad esso connessa. Quest'ultimo fenomeno si collega al grande paradosso: l'essere cose accidentata ed ideologizzata la storia delle pubblicazioni del maestro che piú di chiunque altro è stato presente, icona inoffensiva piú spesso che coscienza critica, nel grande dibattito teorico sul significato e sul destino della nostra società.
Come si vede, la ricerca filologica volta al recupero di un pensiero disperso si lega ad un'ipotesi ben precisa, dal punto di vista storico identificabile all'insegna della continuità. Marx non è un magico spartiacque che segna in modo irreversibile la storia, il suo avvento non è l'epifania misteriosa di un miracolo foriero di futuri, inevitabili prodigi. Rubel lo inserisce
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in quel lungo processo di Au f klärung critica che percorre la storia dell'auto-emancipazione dell'uomo, ne mostra i debiti contratti nei confronti di Spinoza e di Hegel, di Feuerbach e dei materialisti del Settecento, nei confronti di Saint-Simon, Owen, Fourier, Flora Tristan, Proudhon e moltissimi altri: nulla viene respinto da Marx, se non la società di oppressione, ma tutto ricompreso e vagliato, talvolta con animo iracondo, ma sempre senza pregiudizi ideologici e senza limiti disciplinari. Questo vuole essere anche il metodo della ricerca marxologica, qualunque sia il giudizio che se ne dia. La Marx-Forschung, cosí come è concepita da Rubel, lavora in piena indipendenza ideologica: tra gli autori utilizzati e citati troviamo riformisti e rivoluzionari, revisionisti ed ortodossi, Bernstein e Rosa Luxemburg, Sorel e Kautsky, Otto Bauer e Trockij, Pannekoek e Korsch, studiosi conservatori come Pipes ed Aron, pensatori radicali come Landauer, Benjamin, Horkheimer e Marcuse, senza rigide contrapposizioni tra scuole « marxiste » o tra ipoteche politiche. Ed inoltre la Marx-Forschung si rivela anche una palestra di addestramento per l'unificazione del sapere, contro ogni limitazione accademica o disciplinare: il mondo è infatti pieno di economisti « marxisti », di storici « marxisti », di filosofi « marxisti », mentre la Marx-Forschung impone di seguire le avventurose peripezie intellettuali di quell'eterno studente che fu Marx, il quale riempiva interi quaderni di citazioni tratte dai libri piú disparati e dalle discipline piú diverse, proponendosi, non si sa quanto consciamente, un'aggregazione del sapere dall'unico punto di vista che riteneva valido, quello della critica. Marx, santificato in seguito come immoto ricettacolo del « marxismo », raggiunse una cultura ed una massa di conoscenze forse insuperate nel suo tempo, ma una sola parola può paradossalmente definirlo: critico. Ci sembra di poter dire che anche per Rubel questa parola sia piú che sufficiente 57.
Non si può dire che l'attività di studioso di Maximilien Rubel sia conclusa: anzi, in questo momento egli è impegnato in una serie di iniziative che potrebbero aprire la fase piú importante della sua attività di ricerca
57 Per altre opere di Maximilien Rubel non citate sinora cfr. Socrate et le Christ, in « La Nef », giugno 1948; Contribution à l'histoire de la genèse du Capital, in « Revue d'histoire économique et sociale », 1950; KARL MARX, Selected Writings in Sociology and Social Philosophy, edited with an introduction and notes by B. T. Bottomore and M. Rubel, Watts, London 1956; Choix de documents inédits (archives E. Fournière) dont trois lettres de K. Marx, in « L'Actualité de l'histoire », n. 25, 1958; Marx-Chronik. Daten zu Leben und Werk, Hanser, München 1968; Introduction a JULES ANDRIEU, Notes pour servir à l'histoire de la Commune de Paris en 1871, Payot, Paris 1971; Stalin in Selbstzeugnissen und Bilddokumenten, dargestellt von M. Rubel, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1975. Présentation a THOMAS HAMILTON, Les hommes et les moeurs aux Etats-Unis, Slatkine, Genève 1979.
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marxologica, almeno dal punto di vista dell'impegno editoriale. Oltre al Lexique de Marx, concepito per le éditions du Seuil e scritto con Louis Janover (alcune voci, si è visto, sono già pubblicate), Rubel sta concludendo il volume sulla Philosophie delle Oeuvres di Marx nella Pléiade: la pubblicazione è prevista per la metà del 1981. Ma l'impresa forse piú importante della sua carriera — logica ed impegnativa conclusione di oltre trent'anni di studi — è una Marx-Jubiläumseditioyc, un'edizione delle opere di Marx in occasione del centenario della sua morte (1983): quest'impresa è attualmente allo stato di progetto, e le difficoltà d'ordine sia materiale che intellettuale non mancheranno. Ma forse attualmente Maximilien Rubel è l'unica persona, in Occidente, dove non esistono Stati promotori di un'ideologia « marxista », a potere dirigere un lavoro cosí ambizioso. I testi verranno pubblicati nella loro lingua originale (quella in cui Marx li scrisse) e saranno suddivisi in 35 volumi, a loro volta ordinati secondo una tripartizione che può essere considerata come il risultato della lettura filologico-critica di Rubel: la critica dell'ideologia, la critica della politica, la critica dell'economia politica.
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Data pubblicazione Anno: 1980 Mese: 5 Giorno: 31
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Titolo KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3


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