Area del titolo e responsabilitàTitolo | Alberto Sobrero, Incontro con A.M. Cirese. Con «Intellettuali, folklore e istinti di classe», di prossima pubblicazione, l'antropologo ripropone le sue note su Verga, Deledda, Scotellaro, Gramsci |
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Area della trascrizione e della traduzione metatestualeTrascrizioni | Trascrizione Non markup - automatica: Incontro con A. M. Cirese p Con « Intellettuali, folklore, istinto di classe », di prossima pubblicazione, l'antropologo ripropone le sue note su Verga, Deledda, Scotellaro, Gramsci Alberto Mario Cirese, titolare di Antropologia culturale all'Università di Roma, si è occupato di varie manifestazioni socio-culturali rappresentative del mondo popolare subalterno. Attraverso la sua militanza In partit! ed organizzazioni di sinistra ha reso sempre operativo il suo impegno culturale e professionale. Presso l'editore Einaudi sta per uscire .Intellettuali, folklore, Istinto di classe - Note su Verga, Deledda, Scotellaro, Gramsci ». Cirese, come è nato il libro e cosa contiene? Pensavo ad una raccoltá del materiali che in venti anni ho accumulato per una storia degli atteggiamenti ideologici verso il mondo subalterno, dal po-polarismo romantico alla rottura gramsclana. Ma veniva un libro troppo voluminoso, e casi ripubblico per intanto le note su Verga e Scotellaro del '55 e quelle su Grazia Deledda e Gramsci del 1969-'72, accompagnandole però con molte aggiunte critiche e autocritiche, legate anche ai dibattiti attuali in materia di folklore e di antropologia ed alle osservazioni che vari giovani studiosi marxisti hanno masso ad alcune mie posizioni. Quali erano negli anni '50 le ragioni culturali e politiche che ti portavano ad occuparti di lette-rait come Verga e Scotel-laro? E come riai, più tardi, ancora un letterato quale la Deledda? Sono incursioni in terreno non mio, ma senza pretese letterarie. Di Verga e Grazia Deledda m è parsa interessante la ideologia verso il mondo subalterno siciliano o sardo; di Scotellaro poi mi sono occupato solo come raccoglitore di biografie contadine. Quanto agli anni '45'55, sarebbe lungo parlare del carattere di rottura che — a ragione o a torto — certi terni o autori assunsero nel clima delle lotte per la terra. di Melissa e Portella della Ginestra, di Scelba e del «culturame », della militanza nelle sezioni del PSI o del PCI praticata anche come azione per il rinnovamento della cultura. Comunque, Verga fu riferimento emergente per chi da sinistra operava per uscire dagli s:hemi crociani, e attorno a Sco-tellaro si apri la politica meridionalistica e il problema del legame fra contadini e operai. Dopo vent'anni, ora che il movimento operaio è tanto più forte sul terreno sociale e culturale, che senso ha per te riproporre queste tue esperienze di studio? Potrei ricordare 1-attualità del a caso Verga » o delle discussioni sul populismo o sulla regionalitil. risollecitate anche dagli anniversari della Deledda e di Scotellaro. Ma più mi interessa la fortissima attualità di Gramsci che, ri-meditato sull'ottima edizione critica curata da Gerratana, porta ad approfondire certe ipotesi sulle relazioni tra dislivelli di cultura e dislivelli di potere che anni fa avevo solo abbozzato. Non che ora io vada molto oltre: ma forse 11 libro, letto a partire dalle note su Gramsci. può contribuire ad un più vasto lavoro collegiale di rifondazione marxista de gli studi etno-antropologici in Italia. Ma quale pensi possa essere il contributo di Gramsci a questa rifondazione? E' un contributo essenziale. perché Gramsci fornisce categorie sistematiche che arricchiscono la patata scientifica del marxismo. Si tratta di combattere non solo le forme morbide o morbose di carità culturale o di partecipazionism3 soltanto affettivo cheWbordano ormai anche a sinistra, ma soprattutto l'eclettismo ideologico e la illusione che il rinnovamento scientifico nasca da giustapposizioni fra marxismo e ideologie borghesi quali la culturologia e lo strutturalismo (non le analisi strutturali che sono altra cosa!). Gramsci Invece Insegna come lo spirito di scissione resti essenziale 'anche per la scienza; e in più ci fornisce molti strumenti per una motivata critica dall'interno delle ideologie etno-antropologi-che nate in prospettive a-marxiste o addirittura an-tI-marxiste. Nelle pagine su Gramsci del 1969-70 tratti un problema molto discusso: l'uso «politico del folklore e la sua valutazione come forma culturale almeno con-trappositiva alla organizzazione della cultura uff'-claie e dominante. Consideri ancora valide le tue osservazioni in materia, dopo l'edizione critica dei Quaderni? E in che senso parli di « istinto di classe »? Per ragioni cronologiche, dell'edizione critica ho potuto tener conto solo in una nota aggiuntiva in cui segnalo come questa confermi la continuità e la serietà con cui Gramsci si occupò dei rapporti fra cultura egemonica e culture subalterne. Più in generale mi pare anche confermato che, se è vero che Gramsci dedicò forte attenzione positiva ai Patti «spontanei ». anche in materia di prodotti culturali, tuttavia è sempre più ve, ro che non teorizzò assolutamente mai la spontaneità come forza dominante nella storia. Non fu cioè spontaneista, anche se al valore determinante della direzione consapevole associò quello della spontaneità. Resto dunque dell'avviso che le osservazioni di Gramsci non autorizzino l' idea sbrigativa che le forme culturali del mondo subalterno si pongano per sè come alternative. Cercando di non pasticciare. ho invece ritenuto che dai Quaderni si potesse ricavare la nozione di un a istinto di classe ». in qualche modo paragonabile a quelle « forme embrionali della coscienza » di cui paria Lenin a proposito della spontaneità. Alberto Sobrero
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